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E Federico si affacciò al balcone del cielo

racconto di Vincenzo D’Avanzo

    
[Disegno di Riccardo Tota in "Ospitalità italiana" del luglio 1932" (pubblicato  da F. Gazzilli il 01/12/2021 su facebook) - "Foto d'Autore" di Domenico Zagaria (dal suo account facebook)]

È tramontato il sole della Giustizia”, disse Manfredi nell’annunciare la morte di Federico II.

Per la verità, come in tutti i templi medievali, Federico volle che il sole andasse a ossequiare lui ogni mattina attraversando la trifora del suo castello.
Memore di tutto ciò Federico si presentò a San Pietro con il piglio arrogante: “Sono l’imperatore delle due Sicilie, apri perché mi aspettano dentro.” Pietro, che ne aveva viste di tutti i colori, gli rispose con calma: “Aspetta perché tocca al Giudice decidere se puoi entrare e il posto che devi occupare.

Federico si rabbonì e cercò di corrompere san Pietro dicendo: “Senti, io devo guardare le mie terre, i miei castelli, è possibile avere un posto vicino a una finestra o a un balconcino?” “Mi dispiace – replicò Pietro, – qui vigono altre regole: i ricchi e i potenti qui non sono molti e devono stare lontani dalle finestre o balconi perché guardando giù rischiano di perdere la beatitudine che è la condizione essenziale per stare in cielo; i poveri possono guardare perché non hanno lasciato interessi.” “Va bene, – disse Federico, – posso almeno mettere una persona di mia fiducia?” “Se hai tra i tuoi una persona povera vedo cosa si può fare.” “Pier delle Vigne – indicò Federico – È uno scrittore, un letterato, un filosofo: tante idee e pochi soldi.
Soluzione accettata e non se ne pentì: essendo filosofo Pier riesce a rielaborare quello che vede, tanto che passano i secoli e il nostro castello appare sempre più solo e abbandonato. Non c’è segno di vita né dentro né fuori.

Federico un bel giorno chiede a Pier delle Vigne se non ha sbagliato a donare ad Andria il suo capolavoro.
– “No,” – disse Pier, – “i nostri scienziati hanno lavorato molto per costruire quel gioiello: gli astronomi per individuare la posizione esatta rispetto alle stelle e al sole, i tecnici per realizzare una costruzione che sembra talmente bella che persino i difetti sono nascosti, gli arredatori scegliendo i marmi più preziosi da tutta la terra, eccetera.
– “Ma allora perché gli andriesi non lo amano?” – disse Federico.
– “Capire i sentimenti dell’uomo non è facile ma noi forse un errore lo facemmo:” – replicò Pier, – “ti ricordi che nella costruzione del castello tu non volesti coinvolgere gli andriesi? Eri così geloso della tua opera geniale che, per paura che fosse replicato, pretendesti che a lavorare ci fossero solo i saraceni ad alto rischio di morire in guerra mentre gli andriesi li destinasti al lavoro di fatica: estrarre la pietra e trasportarla fin lassù. E gli andriesi una cosa non dimenticano: i torti subiti.
– “Noi abbiamo ignorato loro ed essi ignorano noi?
– “È probabile, oltretutto il castello non è mai stato degli andriesi: prima apparteneva alle famiglie nobili, poi è passato allo Stato, tanto che ad Andria non si interessarono nemmeno quando si parlava che fosse in territorio di Corato”.
– “Cosa posso fare per farmi perdonare?
– “Dobbiamo aspettare l’occasione buona e dare un segnale.
– “Va bene, avvisami se noti qualche movimento.

Passano i secoli e nulla succede fino a quando il senatore Jannuzzi lo fece illuminare.
Pier avvisò Federico ma costui rispose: “Ma il popolo dov’è?” E non se ne fece nulla.

Fin quando arrivò il 1986, il comune di Andria voleva portare Albertazzi a recitare nel castello, ma il ministero non diede l’autorizzazione, costringendo l’attore a parlare di Federico in piazza Catuma.
Il comune allora si prese la rivincita: per l’ottagono d’argento fece costruire una grande palizzata di legno davanti al portale d’ingresso e su quella piazza sistemò oltre 5 mila persone per assistere allo spettacolo.
Pier avvisò subito Federico che quella sera ci sarebbe stato il popolo al castello. E Federico finalmente sorrise compiaciuto, andò da san Francesco e chiese la disponibilità a rallentare la corsa di Fratello sole per consentire a tutti di vederlo direttamente sul castello come se esso fosse stato costruito per essere suo basamento. E così avvenne tanto che quel 12 settembre 1987 rimasero tutti incantati di fronte allo spettacolo naturale che si era creato.
Cominciò allora lentamente una storia d’amore tra Andria e l’eredità di Federico.

La vita al castello comincia ad animarsi con mostre e manifestazioni, i visitatori aumentarono e cominciarono ad arrivare da tutto il mondo: questo movimento suonò la sveglia anche all’UNESCO. Ma se dentro al castello le cose miglioravano non altrettanto accadeva fuori dove il territorio non era curato e addirittura qualcuno decise che persino le sterpaglie dovevano considerarsi sacre.

Passano gli anni, il comune si ricorda ancora del Castello pensando a realizzare il “centesimo d’oro”, tentando anche una escursione pubblicitaria su alcune città del nord e in particolare su Parigi dove imperava sovrana la torre Eiffel. Ma proprio lì il confronto fallì sia perché i parigini amano parlare solo il francese sia perché il castello si sentì sottovalutato: “Un centesimo io?

Un bel giorno, però, Pier delle Vigne vide strani movimenti intorno al gioiello federiciano. Ne parlò subito con l’ex imperatore (in cielo tutti i titoli sono azzerati) il quale, non riuscendo a capire cosa potesse essere una sfilata di moda, diede disposizione di far finta di niente: “Si tratta di un affare privato, se va bene è sempre merito nostro, se va male diciamo che la colpa è di questo Gucci, è così che si chiama?

Intanto le mogli di Federico, capito che di vestiti si trattava, cominciarono a litigare tra loro e con san Pietro per avere un pass momentaneo per assistere alla sfilata. Era solo curiosità perché secondo loro era meglio il tempo quando i vestiti ognuno se li faceva in casa per conto suo e non si correva il rischio che due dame avessero lo stesso abito (magari uno originale e l’altro taroccato) al ballo di corte. San Pietro, sornione, acconsentì sperando che nessuno se ne accorgesse.

Federico fu indifferente al desiderio delle mogli: Pier, che aveva assistito alle prove, gli aveva riferito che più che i vestiti era meglio guardare le modelle, tutte carine anche se non prosperose, avvertendo però l’imperatore che tra le modelle poteva capitare anche qualche personaggio non facilmente identificabile. “Quann è uerr è uerr”, replicò Federico che il dialetto lo aveva imparato dalle maledizioni dei proprietari terrieri della Murgia. In effetti si rese conto che la sua attenzione raramente cadeva sui vestiti ammaliato com’era dai corpi in movimento, dalla musica dal sapore medioevale e dal gioco delle stelle. Tanto che si complimentò con Pier per aver studiato le scienze prima di progettare il castello.
Pier delle Vigne, però, cominciò ad obiettare che tutte quelle stelle in movimento (in cielo e in terra) finivano per oscurare l’esposizione del castello. “No,” – disse Federico, – “ti ricordi che fu una stella a illuminare la grotta più famosa del mondo?” E poi la fatidica domanda di Pier: “Ma questo Gucci è venuto per illustrare il castello o per prendere lustro dal castello?” Federico non rispose, aveva un occhio alle modelle e uno alle mogli per paura che lo scoprissero.

    
[Fotogrammi tratti dal filmato " The Gucci Cosmogonie Fashion Show" su Youtube il 16/05/2022]

A un certo momento, però, ebbe paura: davanti alla fantasmagoria di stelle che si intrecciavano con le torri del suo castello in un carosello di fulgori sembrava che Gucci dovesse prevalere nella sfida.
– “Pier, sembra che la scienza del 2000 doni qualcosa di più al Castello. Finora era il Castello a donare immaginifiche visioni: tu che mi consigli?
E Pier, avendo compreso il dramma del suo capo, tentò il tutto per tutto: “Ma tu non sei amico di San Francesco? Bene, fai valere ancora una volta questa amicizia. Non era lui che insegnava la povertà? Cos’è tutto questo lusso? Di che ti presti come nel 1987 Fratello sole per qualche momento così una luce abbagliante illuminerà il tuo castello e nasconderà le stelle e le star.

Federico accetta il consiglio e va da Francesco. “Il sole no,” – disse il santo di Assisi, – “quella volta fui rimproverato. Ti mando la sorella Luna, intera e in forma smagliante, le stelle scompariranno ugualmente e il Castello sarà illuminato con il colore delle favole così tutti impareranno che è il castello che dà lustro al resto e non viceversa.
Così avvenne: si squarciarono le deboli nubi e lentamente la luna, per quella sera vestita con un velo cangiante dal giallo al rosso quasi a impersonare il sole, si affaccia all’orizzonte fino a collocarsi proprio sul castello: fu chiaro allora in tutto il mondo che il castello è una meraviglia della natura e dell’uomo e anche la luna quel giorno ci guadagnò così come Gucci, che potette dare ai suoi abiti un fondale irripetibile.
Fu il momento magico in cui da tutto il mondo salirono i like verso il cielo. Quella luna solare illuminò finalmente il castello irradiandosi per tutta la collina.

Anche Francesco si affacciò per ammirare lo spettacolo e disse a Federico:
Ora che si è capito il valore del Maniero gli andriesi devono sapere che saranno giudicati dal modo in cui lo valorizzeranno. E ci saranno più visite anche la mia chiesa nel centro storico.


[Foto di Giuseppe Matera, pubblicata col racconto in Andrialive il 22/05/2022]



Nota sottovoce:
ha ragione chi sostiene che sul Castello sorvegliano troppi enti, ognuno con una regola sempre rigida e poco pertinente. Potrebbe essere utile che tutti questi enti si riuniscano in una specie di consiglio di amministrazione che elegge un delegato che amministra l’utilizzazione del monumento, il suo collegamento con il territorio (da Canne ad Altamura e Matera) con efficienza manageriale.

[Pubblicato dall'autore, Vincenzo D’Avanzo, sul giornale telematico “Andrialive.it” domenica 22 maggio 2022, donde è tratta anche la correlata foto di Giuseppe Matera]