A Gisù Bammuin

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A Gisù Bammuin

di Grazia Montanari
[composta nel dicembre 1968 per i suoi alunni di 1ª classe elementare]

A Gisù Bammuin

[testo in dialetto andriese]

Pròpie stanòtt, ind a na gròtt,
accùst au vòuv i au ceucciarìdd,
ha nascìut nu Bamm’nìdd.
Sàup a la pàgghi’e ca stè ‘ndèrr.
Nàsc’ u Rèi d tòtt la tèrr.
Tìu ca sì grànn i assè putènd
Sìnd’m a mài p nu m’mènd:
da k’ss m’nn àdda l’vè
la guèrr i l’òdie ca l’ài assè!
Kerr manòdd p’ccenònn i sànd
Mìtt’l ‘ngòip a t’tt quànd!
Pùrt la pèice i purt l’amòur
pìur ind a l’ùm’n senza còur.
I ce kèssa pr’ghìrr ‘ngìl sèil,
Gisù, iòi pòzz fè nu bùnn Natèil!

A Gesù Bambino

[traduzione in italiano]

Proprio stanotte, in una grotta,
vicino al bue e all’asinello,
è nato un Bambinello.
Sulla paglia che sta per terra
nasce il Re di tutta la terra.
Tu che sei grande e assai potente
ascoltami per un momento:
da questo mondo devi togliere
la guerra e l’odio che è tanto!
Quelle manine piccoline e sante
mettile sulla testa a tutti quanti!
Porta la pace e porta l’amore
anche negli uomini senza cuore.
E se questa preghiera in cielo sale,
Gesù, io posso fare un buon Natale!

 

[Il dialetto è trascritto così come l'autrice l'ha pubblicato.]


NOTA

Il 26 dicembre 2019 Grazia Montanari nel suo diario facebook ha raccontato come è nata questa poesia;
ecco il suo testo che manifesta non solo la sua competenza di insegnante, ma anche la sua considerevole umanità.

Oggi vi racconto come è nata la poesia “A Gisù Bammùin” .
Dopo aver vinto il concorso di maestra, nell’Anno scolastico 1968/69 insegnavo in una 1ª classe nella piccola scuola di Viale Orazio. Un ambiente povero materialmente e difficile, con bambini appartenenti ad un ceto sociale di un livello molto basso. Quasi tutti gli alunni parlavano solo dialetto.
In vista del Natale, mi preoccupai di scegliere una poesia facile, semplice e soprattutto breve. Nonostante ciò, notavo la fatica che essi facevano per apprendere tutto ciò che era “nuovo”. Quel giorno, come compito a casa, avrebbero dovuto studiare a memoria pochi versi di una poesia natalizia.
Il giorno successivo, Riccardo, un alunno che non dimenticherò mai, si avvicinò a me, singhiozzando e con due grossi lacrimoni che gli rigavano le gote, mi disse: “Maestra, non la saccio fare la puisia” e piangeva. Mi resi conto del dramma che stava vivendo. Lo abbracciai, lo coccolai un po’, gli asciugai le lacrime col mio fazzoletto. “Non ti preoccupare. Domani faremo le cose più facili”.
Tornata a casa, mi resi conto che il programma didattico, programmato per quella classe, andava rivisto. Bisognava parlare con termini comprensibili. La loro lingua era il dialetto? Allora diciamo la poesia in dialetto! Mi dedicai tutto il pomeriggio e parte della serata e della notte a comporre il testo che portai trionfante a Riccardo ed agli altri il giorno successivo.
Scrivere il dialetto era la prima volta anche per me! Però la poesia è sopravvissuta per oltre 50 anni!