N.Cristiani: S.Michele al lago e S.Giuseppe

Contenuto

LA NUOVA CHIESA

DI

S. MICHELE AL LAGO

E DI

S. GIUSEPPE DI ANDRIA

DISCORSO
IN OCCASIONE DELLA SOLENNE APERTURA DELLA MEDESIMA
IL DÌ  I  GENNAIO 1883
PEL
CAN. NICOLA CRISTIANI
In ogni luogo e tempo gli ordini civili
nacquero dai sacerdotali, le città dai templi,
le leggi dagli oracoli, la filosofia dalla teologia,
l'educazione e la coltura dei popoli dalla Religione.
Gioberti - Del Buono, C. 8.

BOLOGNA
TIPOGRAFIA PONT. MAREGGIANI
Via Marsala Num. 4
1887
(stralcio)

AEDICULAM MICHAELIS ARCHANGELI
VETUSTATE SQUALLIDAM ET DILABENTEM
SUFFRAGANTE COLLEGIO CANONICORUM MAJORIS TEMPLI
ANTONIUS QUACQUARELLI CANONICUS
EFFUSA SUA IMPENSA
MUNIFICENTIA
FRIDERICI MARIAE GALDI PONTIFICIS ANDRIENSIUM
LIBERALITATE
VITI BRUDAGLIO ET MARIAE LOSITO CONIUGUM
ET PIORUM CIVIUM STIPE COLLATITIA
IN AMPLIOREM ELEGANTIOREMQUE FORMAM
A FUNDAMENTIS EXCITAVIT
DEOQVE UNI AETERNO
IN HONOREM EJUSDEM PRINCIPIS COELESTIUM
ET S. IOSEPHI VIRI D. N. MARIAE
FRIDERICUS EPISCOPUS
UNIVERSA GESTIENTE CIVITATE
SOLEMNI RITU DEDICAVIT
A. D. MDCCCLXXXII
[epigrafe composta da C. E. Merra]

Domus, quam aedifìcare cupio,
magna est, magnus est enim Deus
super omnes deus.
«La casa, che io bramo di edificare è grande,
perchè grande sovra tutti gli dei
è il nostro Dio».
Paralip.2, 5.
Signori
Queste parole segnano la condanna dei figli delle tenebre invasi dalla febbre di tutto abbattere od usurpare quanto concerne il culto di Dio, la magnificenza dei templi, la pompa degli altari; ed insieme l'elogio dei figli della luce, che vagheggiano il disegno d' innalzare quaggiù una degna abitazione alla Divinità e distendono la mano a colorarlo. Davidde padre di quel savio monarca, che disse le succennate parole, passeggiando un dì per le dorate sale della sua regia « che inconvenienza è mai questa? » sclamava « io abito una splendida regia e l'Arca di Dio se ne sta chiusa tra le pelli?! converrà certamente pensare a fabbricarle un tempio ».
E volea tosto por mano all'opera, che avrebbe senza dubbio menato a termine, se un espresso divieto non lo avesse impedito, non essendosi guardato d'iscellerare le mani nel sangue degli Amaleciti; onde dovette desistere dall'impresa ed esser pago di preparare il materiale al suo pacifico successore. Il quale nell'entusiasmo di un' opera grandiosa, che fu ottava meraviglia del mondo antico, giva esclamando « grande è la casa, che io bramo di edificare, perché grande sovra tutti gli dei è il nostro Dio ». « Domus, quam aedificare cupio magna est, magnus est enim Deus super omnes deos ».
Né valse in ciò ad arrestarlo il volgare sofisma, che Dio non essendo commensurato dal tempo, nè ristretto e circoscritto dallo spazio, abitando le regioni inaccessibili del cielo e avendo per isgabello dei suoi piedi la terra, che riempie di sua maestà e presenza, non fa bisogno di esterni apparati, di pompe esteriori, di località per essere adorato. Imperocchè, era ben convinto, che non dal bisogno, che Dio non ha, ma dal bisogno e dai rapporti dell'uomo inverso di Lui desumer si deve la obbligazione d'innalzargli quaggiù una degna abitazione, ove l'uomo pubblicamente possa bruciargli un granello d'incenso, riconoscere ed attestare il supremo dominio, che a buon diritto Egli gode sopra tutto il creato[1]. Per fermo l'uomo, anche a prescindere dallo stato soprannaturale, a cui lo eleva la grazia, e considerando solamente i suoi costitutivi naturali, ha il dovere di voler dipendere da Dio e come da sommo Essere, e come da somma Verità, e come da Bontà suprema, essendo queste le relazioni naturali, che emergono dalla essenza stessa dell'esser suo e delle primarie facoltà, onde va fornito. Epperò egli ha il dovere di adorarlo, di credergli, se parli, e di amarlo; e non solo internamente, ma anche all' esteriore è costretto a trasfondere questi sensi, che natura dentro gli detta; giacché l'interno per legge indeclinabile di natura tende a manifestarsi all'esterno. Epperò come potrà conoscere, come sentire, come esprimere questi naturali sentimenti senza uno spazio ed un luogo, che accolga l'uomo, che è essenzialmente spirituale e corporeo, al disimpegno dei detti doveri? Dal che è manifesto il bisogno e la obbligazione naturale di lui di innalzare quaggiù altari, e tempii alla Divinità. E la storia risponde a questa legge indeclinabile di natura non esservi stato al mondo popolo, per quanto selvaggio e fiero, che non vanti i suoi templi, i suoi altari, le sue divinità.
Che se si voglia riguardar l'uomo elevato allo stato di grazia, crescono mille tanti i suoi bisogni, i suoi doveri. L'Uomo-Dio a diffondere la luce dei veri sublimi, che, sua mercé, di lassù ci recava, ed il calore della sua vita su tutta l'umanità, a spandere i suoi ineffabili favori sulla terra, attaccava a segni sensibili, a cose materiali le sue grazie, affidava non agli Angeli, sibbene all'uomo il ministero della parola e della santificazione. Epperò chi è si stolto da non intendere come l'uomo non possa compiere tutto ciò sulla terra senza un luogo ed uno spazio a ciò determinato, senza mezzi materiali in una parola?
E sia. — Ma ciò dimostra che al solo Dio e non all'Arcangelo S. Michele a S. Giuseppe o ad altri si debbono dedicare le chiese e gli altari.
Signori, ogni chiesa cristiana è propriamente dedicata a Dio; nè osta che si dica eretta all' Arcangelo S. Michele, a S. Giuseppe o ad altri, perchè di fatto al solo Dio si erigono e si consacrano dalla Chiesa tempii ed altari, ma sotto l'invocazione ed il patrocinio dei santi, cui s'intitola quel tempio o quell'altare. Non è mia cotesta opinione ma è sentimento di tutta la Chiesa Cattolica espresso da S. Agostino. « Non enim constituimus Martyribus tempia, sacerdotia, sacra et sacrificia, quoniam non ipsis, sed Deus eorum nobis est Deus » (De Civ. c. Ult.).
E così sempre l'ha sentito l' antichità veneranda. Dalle umili catacombe alle superbe guglie delle Basiliche e delle Cattedrali, che si slanciano su nel firmamento come la preghiera del giusto; dalle chiesette dei villaggi ai duomi di Milano, di Firenze, di Parigi, di Colonia, di Roma, voi vedete in tutti i secoli come la fede dei popoli siasi mostrata ingegnosa nel rizzare templi ed altari ai santi, agli Angeli, a nostra Donna dedicati. E non ultima prova è quella, che vi sta dinanzi agli occhi questo giorno solenne, o Signori. Questo tempio, che sin dall'antichità più remota s'intitolava a S. Michele Arcangelo; questo tempio, che dall'umiltà in cui giaceva, oggi per opera di un pio sacerdote fattosi interprete della vostra fede e della vostra pietà[2], risorge a splendore novello, è testimone come della religione dei nostri avi, così della verità da me dianzi asserita. E questo tempio finora dedicato all' Arcangelo san Michele, e da questo dì puranco allo Sposo immacolato di Maria richiama questo giorno la vostra e la mia attenzione. Dirò, che l'opera grandiosa, a cui poneste mano e felicemente compiste[3], è cosa, che per la sua importanza ve ne deve saper grado la patria, la società, la religione. Desideraste di fabbricare un' abitazione degna di Dio , e questo voto già da voi compiuto si merita lode; giacchè grande sovra tutti gli dei è il nostro Dio. «Domus, quam aedificare cupivistis, magna est, magnus est enim Deus super omnes deos».
I.
Per vederne l'importanza patria di questo tempio testè innalzato dalla vostra pietà, mette conto di accennare in breve alcuni fatti, che si svolsero in queste appule contrade in sullo scorcio del'IV secolo dell'era volgare. Mentre sedeva sul seggio del maggior Pietro Gelasio I, (e precisamente verso il 490) e l'Italia era corsa e ricorsa, lacerandola, da innumerevoli orde di barbari feroci (Vandali, Turingi, Eruli, Goti, Alani ed altri senza nome) sbucate dalle gelide foreste del Settentrione con a capo Odoacre e Teodorico; in sulle vette del monte Gargano in Puglia segnalavasi uno straordinario avvenimento.
Un toro di smisurata grandezza pascolando su per quei greppi e per quelle balze, indarno si attese al noto presepe per ben due sere consecutive, onde si tenne smarrito. Perciò con l'aiuto di cacciatori e di veltri da mane a sera si giva frugando per quei dintorni e per quei folti macchieti, ma indarno. Ed ecco che in sul tramonto del terzo dì ritto ed immobile si scorge da uno di essi sull'ingresso di una orrida spelonca. Il cacciatore imbroccando l'arco verso la preda, la scoccata saetta, invece di ferirla, retrocede contro del sagittario medesimo. S'immagini lo sbalordimento di lui in quel primo istante, ma poscia rientrato in sè e riferite tutte le circostanze dell'avvenuto a S. Lorenzo allora Vescovo di Siponto; questi, intimati che ebbe digiuni e preghiere, all'alba del terzo dì per modo tutto fuori dell'uso, conobbe essere volere di Dio, che quell'antro, ove venne fermato il toro dall'angelica presenza di san Michele, restasse sotto la tutela di lui, ed a lui per sempre quel monte consecrato[4].
A questo dopo non lungo intervallo di tempo un altro ne seguì più solenne. Odoacre, che allo sfasciarsi dell'impero coll'armi s'insignorì d'Italia, veniva investito da Teodorico altro re barbaro con trentamila soldati, che s'accampavano nelle pianure di Capitanata nei dintorni di Siponto. Gli abitanti della quale vaghi di novità e seguaci di Teodorico, siccome incerti dell'esito della pugna, non sapeano a che partito appigliarsi; e tra costernati ed in Dio fidenti sono dal S. Vescovo, e genuflessi colle lagrime agli occhi lo supplicano a venire in loro soccorso colle sue fervide ed efficaci preghiere e cosi scongiurare il malanno. Il S. Vescovo commosso e come di lassù ispirato «Sorgete, disse, imbrandite le armi, e correte addosso alle nemiche schiere, chè pugna con voi 1' Arcangelo del Gargano». E fu quel giorno completa la vittoria riportata sugli avanzi delle forze di Odoacre[5].
Questi ed altrettali avvenimenti richiamarono l'attenzione delle città, delle provincie, dei regni, dei popoli, dei Vescovi, dei Vaticano. I prodigi di ogni sorta si moltiplicarono in quella spelonca, nè vennero meno pel lungo volgere di secoli. E la storia ci attesta, come Gelasio II, i Normanni con a capo Roberto Guiscardo, Francesco di Assisi ed altri si sieno rifatti altri uomini da quel che erano, visitando quella grotta e discendendo da quella montagna. E noi testimoni anch' oggi veggiamo coi proprii occhi trarre a torme in pellegrinaggio e uomini e donne e principi e vassalli con viva fede a quel santuario.
Non deve adunque recar meraviglia, se la Santa Sede colonna di verità e maestra dei popoli si fosse mostrata, oltre ogni dire, sollecita su tale argomento ed avesse preso vivo e caldo interesse di un tale avvenimento sin dai primordii del suo apparire; giacchè era un'altra prova (mi si permetta la espressione) sperimentale della verità dei suoi dommi intorno alla esistenza degli Angeli e mirabilmente confermava l'ordine soprannaturale, che andava e va predicando. Ond'è, che sin d'allora delegava all'esame dei fatti, e nel caso della loro veracità alla consecrazione del nuovo Tempio in onore di S. Michele Arcangelo, i Vescovi limitrofi. V'intervennero al cortese e nobile invito, Ruggero di Canne, Sabino di Canosa, Eutichio di Trani, Austero di Venosa, Palladio di Salpi, e Riccardo di Andria[6].
Porterei io qui nottole ad Atene, come suoi dirsi, e vasi a Samo, se volessi recare qui in mezzo cose a voi abbastanza note. V'è conta la fede ardente ed il cuore acceso, che mise le ali ai piedi del nostro primo pastore, per forma che Egli non una volta, ma per ben tre volte sotto la sferza canicolare del sole di Agosto volò alle falde di quella benedetta montagna[7]. Vi son conti i benefizii straordinarii da Dio per mezzo suo ricevuti nel viaggio, ed i prodigi per angelica virtù operati in quella spelonca e da lui coi proprii occhi veduti. Come non dovette scaldargli il petto la compagnia dei santi, la presenza degli Angeli, la vista degli innumerevoli e meravigliosi portenti dall'Arcangelo del Gargano su quel monte operati? Come non dovea rifarsi più grande nello spirito dell'Apostolato, ed infiammarsi di zelo nel trasfondere nel cuore dei figli suoi al ritorno le care memorie da quell'antro benedetto da lui riportate? Il certo si è che i nostri maggiori si studiarono di stamparle da per ogni dove e dentro e fuori città colla scrittura, con la pittura con templi e con monumenti d'ogni sorta, in modo che può dirsi piena la nostra patria di chiesette e di altari in onore di S. Michele Arcangelo consecrati[8].
E questo tempio or ora riedificato, e più splendidamente dalla vostra pietà e dalla generosità di un pio Canonico condecorato, data sin da quell'epoca, o Signori. Ne interrogammo la tradizione, i monumenti ed i pochi documenti scampati alla voracità degl'incendii[9], e del tempo; e tutte queste voci ci risposero all'unisono sin da quell'epoca datare. Udite, di grazia, l'istoriografo Cantore Durso sul proposito: «Non appena Riccardo rivide l'amato suo gregge, che tosto cercò riverberargli quell'alta venerazione, che egli avea concepito sul Gargano. Si videro a di lui premura sorgere molte chiese al suo culto dedicate e dentro e fuori la città, le quali palesano con segni non equivoci il marchio di quell' epoca». E a piè di pagina chiosando le anzidette parole soggiunge: «Di fatto quella Chiesa detta di S. Michele al Lago prima suburbana, mentre ora attacca con la catena delle urbiche abitazioni, fu allora edificata. Essa trovasi circondata da un numero immenso di sepolcri, i quali ebbero luogo accanto delle Chiese dal sesto al nono secolo, in cui si permise ai cadaveri cristiani la tumulazione dentro le Chiese»[10].
Ed io anzichè a contradire son mosso a raffermare l'opinione del giudizioso scrittore dalle seguenti ragioni:
I.° Perchè, essendo egli venuto in possesso del suolo, che circonda questa Chiesa, ha dovuto realmente rinvenire monumenti non dubbii, che constatavano la verità di quanto asseriva, specialmente sepolcri e monete dello stampo di quel secolo.
2.° Perchè nella demolizione dell'antica Chiesa per ricostruirsi la presente, veramente e dentro e fuori di essa si sono trovati gli anzidetti sepolcri, dentro cui si sono pure ritrovate monete proprie di quell'epoca; come consta, e si possono tuttavia osservare[11].
3.° Perchè l'Artefice-Muratore di questo tempio novello, giudice competente in si fatta materia, sulla sua fede mi assicurava esservi qui state tre diverse costruzioni; una a tavolato e due a volte. E ciò rilevato avea dalla diversità delle costruzioni e dei muri laterali nel demolire l'antica[12].
Al che mirabilmente consuonano i pochi documenti scampati dal furore dei barbari, e dagl'incendii, cui gli Archivii di questa città più volte andarono soggetti nel lungo correre del tempo. Dai varii Atti di S. Visita, le più antiche, che si conservano nell'Archivio Episcopale di Andria rilevammo esservi esistito qui in questa Chiesa un beneficio semplice, che si possedeva da un sacerdote della Cattedrale di Andria, esservi stata pure una Confraternita laicale con beni propri, per cura della quale celebravasi la messa ogni dì festivo, e che dal 1694 in su era in decadimento per dificienza di confratelli[13].
Rilevammo pure come a quell'epoca sulla parete, che serviva di fondo all'altare maggiore, e su quella dei due laterali eranvi delle pitture a fresco, mostrando S. Michele Arcangelo in atto di conquidere col piè e colla lancia il capo all'avversario di ogni bene. Che a lato del corno dell'Epistola eravi un altro altare, sopra di cui poggiava una statua di legno rappresentando il combattimento dello stesso col Dragone, antica e deforme. Che al lato dell'Evangelo eravi una mensa a forma di altare, sovra cui posava una immagine di Gesù flagellato pure antica e deforme in modo che il Vescovo di allora decretava, che si fosse tolta, ed in suo luogo posto un genuflessorio da servire per la preparazione dei celebranti l'incruento sacrificio dell'altare[14]. Da tutto ciò noi possiamo riconoscere senza titubanza il marchio di una antichità remota in questa Chiesa.
Che se rimonta a tale antichità la Chiesa di S. Michele al Lago, concretizzando nella sua esistenza le più care memorie della patria istoria; ditemi, di grazia o Signori, se non era importante per la patria nostra il ristorarla, il rifabricarla e ridurla allo splendore, di che fa pompa questo giorno solenne? Questa patria, la cui esistenza, prima dell'era volgare, quantunque sia fuori dubbio[15], nulladimeno per nostra incuria o per incolpevoli sventure, a cui nel corso dei secoli é andata soggetta, si vede sfornita di documenti decisivi, onde turare la bocca alla critica, che la dice città mediovale, la cui esistenza non rimonterebbe più in giù del secolo VII. No grida questo monumento nella sua muta eloquenza, su questo suolo, che voi premete, poco dopo Costantino e propriamente verso il 500, sorse un altare dedicato a S. Michele Arcangelo, fatto ergere per opera dell'Angelo primiero di questa Chiesa di Andria, S. Riccardo. Questo monumento ricorda a noi tardi nepoti la fede operosa dei nostri maggiori, e ricorderà in avvenire la vostra a coloro, che questo tempo chiameranno antico. I contemporanei per eternare sul marmo o sulla pietra un fatto d'arme, un arco, un baluardo , un epitaffio, si vantano di spendere migliaia di franchi e sono acclamati benefattori della patria; e voi che rivendicaste dall'oblio dei secoli la esistenza della vostra terra natale e di quell'inclito, che primo venne a gittare i semi della fede e dell'incivilimento, non avrete una parola di lode e d'incoraggiamento? Essi meritano encomio ed a ragione, perchè mettono in piena luce il passato e prestano gli argomenti più solidi alla storia; voi non solamente consolidaste la patria istoria, ma eziandio rendeste un grande servizio alla società ed alla religione, qual encomio vi meritate? Oh sì la casa, che desideraste di edificare è grande; giacché grande sovra tutti gli dei è il nostro Dio «Domus, quam aedeficare cupistis magna est; magnus est enim Deus super omnes deos».
II.
E per fermo ha detto un filosofo contemporaneo «ogni domestico e civile consorzio non può durarla senza morale[16]». Niuna gente, ha soggiunto, fu, e niuna può essere senza ammettere un divario morale fra le azioni umane, senza distinguere i meriti dai demeriti e riconoscere la libertà degli operatori[17]. Non quella libertà della carne, che oggi va in voga e che rende l'uomo schiavo delle proprie passioni, che meglio si direbbe libertinaggio, ma quella dello spirito, onde l'uomo inferiore è assoggettato all'imperio della ragione, di che G. Cristo, sua mercè, ci ha fatto dono[18]. Ebbene, o Signori, questa morale, che colla massima certezza pone a base siffatti veri, e sviluppandoli sotto l'influenza della legge di grazia purifica e nobilita i costumi dei popoli (chi nol sa) è gloria, è vanto esclusivo della Chiesa cattolica, che tuttodì li va predicando nei suoi templi. Che se Plutarco, tenendo l'occhio all'evo antico quando falsa e bugiarda era la divinità, e la moralità delle umane azioni o era nome vano o vagiva tra le fasce della corrotta natura in mezzo alla fosca caligine del gentilesimo, ebbe ragione di sentenziare «che un popolo, che non ha tempii è un popolo barbaro». Con quanto più di ragione non avrebbe detto lo stesso se fosse vissuto in mezzo alla luce del Cristianesimo?! Ed invero la barbarie è in ragione inversa della civiltà; e questa importando nel suo concetto il perfezionamento della volontà applicandosi alle leggi ed alla morale educazione[19]; posa sulla conoscenza di noi medesimi, dei nostri simili, dell' Essere Supremo e loro rapporti. Epperò dov'è che l'uomo ha piena conoscenza di tutte siffatte cose? dov'è che il fanciullo dodicenne addiviene metafisico maggiore di Platone? dov'è che impara a conoscere la sua origine, i futuri destini? dove quella specie di necessità finale, che lega la sua coscienza, e la contiene nei limiti del dovere? dove impara a rispettare la proprietà, la fama, la donna, la vita altrui? dove il ricco impara a rispettare il povero dandogli la giusta mercede del suo sudore? dove il povero a lavorare per coscienza in pro del ricco? Si veramente dove non vi ha tempio, o vi ha e resta deserto, e dove viene schernita la voce del sacerdote, ivi è sciopero, disordine, ribellione. Crollare le mura di un santuario è una sventura sociale, è far discendere il termometro della civiltà dei popoli sotto il livello dell'abbrutimento e della barbarie; moltiplicarle è portare una pietra all'edifizio del consorzio domestico e civile, propagare i mezzi più efficaci pel suo vero incivilimento.
Che se le chiese in generale offrono siffatta importanza, quella di S. Michele al Lago non ne va senza. Cresciuta a dismisura la catena delle urbiche abitazioni, la quale oggigiorno al di dietro si distende e vieppiù si distenderà col crescere delle generazioni lungo la via di Corato, covrendo le tredici isole dell'Orto della Spina, e dal dinanzi lungo la via del Camposanto e dell'Orto dei Pistacchi, nel perimetro di un chilometro in circa di abitanti sorgeva solamente a fianco questa un dì umile Chiesetta[20]. E se non si fosse provveduto a tempo a questa opera benefica, i vecchi cadenti, gl'innumerevoli fanciulli, le donne pregnanti, gran parte dei nostri concittadini sarebbero rimasti senza l'alimento della divina parola, senza cristiana istruzione, senza il conforto balsamico della religione. E se non sono queste le opere, che importano alla società, quali saranno? Le vie ferrate, il filo elettrico, il telefono ed altri ammirabili ritrovati delle naturali scienze sono senza dubbio vantaggi, che mettono solo in comunione i beni materiali, e non conteranno nulla quelli, che mettono in comunione la verità, la morale, l'ordine, i rapporti fra i nostri simili, Dio principio e fine di ogni bene? E saremmo noi savii, se dessimo più importanza a quelle opere, che sono intese a procurarci i vantaggi caduchi e fugaci del tempo, che a quelle, che ci procurano gli eterni? Donde si fa pure manifesto non solo importare alla società l'opera, di che è parola, ma altresì alla religione.
III.
Che altro di fatto questa ricerca, se non la diffusione della verità e della giustizia, il progresso della morale, il dilatamento del regno di Dio in mezzo agli uomini? Donde poi vengono come corollarii il perfezionamento dell'intelletto, l'educazione del cuore e la coltura delle arti belle. Al che non v'ha via più spedita, che allargare la gerarchia della Chiesa, non vessarla con leggi inique, nè impedirla con la prepotenza nell'esercizio della sua alta e divina missione. E questa gerarchia, benché possa agire in tante diverse e svariate forme, pure il luogo proprio della sua azione, il suo campo di battaglia si è propriamente il Tempio. Quivi coi sacrifici e colle pubbliche preghiere fa discendere Dio in mezzo agli uomini, quivi dileguando le tenebre dell'ignoranza e dell'errore colla parola, scuote e ridesta gli assonnati nell'ombra della morte, e invitandoli al pentimento ed al perdono li fa degni di salire al loro Fattore, termine fisso e centro di nostra felicità verace.
Vero è che oggi comunemente si crede, che la scuola al Tempio e la scienza dovrà subentrare alla fede. Ma chi porta tale pensamento, s'inganna a partito. In primo luogo, perché la scuola non può essere l'alimento comune a tutti gli uomini, nè la vita di tutte le età; in secondo luogo la scuola non può abbracciare, che la istruzione intellettuale, trascurando almeno in gran parte la educazione morale, frutto esclusivo della religione. Nè meno è vero, che la scienza delle cose umane possa surrogare quella della fede; giacché oltre, che appartengono a due sfere essenzialmente distinte, perché l'una ha per obbietto formale le verità di ordine naturale, mentre l'altra si versa su quelle, che eccedono l'ordine di natura; il motivo formale è pure distinto, perché l'una tende all'evidenza del vero, laddove l'altra appoggiandosi sull'autorità di Dio rivelante, su questa senza titubanza riposa; l'una si travaglia con le proprie forze all'acquisto della verità, l'altra ha bisogno di lumi superiori. Nè v'ha timore, che l'una soppianti l'altra, perché sgorgano dallo stesso fonte, Dio autore della natura e della grazia essenzialmente incapace d'ingannarsi e di contraddirsi. Solo la limitatezza delle nostre cognizioni solleva talora e momentaneamente una nube apparente di contraddizione, che tosto vien dileguata da ulteriori studi e da cognizioni più esatte. Cogli studi incipienti della filologia ebraica credette il filosofismo del secolo passato trovare un dardo da ferire a morte la religione del Nazareno; ma perfezionati questi studi, oggi è dimostrato dalla stessa filologia, che il torto stava dalla parte di quei filosofastri, che ignoravano il meglio di quel sapere[21]. Non ha guari si è ripetuto lo sforzo dei titani colle informi zoologiche cognizioni, e uomini in giubbone da Professori si affannavano (e forse si affannano tuttora) di scacciare Dio dal tempio per sostituirvi la dea scienza; ma perfezionata la stessa zoologia e le altre scienze naturali hanno deposto, o deporranno tosto in favore della Religione[22].
Ma dove mi caccia il lungo tema? Chi fra noi italiani ignora, che la luce del sapere nelle umane e divine cose, della civiltà, della letteratura è uscita dal tempio? Abbiamo forse dimenticato, che non avremmo avuto il miracolo della Divina Commedia, nè le Madonne del Sanzio, nè il Mosè ed il disegno architettonico della famosa cupola del Buonaroti, se il concetto estetico non fosse uscito dal tempio? Abbiamo dimenticato, che la stessa classica letteratura sarebbe stata preda del vandalico furore dei barbari, se le fatiche immense dei frati di Monte-Cassino non le avessero da quello sottratte? Abbiamo dimenticato le libertà conquistate dai Comuni, la barbarie dei popoli trasformata nella gentilezza della presente civiltà, la scimitarra della falcata luna infranta e doma mercè la forza di Dio che muove dal Tempio? l'autorità da dispotica e tiranna addivenuta paterna; la legislazione più savia e civile, i costumi riformati ed ingentiliti? Si può a buon dritto conchiudere che «la coltura e la moralità sociale furono e sono il prodotto dell'influenza morale della Chiesa cattolica, la quale in più incontri, salvando l'umanità da troppe note barbarie raccolse e tramandò fino a noi l'antico sapere correggendolo e perfezionandolo nella pura atmosfera dei sentimenti cristiani[23]».
Ma non è mio compito allargare l'orizzonte del mio argomento e dimostrare l'influenza benefica e l'importanza del tempio in generale sulla civiltà dei popoli; (argomento cotanto maestrevolmente svolto dal famoso oratore, che ieri vi tenne parola)[24]; sibbene di farvi vedere l'importanza di questo tempio or ora innalzato dalla vostra pietà in rapporto alla religione. Un'ultima osservazione e conchiudo.
Sono le arti belle, tra le quali ha luogo l'Architettura, la espressione dei pensieri e dei sentimenti religiosi e civili di una città, d'una nazione, del secolo, in cui l'opera d'arte viene fuori; questo tempio, quantunque non vada esente da nei, come tutte le opere umane; pure nell'assieme è bello, e nella sua bellezza ritragge il carattere dei vostri sentimenti religiosi, e del secolo, in cui viviamo, o Signori. Qual è il carattere del secolo presente? L'ha delineato in brevi parole il Pontefice regnante. Udite: «Una perniciosissima setta, i cui autori e corifei non celano, nè dissimulano punto le loro mire ha già da gran tempo posto il suo seggio in Italia, e intimata la guerra a G. Cristo s'argomenta di spogliare in tutto i popoli d'ogni cristiana istituzione. Soppressi gli ordini religiosi, confiscati i beni della Chiesa, avute per matrimoni validi le unioni contratte fuori del rito cattolico; esclusa l'autorità ecclesiastica dall'insegnamento della gioventù. Nè ha fine, nè tregua alcuna la crudele e luttuosa guerra mossa contro la Sede Apostolica, laonde si trova, oltre ogni dire, oppressa la Chiesa e stretto da gravissime difficoltà il romano Pontefice[25]». Non è oggi questo o quell'Eresiarca, che audacemente combatte questo o quel domma di nostra fede, ma una filosofia scettica ed incredula, che rinnega quanto v'ha di soprannaturale e rigetta ogni impronta divina alle ecclesiastiche istituzioni. Non si attacca questa o quell'altra verità, ma la vita stessa del Cristianesimo.
Di fronte a tale posizione religiosa, a quadro sì fosco del secolo XIX è di somma importanza ridestare nei credenti la fede assopita, moltiplicare i rivoli, donde sgorga la vita della grazia, porre argini all'irrompente fiumana della corruttela; ergere in una parola tempii ed altari, dove si possano illuminare le moltitudini illuse, educare le novelle generazioni nel sentiero della verità e della virtù, raddrizzare gli storpi, rendere la vista ai ciechi, rafforzare i deboli, istillare nei pargoli il latte della fede e della innocenza. E tutto questo avete fatto voi, o Signori, col dar mano alla nobile impresa di riedificare questo tempio secolare. Voi avete mostrato, che la vostra fede non è scossa da sonore ciance o da strane teorie a noi piovute d'oltremonti e d'oltremari, ma sta salda come torre, che non crolla giammai la cima per soffiar di venti[26]. E mentre gl'infarinati nelle moderne teoriche si arrovellano nel rintracciare l'origine delle cose, e si millantano nell'averla rinvenuta nello spontaneo sviluppo della natura o nel moto progressivo di essa; e quella dell'uomo dal fungo o al più dall'Orango-tanct; voi più savii, ridendovi di questi vani ed assurdi ritrovati, avete detto in cuor vostro: innalziamo una Chiesa, dove i figli nostri meglio intenderanno, che vengono da Dio, vanno a Dio per mezzo dell'Uomo-Dio; dove impareranno, che Dio è solo principio e fine di tutte le cose visibili ed invisibili, naturali e soprannaturali, angeliche e mondane. E mentre lo spirito umano si ribella contro Dio e la sua legge e contro la più augusta e veneranda Autorità, che lo rappresenta sulla terra, mentre il Satanismo invade le menti briache, e spudoratamente s'inneggia per le piazze; voi per meglio combattere le battaglie del Signore, vi poneste sotto la scorta del celeste condottiere, che fe' la vendetta del superbo strupo[27]. Che anzi ossequenti alle prescrizioni della Chiesa, avete tradotto in pratica il decreto in onore di S. Giuseppe da quell'Infallibile e suprema Autorità emanato. Sicché la riedificazione di questo tempio ritrae il carattere della incredulità, che ammorba l'atmosfera del secolo presente, e della vostra fede, o Signori; il carattere della ribellione dello spirito umano alla legittima Autorità e della vostra sommissione, che ad essa si deve.
Non avea io dunque ragione di dirvi, che l'opera a cui poneste mano, importava alla patria, perché storicamente rassodava la sua esistenza nei primi secoli del Cristianesimo, importava alla società, perché è il mezzo più spedito per rendere onesto e laborioso il cittadino, importava alla Religione, perché dessa altro non ricerca, che la diffusione del Vero, del Buono, ed anche del Bello, e questa meglio si consegue coll'innalzare un tempio degno del nostro Dio, giaccchè Egli è grande sovra tutti gli Dei: «Domus, quam aedificare cupistis magna est, magnus est enim Deus super omnes deos».
Mi si potrà opporre, che siffatta importanza fu ben compresa dai nostri maggiori; fu per questo, che ersero questa Chiesa; fu per questo, che demolitala per ben tre volte, per ben tre volte la riedificarono; fu per questo, che ne istituirono una Confraternita, che l'abbellirono di affreschi e di pitture. Epperò meglio l'antica, che la nuova risponderebbe all'importanza, di che si ragiona.
Signori, era il di 4 Novembre dell'anno 1694 non piovoso, non coperto, ma bello e ridente come un bel giorno di autunno in queste meridionali contrade; ed un prelato degno di sedere su questa Cattedra Andriese, montava in cocchio scortato da nobile corteo di laici ed ecclesiastici, mettendosi sulla via, che mena a Barletta. Quando dilungatosi dalla nostra città non più di un chilometro, s'interna in un fondo, s'appressa ad un muro, che pareva ed era difatto una chiesa. Comanda che si aprano le porte, ed ecco apparire il cielo per volta, ritti solamente i muri laterali, terra limacciosa per pavimento, macerie, travi e colonne rinversati al suolo, nido di pipistrelli e di serpenti. Riede accorato e dolente nel suo Episcopio, e la dimane promulga l'Editto seguente: «Se v'ha taluno, che rivendichi un giuspatronato sulla Chiesa di S. Michele in Chiancola fra lo spazio di due mesi, sappia, che è tenuto di riedificarla; altrimenti si demolisca e non rimanga vestigio di luogo sacro, rizzandosi in suo luogo una Croce»[28].
Signori non sono corsi per anco due secoli, che noi tardi nepoti guardandoci l'un l'altro in viso ci addimandiamo meravigliati: ov'era il sito, su cui un dì innalzavasi quella Chiesa? ed incredibile a dirsi neppure una croce sorge a ricordare ai posteri la fede dei loro maggiori.
Non altrimenti sarebbe avvenuto di questo tempio secolare, se a tempo non si fosse provveduto. E chi non rammenta l'umidità connaturata nei muri di questa Chiesa pocanzi demolita? Chi non ricorda i decreti emanati da questa R.ma Curia per sterpare la radice del male, ed il male sempre daccapo? Chi non rammenta, come i Cappellani, i dì festivi dopo aver celebrato, fuggivano di qui, come dal luogo del supplizio? Vi sovvengano le gocce, che stillavano le pareti, il pavimento bagnato, l'afa continua, che all'azione del calorico dalle sue basse volte esalava? L'antica Chiesa senza dubbio in un tempo non tanto lungo sarebbe crollata. E non so, se i figli vostri educati alla scuola della miscredenza o dell'indifferentismo sarebbero per sorreggerla nella sua rovina.
Ma vo' supporre che essi saranno per avanzare i padri loro nelle opere di pietà e saranno per essere più ferventi di voi nella religione. Ciò non invalida affatto la necessità e l'importanza, di che s'è ragionato. Per fermo questa Chiesa posta un tempo fuori le mura era quotidianamente deserta, e vedevasi un po' di frequenza nel dì 8 Maggio, e poco meno nel di 29 settembre di ogni anno. Oggi non è più fuori le mura, ma si può dire nel cuore delle abitazioni, e la frequenza non è più di una o due volte all' anno, ma di ogni di festivo e direi quasi quotidiana. E potea essa durare in quello stato? la pubblica igiene, la progrediente cultura dei popoli, i bisogni religiosi richiedevano la sua ristorazione.
Sieno adunque pubblicamente rese le dovute grazie al Sig. Can. D Antonio Quacquarelli che ne concepì il disegno di riedificarla, e con proprio dispendio e attraverso i tanti ostacoli menò a termine, rendendola più ampia, più splendida, più decorosa, questa Chiesa novella sì benefica per la nostra patria, per la società, per la religione.
Sieno rese grazie a voi, che con tanto zelo e disinteresse cooperaste ad una tanta opera, che mentre da un canto farà durare la vostra memoria nella benedizione dei vostri nepoti, dall'altro ridonda a maggior gloria di Dio ed a bene delle anime. Avete desiderato, edificargli un'abitazione degna di Lui, ed il vostro voto è già compiuto «Domus, quam aedificare cupivistis magna est; magnus est enim Deus noster super omnes deos».
Ed ora altro non mi resta, che rivolgermi al Dio, che riempie di sua presenza e maestà questo Tempio e supplicarlo, che alla materiale erezione tenga dietro la spirituale, che susciti cioè e riedifichi le pietre vive del santuario, che dovranno servire alla costruzione del gran Tempio della sua gloria nella celeste Gerusalemme. Rivolgermi all'Arcangelo tutelare di queste pareti, da Dio stabilito principe per la salvezza dei fedeli, che nella milizia di questa nostra vita mortale ci assista, e continui a farci da celeste condottiere nelle presenti battaglie del Signore. All'immacolato Sposo di Maria S. Giuseppe, che spiegando il suo potente patrocinio sui corpi e sulle anime nostre in questa vita, non ci abbandoni nell'ora estrema della morte.
Si, o Signore, volgi uno sguardo benigno alle mura della nuova Sionne, colla tua buona volontà riempile dei celesti carismi, ricolmale dei tuoi favori, affinchè sieno salde e forti da resistere agli assalti di tutti i tuoi e nostri nemici. Gli Angeli tuoi col loro principe abitino alla destra di questo Tempio; alla sinistra il tuo padre putativo S. Giuseppe, che fattisi interpreti dei nostri voti quaggiù, li porgano innanzi al trono della tua infinita Bontà; e così noi, e quanti verranno qui in avvenire ad invocarti difesi dagli uni, protetti dall'altro siam fatti degni di entrare nel gran Tempio della tua gloria, ove tu vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia.


NOTE
[1] Quis ergo poterit praevalere ut aedificet ei domum? si coelum et coeli coelorum capere eum nequeunt, quantus ego sum, ut possim aedificare ei domum? sed ad hoc tantum ut adoleatur incensum coram illo. — Paralep. 2, 6.
[2] Il Sacerdote D. Antonio Quacquarelli Canonico della Cattedrale di Andria.
[3] Sono degni di rimembranza i seguenti cooperatori e benefattori: Monsignore Ill.mo e Rev.mo Federico Maria Galdi ha concorso con la somma di L. 500,00. II Signor Vito Brudaglio e Maria Losito coniugi con la somma di L. 6000,00. Il Signor Canonico D. Antonio Quacquarelli con la somma di L. 12364,00. Il medesimo Canonico per compra e per fabbriche contigue e annesse alla Chiesa con altra somma di L. 3595,00. Il resto dall' elemosina dei fedeli; giacchè l'esito totale per la costruzione di detta Chiesa è stata di L. 4060050,00.
[4] De Iorio — Vita di S. Riccardo.
[5] De Iorio.
[6] De Iorio e Durso — Storia di Andria.
[7] De Iorio e Durso.
[8] Nella Cattedrale l'attuale altare di S. Ciro era dedicato a S. Michele, dentro le mura abbiamo la cappella di S. Michele dei Meli e fuori S. Michele al Lago e una in Chiancola oggi atterrata.
[9] La città di Andria in diverse epoche è andata soggetta ad invasioni e saccheggi; sono celebri quelle dei Normanni, degli Ungari e dei Francesi nel 1799, per le quali furono bruciati gli Archivii municipali e quelli degli Enti morali.
[10] Durso storia di Andria.
[11] Nel demolire l'antica Chiesa dentro e fuori di essa si sono trovati parecchi sepolcri, entro i quali non poche monete, che si conservano tuttora; e queste forniscono alla storia un argomento irrefragabile, se 1.° conservano lo stampo antico, 2.° se non può dirsi essere state disseminate o perdute da coloro, che vi passavano per quel dato luogo, ove esse si rinvengono, come si è detto di altre in parecchi fondi pochi discosti dall'abitato, rinvenute. In riguardo a quest'ultima condizione è manifesto, che quelle monete o dovevano appartenere ai cadaveri ivi sotterrati, o messe dai superstiti secondo l'antico pregiudizio per pagare il nolo, giacchè non tutte le superstizioni e pregiudizii potè la chiesa in un attimo sradicare dalla mente del volgo. Che poi sieno dello stampo antico è evidente dagli stemmi, dalle iscrizioni e dalle date sovra di esse scolpite. Sulla faccia di alcune si legge «Roma vecchia» sovra una faccia di altre si vede una croce sormontata dal motto seguente «in hoc signo vinces» sull'altra sodo intelligibili appena le lettere «I P P. Rex Ara». Sovra di altre sul diritto sono scolpite le lettere seguenti «λέων εν θεο βασιλεύς Pομεον». Nel rovescio rappresenta uno stemma in forma di croce sormontata dalla medesima iscrizione. Su di altre si leggono benissimo le date, in una «1551» in un' altra «1575»
[12] È degno della nostra memoria il fu Mastro Giovanni Caricato, che quantunque illetterato, era però fornito di un genio artistico eminente. L'attestano parecchi edifizii della nostra Città e la Chiesa presente da lui architettati.
[13] Atti di S. Visita di Mons. Francesco Antonio Triveri - 1694:
Eadem die 25 November. lllustrissimus se contulit ad Orat. S. Michaelis sit: extra civitatem in via, qua Coratum pergitur. Est in eo erecta Confraternitas sub titulo S. Angeli, cujns administratio est apud Priores. Cum haec Confraternitas, sicut et caeterae sint sine Confratribus, ita quod, qui semel Prior est unius Confratris potest esse talis quoad vixerit, qu. elapso termino sui Prioratus vocat quatuor aut sex homines sibi bene visos et ut p. ed. (parole inintelligibili), et eis proponit electionem novi Prioris, et illi, ad quos nil attinet, eligunt vel ipsum aut confirmant et ita confirmatus in regimine perseverat.
[14] [dallo stesso atto di visita del 1694, su citato]
In capite Oratorii adest altare habens pro tabula pictura in pariete representante bellum, quod, ut ajit Ioannes in Ap. factum est inter Arch. et Luciferum, apte superiori, et a lateribus pictura reperies eleganter ornata. Estque sacra suppell. supra provisa.
A latere Epistolae adest aliud altare dicti S. Angeli senis et supra mensa statua quaedam lignea vetus et deformis praelii scilicet Archangeli cum Diabolo representans, et nihil aliud, imo ob ejus angustiam vix in eo sacra fieri potest.
A latere Evangelii adest quidam locus, et in eo mensa lapidea super columnas ex lateribus compacta ad formam altaris posita et loco tabulae imago quaedam Salvatoris N. I. C. flagellis caesa repraesentans.
In faciem lateris altaris S. Michaelis paries est valide maculatus causa humiditatis evidasio proximo provenit - Decretum fuit.
Quod Confraternitas producat documenta suae erectionis cum constitutionibus, si quae habet, quibus regulis et quam erectionem habeat, nec const. ut creditur, demum. erigat auctoritate ordinaria. Augeatur num. Confratrum et statuantur Constitutiones, quibus ei praescribat pia opera, in quibus se exercere deheant, modum acceptandi fratres, eligendi Priorem (qui è inintelligibile) officiales et confratres regendi, et insuper studeas illam alicui Archiconfraternitati aggreganti et indulgentias Confratres consequi possint.
Et hoc idem fiat eum aliis Confratribus.
Quod altare laterale demolias et lapides in loco decenti semoveas, donec..... ect.
Quod locus a latere Evangelii positus aptet ad modum sacristiae et loco altaris ponas genuflexorium pro praeparatione et gratiarum actione a Sacerdote facienda.
Quod in visidasio prope murum fiat fovea quam aquae decurrere possint et parieti non offendat.

Atti di S. Visita di Monsignor Ariani Andrea 1697, 13 Settembre.
Ill.mus Dnus visitans Capellam S. Angeli dicti del Lago extra moenia in via, quae Coratum ducit, altare tolerat, quoad ornamenta et necessaria, verum quia post parietem altaris a terra super eminenti comunicat humiditas, melius reparari mandavit et providere deb. de tobalea superiori alba, casula nova, missali et nonnullis aliis.
In ea est eretta quaedam Confraternitas, quae caret vexillo, saccis et sodalibus, sed tantum est titularis, ejus redditus administrantur per Priores Laicos.
Mandatum fuit quod exibeat statum bonorum reddituum et computa sub poena excomunicationis infra quatuor dies. Adest onus Missae in omnibus diebus dominicis et festivis et subministratur elemosina ab eodem Priore.

Atti di S. Visita di Mons. Torti 1721, 16 Maggio.
Ecclesia S. Angeli extra civ. in via, qua Coratum pergitur, se contulit pictura vero representante bella facta a S. Michaele cum Dracone in pariete decrustari et demoliri in novam picturam sub tela in meliorem formam fieri ex redditibus.
In latere Epistolae adest aliud altare demolitum sub titulo S. Angeli et in latere Evangelii alia pictura S. Salvatoris in pariete.
In dicta Ecclesia R. D. Anelli possidet beneficium simplex: mandavit, quod infra mensem Beneficiatus producat invent.
[15] Atto Vannucci — Storia d'Italia v. I.° p. 204 — Durso — Storia di Andria.
[16] Gioberti — Del Buono — C. 8.
[17] Lo stesso — Del Buono — C. 8.
[18] L'Apost.
[19] Tapparelli — Dritto naturale.
[20] Chi bramasse avere un'idea della Chiesa esistente pria di questa, eccone una breve descrizione: Fuori delle mura della città di Andria, alla parte orientale di essa sulla via vecchia, che mena alla città di Corato sorgeva l'antica Cappella a S. Michele Arcangelo dedicata. Aveva un prospetto in epoca più vicina a noi rinnovato con un piccolo campanile e con una porta d'ingresso, che guardava il mezzogiorno. Nell'interno vi aveva tre navi con otto archi quattro a destra ed altrettanti a sinistra a sostegno della volta. Tre finestre due rotonde ed una ovale erano site nella facciata di prospetto, quattro ai lati del presbitero per darle sufficiente luce, sporgenti sul parco un dì del signor Margiotta, ed ora proprietà dei signori Durso. Ove terminavano le navate incominciava un piccolo presbitero con un solo gradino di pietra, in fondo un piccolo coro, nel mezzo l'altare maggiore di viva pietra. Dietro questo sulle pareti del coro era dipinta a fresco l'imagine di S. Michele Arcangelo con lunga lancia nella mano destra confitta nel seno di orribile ceffo, mentre la sinistra imbrandiva lo scudo, si leggeva il motto « Quis ut Deus ». Un elmo piumato graziosamente coprivagli il fronte di luce angelica raggiante. Ai suoi piedi teneva avvinti quattro spiriti infernali con occhi di brace, con volti di fuoco, con bocche spalancate, con denti digrignanti, con teste cornute, con omeri alati, con code attortigliate giacenti nelle fiamme divoratrici spietatamente orrendi e smaniosi.
Questo affresco offriva nell'insieme un altare con colonne laterali, basi e capitelli.
Nel muro a fianco l'altare osservavasi S. Leonardo in abito di monaco basiliano, con ferri e ceppi alla destra e il libro chiuso nella sinistra. Nel mezzo S. Michele con una bilancia in mano, della quale in una delle coppe un'anima in forma di fanciullo era pesata. Accanto a San Michele vedevasi una Vergine con aureola in testa e con la palma del martirio in mano. Accanto al dipinto in cifre semi-gotiche era scrittto il nome di Nicola Tesse sacerdote di questa cattedrale, forse perchè a sue spese fu rinnovato quel dipinto sulla parete.
In una nicchia poi scorgevasi una statuetta di S. Michele che da guerriero imbrandiva la spada contro lo spirito ribelle, con la iscrizione dello scultore «Richardus Brudaglio sculpsit Andrien A. D. 1711» la suddetta nicchia poggiava sopra un vecchio altare.
Questa nicchia doveva essere una porta antica, che sporgeva sul parco del signor Margiotta; perchè si leggeva al sommo dell'arco la seguente iscrizione «Hospitium peregrinorum».
Nel corno dell'Evangelo e a manca di chi entrava nella Chiesa vicino all'altare maggiore, eravi una sagrestia, ove scorgeasi una finestra sporgente sul parco anzidetto, ivi vedevasi un altro affresco di Gesù sulla croce con l'Eterno Padre, dietro al Crocefisso una cortina di cancelli quadrati di colore scarlatino. Ad un lato della porta eravi la fonte dell'acqua benedetta di pietra scanalata con una rosa nel centro, che poggiava sopra una colonnetta, nella cui base leggevasi 1634.
[21] Wiseman — Conferenze.
[22] Stoppani - Belasio — Verità cattoliche.
[23] «Voce della Verità» 19 Ottobre 1882.
[24] Il Canonico D. Emmanuele Merra.
[25] Enciclica di Leone XIII Etsi nos.
[26] Dante — Purg. 5.°, 15.
[27] Lo stesso — Inf. 7.°, 12.
[28] Atti di S. Visita di Mons. Triveri 1694 - die 4 Novembris -
Extra civitatem ad 1000 passus circiter prope via, qua Barula pergitur. Immediate post prandium Ill.mus visitavit locum, in quo alias erat orat: S. Angeli dicti (non si può leggere) illumque invenit fere totum dirutum, remanentibus parietibus lateralibus, imo et in capite Oratorii. Et cum nesciatur quis habeat in eo jus patronatus Decretum fuit.
Quod per edictum moneatur: Si quis in illo jus aliquod habeat ad illud reficiendum termino duorum mensium, aliter demoliatur taliter nulla remaneat figura loco ejus Crux erigatur. Ibi est beneficium et possidetur a D. Antonio Anello.



[tratto da “La nuova chiesa di S. Michele al lago e di S. Giuseppe di Andria” di N. Cristiani, tip. Pont. Mareggiani, Bologna, 1887, pagg.1-38]