[Veduta laterale dell’altare policromo realizzato da Marino Palmieri nel 1773 - foto Sabino Di Tommaso, 5/2021]
Termina il presbiterio con una piccola abside rettangolare, coperta da una volta a botte con due fusi in corrispondenza degli oculi che la illuminano nelle strette pareti laterali.
Fino alla prima metà del Novecento l’altare era in posizione più avanzata, immediatamente davanti al piano che tra i due pilastri
e l’arco superiore idealmente divide il presbiterio dall’abside.
Dietro l’altare c'era così spazio per un piccolo coro realizzato in legno di noce,
al quale si accedeva da una porta che sulla sinistra immette nella adiacente sacrestia.
Tale coro probabilmente era utilizzato per la recita dei sacri uffici, vespri ed ore, da quella parte dei confratelli
chierici e sacerdoti.
Scrive il già citato Michele Agresti nel 1912:
“Dietro l’altare maggiore vi è un Coro tutto di noce, in cima al quale si ammira una grandiosa tela della Vergine del Carmelo, ai di cui piedi si vede S. Riccardo e S. Sebastiano. La grande cornice, che chiude questa tela, è tutta rabescata a rosoni in oro, e nel mezzo di essa si vedono due quadretti contenenti, da un lato l’immagine di S. Antonio, dall’altro quella di S. Domenico.”
[tratto da “ La Chiesa di S. Sebastiano”, in “ Il Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi” di M. Agresti, tipi Rosignoli, Andria, 1912, Vol.II p.71]
Quando negli anni Sessanta del Novecento il Concilio Ecumenico Vaticano II prescrisse che il sacerdote celebrasse la messa non più di spalle ai fedeli ma rivolto verso di essi, nel presbiterio fu spesso necessario creare spazio; in questa chiesa fu soppresso il coro, arretrato l'altare quasi contro la parete absidale ed eliminata la balaustra tra l'aula ed il presbiterio.
Sui due pilastri che fiancheggiano l’altare sono incastonate due lapidi: una ricorda il permesso di celebrare la messa anche nel pomeriggio, l’altra la concessione a questo altare del giornaliero privilegio dell’indulgenza nella celebrazione per i defunti.
[le due lapidi: del 1770 e del 1781 - foto di Vincenzo Zito, 03/2018]
UT SACRIS MYSTERIIS FIDELES QUOTIDIE PRÆCIPUE FESTIS IN MISSÆ SACRIFICIO COMMODIUS VACARENT DEVOTIS PRECIBUS HUIUS VE[NERA]B[I]LIS ARCHICONFRATERNITATIS CLEMENS XIV P.[ONTIFEX] M.[AXIMUS] RELIGIOSE ANNUENS DIE XXV MAII MDCCLXX APOSTOLICA BENIGNITATE INFRA HORAM POSTMERI[DI]ANAM POSSE SACRIFICIUM CELEBRARI PERMISIT ATQUE LAUDAVIT |
PIVS VI P.[ONTIFEX] M.[AXIMVS] FIDELIBVS DEFVNCTIS NIMIVM INDVLGENS HANC VENEDABILEM ARAM PERENNI PRIVILEGIO PER SINGULOS DIES CLEMENTER DITAVIT A. D. MDCCLXXXI DIE XVI MAY |
[ traduzione delle due lapidi ] | |
AFFINCHÉ I FEDELI POTESSERO PARTECIPARE AI SACRI MISTERI PIÙ COMODAMENTE OGNI GIORNO E SOPRATTUTTO NELLE FESTIVITÀ, CLEMENTE XIV, PONTEFICE MASSIMO, ACCONSENTENDO RELIGIOSAMENTE ALLE DEVOTE SUPPLICHE DI QUESTA VENERABILE ARCICONFRATERNITA, IL 24 MAGGIO 1770 CON APOSTOLICA BENEVOLENZA PERMISE E LODÒ CHE SI POTESSE CELEBRARE LA MESSA DOPO L’ORA POMERIDIANA. |
PIO VI PONTEFICE MASSIMO, CONCEDENDO PLENARIA INDULGENZA PER I FEDELI DEFUNTI BENIGNAMENTE ARRICCHÌ QUESTO VENERABILE ALTARE COL PERENNE PRIVILEGIO PER OGNI SINGOLO GIORNO. IL 16 MAGGIO DELL’ANNO DEL SIGNORE 1781. |
[L’altare policromo realizzato da Marino Palmieri nel 1773 - foto Michele Monterisi, 2008]
Questo elegante e raffinato altare barocco in marmi policromi dedicato alle Sante Anime del Purgatorio, come può osservarsi dagli stemmi della congrega ai lati del paliotto, (foto a lato), costato “il convenuto prezzo di docati Cinque Cento Settanta Cinque di Carlini d'argento”, fu realizzato nel 1773 dallo scultore Marino Palmieri, subito dopo aver elaborato, composto ed eretto l'altare del SS. Sacramento per la Chiesa Collegiata di San Nicola di Andria.
Questa preziosa informazione ci perviene sempre dall'attento e minuzioso studio condotto dall'arch. Gabriella Di Gennaro nella sua citata tesi di laurea “Altari marmorei settecenteschi ad Andria” del 1994-1995, (pubblicato a stampa nel suo studio "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020, pp. 177-178, 234-236), ricercando tra gli atti notarili settecenteschi e trovando, tra gli altri, quello riguardante questo altare [1].
Prima di descrivere l'altare riportiamo le annotazioni ottocentesche del Borsella:
“In entrar nella Chiesa ti si para di fronte magnifico l’altare maggiore per marmi ed intagli, decorato nel frontispizio di tanti e diversi lavori, con due cornicioni. Leggiadramente contorti, le cui mensole, ove adattansi i grandi candelieri e giari riboccano di foglie ed intagli. Ai fianchi gli stemmi dell’Arciconfraternita della morte ivi eretta. Questo altare poggia sopra quattro gradini di marmo fasciati di giallo e nero. ... Questo altare sì ornato, sì splendido fu fatto in Napoli ai tempi di Riccardo Carafa confratello della pia adunanza.”
[tratto da “Chiesa di San Sebastiano o della morte”, in “Andria sacra”, di Giacinto Borsella, Andria, tip. F. Rossignoli, 1918, pp. 249-250].
All'altare si accede attraverso tre gradini di marmo bianco centinati e in parte scorniciati con sottogradi di verde antico, ed una predella il cui sottogrado è in giallo di Siena fasciato con listelli neri e bianchi.
Il basamento dell'altare è in verde antico con uno zoccolo composto come il sottogrado della predella.
Il paliotto, a forma di urna e terminante con ricche volute sbalzate, presenta uno scudo centrale con inserti di verde scuro,
e tra le volute e i rilievi floreali in marmo di Carrara inserti di verde antico e rosso di Francia.
I piedistalli laterali al paliotto presentano da ambo i lati il riferito scudo-emblema coronato della Confraternita della Morte e,
alle estremità una voluta dello stesso disegno della parte terminale del paliotto.
[Il paliotto dell’altare policromo realizzato da Marino Palmieri nel 1773 - foto Michele Monterisi, 2008]
Il gradino più piccolo del postergale, immediatamente sopra al piano della mensa, vede incastonati
inserti di verde antico nel blocco di marmo bianco scolpito a larghe foglie di acanto.
Il superiore gradino grande in riquadri di listelli neri presenta quattro grandi volute sbalzate di marmo bianco,
le due più grandi presso la custodia, con inserti di fior di pesco e circondate da borolea di Francia;
i corni terminali sono due magnifiche grandi volute reggi-fiaccola aggraziate da foglie d’acanto in marmo bianco su sfondi laterali di verde antico.
Centrale nel postergale è la custodia ornata anch'essa con volute di marmo bianco con inserti prevalentemente di verde antico
e vari listelli di rosso di Verona, giallo di Siena e nero; sopra il tabernacolo poggia la base tronco piramidale per un crocifisso.
[particolare dx del postergale dell’altare policromo realizzato da Marino Palmieri nel 1773 - foto Michele Monterisi, 2008]
Questo altare presenta moltissime affinità con l'altare della Chiesa di Sant'Agostino, realizzato dopo qualche anno (nel 1777) dallo stesso marmorario; si differenzia da esso prevalentemente per la mancanza di elementi scultorei di un certo pregio come gli angeli capialtare sul piedistallo e quelli della mensa.
Sulla parete absidale come grande icona - dossale dell'altare c'era un grande quadro raffigurante la Madonna del Carmine che porge uno scapolare alle sottostanti anime del purgatorio; è il quadro che abbiamo citato nella prima pagina narrando le vicende storiche di questa Chiesa. La Vergine con Gesù bambino sulle ginocchia, posa su nuvole tra numerosi angioletti che l'incoronano. In basso, ai lati della scena delle anime purganti e di un angioletto che porta in cielo un'anima salvata indossante uno scapolare, sono dipinti i due protettori della Città dai ricorrenti flagelli: San Sebastiano (con-protettore secondario) e San Riccardo (protettore principale insieme dalla Madonna dei Miracoli).
Fino agli inizi del Novecento questo quadro, affisso dietro l'altare (oggi in Cattedrale), aveva una ricca cornice barocca, così descritta dal Borsella nelle pagine su citate:
“Sul coro di noce messo dietro l’altare è appeso un grande quadro della Vergine del carmine che sostiene il parto delle sue viscere e ai di Lei santi piedi S. Riccardo e S. Sebastiano. Nel mezzo della gran cornice rabescata a rosoni in oro sono figurati i quadretti da una parte S. Antonio, e S Domenico dall’altra.
Questa tela fa onore al pennello che ritrassela.”
Il primo documento che "vede" questo quadro sull'altare della Chiesa di San Sebastiano è la visita pastorale di mons. Nicola Adinolfi del 28 ottobre 1711.
“Altare suprà quod Imagines Beatiss.[i]mæ Virg.[i]nis in medio sub et à latere dextero S. Sebastiani à latere verò sinistro S. Richardi in magna Icone depictæ conspiciuntur.”
cioè
“l’Altare sul quale in un grande quadro è dipinta l’immagine della Beatissima Vergine al centro con sotto a destra [della Vergine] S. Sebastiano ed a sinistra S. Riccardo.”