navata destra, invenzione della Croce

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1 sei riquadri dell 'Invenzione della Croce
[Invenzione della Croce, foto di Sabino Di Tommaso - 2013]

Invenzione della Croce

invenzione della Croce nel 1938, foto A. Ceccato per la Soprintendenza
[Invenzione della Croce, foto del 1938 di A. Ceccato per la Soprintendenza]

In sei riquadri posti su due registri è rappresentata  l' Invenzione della Croce ad opera della regina Elena, madre dell'imperatore Costantino.
Sotto i riquadri è simulato un lungo tendaggio a sottili fasce trasversali.

Il pittore della chiesa rupestre di Santa Croce ai Lagnoni di Andria sembra si basi sugli aneddoti descritti nella duecentesca “Legenda aurea” del domenicano Jacopo da Varazze (o Varagine) e dipinti tra i secoli XI-XIV da vari pittori in diverse località: a partire dagli affreschi nella Chiesa di San Severo a Bardolino (VR), fino a quelli di fine Trecento nella cappella maggiore di Santa Croce a Firenze, o a quelli di metà Quattrocento nella Basilica di San Francesco ad Arezzo. Il racconto del ritrovamento della Santa Croce era già stato scritto nel IV secolo nella “Catechesi” di S. Cirillo di Gerusalemme e in una omelia di S. Gregorio Nazianzeno; altri autori poi nello stesso secolo e nel successivo hanno raccontato di S. Elena e del suo ritrovamento della Croce: ne hanno parlato S. Ambrogio, Paolino di Bordeaux e vescovo di Nola,  il teologo Tirannio Rufino di Aquileia. Nei testi manoscritti di questi autori, realizzati dagli amanuensi nel 1° millennio, appaiono diverse miniature o disegni rappresentanti il ritrovamento della Croce e la prova dell'autenticità attraverso la resurrezione di un morto.
In calce a questa pagina si riproducono alcune delle citate opere grafiche e pittoriche, realizzate probabilmente prima che fosse affrescata la chiesa rupestre andriese, per un doveroso confronto.

Qui a fianco si riproduce una foto scattata da A. Ceccato nel maggio del 1938 per conto della Sovrintendenza dei Beni Culturali, al fine di osservarne le condizioni dell'affresco a quel tempo.


Quattro dei riquadri affrescati in questa chiesa rupestre sono parzialmente leggibili, gli ultimi due a destra furono distrutti nell'Ottocento dall'incauta apertura della finestra.

Sant'Elena entra a Gerusalemme
[elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2013]

Nella scena a sinistra del registro superiore la regina (nimbata in quanto santa), seguita da cavalieri armati, consulta, davanti alla città di Gerusalemme, i capi anziani, probabilmente per informarsi sul luogo dove avvenne la crocifissione di Cristo.

In questo 1° riquadro (uno per tutti) osserviamo alcuni particolari.
Una evidente differenza sia cromatica che dei lineamenti e delle proporzioni emerge tra il gruppo regale, sgargiante nei colori, maestoso e in posizione alta nel riquadro e dai volti simpatici e rosei, ed il gruppo atterrito dei giudei, nelle tonalità grigie, rannicchiato e dai visi spigolosi e scoloriti.
Così anche nel 2° riquadro; non negli altri dove, essendo tutti cristiani, sono raffigurati su uno stesso piano visuale, in abiti eleganti e dai lineamenti attraenti.

Dissente da questa interpretazione Maria Pia Scaltrito, la quale, nel sotto citato studio sulle sinagoghe e le giudecche della Puglia scrive:

“ ... negli affreschi del primo Quattrocento della cripta rupestre di Santa Croce, di certa committenza di una signora del Balzo ... si vedono le genti ebraiche che salutano Elena nel suo viaggio in Palestina nel IV secolo, quando avrebbe ritrovato la croce del Cristo, secondo la tradizione. Nessun naso adunco, nessun tratto grossolano nell'affresco di Andria.
I personaggi salutano Elena con il bianco talled, occhi benevoli, volti dignitosi, le mani aperte in segno di buona accoglienza. Cosa vuol dire? La conferma che in città non si coltivavano sterpi spinose all'ombra delle croci, come in tanti luoghi europei, ma si respirava aria di reciproca benevolenza.”

[testo tratto da “Puglia - in viaggio per sinagoghe e giudecche” di Maria Pia Scaltrito, Adda editore, Bari, 2017, pp. 99-100]

Sant'Elena costringe il rabbino Giuda a confessare il luogo della crocifissione di Cristo
[elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2013]

In questa seconda scena, a fianco della precedente, Sant'Elena, in trono, ascolta un personaggio emergente da una cisterna con l'aiuto di altre due persone. Gli studiosi affermano si tratti della confessione di un certo Giuda rabbino, costretto, pena la morte per fame in un pozzo, a indicare a Sant'Elena il luogo della crocifissione di Cristo.

Nella scena successiva, a destra di quest'ultima dove fu aperta ed esiste una finestra, probabilmente era descritto il ritrovamento delle tre Croci.

Invenzione delle croci e riconoscimento di quella del Cristo, mediante miracolo
[elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2013]

In questa prima scena del registro inferiore sono descritti la verifica e il riconoscimento della Croce di Cristo. Nell'affresco, oltre alla regina Elena col suo seguito a destra delle tre croci ritrovate, risalta su una lettiga la figura biancovestita del morto miracolosamente risuscitato al contatto con la Croce santa.

(forse) adorazione della Croce
[elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2013]

In questo secondo riquadro inferiore, molto rovinato e quindi di scarsa leggibilità, gli studiosi (la Medea) pensano siano stati raffigurati l'imperatore Costantino e sua madre Elena, in adorazione della Croce.

Del terzo ed ultimo riquadro inferiore rimangono solo tracce della parte bassa dell'affresco, elementi che non consentono di individuare alcunché. Un confronto con altre sequenze di affreschi sull'invenzione della Croce realizzate in altre chiese fa ipotizzare che quivi potesse essere dipinta una scena della esaltazione della Croce, quale potrebbe essere l'entrata trionfale in Gerusalemme (come nella sequenza in Santa Croce a Firenze).


In merito a questi affreschi così scrive nell'Ottocento il D'Urso nel capitolo III del libro II della sua “Storia della Città di Andria”:

Una prova assai autentica di quanto ho detto abbiamo in Andria in quel tempietto nella distanza di pochi passi dalla Città, il quale, come si vede, è incavato in un gran masso tufegno. Non cade alcun dubbio che questo sia stato dedicato all’augusto Legno della Croce nei tempi di Costantino; poichè siamo appieno, e dimostrativamente convinti dai caratteri di quelle pitture esistenti sulle pareti interiori di esso. Sono pitture antichissime di mano greca e del pennello di quell’epoca. Ognuno può osservare nella nave sinistra [guardando dal presbiterio] di essa Chiesa le imprese del medesimo Costantino, e della madre S. Elena a cavallo col suo seguito, indicanti la invenzione del sagro Legno.”

Qui di seguito si inseriscono alcune immagini tra le più antiche sul ritrovamento della Croce di Cristo a Gerusalemme, realizzate prima che fosse affrescata la chiesa rupestre di Santa Croce in Andria; non sono riprodotte le affrescature più famose, come, ad esempio, quelle di Agnolo Gaddi presenti in Santa Croce a Firenze, o quelle di Piero della Francesca nella Chiesa di S. Francesco ad Arezzo.

miniatura del IX secolo sul ritrovamento e verifica della Santa Croce

La su riprodotta immagine è tratta da pag. 60 del testo "The Legend of the True Cross Reconsidered: A Discovery in the Grotto Church of Andria, Italy (fifteenth century)" di Barbara Baert, in "Artibus et Historiae", 33 (66), 49-74, ottimo studio sulle scene affrescate nella nostra chiesa rupestre inerenti il ritrovamento della Croce (in parte tradotto e consultabile tra i documenti trascritti in biblioeca).
La scena è dipinta su un codice greco del IX secolo contenente le "Omelie" di S. Gregorio Nazanzieno, il quale in una di esse racconta il ritrovamento della vera Croce di Cristo. Nella scena è colto il momento in cui il 3 maggio del 326 il rabbino Giuda, viene estratto dal pozzo nel quale era stato rinchiuso senza alimenti sette giorni prima, non avendo voluto rivelare alla regina Elena il posto dove era sepolta la Santa Croce. La sua rivelazione comportò il ritrovamento delle tre croci e la sua conversione, per la qual cosa si soprannominò Ciriaco (che significa "appartenente al Signore").

Verifica della Santa Croce, affresco nella chiesa di S. Severo a Bardolino (VR)

L'immagine su riprodotta (elaborazione elettronica di una foto tratta da "Italia nell'Arte medievale" del sito "Medioevo.org") mostra l'affresco che si trova nella cripta del IX secolo sottostante la Chiesa di S.Severo a Bardolino sul Garda in provincia di Verona.
La scena illustra il momento in cui si cerca di indivuduare quale delle tre croci ritrovate sia quella sulla quale era stato crocifisso Gesù. Su suggerimento dello stesso rabbino Giuda, che prima aveva indicato il luogo dove erano sotterrate le croci, viene accostato ad esse un morto del quale in quel momento si svolgeva il funerale; questi risuscitò solo quando fu posto su una delle tre croci: così fu individuata quella utilizzata per il Signore.

Leggenda della vera Croce, Agnolo Gaddi in Santa Croce a Firenze

Intorno al 1380 Agnolo Gaddi affresca la Cappella maggiore in Santa Croce a Firenze, realizzando in otto riquadri la Leggenda della Croce di Cristo dalla sua origine alla sua esaltazione in Gerusalemme.
Nei quattro riquadri di destra dipinge gli avvenimenti fino all'Invenzione della Croce, dall'alto: un rametto dell'albero del paradiso terrestre avuto dall'Angelo è piantato sulla tomba di Adamo; la regina di Saba attraversa il lago sul Legno di quell'albero, profetizza a Salomone il futuro onde il Legno viene seppellito; il Legno è estratto dalla piscina probatica e si realizza la Croce di Cristo; intorno al 322 la regina Elena trova le tre croci, con un miracolo è riconosciuta la vera croce di Cristo.
Nei quattro riquadri di sinistra dipinge le fasi storiche dell'esaltazione della Croce, dall'alto: la regina Elena porta trionfalmente la Santa Croce in Gerusalemme; il re persiano Cosroe II conquista Gerusalemme e porta via la Croce; mentre Cosroe è adorato dai cortigiani Eraclio, il re bizantino, sogna l'arcangelo Michele che lo invita a riprendere la Croce; infine Eraclio entra in Gerusalemme con la croce solo dopo essersi sogliato delle vesti regali.