racconto di Vincenzo D’Avanzo
Quella mattina il vecchietto piangeva a dirotto.
Seduto su una sedia di paglia, avvolto in un pastrano nero per il freddo guardava gli operai
che si muovevano in modo confuso intorno a quella che era l’ultima fornace con ciminiera che stava per essere abbattuta.
Era il nove gennaio del 1991.
Al vecchietto alla nascita avevano dato il nome di Lorenzo in onore del santo patrono della zona,
anche se per la gente che vi abitava era sempre il rione Fornaci, per la presenza di numerosi laboratori
situati in quelle impervie stradine fatte di scale, di case e di sottani se non addirittura grotte dove erano ubicati i laboratori e i forni.
Lorenzo era l’ultimo di una secolare famiglia di vasai: tutti avevano lavorato in quella attività.
A chiuderla fu proprio Lorenzo quando la produzione industriale delle terrecotte e vasi in genere rendeva impossibile la concorrenza da parte del lavoro artigianale.
[La Statua di S. Lorenzo alla finestra della chiesa]
Quando seppe che anche l’ultima testimonianza di quell’attività millenaria sarebbe stata demolita
si armò di bastone per appoggiarsi e, nonostante i suoi 87 anni andò sul Comune salendo a fatica pendio san Lorenzo e le scale del Municipio.
Chiese del sindaco ma l’usciere lo mandò ancora più su all’Ufficio Tecnico.
Qui gli diedero, dopo qualche tempo di attesa, la più classica delle risposte: è pericolante.
Il poveretto non seppe replicare perché il pericolo poteva essere superato dal restauro:
ma di fronte doveva avere uno che avesse studiato la storia della città e ci tenesse a conservare la memoria storica.
La burocrazia se non ha memoria quasi sempre non ha cuore.
Era un quartiere abitato da povera gente dedita al lavoro pesante. Nei momenti di maggiore richiesta ci lavorava tutta la famiglia e spesso i ragazzini marinavano la scuola per mettersi al tornio dove la soddisfazione era più immediata. Vedere crescere tra le mani la forma del vaso era una soddisfazione che non provavano con gli Assiri e i Babilonesi. Lorenzo a scuola non c’era andato, ma aveva il gusto del bello.
Una domenica come al solito era entrato nella chiesetta dedicata a san Lorenzo per la messa
e chiese al sacerdote chi rappresentasse quella statua situata sul portale dietro una grata di ferro.
Il sacerdote gli spiegò che trattavasi di san Lorenzo, un martire dei primi secoli della Chiesa
che la tradizione certifica essere morto arrostito sulla graticola.
Per questo san Lorenzo è il patrono dei cuochi e dei pompieri.
È questa una tradizione tramandata nei secoli e a dimostrazione Roma aveva circa una ventina di chiese dedicate a san Lorenzo.
Tutto questo però a lui interessava poco.
Un dettaglio lo impressionò: il sacerdote aveva detto che era di terracotta.
Egli volle salire sopra per toccarla e lì si accorse che era un pregevole manufatto realizzato in tre parti e poi compattato direttamente sul posto.
Fino a quel momento Lorenzo aveva fatto solo vasi e pensò bene di mettersi a fare qualcosa di più prezioso,
ormai aveva più di vent’anni ed era quindi nella età giusta per sperimentare forme nuove.
Questo diede una svolta alla sua vita. Aveva da un paio d’anni sposato una bella ragazza,
mezza parente come si usava una volta quando il giro delle conoscenze era limitato.
Carolina, il nome della ragazza, aveva fatto la seconda elementare e quindi sapeva leggere sia pure in modo approssimativo.
Però era andata a scuola di ricamo e quindi sapeva disegnare.
Allargarono allora il laboratorio con un’altra stanza dove Carolina con alcune ragazze amiche
si fecero spiegare da uno che si dichiarava discendente di Ferdinando Di Bari,
l’autore della statua di san Lorenzo e che aveva il laboratorio di ceramica proprio da quelle parti.
Le ragazze impararono subito e Lorenzo non produsse più solo vasi ma cominciò a produrre piastrelle,
giocattoli di terracotta per i bambini, statue di vario genere.
Questa produzione veniva data ai negozianti e ambulanti di Andria perché vendessero il risultato del loro lavoro.
La sua ambizione era che qualche sua opera fosse conservata nei musei, come era capitato a qualche antico vasaio andriese
di cui si conserva qualche manufatto persino nel museo Jatta di Ruvo.
I desideri la notte di san Lorenzo affidateli pure alle stelle ma che siano realistici, perché se chiedete l’impossibile nemmeno le stelle possono aiutarvi. Chiedere di vincere al totocalcio o al “gratta e vinci” è tra quelli che rasentano l’impossibilità e le stelle non li conoscono questi giochi.
Questo lo impareranno nel 2018 quando decideranno di scrivere sulle schede che quel gioco “fa male alla salute”.
Come per sigarette i fumatori per leggere quella scritta devono comprare il pacchetto e una volta che lo hanno comprato
pensano ad aprirlo e non a leggere. Se fa male alla salute non era più semplice abolire il fumo e il gioco!
No perché questo farebbe male alle casse dello Stato.
Ma questo con la storia di Lorenzo e Carolina non ha nulla a che fare. La Storia ci insegna che le stelle esaudiscono solo i desideri d’amore.
[Pubblicato dall'autore, Vincenzo D’Avanzo, nel suo diario su facebook nonché sul giornale telematico “Andrialive.it” il 12 agosto 2018]
[Andria vista dalle Fornaci con la Chiesa S. Lorenzo (col tetto colorato) quasi in primo piano - elab elettr. su foto primo Novecento]