il campanile

Contenuto

il campanile: disegno dello Ieva e foto del 2010
[disegno di Vito Ieva (dall'Archivio di stato di Foggia)
foto di M. Monterisi - 2010]
Menù delle pagine principali

Il campanile

L'immagine a lato riporta il progetto per il campanile redatto da Vito Ieva e una foto scattata dall'appassionato di storia locale Michele Monterisi nel 2010. Il disegno dello Ieva è tratto da pag 339 del testo di Vincenzo Zito sotto citato e riportato integralmente tra i documenti della chiesa di San Francesco.

Tra il 1893 ed il 1895 il campanile subì i primi restauri, per danni causati da un fulmine abbattutosi su di esso il 29 aprile del 1890; documenti ce li fornisce Rosangela Laera nella sua relazione stesa in occasione degli ultimi restauri.

Scrive l'architetto Vincenzo Zito nel suo studio sulla costruzione del campanile:

"Sotto il profilo architettonico il progetto si presenta a prima vista come un’opera in «stile puramente toscano», cioè rinascimentale, com’è stato giudicato dalla storiografia locale, forse ingannata dalla presenza di timpani triangolari sulle finestre. Ma l’analisi dei particolari architettonici, quali le modanature curvilinee delle finestre o la tecnica dello “svuotamento” degli spigoli con le lesene arretrate, rivela la natura moderatamente barocca dell’opera. La principale differenza che si riscontra, rispetto ai campanili rilevati dallo Ieva, sta nella guglia piramidale a base ottagonale di stampo medievale, reinterpretata in chiave barocca mediante la formazione di scanalature nelle facce laterali, l’apposizione di nervature agli spigoli e volute angolari alla base: soluzione che deve aver influito nella scelta operata dai frati.
Per quanto riguarda la sua ubicazione in un primo momento si era pensato di costruirlo nei pressi della “porta carrese” del monastero. Tuttavia per evitare l’opposizione dei “complatearii” si decise di collocarlo in testa alla chiesa, alle spalle del presbiterio, anticipando così, inconsapevolmente, quanto poi avrebbe suggerito il Milizia a proposito della ubicazione dei campanili.
I lavori ebbero inizio al principio del ... mese di agosto [1760] con il getto delle fondamenta, che furono realizzate per una profondità di 20 palmi e 31 palmi di “quadratura”, cioè un plinto avente base di mt 8 x 8 circa e altezza di mt 5,20 circa. Entro la fine di novembre dello stesso anno le fondazioni erano ultimate ma i frati, avvalendosi delle clausole contrattuali a loro favorevoli, decisero di sospendere i lavori.
... La sospensione dei lavori durò circa sei anni. ... Probabilmente i frati potrebbero aver avuto dei ripensamenti in ordine al progetto del campanile e sugli esecutori cui affidare l’opera. Infatti in un documento del 19 novembre 1766 sono citati i maestri Francesco Paolo e Sabino de Staso, padre e figlio, e Giuseppe Gaeta, tutti della città di Andria, che si offrivano di realizzare il primo livello del campanile, escluso il primo cornicione, a regola d’arte e senza imperfezioni ...
Probabilmente l’idea di cambiare progetto ed esecutori si presentava eccessivamente onerosa o sorsero altre difficoltà al momento non note. È certo che i frati Francescani nella seduta capitolare del 28 giugno 1765 decisero di confermare la loro fiducia al progetto ed all’opera di Vito Ieva. I lavori quindi ripresero nel 1766 e questa volta proseguirono ininterrottamente sino alla loro conclusione, avvenuta, secondo quanto dichiarato dallo stesso Ieva, nel 1773.
Al termine dei lavori il campanile progettato da Vito Ieva e realizzato assieme al fratello Domenico si presentava veramente maestoso e snello, alto ben 210 palmi (circa 54,60 metri). Assieme al coevo campanile di S. Domenico ed al preesistente campanile della cattedrale divenne il simbolo stesso di Andria, da quel momento in poi nota come “la città dei tre campanili”. La sua inaugurazione fu solennizzata con un pranzo offerto agli operai, secondo la tradizione, feste popolari e fuochi artificiali, cui seguì il corollario di un incendio.

[testo tratto da " ... La costruzione del campanile di S.Francesco in Andria", estratto dal n.22 di "Mediterranea" dell'Agosto 2011, pagg. 338-342]