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Il Convento di San Domenico
di L. Guglielmi Esposito
(stralci)
da “Aspetti e problemi di storia domenicana in Puglia”
e da “Dati statistici su i domenicani di Puglia nel Seicento”
Ripercorrere tutte le alterne fasi della vita religiosa e dell'attività
esterna dei Domenicani pugliesi, tra il secolo XVII e XVIII, è molto
difficile. Elenco subito le principali lacune documentarie riscontrate.
Anzitutto la persistente irreperibilità di una fra le principali fonti storiche,
costituita dalla ‘relazione’ dei singoli conventi del 1650, inviata a Roma
[1];
la dispersione (o distruzione?) dei ‘registri di vestizione e di professione’
dei ‘Liber consiliorum’ conventuali e della ‘Matricola’
dei tre principali Studi generali, sorti in ordine di tempo ad Andria, a Barletta,
e a Lecce
[2],
in cui figuravano preziose note bibliografiche dei principali docenti,
i giudizi di merito espressi dalle varie commissioni esaminatrici degli studenti;
infine, l’assenza quasi completa dei registri-contabili delle comunità,
contenenti anche atti notarili, copie di ‘platee’ antiche, bolle pontificie,
rescritti, privilegi di varia natura e documenti relativi a vertenze giuridico-legali;
ciò rende, a tutt’oggi, impossibile la ricostruzione obiettiva e completa
dell’ambiente, in generale, come dei condizionamenti socio-politici,
in cui vennero a trovarsi i nuclei conventuali in quella vasta regione.
Il tentativo che ora viene compiuto si basa, in gran parte, sui superstiti volumi-copialettere
della segreteria generalizia di Roma, conservati nell’archivio centrale dell’Ordine
[3],
che riportano in maniera disorganica e parziale la corrispondenza delle massime autorità
dell’Ordine con i provinciali
[4],
con i priori ed i reggenti (rettori)
[5]
delle case, sedi delle facoltà teologiche suaccennate e, qua e là, con i responsabili del governo locale
(sindaci e governatori) e di quello diocesano (vescovi e vicari generali);
inoltre vengono utilizzati alcune relazioni settecentesche, facenti parte del prezioso o «Fondo libri»
[6],
e spedite alla Curia dell’Istituto nella seconda metà del ‘700, in vista della pubblicazione degli «Annales Ordinis»
[7];
riassumo anche gli «Atti», a stampa, dei capitoli provinciali in cui sono frequenti le decisioni
(dette anche ‘Ordinationes’) prese dai legislatori locali o dai vicari e commissari generali,
inviati periodicamente in Puglia. Per quanto riguarda i dati statistici e patrimoniali,
si fa riferimento solo ad alcuni di essi confluiti in modo frammentario in altri fondi archivistici
[8].
I.
La «Provincia di S. Tommaso» di Puglia -
I primi insediamenti domenicani in Puglia risalgono, con certezza, alla prima metà del Duecento
[9].
Promotore principale sembra che sia stato il beato Nicola dei Paglia, di Giovinazzo.
Le carte archivistiche parlano esplicitamente e ripetutamente degli interventi decisi
dalla munificenza degli Angioini, specialmente di Carlo II d'Angio,
per l’apertura e la dotazione di alcuni conventi
[10].
Agli inizi del Trecento questi erano già sette: Trani, Brindisi, Barletta, Foggia, Monopoli,
Bari, Manfredonia. Essi fecero parte sino al 1294 della provincia romana, che si estendeva
su una vastissima area, a partire dalla Toscana fino all’estremo Sud;
dopo tale data nacque, staccata autonomamente dalla romana, la provincia di Napoli, detta
‘Regni’ e comprendente l’intero Meridione della Penisola.
A quell’epoca i domenicani pugliesi cominciarono ad avere una certa notorietà;
fra essi vi furono fra Pietro di Andria e fra Giovanni di Boiano, rispettivamente
alunno e conoscente di S. Tommaso d’Aquino, sul quale, in seguito,
il secondo depose al processo napoletano di canonizzazione.
La piena autonomia (amministrativa, culturale ed organizzativa) della ‘Provincia
S. Thomæ in Apulia’ si ebbe nel 1530
[11]
per decisione unanime del capitolo generale di quell’anno, nonostante che un documento, del sec.
XVIII, asserisca: «L'anno poi 1534 si fé l'altra divisione. Mentre delli conventi
nella Puglia e nell'Abruzzo ne fu costituita un'altra provincia,
chiamata di Puglia, ovvero di S. Tommaso»
[12].
Come per ogni altra circoscrizione di tal genere, anche la provincia di Puglia ottenne
una sua collocazione nel novero delle altre già esistenti; scelse il proprio sigillo,
costituito dall'immagine del dottore Angelico
[13],
che rimase in auge sino alla soppressione murattiana del 1809.
La provincia dopo quella dolorosa parentesi riebbe, negli anni della Restaurazione,
solo 6 dei 60 conventi perduti; si ricostituì nel 1833, ma scomparve nel 1853,
riassorbita dalla provincia partenopea
[14].
… …
[I documenti di cui alla
NOTA sotto riportata] “Trattasi di carte del sec. XVII
[dell’archivio dell’Ordine Domenicano, conv. S. Sabina, Roma], …
stilate dai responsabili centrali dell’Ordine a Roma … e databili fra gli anni 1649 – 1694.
… …
Secondo il Ms. ‘Orbis Dominicani … Silloge’, stilato nel 1530, i Domenicani in Puglia
avevano a quell’epoca solo 42 conventi; questo salì, nel 1574, a 65
ed il numero dei presenti s’aggirava intorno a 500; un altro balzo in avanti avvenne
tra gli anni 1583-89, perché il totale, distinto in 37 conventus e 16 loca (o vicariati)
impensierì non poco il capo dell’Ordine, Sisto Fabbri (1583-89) come confermano i suoi registri.
Nel 1620 si ebbe, invece, una battuta d’arresto: i conventi, distinti come sopra, furono 36 e 15, con il totale di 51
[9b].”
… …
“Il 23-VII-1616 venne data facoltà al provinciale, Vincenzo Candido:
«… instituendi conventum aliquem ex præcipuis, in quo studentes formales peragant
suos cursus et triennium consuetum; ceteri non possint examinari in lectores nisi in studio Andriæ»
In questa città, infatti, fin dal 1523 era sorto uno dei centri di studi filosofici
e teologici, ma con cattedre anche di altre scienze sacre e di lingue orientali,
per gli studenti avviati ai gradi accademici.
Due anni dopo ne sorse un secondo a Barletta nel 1525, mentre quello di Andria venne trasferito,
il 29-III-1652, nel convento di S. Giovanni d’Aymo di Lecce.”
… …
Giova qui ricordare che oltre gli studi definiti generali, che
conferivano i titoli di lettori o dottori, v'era una fitta
rete di altri, riconosciuti solamente come «studia materialia», e, in effetti,
esistenti in ciascuna casa religiosa. Si attuava così anche in Puglia il
programma culturale efficacemente descritto dal quinto maestro generale,
Umberto de Romans (1254-63), che definì l'Ordine di S. Domenico come quello
che «prius habuit studium cum religione coniunctum».
… …
Nota di conventi, padri sacerdoti, novitii professi, novitii puri, conversi professi e puri,
tertiarii e oblati della Provincia di S. Tommaso di Puglia, dell’Ordine de’ Predicatori
“Tutti li conventi della d.ta provincia sono n° 65, divisi in cinque Nationi, videlicet:
Natione Otrantina, Tarantina, Barese, Capitanata e Basilicata.
Natione Barese
… …
Con.t° di Andria. Diocesi medesima andrienese. Noviziato professo. Frati n° 15,
cioè sacerdoti n° 10, conversi n° 4 et un terziario
[10b].”
[stralcio tratto da “Archivio Storico Pugliese”, Grafiche Bigiemme, 1979, pagg.285-309, e 1980, pagg 325-344
[1]
Cfr. S. L. FORTE,
Le province domenicane in Italia nel 1650. Conventi e religiosi,
in «Archivum Fratrum Praedicatorum», 39 (1969), pp. 425 ss.
[2]
G. CAPPEI.LUTI,
L’Ordine domenicano in Puglia, Teramo, 1965, p. 19.
[3]
Lo citerò con la sigla AGOP, seguita dal numero romano che indica la serie.
L’archivio si articola in XXI serie; le più importanti, tra quelle utilizzate per il saggio,
sono: la IV (registri dei maestri generali e vicari, procuratori generali e commissari);
la V (lettere circolari delle autorità ora menzionate); la XI (conventi in particolare);
la XIII (carteggi del maestro gen. con i provinciali e altri responsabili del governo locale);
la XIV (Mss. inediti, di varia consistenza).
[5]
Era il vero responsabile dello «Studium» e la sua autorità si estendeva a tutte
le questioni ‘ad Studium pertinentibus’; era coadiuvato da due «moderatores»,
cioè il baccelliere e il maestro degli studi.
[6]
La descrizione analitica è di : VL. J. KOUDELKA,
Il ‘fondo’ Libri nell’Archivio generale
dell’Ordine domenicano. I. Liber A-Liber Z, in «Archivum Fratrum Prædicatorum», 38 (1968),
in part. pp. 1-9-110 e 121-124; l’indicazione relativa ai singoli conventi pugliesi
è stata offerta da G. CAPPELLUTI,
op. cit., passim.
[7]
Cfr. V. E. GIUNTELLA,
Roma nel Settecento, Bologna 1971, vol. V della
«Storia di Roma», ed. Cappelli, P. 265 ‘Annalium Ordinis Praedicatorum volumen 1.
Um ... auctoribus ff. Thomas Mamachio, Francisco M. Pollidorio,
Vincentio M. Badetto et Hermanno Dominico Christianopulo ...’.
[9]
G. CAPPELLUTI,
op. cit., nel cap.: Fondazioni domenicane in Puglia nel secolo X111, pp. 66-133.
[12]
AGOP XIV, Lib. O. I/a parte, f. 365.
[13]
Ibidem, XIII, 8152 (carteggio della provincia ‘Regni’, aa. 1651-1734);
in un documento del 1648 viene così descritto: «Sigillum: Imago S. Thomae genuflexi
ante Crucifixum in altari loquentem:
bene scripsisti de Me Thoma, in girum.
In parte superiori sunt hae litteræ: PROVIN. S. THO: ORD. PRÆDICAT».
Nella citata serie XIII, 20 è riscontrabile in calce ad alcuni documenti.
La figura, in piedi, del Crocifisso è sul frontespizio delle:
ORDINATIONI DELLA PROVINTIA DI SAN TOMASO, FATTE DAL REV.MO PADRE MAESTRO
GENERALE FRA AGOSTINO GALAMINI ..., in Bari, per Antonio Pace. 1609.
[14]
Cfr. il mio contributo
I Domenicani di Puglia nell’età della Restaurazione (1815-1860),
in «Archivum Fr. Præd.», 49 (1969), pp. 369-427.
[9b]
Negli «atti» del capitolo generale del 1618, tenutosi a Lisbona il 3 giugno,
v’è un significativo accenno allo
stato di povertà in cui versava il conv. di Andria,
sede dello Studio generale [a livello universitario, cui di norma presiedevano
uomini di notevoli capacità didattiche e scientifiche], al quale bisognava giungere
«a commodioribus conventibus» della provincia un sussidio pari alla somma
di 100 ducati annui, necessari per la sopravvivenza delle strutture scolastiche
e il proseguimento della vita scolastica. All’epoca fu data anche
una diversa destinazione, nell’ambito delle note
Nationi, ai seguenti nuclei conventuali:
alla [Natione] Capitanata furono associati quelli di: Lucera e Foggia;
alla Barese: Andria e Bitonto; alla Basilicata: Altamura, Gravina,
Matera e Grottole; alla Tarantina: Lecce, Nardò, Taranto e Messapia.
cfr.
Monumenta Ordinis Prædicatorum Historica, Romæ 1902, p. 309.
[10b]
La
comunità andriese s’era attestata, a metà del ‘600, su 21 religiosi,
decurtati dopo i decreti di Innocenzo X. Sino al 1652 tenne lo Studio generale,
‘trasferito a Lecce, con matura deliberatione e per motivi assai rilevanti’,
come si legge nella corrispondenza del rev.mo Giov. Batt. De Marinis (1650-69),
presente in copia, nel Reg. IV, 117, f. 16r e ibid., 99, f. 27r.
In quest’ultimo vengono espressi i motivi di cui sopra al Duca, intervenuto
invano per bloccare il provvedimento. (Lettera al provinciale, G. Apicella)