L'amico ecologista Nicola Montepulciano ultimamente ha portato alla mia attenzione la scheda che la Regione Puglia ha pubblicato, nell'ambito della "Tutela e valorizzazione del patrimonio geologico e speleologico" intitolata " La Lama di Santa Margherita e il fossile Concha anomia", sito geologico e paleotologico di interesse internazionale, il cui ultimo rilevamento riportato in tale scheda è avvunuto nel 2013, a cura dell'Università di Bari, Università di Genova e Sigea.
Esemplari del macrofossile in oggetto sono stati raccolti nella calcarenite (detta "di Gravina") presente nella lama di Santa Margherita negli anni 1993 e 1998 al fine di definire le caratteristiche della specie, primieramente chiamata nel 1616 da Fabio Colonna "Concha anomia", poi nel 1758 ridenominata da Carlo Linneo "Anomia Terebratula" e poco dopo da Otto Friedrich Müller nel 1776 "Terebratula terebratula"; i suddetti ultimi esemplari raccolti sono stati catalogati come fossili del Pliocene Piacenziano (3.600 - 2.588 Ma) e conservati nel Natural History Museum di Londra; ed uno di essi, contrassegnato con la sigla PI BG 152, rappresenta l'attuale campione della specie "Terebratula terebratula" scoperta nella lama di S. Margherita, presso Andria, luogo localizzabile alle seguenti coordinate: lat. Nord 41° 13' 52", log. Est 16° 16' 02".
Di seguito si trascrive e si traduce il capitolo XII "Concha rarior Anomia vertice rostrato"
del libro "
DE PVRPVRA ALIISQ; TESTACEIS RARIORIBUS", pubblicato nel 1616 e scritto da Fabio Colonna
(1567-1640)
certamente prima del 20 ottobre 1615 (data dell'imprimatur).
In tale capitolo l'autore non solo descrive accuratamente il fossile trovato nella lama presso
la Chiesa della Madonna dei Miracoli di Andria, ma anche racconta come mai ivi egli si trovasse:
per ossequiare la Vergine per una grazia ricevuta.
Il libro dal quale è stato stralciato il sottostante testo si trova attualmente
nella "Bibliotheque de la Ville"
di Lion ed è stato posto sul web da Google.
Subito dopo si trascrive anche la memoria dell'arciprete Giovene scritta intorno al 1835, pubblicata nel 1892 sulla rivista " Rassegna Pugliese di Scienze Lettere ed Arti" da Riccardo Ottavio Spagnoletti, inerente questo argomento, per i suoi interessanti e poco conosciuti risvolti storici.
Si precisa che quanto è scritto tra parentesi quadre non è presente nel testo originale, ma è un commento - chiarimento del redattore della presente pagina.
da
[Concha anomia (Terebratula terebratula); disegno originale di Fabio Colonna]
… … …
Anomias Conchas illas esse dicimus, quarum altera pars cohærens aliquot modo ab altera effigie, aut magnitudine, aut utroque modo differat ἀνόμοιος, quidem contrarium est verbi ὂμοιoς, quod est, similis, par, æqualis, scilicet, dissimilis, impar, inæqualis: ideo inter ceteras notas à Plinio [1] memoratas, quibus Concharum, varietates distinguit plurimas, cum inæqualitatis notam non invenerimus, Anomias Conchas appellare libuit, vel Plinij more illas, vertice rostrato, dicere; quarum etiam differentiæ sunt plures:
Nunc de hac in Civitate Andriæ reperta verba faciemus, in quo loco si quis curiosior perquirere vellet, illas etiam rariores non paucas inveniet adhuc incognitas, & invisas.
Naturamq; in his efformandis multum lusisse animadvertet. Huius igitur effigies lævis, depressa, parum oblonga, ab alijs Conchis in hoc præcipuè differens, quod altera Conchæ pars oblongior est, collum, cervicemq; totam, quæ oblongior est, & rotundior, atque acutior, prominetq; supra cervicem alterius diffundit, ut infra illius collum altera cervix connectatur. Concha parva est, candida, tenuis, obliquè parum additamentis rugosa, sed non ob id aspera, sed lævis.
Repletam invenimus candida tophacea concretione, qua totus ille clivosus locus, sive collis est editus, qui non magis terrena concretione tophacea, quam variarum Concharum fragmentis, & integris etiam innumeris est compactus: hanc & alias in vallecula illa, sive fossa quadam parum subtus Ecclesiam D.[ominæ] Mariæ de Andria, extra urbem miliario sita, excepimus: illic enim ob gratias à Sanctissima Dei Genitrice acceptas referendas fuimus, sicuti & alij magna cum frequentia vota solventes concurrunt quotidie: Ecclesia quidem illa magnis donis, & miraculorum signis ornatur, nec non sumptuosa structura ipsa Ecclesia, & Monasterium.
Huius similem apud doctissimum Imperatum nostrum in suo Musæo [2], rerum omnium naturæ satis copioso thesauro, observavimus, quæ margine erat parum undosa, & longiore conchæ parte canalem vix cõspicuum in dorso, altero verò in medio, cõtrario modo extuberante, omnesque peculiari nota sũt præditæ, quod cervice prominente rostrata, pertusa oriuntur, qua turbinatorum more aquam haurire & expuere, sylvestris Lepadis, aut Auris marinæ modo possunt: icon magnitudinem æquat. Huic similem maiorem multo lapideam depinximus in prima parte, nomine Conchæ gibbosæ.
[dalle pp. 22-23]
… … …
Chiamiamo “Anomia Concha” quelle conchiglie in cui una delle parti [la valva ventrale] differisce dall’altra sia per grandezza, sia perché dissimile; [questa conchiglia bivalve] deriva infatti il suo primo nome dal greco ἀνόμοιος, che appunto significa dissimile, impari, disuguale, come al contrario ὂμοιoς significa uguale. Per questo motivo tra le tante conchiglie conosciute da Plinio, ricordate nel suo libro, e delle quali distingue diverse varietà, poiché non trovammo una nota di disuguaglianza, ci piacque chiamare queste “Anomia Concha”, o, come Plinio, dirle “dal vertice rostrato”. Inoltre esse differiscono per diverse caratteristiche.
Qui descriviamo appunto questa conchiglia trovata nella Città di Andria, dove, se qualcuno più curioso volesse cercare, pur se rare ne troverebbe non poche e fino ad oggi non conosciute né scorte.
Considera che la natura nel crearle si è molto divertita. Essa si presenta [con una valva brachiale] liscia, depressa poco allungata; si differenzia però dalle altre conchiglie perché l’altra valva [ventrale] è più allungata e protende tale parte più oblunga, più tondeggiante e appuntita sull’umbone dell’altra, che all’interno di tale allungamento ad essa si connette. Questa conchiglia è piccola, bianca ed esile, con rughe trasversali di accrescimento, tuttavia non per questo ruvida, ma invece liscia.
Trovammo questo reperto in una bianca concrezione tufacea, che forma tutta quella valle e altura; il luogo è composto non tanto dalla calcarenite, quanto da una miriade di varie conchiglie, sia in frammenti che integre; estraemmo questa conchiglia con altre in quella stretta valle, o lama poco al di sotto della Chiesa della Madonna Maria di Andria, a circa un miglio dalla Città. Ivi infatti ci trovavamo per contraccambiare una grazia ricevuta dalla Santissima Madre di Dio, insieme ad altri che in folla quotidianamente accorrono per soddisfare i loro voti; davvero quella Chiesa è doviziosamente ornata di grandi doni e prove di miracoli, nonché sontuosa appare la stessa Chiesa con l’annesso Monastero.
Osservammo questa conchiglia come il nostro dottissimo [Ferrante] Imperato indica nel suo Museo, fonte inesauribile d’informazione sulla natura. Le nostre conchiglie avevano il margine leggermente ondulato, un solco appena visibile sul dorso della valva [ventrale] più lunga, con un altro poi al centro invece prominente, e dotate delle seguenti peculiari caratteristiche: alla punta [umbone] sporgente a rostro, sorgono fori a forma di cono donde possono succhiare ed espellere acqua, come le Lepadi silvestri e le Aure marine [Turbo terrestris-Rumina decollata e le lepas exotica-patella]; l’immagine evidenzia la sua esatta grandezza. Nella prima parte abbiamo dipinto una pietrificata simile a questa molto più grande, col nome di Conchiglia gibbosa.
[lumache di terra (Rumina decollata) - patella - Conchiglia gibbosa; disegni originali di Fabio Colonna]
NOTE (nel testo originale le note sono poste nel margine laterale esterno)
[1] Lib.9. c.33
[2] minor 2.
Carlo Linneo [che si firma in latino Carolus Linnæus], nel suo “
SYSTEMA NATURÆ per Regna Tria Naturæ, secundum Classes, Ordines, Genera, Species, cum characteribus, differentiis, synonymis, locis”,
Tomus II., editio XII, reformata, Holmiæ, Laurentii Salvii, 1767, pp. 1150,1153
pone la “Anomia Terebratula” tra i “Vermes testacea” e così la
classifica e caratterizza, citando alla voce “Terebratula” Fabio Colonna, il
titolo del suo libro, la pagina 22 e la figura I:
314. ANOMIA. Animal Corpus Ligula emarginata ciliata. ciliis valvulæ superiori affixis. Brachiis 2, linearibus, corpore longioribus, conniventibus, porrectis, valvulæ alternis, utrimque ciliatis, ciliis affixis valvulis utrisque.
Testa inæquivalvis: valvula altera planiuscula, altera basi magis gibba; harum altera sæpe basi perforata.
Cardo: edentulus cicatricula lineari prominente introrsum dente laterali; valvulæ vero planioris in impso margine.
Radii duo ossei pro basi animalis.Terebratula 237. A.[nomia] testa obovata lævi convexa: valvula altera triplicata, altera biplicata. Fn. svec. 2155.
Column [Fabio Colonna] purp. [De Purpura …] [pag.] 22. f.[ig] I.
Lift. angl. 240. t. 8. f. 46.
Klein. oftr. t. II. f. 74.
Habitat . . fossilis. - in M. Norvegico [fossilis, nella X edizione del 1758 - in M. Norvegico, nella XII edizione del 1767]
Natis alterius testæ prominens pertusa est; extus plicæ duæ.
Il Linneo, ovviamente, per le sue estese ricerche, vaste anche territorialmente, si avvalse di numerosi aiuti locali; “Discipulorum quondam meorum instituta Itinera, mihi, ab exterorum gazophylaciis remoto, proficua:” tra i vari collaboratori per il territorio italiano scrive “M. Kæheleri in Italiam & Apuliam, 1752”
Segue ora la memoria redatta intorno al 1835 dall'arciprete della Cattedrale di Molfetta Giuseppe Maria Giovene [membro della "Società Italiana delle Scienze detta dei XL"; n.1753-+1837], pubblicata nel 1892 sulla rivista " Rassegna Pugliese di Scienze Lettere ed Arti" da Riccardo Ottavio Spagnoletti; qui si trascrive perché inerente questo argomento e ricca di interessanti e poco conosciuti risvolti storici.
... ... ...
Come ci si fosse trovato Fabio [Colonna nella valle di S. Maria de' Miracoli di Andria], dice l’arciprete Giovene in una nota da lui dettata pel Marchese di Villarosa. È una carta inedita trovata tra gli autografi del Giovene. ...«Ho letta con infinita soddisfazione dell’animo mio la lettera del famoso Holstenion, che Ella ha fatto pubblicare nel fascicolo nono, anno secondo del Progresso delle Scienze, con annotazioni sue non solamente, ma anche del coltissimo giovine D. Scipione Volpicella. E tanto più mi è stata piacevole la lettura di essa lettera, che in essa si nomini l’illustre Fabio Colonna, per la memoria del quale io debbo prendere un qualche interesse. Ché trovandosi egli in Puglia scrisse la bella, dotta ed erudita operetta scritta in latino De purpura, aliisque testaceis rarioribus ed intitolata ed indirizzata all’illustrissimo et reverendissimo Jacobo Sannesio S. R. E. Cardinali. Ho intanto conosciuta una tale insigne opera non essere stata nota al P. Tiraboschi: né di essa ho trovato farsi menzione nella nota appostasi alla lettera Holstenion riguardante il Colonna. Certamente fu stampata, ma fattasi più che rara, fu ristampata nella parte seconda dell’opera in due tomi in foglio col titolo Rerum naturalium historia dal signor Antonio Battarra, pubblicata in Roma nel 1782 a spese di Venanzio Monaldini. In questa operetta si descrive concha rarior anomia vertice rostrato da lui trovata in Andria, città a questa vicinissima; e propriamente nella valletta poco sotto la Chiesa di S. Maria, volgarmente detta la Madonna d’Andria, posta a circa un miglio dalla città. Racconta ivi come si fosse trovato a visitar quella chiesa e dice così … illinc enim ob gratias a Sanctissima Dei Genitrice acceptas referendas fuimus, sicuti et alii magna cum frequentia vota solventes concurrunt quotidie. Ecclesia quidem illa magnis donis et miraculorum signis ornatur, nec non sumptuosa structura ipsa Ecclesia et Monasterium. E su di ciò mi rincresce doverle dire aver io perduta la memoria dove avess’io pescata l’occasione della visita ad Andria fatta dal Colonna, ma certamente, e posso oggi assicurarlo, ciò avvenne stando egli governatore nella vicina Cirignola, grossa terra allora, oggi città della Daunia. Una tale operetta non fu ignota all’immortale Linneo, che la cita più volte trattando di conchiglie nel celebre Systema naturæ. Ed esso stesso Linneo cita un’altra opera dell’istesso Colonna segnandola in abbreviatura A quat … ed in verità nella dedica al già detto cardinale egli promette altra opera. Sarebbe indagine degna dell’egregio signor Volpicella di trovare in codeste biblioteche se tal’opera esista.Tanto più è da apprezzarsi l’operetta così piena di erudizione che essa diede occasione alla celebre opera prima del signor Pasquale Amati De Restitutione Purpurarum, e quindi all’altra opera del celebre e dottissimo cavalier Rosa sullo stesso oggetto. E rammento ciò con dolore, ché a quest’ultimo, avendomi egli uffiziato, io mandai in un’ampolla il liquore tratto dalle vescichette di 300 murici porporifere di Taranto per farne saggio. Appena potè farlo e con riuscita, e disgraziatamente passò a miglior vita. Né debbo tacere l’istorietta che nel 1788 essendo qui in Molfetta insieme con me il celebre abate Fortis ed avendogli io fatta leggere la detta opera del Colonna, egli volle andare espressamente in Andria per visitare un Santuario, com’egli diceva, de’ naturalisti. Fu in tale congiuntura che quel dotto amico visitò le cave di tufo di quella città. Le disse degne di essere vedute, soggiungendo, che in alcune i lavori, che sogliono eseguirsi di sotto in su, si fermarono ad uno strato tutto composto di grandi ostraciti petrificate: e ch’è un’ostracite ogni pietra, che si trova nel pavimento.Mi giova sperare che queste brevi notizie su di un uomo tanto illustre, quanto fu il Colonna, non le saranno disgradevoli.»Ed io non aggiungo altro all’erudita nota dell’illustre Giovene, se non che alla dimora del Colonna a Cerignola accenna anche il Faraglia nella sua monografia Fabio Colonna, linceo, dicendo di più come in quella terra egli non lievemente infermasse. Ed ecco il voto di lui e la gita alla Madonna d’Andria in seguito all’ottenuta guarigione. Il dotto Lorenzo Giustiniani dice anch’egli, che il Colonna avesse dimorato a Cerignola e con l’ufficio di governatore [1]. E soggiunge che essendo egli valente botanico fece (in Cerignola) delle buone ricerche ed aumentò alcune naturali produzioni di quel terreno. Cerignola in quel tempo potea essere feudo di Caterina Caracciolo, che l’avea portata in dote fin dal 1583 al duca di Monteleone, Ettore Pignatelli [2].
Riccardo Ottavio Spagnoletti
NOTE
[1] Lorenzo Giustiniani, “Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli”, Tomo 4, Napoli 1802, pag. 41.
[vi si legge esattamente: “Il nostro celebre Fabio Colonna, che fu governatore di Cirignola, essendo egli valente botanico, vi fece delle buone ricerche, ed aumentò alcune naturali produzioni di quel terreno.”][2] L. Giustiniani, op. cit.
Volendo restringere il campo di approssimazione della data in cui fu scoperto questo fossile nella nostra valle di Santa Margherita
cogliamo alcuni dati
- dall' "Apiarum" del 1625 di Federico Cesi (fondatore dell'Accademia de' Lincei e amico di Fabio Colonna);
- da un libro del 1785 “
Memorie istoriche di Cerignola”, di Teodoro Kiriatti;
- dal 27° volume del “Dizionario biografico degli italiani” edito dalla Treccani, alla voce “Colonna, Fabio”.
Scrive nell' " APIARIUM - Ex frontispiciis naturalis theatri Principis Federici Caesii Lyncei …" Federico Cesi:
Magis autem et opere et corpore validas, Apulas existimemus; quas ad Cerinolani Castri moenia, Doctrina, et Genere conspicuus D. Fabius Columna Lynceus observavit; feracissimas illas Apes, et mellis, et sobolis, nobis retulit, ut decem e quovis Alveario, perbrevi tempore examina prosilirent: Mel copiosum, crassum et excoctum magis congererent: Cerae quoque multum; a qua Castro nomen suspicamur inditum; uti forte et ab Apibus regioni:
testo così tradotto
Si ritengano le [api] apule le più valide e per l'opera e per il corpo; le osservò il Linceo Fabio Colonna, insigne per stirpe e cultura, presso le mura del castello di Cerignola. Riferì di quelle api fertilissime in fatto di miele e di prole, tanto che da qualsiasi alveare in un brevissimo tempo spiccano il volo dieci sciami e producono miele più abbondante, grasso e sciolto, e anche molta cera. Da questa sospettiamo derivi il nome del castello e forse dalle api il nome della regione.
e in nota (da Giuseppe Gabrieli) troviamo scritto:
A partire dal 1593 Fabio Colonna intraprese una serie di escursioni naturalistiche al di fuori della città di Napoli. Dapprima si recò a Campochiaro, nella residenza del fratello e, quindi, soggiornò alcuni mesi a Cerignola presso lo zio Ottavio Pellegrino. A questo periodo risalgono le osservazioni sulle api di Cerignola ora rammentate da Cesi.
Teodoro Kiriatti, a pag. 141 della citata opera del 1785, conferma il Colonna presente per un certo tempo a Cerignola:
“Fabio Colonna fu Governatore e Giudice della Città di Cerignola, in tal tempo fece una raccolta di tutte quell’erbe che allignano in quel suolo, e le aggiunse alla sua opera della Bottanica.”
Augusto De Ferrari, nel “Dizionario biografico degli italiani”, alla voce “Colonna, Fabio” riprende quanto da lui ha riportato il Gabrieli nella nota dell' Apiarium e aggiunge:
Ripresosi (Fabio Colonna) da una grave malattia, che lo colpì intorno al 1600, poté esercitare il diritto studiato all'università nella definizione di annose questioni sui confini territoriali della zona. Nel 1605 fu nuovamente a Napoli …
In base a questi dati, non pochi ma comunque scarsi per una datazione certa dell'avvento di Fabio Colonna nella lama di S. Margherita, possiamo tuttavia restringere il range temporale al periodo in cui, mentre era Governatore e Giudice della Città di Cerignola e (probabilmente) risiedeva presso lo zio Ottavio Pellegrino, conducendo i suoi soliti studi nel mondo animale (in particolare api) e vegetale, intorno al 1600 si ammalò gravemente, per cui implorò la guarigione dalla Madonna dei Miracoli di Andria; ottenuta la grazia vi si recò in pellegrinaggio di ringraziamento e, da grande naturalista, si soffermò a studiare i fossili presenti abbondanti nella calcarenite della subgiacente lama, scoprendo tra essi la conchiglia che chiamerà "Concha anomia vertice rostrato".
[La lama di S. Margherita ad ovest della Madonna dei Miracoli, tratta da Bing-Maps © - fossili presenti sulle pareti della valle (foto S. Di Tommaso 01/2018)]