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abside
[l'abside in una foto dell'aprile del 1983 - foto S. Di Tommaso]

L'abside

"Dietro il maggiore altare si apre il Coro  [gli stalli sono oggi in Cattedrale, tranne quello del Priore, esposto nel Museo Diocesano] , sufficientemente spazioso, composto di ventisei stalli superiori, oltre quello del Priore, che sta nel mezzo, e di diciotto inferiori. È un pregevolissimo lavoro in noce del 1400, non tutto però. A quest'epoca appartiene senza dubbio lo stallo del Priore delicatamente intagliato ed ornato di cornici, di modanature, di rabeschi, di modiglioni, e d'immaginette fantastiche, le quali lo rendono graziosamente bello. Nel mezzo vi stava scolpito lo stemma Domenicano; ma mani vandaliche lo strapparono!. Ai laterali esterni di questo stallo si veggono due mezzi busti a bassorilievo, che pare debbano rappresentare il Duca e la Duchessa di Andria, Francesco II Del Balzo, e Sancia di Chiaromonte. Indubbiamente appartengono pure alla medesima epoca tutte le spalliere degli stalli, artisticamente intagliatri con varie e bellissime figure, nonché i sostegni dei poggiuoli degli stalli superiori, che rappresentano grifi, scimie, leoni, draghi alati, centauri, ed altri mostri di simil genere. Il resto del Coro pare che appartenga all'epoca in cui fu rimodernata la Chiesa.

coto, stallo del priore (foto Giuseppe D'Ambrosio)
[coro, stallo del Priore, ora nel Museo Diocesano - foto Giuseppe D'Ambrosio 2015]

particolari degli stalli del coro proveniente da San Domenico
[particolari del coro, ora in Cattedrale - elaborazione elettr. su foto di M. Monterisi - 2010]

In mezzo al pavimento del Coro si apre una tomba marmorea, lavorata con delicati intagli, dove una volta vi era forse quella dei Del Balzo.
È il sepolcro  gentilizio dei Carafa, Duchi di Andria. Esso fu fatto costruire nell'anno del Signore 1588 dalla Contessa di Ruvo, Porzia Carafa, la quale pia consorte e madre, ad istanza di questi cittadini, volle piangendo custodire in questo rozzo avello, piuttosto che nel loro celebre ed ornato sacello, eretto nella primaria casa di Napoli, le ceneri del marito Fabrizio e del figlio Antonio, Duchi di Andria, fiorenti per insigne fortezza di animo e per preclara virtù; affinché la memoria di tanti loro meriti non fosse cancellata totalmente dall’ingiuria del tempo.

FABRITII ATQUE ANTONII CARAFAE ANDRIANORUM DUCUM ANIMI FORTITUDINE INSIGNI
AC PRAECLARA VIRTUTE FLORENTIUM CINERES HORUM CIVIUM PRAECIBUS MARMO
RE IMPOLITO POTIUS QUAM EORUM CELEBRI ET EXORNATO SACELLO AEDE PRIMARIA
NEAPOLIS CONDITO PORTIA CARRAFA RURORUM COMES PIA CONIUX ET MATER
NE TEMPORIS INIURIA TANTORUM MERITORUM MEMORIA PENITUS ABOLERETUR
MOERENS CUSTODIRI CURAVIT. A. D. M.D.LXXX.VIII

pietra tombale dei Carafa
[pietra tombale dei Carafa - foto S. Di Tommaso, 16/03/2014]

Nel secolo passato sulla parete in fondo al Coro vi era una pittura, ma per essere mostruosa, il Priore Fra Lorenzo Germano, nel 1752, la fece ritoccare; poi scomparve del tutto nel 1772, quando l'organo con la sua grande orchestra, dipinta in oro su fondo verde, ora ritinta in bianco, da sulla porta principale della Chiesa, venne trasferito nel Coro.
Infatti nel libro delle conclusioni capitolari dei Padri Domenicani di Andria si legge: «A dì 15 decembre 1772 fu proposto consiglio dal M. R. Padre ex maestro di studio Fra Ludovico Buchicchio ai Padri de jure, se si dovessero fare i controbassi all’organo, come ancora se si dovesse trasferire detto organo da basso alla Chiesa al Coro; e fu risposto affermativamente»."

[da "La Chiesa e il Convento di S. Domenico" in Monografie Andriesi, di E. Merra, tip. Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol. II, pagg. 33-35]

quadro della Vergine
[la foto del dipinto  è stata gentilmente fornita da Don Giuseppe Lapenna]

Il sepolcro dei Carafa, quindi, fu fatto realizzare nel 1588 da Porzia Carafa (figlia di Pietrantonio di Policastro), per deporvi il marito Fabrizio Carafa (1515-1554), III Conte di Ruvo che aveva acquistato Andria nel 1552, ed il figlio Antonio Carafa (1541-1565)  1° Duca di Andria, morto appena ventiquattrenne; in quel 1588 era 2° Duca della Città il nipote Fabrizio con la consorte Maria Maddalena Carafa (la quale rimase vedova due anni dopo, il 17 ottobre 1590, quando il marito Fabrizio venne ucciso in Napoli).

Sulla parete di fondo dell'abside, immediatamente sotto la cantoria, a fine Novecento, quando era parroco Don Giuseppe Lapenna, era affisso un quadro (piuttosto deteriorato) raffigurante la Vergine, in abito bianco e mantello blu, a braccia aperte col cuore trafitto da una spada, il capo circondato da un'ampia aureola di 12 stelle e da numerose teste di angioletti.