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CENNI STORICI
La Cattedrale di Andria sorgeva nei primi decenni del
1100. Lo si deduce dalle iscrizioni latine ancora leggibili — e ora meglio
rileggibili — su tre pilastri della navata centrale: sul terzo e sul quarto (a
sinistra di chi entra), e sull’ultimo pilastro, a destra.
Alle origini fu costruita la navata centrale, molto
probabilmente così come essa oggi si presenta. L’edificio terminava in un
presbiterio e in un’abside originali, che si estendevano al di là dell’attuale
grande arco gotico: lì furono ritrovate, nel 1438, le ossa di S. Riccardo. Ai
lati della navata principale, le due navate laterali — secondo lo schema
basilicale romanico — erano alle origini più strette e più basse delle attuali;
esse furono forse distrutte dagli Ungari nel 1348-50.
La nostra Cattedrale venne costruita nella stessa
epoca, quella romanica, nella quale si
elevarono le altre cattedrali di Puglia.
Ogni cattedrale ebbe la sua Madonna o Icona, e il suo Crocifisso. E la Icona di
Andria è di quel tempo, databile alla prima metà del Duecento.
Come tutte le Icone delle cattedrali pugliesi, anche
la nostra viene dall’Oriente: nel senso che è dall’Oriente che derivano i
modelli che ispirarono qui, in Puglia, questo particolare tipo di pittura; esse
sono state dipinte da nostri monaci benedettini o da artigiani che lavoravano
presso monasteri.
L’Icona della Cattedrale di Andria è per la Città una
preziosa eredità del suo passato più vero e più glorioso: essa ha alle sue
spalle più di sette secoli di tradizione religiosa e di pietà mariana del nostro
popolo. Ed è certamente la prima Immagine della Vergine venerata e amata dagli
andriesi.
QUELLO CHE GLI STUDIOSI DI ARTE E DI STORIA
HANNO DETTO DELLA NOSTRA ICONA
A Roma, nelle sale di Palazzo Venezia, per l’Anno
Mariano, si è tenuta la Mostra “Imago Mariae”: uno scelto repertorio di Immagini
della Madonna e di preziosi tesori dell’arte e della civiltà cristiana. Tra
questi figurava la Icona di Andria.
La Mostra, aperta dal 20 giugno al 4 ottobre, è stata
visitata dal Papa.
Sulla nostra Icona, il n. 20-21 giugno
dell” ’Osservatore Romano” riportava un giudizio di Tommaso Federici:
“La mostra «Imago Mariae» potrebbe dunque essere osservata, come sarebbe naturale, dai suoi principali
«contenuti». E si potrebbe partire dal n. 29, la stupenda icona di Andria
(anonimo pugliese del sec. XIII), che non sfigura neppure davanti all’icona
celeberrima della «Tenerezza» di Vladimir. La Madre di Dio, il «trono della
Sapienza divina», regge in trionfo ed ostensione il Figlio di Dio; il quale di
per sé è il vero Soggetto dell’Icona e dunque del culto. La Madre indica il
Figlio, il Verbo, il quale con «gesto oratorio» antico impone il silenzio e
parla la divina Parola: così che quanto la Parola rivela, l’icona visivamente
mostra"
Il 23 luglio, sull” ’Osservatore Romano”, il prof.
Michele Pistillo così scriveva:
“La icona che si venera nella cattedrale di
Andria, presenta una qualità di stile assai elevata. Databile intorno al 1275,
per la sua originalità è considerata come esemplare unico ed eccezionale che non
trova possibilità di confronto in nessuna delle icone pugliesi. Le è seconda la
icona della Madonna della Madia che si venera nella cattedrale di Monopoli,
databile pochissimi anni dopo quella di Andria”.
Dal 9 ottobre di quest’anno la Icona è esposta, sino
all’11 dicembre, alla Mostra “Icone di Puglia e Basilicata” che si tiene a Bari
nelle sale della Pinacoteca Provinciale. Sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, Nino
Lavermicocca così si esprime:
“Tra di esse [Icone della Puglia e Basilicata] una
delle più belle è certamente la Madonna con il Bambino della Cattedrale di
Andria, databile alla metà del XIII sec., probabilmente opera di un «atelier»
costantinopolitano”.
Nel 1969, nel catalogo delle Icone della Puglia,
all’attuale Direttrice della Pinacoteca Provinciale, la Icona andriese così era
apparsa:
“E senza alcun dubbio la più bella Icona di Puglia e, pur ridotta ad un
frammento, si distacca dagli altri prodotti locali per la purezza veramente
classica dei tratti, la delicatezza di modellato, la completa assenza di ogni
carattere popolare.
Benché sia stata accostata anche ad esemplari della
pittura toscano-dugentesca, già al tempo della “Mostra dell’Arte in Puglia” si
era cautamente avanzata l’ipotesi che potesse trattarsi di un prodotto della
raffinata arte bizantina di corte, importato in Puglia intorno alla seconda metà
del XIII secolo.
Sino ad ora i termini di raffronto più precisi, che
sembrano in certo modo confermare l’ipotesi, sono costituiti dagli angeli del
giudizio universale dipinto, intorno al 1195, nella Cattedrale di S. Demetrio a
Vladimir (Lazarev, tavola 314-315) da pittori Costantinopolitani di epoca
Comnena.
Se il raffronto è, come credo, valido, si tratterebbe
di uno dei pezzi più antichi conservati nella Regione, databile non dopo la
metà, ma agli inizi del XIII secolo e, forse indirettamente, connessi con
modelli della capitale.
Benchè non sia stata mai circondata da un particolare
culto, l’icona dovette essere ben nota a suo tempo nella regione, giacchè da
essa sembra dipendere tutto un gruppo di tavole dugentesche, tra cui la Madonna
della Fonte di Canosa, la medita Madonna del Convento dei Benedettini di Banzi,
la stessa Madonna della Fonte di Trani e forse anche la Madonna di Ciurcitano”.
LA TEOLOGIA DELLE ICONE
1. La icona da noi è immagine. Nell’Oriente è presenza quasi sacramentale della Madonna,
che porta a Cristo. Lei è il trono su cui Cristo è presentato all’umanità.
Cristo e la Madonna sono inseparabili. La Madonna senza Cristo perde la sua
eccezionalità. Cade nel normale.
Cristo, presentato dalla Madonna, rivela la scelta di
Dio. Egli non vuol prescindere da Maria, vuole dipendere da Lei, La coinvolge
nell’economia della salvezza. E cioè Dio esprime la sua stima e l’amore per
l’uomo, la sua volontà che l’umanità sia riscattata e che nell’opera di riscatto
l’uomo partecipi con responsabilità.
Maria dà carne umana a Cristo: dona al Figlio di Dio,
che è perfetta immagine del Padre, anche la immagine di uomo, fatto a
somiglianza di Dio.
In Cristo l’immagine dell’uomo è perfetta: è quella
che Dio dette ad Adamo e che Adamo, rifiutando Dio, alterò.
Per mezzo di Maria l’immagine di Dio torna a
splendere sulla faccia dell’uomo, quella originale, offuscata dal
peccato, quella uscita dalla mente e dal cuore di Dio, impastata dalle sue mani
nella creta che formò Adamo e inspirata nel soffio che svegliò alla vita il
plasmato impasto di fango.
Così per mezzo di Maria l’immagine originaria
dell’uomo risorge e si illumina sul volto di Cristo.
2. Maria ha giocato un doppio ruolo in questa
trasformazione: da una parte, il suo sì, dato all’incarnazione del Verbo, ha
reso possibile il ritorno della umanità alla sua primitiva immagine e, d’altro
lato, Lei stessa, come prima creatura riscattata e redenta, rappresenta il
modello della intera restaurazione della immagine dell’uomo.
Maria così, ridonando alla umanità la sua primitiva
immagine, presentandosi Lei stessa come la bellezza rinata della primitiva
immagine dell’uomo, introduce nella storia della umanità la possibilità di
rifare la stessa creazione secondo il progetto di bontà e di bellezza voluto da
Dio, quando all’uomo assegnò il compito di signore della creazione.
3. La bellezza di Maria, appare in modo tutto
particolare nella perla della sua verginità perpetua: la liturgia orientale del
vespro così esalta la Madonna: “Sei stata innalzata, o Madre di Dio, al di
sopra delle leggi della natura e Tu sei rimasta vergine. La ragione e le parole
confessano la loro impotenza. La meraviglia della Tua maternità non la può dire
nessuna lingua. La Tua concezione è gloriosa. Rimane incomprensibile la maniera
secondo cui Tuo Figlio è nato. Quando Dio vuole, l’ordine naturale è superato”.
UN AIUTO PER SCOPRIRE E LEGGERE
IL VOLTO DELLA MADONNA
Ciascuna Icona della Madonna tende a rendere visibile
e presente il mistero della Incarnazione. L’Icona non si contenta di
rappresentare l’affetto che unisce la Madre al Figlio, ma considera Maria come
la ancella, come la donna disponibile, che si mette al servizio della venuta di
Dio nel mondo e che, perciò, è lodata ed onorata. Questo convincimento è così
tradotto da Paolo Evdokimov:
“L’Icona della Vergine, che regge il Bambino Gesù
non rappresenta affatto la Immagine della
Vergine, ma quella della Incarnazione, l’unione del divino con l’umano. La
Incarnazione stabilisce il posto e il ruolo della Donna, che è stata innalzata
al rango della Theotokos, della Madre di Dio.”
Nella icona si riflette il Mistero della Pasqua, che
comprende la Passione, la Resurrezione e l’Ascensione: la Madre di Dio appare da
una parte con un volto dall’aria grave, sofferente, rattristato e dall’altra
parte ha un comportamento dignitoso, presente nella comunità degli eletti con il
suo Figlio Redentore.
È difficile trovare tra le
Icone una Madonna sorridente, graziosa, incantevole. Sul suo volto, e nei suoi
occhi grandi e profondi, si legge il Mistero della Pasqua. Come il corpo
glorioso di Cristo porta le cicatrici della Passione, così il volto di Maria
porta i segni della sua afflizione. Ella sa cosa
significa essere povera e fuggitiva, vivere nella insicurezza e nella
ignoranza di un avvenire, che, pur predetto, rimane oscuro. Sa cosa significa
essere legata ai piedi della croce: sa cose che a nessuno possono essere
confidate e che nessuno può capire. Quante sofferenze sono rimaste nel suo
sguardo e nel gesto delle sue mani: non come una pena, che desta angoscia, ma
come l’espressione trasfigurata dei suoi dolori. Essa si presenta, così, non
solo come la Madre del Crocifisso, ma come la Madre di tutti gli uomini e di
tutte le donne, che non possono sfuggire alla legge del dolore.