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Le quattro campane della Basilica
di S. Maria dei Miracoli
testi estratti e trascritti da
[*]
“La Vergine dei Miracoli”
supplemento al periodico
“La Parola di Dio”
Nella foto, del 2004, ripresa dalla collina prospiciente l'antico ingresso,
è visibile l'intero campanile.
La Campana nuova
di F. Cosma Lo Jodice O. S. A. (1830-1908)
Nel N. 2 del Bollettino a pag. 21 annunziai, che avea ordinato una nuova Campana;
questa il giorno 3 Settembre è arrivata alla Madonna dei Miracoli, dalla Fonderia Colbachini
di Padova. Pesa chilogrammi 150 e grammi 800, compreso il battaglio, ed ha costato Lire 527,80.
Il maggiore diametro misura cent. 63, e questa è pure l’altezza. È ornata di vari lavori
a festoni, e vi sono spighe di grano e grappoli d’uva, a significare il suo ufficio
principale di chiamare i fedeli ad ascoltare la S. Messa. Ad eguale distanza
raffigurato il Crocifisso, la Madonna dei Miracoli, S. Antonio di Padova
e lo stemma Pontificio. Sotto l’immagine della Madonna dei Miracoli leggesi:
VIRGINI MIRACULORUM ANDRIÆ
F. COSMAS LO JODICE PRIOR O. S. A.
ANNO L AB INCORONATIONE
[1]
A. D. MCMVII.
Nella parte inferiore in giro si legge:
PREMIATA FONDERIA PONTIFICIA DACIANO COLBACHINI E FIGLI IN PADOVA
Il suono di questa campana, o Vergine Benedetta, ora che sono in vita, e poi dopo la morte,
abbiatelo come la mia voce, che invita i fedeli a glorificarvi, ad onorarvi, ad amarvi:
e come atti di amore e d’ossequio che fo per voi.
La benedizione di questa Campana è stata fatta la Domenica 30 Settembre da Monsignor D. Emmanuele Merra,
già Arcidiacono della Cattedrale di Andria, ed ora Vescovo di San Severo in Puglia.
Il Patrino è stato il Sig. Onofrio Iannuzzi del fu Conte Sebastiano e della fu
Sig.ra Mariangela Spagnoletti. La Matrina è stata la Signorina Maddalena Ceci di Francesco
e della Signora Antonia Iannuzzi.
Si vuole, che S. Paolino vescovo di Nola, nella Campania, sia l’inventore delle Campane,
e le prime fossero fuse nella Campania, o Terra di Lavoro.
La benedizione delle campane sembra rimontare al 750; il Cardinale Baronio [afferma] al 789.
Brevemente accenno alle principali cerimonie di questa Benedizione.
L’importanza che la Chiesa dà ai sacri bronzi si può desumere, anche dal rito speciale,
che essa usa nel benedirli. Difatti, vuole che questa benedizione si faccia,
non da un semplice Sacerdote, ma dal Vescovo. Questi dopo aver implorato,
con la recita di alcuni salmi la misericordia e l’aiuto di Dio, consperge prima la campana
di acqua benedetta e i suoi ministri la lavano interamente per dentro e fuori
con la medesima acqua, poscia l’asciugano con lini bianchi.
Dopo di che il Vescovo sulla campana, da fuori, fa una croce con l’olio santo,
e dopo alcune preghiere l’asterge, e fa sette croci pure con l’olio santo:
e dalla parte di dentro ne fa quattro, ad eguale distanza fra loro, con l’olio
della Santa Cresima. Impone alla campana il nome, e la nostra è stata chiamata
INCORONATA. Poscia viene posto sotto la campana un turibolo fumicante d’incenso,
mirra e di altri timiami, che si possono avere. Tutte queste cerimonie
sono accompagnate da preghiere appropriate alla solenne circostanza.
La benedizione delle campane rafferma molti simboli. Le campane sono l’immagine dei Pastori
della Chiesa e la loro consecrazione rappresenta la consecrazione dei medesimi.
L’abluzione della campana con l’acqua benedetta, è il simbolo del battesimo:
le sette unzioni fatte sulla parte esterna, esprimono i sette doni dello Spirito Santo:
le quattro unzioni fatte nella parte interna, dimostrano la pienezza di quei doni,
che riceve il Vescovo nella sua ordinazione.
Il turibolo posto sotto la campana, significa che il pastore deve ricevere i voti
e le preghiere dei fedeli per offrirle a Dio, il pastore essendo mediatore fra il cielo
e la terra. Le sacre scritture simboleggiano la preghiera al fumo dell’incenso.
La Campana è la tromba della Chiesa militante. Dopo che la campana è benedetta, il Vescovo,
il patrino e la matrina la suonano pianino per tre volte, come per conferirle la sua missione.
E un errore, quello di aver dato il nome di battesimo alla benedizione delle campane:
ciò che ha indotto in tale errore è stato, che in questa cerimonia le campane,
ricevono il nome d’un santo ed hanno anche un patrino ed una matrina. Il lavamento
delle campane che si fa con l’acqua benedetta e le unzioni degli Oli santi,
sono semplici cerimonie che la Chiesa impiega per benedirle, come si benedicono
e si consacrano le Chiese, gli altari, i calici avanti di servirsi nelle funzioni religiose.
Altre due bellissime campane sono sul Campanile, dovute alla munificenza di Ferdinando II Borbone e alla pietà dei fedeli.
La chiesa della Madonna fu data ai PP. Agostiniani con una sola piccola campana insufficiente.
Essi credettero alle magne promesse di un fonditore girovago, e fecero fondere
tre campane con differente grandezza: dalla fusione uscirono, contrarie ai loro desideri
[2].
Si tirò alla meglio per varii anni; Monsignor Longobardi Vescovo di Andria, ottenne
da Re Ferdinando II, di far rifondere due di quelle campane e farle ingrandire di molto.
A Maggio 1858 furono fuse, nella Reale fonderia di Castel nuovo, e riuscirono stupendamente.
Si dice, che il Re volle trovarsi presente allorché si fusero.
La piccola è alta un metro, ed il diametro misura 90 centimetri: e sopra si legge:
GIUSEPPE CHIAESE A. D. 1858.
Questo Chiaese, opino che sia il fonditore di questa campana
e della grande. Quella pesa circa kilogrammi 450, voce SOL.
La campana grande è alta un metro e venti centimetri, e così pure il diametro. -
Questa poi pesa circa dieci quintali, voce MI. L’iscrizione dice:
+ D. O. M. DEIPARÆ VIRGINI MARIÆ MIRACULORUM CORONATÆ AC SS. AUGUSTINO, FERDINANDO ET TERESIÆ SACRUM +
PIETATE AC MUNIFICENTIA FERDINANDI II REGIS FELICITER REGNANTIS
NOVITER FUSUM ET AUCTUM CURA AC PRECIBUS JOSEPH LONGOBARDI ANTISTITIS ANDRIENSIS
MENSE MAJI. ANNO MDCCCLVIII.
Vi sono alcuni errori di grammatica nella iscrizione originale, che non alterano il senso.
Oltre le tre campane già dette, c’è la quarta più importante, ma di questa a tempo più opportuno.
F. Cosma Lo Jodice O. S. A.
[tratto dall'opuscolo periodico “La Vergine dei Miracoli”,
tip. F. Matera, Andria, maggio 1906, anno I, n.6, pagg. 13-19]
NOTE
[1]
Sulla campana è
incoronazione.
[2]
Le due grandi con le treccie o capiglie deboli, e la terza appena la metà per mancanza di metallo.
Questa al 1865 fu portata alla Chiesa ove ora sono le Stimatine.
Un’Altra Campana
La Primogenita
Il giorno 15 Gennaio, corrente anno, è ritornata da Padova, dalla fonderia Colbachini, la piccola campana,
che farà spicco sul Campanile della Madonna dei Miracoli. E ben a ragione.
Sia pel suo suono, sia per la sua origine.
Quando il governo Napoleonico, al principio del secolo XIX, depredò tutte le campane dei nostri campanili,
per coniarne moneta; non sò come, fu risparmiata da quel vandalismo la più piccola campana
del Santuario di S. Maria dei Miracoli. Questa, dopo varie vicende, fu restituita al Santuario,
per opera del Sig. Riccardo Porro del fu Francesco. Dopo breve tempo, si ruppe in modo
da rendere un suono sgradevole.
Fattala calare dal Campanile, per fonderla con proporzioni più vantaggiate, con meraviglia lessi questa scritta:
R. D. SEVERINUS. A MONDELLA. ADMINISTRATOR MONASTERII S. MARIE MIRACULORUM ANDRE. FECIT A A. D. MLXXXII.
Il lettore leggerà Mariæ ed Andriæ, ed al millesimo aggiungerà un D.
Questa campana fu gettata allorché non esisteva la Chiesa superiore, e la Chiesa inferiore
appena s’incominciava ad edificare. Questa pei suoi ricordi storici, meritava d’essere conservata.
Questa campana ha dato avviso ai fedeli delle glorie e miracoli della Nostra Madonna.
Meritava giustamente d’essere avuta in riguardo.
La ditta Colbachini, mediante un suo ritrovato e processo, riesce ad accomodare le rotte campane,
da non potersi scorgere ove successe l’accomodatura; ed in maniera, che possono garentire,
che il suono rimane inalterabile, mantenendo lo stesso timbro di voce e la stessa diffusione.
L’operazione della Ditta è razionale e sicura, perché non trattasi di saldatura o altro,
ma bensì di una vera fusione parziale, anzi locale della stessa fenditura, per modo,
da rendere liquido il bronzo, là appunto ove si è fesso, facendo passare una corrente
di bronzo fuso a gradi 2300; il quale pel suo intenso calore, amalgama le due labbra in modo
da far ritornare la campana come a nuovo, disponendo attrezzi e forni occorrenti.
La spesa per tale operazione sarebbe un centinaio di Lire, o poco più, avuto in vista
gli esiti occorrenti. Ora, diceva, tra me e me, questa somma non l’ho, se la SS. Vergine vorrà,
mi manderà un qualche pietoso Samaritano. Non erano passate due ore da questo soliloquio,
che il pietoso Sammaritano si affacciò con le cento lire. Non ne fò il nome, perché tale
è stato il suo espresso volere. Il suono di questa campana è un’eco dell’amore di questo
modesto benefattore verso la Madonna dei Miracoli. La Vergine benedetta voglia
proteggerlo in vita, e glorificarlo dopo morte.
Fatte le dovute pratiche con la ditta Colbachini, subito spedii a Padova la Campana,
per essere accomodata, secondo il loro sistema. Ma, questi egregi fabbricanti,
trovarono delle difficoltà ad eseguire il loro ritrovato; invece mi proposero di rifonderla
con lo stesso metallo, l’istessa forma, le stesse proporzioni e peso, l’istessa scrizione;
con gli stessi errori, l’istesso colore. Nel peso però s’è verificata una piccola differenza,
che laddove la prima pesava cinquantasei kili, la presente ne pesa sessanta,
l’altezza è centimetri 46 e il diametro altrettanto.
Il giorno 3 di Marzo l’Ill.mo e Rev.mo Monsignor D. Giuseppe Staiti, nelle ore pomeridiane,
con ogni solennità, benedirà questa campana, e pel giorno 10, festa dell’invenzione della Madonna dei Miracoli,
starà al suo posto. Questa campana suonerà nei temporali; ché, atteso le sue piccole onde sonore,
la scienza gli darà il lascia passare; suonerà per le partorienti, invocando l’aiuto di Maria;
suonerà in armonia con le altre tre nelle grandi solennità.
Tengo, che al benigno lettore non dispiacerà un po’ di erudizione, intorno alle iscrizioni, che si sogliono mettere sulle Campane.
I monaci del medio-evo, personificando le campane, e alludendo ai varii modi di suonarle,
le posero in bocca bellamente delle espressioni analoghe. Un certo Carlo Ceresoli,
Curato di Verdetto, in bocca alla maggiore Campana di Bergamo mette questo Epigramma:
[3]
Convoco, signo, noto, depello, concino, ploro.
Arma, dies, horas, nubila, læta, rogos.
Io chiamo la gente all’arme, apro i giorni, segno le ore, fugo i temporali, annunzio i giorni festivi, piango sulle tombe.
Ed un altro, sopra altra campana, scriveva:
En ego campana nunquam denuntio vana
Laudo Deum verum, plebem voco, congrego Clerum.
Defunctos ploro, fugo fulmina, festa decoro.
Ecco, io, che sono la Campana, mai annunzio cose vane. Lodo il vero Dio, chiamo il popolo,
raduno il clero, piango i morti, allontano i fulmini, rallegro le feste.
Finalmente, per finirla, che tutte, sù per giù, esprimono l’istessa cosa, sopra un’altra di esse, leggevasi pure:
Defunctos plango, vivos voco, fulmina frango,
vox mea, vox vitæ, voco vos, ad sacra venite.
Piango i morti, chiamo i vivi, arresto i fulmini. La mia voce è voce di vita, voi chiamo, ai santi sacrificii, venite.
[tratto dall'opuscolo periodico “La Vergine dei Miracoli”,
tip. F. Matera, Andria, febbraio 1907, anno I, n.10, pagg. 10-14]
NOTE (del redattore del sito)
[*]
La copia degli opuscoli periodici mi è stata gentilmente fornita dallo studioso
e appassionato di storia locale e ambiente
Nicola Montepulciano.
L'immagine non è presente nei testi originali, ma è stata aggiunta dalla redazione del sito
per una migliore comprensione del pensiero esposto dall'autore.
[3]
Dal testo “
Documenti per la Storia Universale”, di Cesare Cantù,
“
Della Letteratura – Discorsi ed esempi in appoggio alla STORIA UNIVERSALE”
– Vol. I, presso gli editori Giuseppe Pompa e C., Torino, 1841, pag. 285.