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da "I primi tempi della città di Trani ..."
di Arcangelo di Gioacchino Prologo
(stralcio)
Su Cristoforo, falso vescovo di Andria dell’Alto Medioevo (787)
L’assenza completa da quell’assemblea [Concilio di Nicea del 787]
di tutti i vescovi occidentali, eccettuatine soltanto i legati del Romano Pontefice,
fu un fatto così universalmente riconosciuto
(1)
che le chiese di Francia ne tolsero argomento a non voler accettare, come non accettarono per più
di cento anni appresso, i canoni della Sinodo Nicena: Ferdinando Ughellio,
per contrario, in maniera franca ed aperta si spinse ad affermare che
parecchi vescovi di Puglia erano intervenuti a quella sacra adunanza,
dicendo espressamente che fra gli altri «
Leo Tranensis Episcopus praesens
fuit Concilio Niceno secundo anno 787(2)»,
mentre in altro luogo, discorrendo degli arcivescovi Baresi, ugualmente asserisce che
«
Leontius duodecimus
Barensis Archiepiscopus circa annum Domini 780 electus, Niceno Concilio
se subscripsit anno 787 una cum Leone Tranensi, Christophoro Andriensi
et Sergio Vigiliensi, in Apulia Episcopis(3)».
Questi concetti dell’Ughellio furono sempre combattuti dai critici più autorevoli,
ma si videro però ben volentieri accolti e tenacemente difesi da varii scrittori di Puglia,
i quali credettero forse in tal guisa procacciare maggior lustro e decoro alle nostre chiese.
La controversia, in mancanza d’ogni altro più ragionevole appiglio,
si è costantemente aggirata intorno alla giusta interpretazione delle sottoscrizioni
di alcuni vescovi alle otto sessioni della Sinodo Nicena, specialmente allorquando
occorre determinare le sedi, alle quali i medesimi appartennero. … … …
Alcuni autori nostrani, avendo voluto assolutamente sostenere che Leone intervenuto
nel VII Concilio generale sia stato vescovo di Trani e non di Traianopoli,
menarono inoltre grande scalpore del fatto a lor parere indubitato, che diversi prelati
delle diocesi alla nostra più vicine, quali furono Cristoforo di Andria e Sergio di Bisceglie,
abbiano fatto anche parte di quell’adunanza; onde viemmaggiormente probabile diverrebbe il supporre,
secoloro essersi purè accompagnato chi allora si trovò a capo della nostra chiesa.
Parlando sinceramente, un’argomentazione di tal fatta non mi sembra di gran valore,
specialmente perchè destituita d’ogni storico fondamento.
Ed a questo proposito io potrei contentarmi di ripetere qui le parole del Di Meo,
il quale ricisamente disse: «Non vi è vestigio (tra le sottoscrizioni)
d’alcun Leone di Trani: solo si ha un Filippo Tranopoleos, che Ardovino crede
nella Frigia Salutare (Misia). Cristoforo di Andria è certamente falso:
vi troviamo Sisinnio di Adria e di Adriana: Costantino di Andre nel latino,
e nel greco Aνθρου, e Costante di Adriana, non mai Cristoforo.
Sergio di Bisceglie è ancora fantastico.»
Ma sarà certamente più opportuno toglier di mezzo ogni equivoco e dimostrare
che Andria e Bisceglie non ebbero vescovi propri se non parecchie centinaia
di anni dopo il secondo Concilio di Nicea, e che entrambe quelle città,
oggi ragguardevolissime, furono per lungo tratto di tempo due loci
compresi nel territorio della nostra Trani, dalla quale per tutto ciò
che riguardava il governo civile ed ecclesiastico si staccarono soltanto
poco appresso la metà dell’XI secolo.
Di Andria infatti non si trova memoria alcuna negli antichi scrittori,
ed è vano andarne cercando l’origine in età lontanissime.
La donazione d’una vigna, largita alla chiesa di Santa Maria di Trimoggia
da un tale Lazzaro figlio di Adriano, fu stipulata in Trani
«
quarto anno principato domni nostri Siconolfi mense iunios senta indictione
(4)».
Eppure Trimoggia era luogo distante appena un miglio da Andria e poscia
fu compreso nell’agro della medesima città. Ciò mostra chiaramente adunque
che quest’ultima, quando la carta suddetta fu scritta, cioè nell’anno 843,
mancava d’ogni pubblico uffiziale capace a stipulare qualsivoglia contratto;
e tale era precisamente la condizione dei
loci, siccome più sopra mi accadde notare.
Che poi questa non sia una mera congettura soltanto, ma bensì un fatto
su cui non cade ombra di dubbio, viene meglio dimostrato con altro istrumento
rogato ugualmente in Trani «
bicesimo quinto anno imperii domini leoni et alexandri
imperatorum nostrorum mense augusti quartadecima indictione
(5).»
In questo istrumento Pietro figliuol di Landone del loco di Tretaso posto a confine
con l’agro di Canosa, rinunzia ad una precedente donazione fatta in suo favore da Maiulo
figlio di Rattiperto, e presente a tale atto fu anche «
Adelprando filio quondam Ralemprandi
ex loco Andre.»
Ecco dunque chiaramente espresso che Andria era un locus nell’anno 911.
Ed in tale stato rimase ancora per lunghissimo tempo; anzi, nelle carte più recenti,
con maggior precisione si dice che fu un locus dipendente dalla città di Trani.
Così è che Gregorio Tracaniota Protospatario Imperiale e Catapano d’Italia,
in un diploma che ha la data del 12 febbraio dell’anno seimila cinquecento otto
Indizione XIII (1000 dell’era volgare), confermando al monistero di Montecassino
i vari beni dallo stesso Cenobio posseduti in Puglia, fra questi indica specialmente
«et in civitate tranensis. et in villam que est de civitate ipsa. que cognominatur andre.
vinee deserte et olivetalie bigintiseptem.»
Ed in altro diploma conceduto al monistero medesimo da Basilio Mesardonita Protospatario
e Catapano d’Italia «mense october indictione decima. Anni ab initio mundi sexmilia
quingentus viginti» (1011 dell’era volgare) ugualmente si legge:
«et in civitate tranensis in villam que est de ipsa civitate qui cognominatur Andre
vinee deserte et olivetalie vigintiseptem.»
Il privilegio di Basilio di Mesardonia fu confermato da Photo Argiro, altro Catapano d’Italia,
il quale nel mese di marzo dell’anno seimila cinquecento quaranta e della XV Indizione
(1032 dell’era volgare) a tal’uopo rilasciava novella concessione in cui si torna a ripetere
«et sub trane in loco andre, vinee deserte habentes et olive arvores XXVII,
et ad rialem quod dicitur de monachis terre» e nel testo greco più chiaramente è scritto poi:
ύπό τήν διακράτησιν
τοϋ κάστρου τρανών
εις τό χωριον το
καλούμενον άνδρας;
cioè a dire et in pertinentia civitatis trane in loco dicto andra.
Con tutti questi documenti
(6),
rimane adunque dimostrato in maniera irrefragabile che, nel corso del IX, X e parte dell’XI secolo,
Andria era ancora un
locus dipendente dalla città di Trani, ed è quindi evidente che
al II Concilio di Nicea non potette esser presente il Vescovo d’una diocesi,
che senza dubbio in quel tempo non esisteva.
[da “I primi tempi della città di Trani
e l'origine probabile del nome della stessa”,
di Arcangelo di Gioacchino Prologo, tip. R. Ospizio V. Emanuele, V. Vecchi editore, Giovinazzo, 1883, pagg.123-133]
(1)
Nei libri Carolini si attesta senza ombra di dubbio che i Prelati d’Occidente
non si recarono al II Concilio di Nicea, e gli scrittori piò accurati riconobbero
per vero un tal fatto, di modo che P. Daniele Papebrochio (
Acta Sanctorum apud Bolland.,
tom. II, pag. 245, die 9 Iunii) parlando di Cristoforo, preteso vescovo di Andria,
ebbe a dire: «
Nam quem Ughellus praeponit Cristophorum, inter Nicaeni II Patres anno 787
nominatum, non fuit Andriensis ex Italia (unde nemo, uti neque ex toto occidente
ullus ibi comparuit) sed Andriensis ex Thracia Episcopus.» …
(2)
Ughellio,
Italia Sacra, Tom. VII, col. 1204. Romae, 1659
(3)
Ughellio,
Italia Sacra, Tom. VII, col. 837. Romae, 1659
(4)
Le Carte che si conservano nello Archivio del Capitolo metropolitano della città di Trani
(dal IX secolo fino all'anno 1266), pub. da Arcangelo di Gioacchino Prologo, Doc II.
(5)
Le Carte che si conservano nello Archivio del Capitolo metropolitano della città di Trani
(dal IX secolo fino all'anno 1266), pub. da Arcangelo di Gioacchino Prologo, Doc IV.
(6)
I diplomi dei Catapani greci qui sopra citati si trovano nel
Syllabus Grecarunn Membranarum pubblicato da Francesco Trinchera. Napoli, 1885.