Contenuto

da “GLI AGOSTINIANI IN ANDRIA”

di P. Mariano Ferriello O.S.A.
Congr.nis S. Joann. ad Carb.riam
trascrizione in ebook
Portale della chiesa di Sant'Agostino
ANDRIA - Antico portale della Chiesa di S. Agostino
(Monumento Nazionale)

PARTE PRIMA

GLI AGOSTINIANI AD ANDRIA.

Precedenti

S. Riccardo

Andria, città antica, illustre, ridente, dopo Bari, la più popolata della provincia, fa da cavaliere a levante, alle sponde dell’Adriatico, da cui dista Km. 8.
Essa, su di ogni altro, vanta la gloria, secondo un’antica tradizione, di aver ospitato l’apostolo S. Pietro, dal quale ebbe i primi rudimenti della nostra santa fede, e di avere avuto, sotto S. Gelasio I, in modo straordinario, il primo vescovo nella persona di Riccardo d’Inghilterra.
Tra i presuli illustri, successori di Riccardo, troviamo ben quattro vescovi dell’ordine eremitano di S. Agostino: di essi daremo un breve cenno biografico, che servirà a farci conoscere i primordii, in Andria, di questo sacro Istituto, che fino ai nostri tempi, ha dato religiosi eminenti per santità e dottrina.

Fra Placido

Il chiarissimo storico Ughelli, nella serie, che fa, dei vescovi di Andria, dopo un anonimo, incomincia col presule Fra Placido, omettendo l’anno, la città natale e l’Ordine a cui appartenne. Dal Milensio, Herrera, Torelli, Crusenio, Berti (1) ed altri viene annoverato tra i prelati dell’Ordine di S. Agostino. Questo dotto e pio Frate, nell’anno 1274 prese parte al Concilio di Leone e nel 1290 fu creato vescovo di Andria, nella Puglia. Zelò l’onore di Dio, accrebbe il patrimonio ecclesiastico, e, dopo molte istanze, ottenne dal Re Carlo II la traslazione di alcune decime a favore della chiesa di Andria. Nel 1295, sotto Bonifacio VIII, fu fra i sette vescovi che assistettero alla consacrazione della chiesa cattedrale di Bisceglie, fatta da Leone, vescovo di quella città. Concedeva nel 1304 indulgenze alla Chiesa di S. M.a del Mercato, in S. Severino (2). Visse fino all’anno 1315. Per amore d' equità amiamo riportare la cronica dell’Ordine domenicano. (3) Volendo pure prendere in considerazione la cronica in parola, non confermata da storico alcuno, dobbiamo dire che il Fra Placido da Solmone forse è quell’ignoto, predecessore del Fra Placido Agostiniano, tanto più che passa un decennio dalla preconizzazione dell’uno a quella dell’altro.

Fra Giovanni II.

Fra Giovanni nella cronologia dei vescovi andriesi chiamato Fra Giovanni II, ebbe a patria la città di Alessandria e indossò le lane di Agostino distinguendosi tra i suoi coetanei per pietà e sapere, tanto che fu eletto vescovo di Acerno dal clero di quella città, e consacrato nel 1340 dall’arcivescovo di Salerno. Gli storici non ci hanno tramandato il motivo, per cui Papa Clemente VI non volle riconoscere tale elezione, però rimase in Acerno in qualità di Amministratore Apostolico fino a che lo stesso Pontefice, a dì 10 dicembre 1348, lo destinò come vescovo alla sede di Andria, siccome risulta dai registri di Papa Clemente VI, nella Vaticana. Questo vescovo, Fra Giovanni, occupò per un solo anno la sede vescovile di Andria, essendo morto al principio del 1349 (4).

Fra Andrea.

Nel detto anno 1349, venne preconizzato, dal medesimo Papa Clemente VI, a dì 14 marzo, vescovo di Andria, Fra Andrea, come risulta dai registri di detto Papa (5).
Anche di questo inclito presule non ci sono giunte memorie. Di certo fu eremitano di S. Agostino, e resse con zelo e fortezza la chiesa andriese, nel tempo in cui venivano riparati gl’ingenti danni, cagionati dalle barbare orde. L’Ughelli, Torelli, Berti, Gams, ed altri ne riportano la beata morte nel 1353 (6).

Fra Melillo.

Frate Emilio, detto Melillo, nacque in Andria dall’illustre e valente dottore in legge Giuseppe della nobile famiglia Sabalice. Il giureconsulto, più che alla toga e allo spadino attendeva, da buon cristiano, all’educazione dei figliuoli, i quali emularono l’amato genitore nella pietà e nelle lettere. Due di essi abbandonarono il mondo e professarono, nel patrio cenobio, la regola agostiniana, dai nomi Fra Emilio, detto Melillo e Fra Matteo.
A Fra Melillo a dì 18 giugno 1475 [dovrebbe essere 1375] fu conferito il Lettorato d’onore dal Rev.mo P. Generale Giacomo da Aquila (7), e a dì 4 giugno 1485 [dovrebbe essere 1385] fu, dal Rev.mo P. Gen.le Fra Ambrogio da Cori, nominato suo Vicario del convento di Andria. «Abbiamo spedito lettere a detta provincia per il futuro capitolo, nelle quali, in terzo luogo nominammo nostro Vicario Fr. Melillo d’Andria, come si suole concedere con simili forme» (8). Fu preconizzato poi vescovo della città natale da Bonifacio IX a dì 24 settembre 1390.
Frate Matteo, destinato di famiglia in altro convento, nel 1401 si portò in patria a visitare il fratello vescovo, ove, resosi gravemente infermo, passò a miglior vita. Dolente il buon vescovo, gli diede onorevole sepoltura, facendolo tumulare nella chiesa cattedrale, e propriamente nel presbiterio, in cornu epistolae, ove sulla lapide sepolcrale fu fatto scolpire l’immagine di Frate Matteo in abito eremitano, con l’incisa epigrafe che riportiamo in nota (9).
Fra Melillo, dopo un lungo e laborioso governo di 28 anni, nel 1418 passò a ricevere l’eterna mercede. I concittadini, grati e riconoscenti, vollero perpetuarne la memoria dedicandogli una piazza lungo la strada Fravina, presso l’abitazione della sua nobile famiglia, già da tempo estinta, che ancora ai nostri giorni è chiamata «Piazza Melillo» (10).

Fra Adeodato.

Fra Adeodato Nuzzi, d’Altamura, dell’Ordine eremitano di S. Agostino, fu preconizzato vescovo di Andria nel 1718. Questo frate, celebre per santità e dottrina, giunse ad occupare le più alte cariche dell’ordine, fino a quella di Generale per più volte. Sentiva tanto bassamente di sè stesso che si fece a supplicare il Sommo Pontefice, affinchè lo dispensasse dalla degnità vescovile. Non essendo stato presto esaudito incominciò preghiere e rigorosi digiuni fino a che non gli venne assicurato che avrebbe potuto continuare la sua vita di umile religioso. A ricordo di sì profonda umiltà ne fu eretto un marmoreo monumento nella chiesa di S. Agostino in Roma.
Ora se da tempo remotissimo dotti prelati governarono la chiesa andriese, certamente, avranno fatto conoscere il loro sacro Ordine, di cui erano decoro e vanto.

Ludovico Re d’Ungheria.

Non è nostro intendimento estenderci nelle vicende politiche, però, per dissipare non pochi dubbi circa i primordi dell’ordine Eremitano di S. Agostino in questa città, e molto più per precisare le date storiche, dobbiamo premettere la narrazione della venuta di Ludovico, Re d’Ungheria, in Andria. Questo Re, sul finire del dicembre del 1347, per vendicare la morte del suo fratello Andrea, marito di Giovanna, regina del regno di Napoli, barbaramente strangolato nella città di Aversa, vi scese con forte armata. Entrato nell’illustre città partenopea, pose a sacco e a fuoco le case dei reali. Di poi si diresse nelle Puglie, e propriamente in Andria, per avere nelle mani il Signore di essa, il conte Bertrando del Balzo, perchè questi insisteva nel dichiarare la Regina Giovanna innocente dell’assassinio del marito, mentre egli la riteneva mandante principale. Gli Ungari entrarono liberamente in città col favore di un rinnegato cittadino soprannominato «malospirito», il quale aprì loro la porta, che fino ai nostri giorni è chiamata Porta Castello. I Magiari, quali lupi rapaci dalle unghie adunche, si diedero a depredare case, chiese, conventi, e, fatta man bassa di ogni cosa, oro, argento, oggetti preziosi ed artistici, vettovaglie ed altro, appiccarono il fuoco a quanto non avevano potuto involare (11).
Di tanto bottino ed ingenti danni, cagionati a pacifici cittadini, i barbari non furono sazi, e unitisi agli Alemanni, quali fiere, che «dopo il pasto hanno più fame che pria», piombarono, di bel nuovo, sù la devastata e desolata città, e vi rimasero finchè non si sottomise al dominio dell’Ungheria (12). Finalmente la Regina Giovanna si rappacificò col Re Ludovico, dal quale ricevette il riconoscimento legale sul reame delle due Sicilie.

Francesco del Balzo.

Le prime disposizioni della Regina furono, con ragione, a favore della provata Andria: la elevò a ducato e vi nominò primo Duca il Sig. Francesco, figlio del conte Bertrando del Balzo. Questo Duca, d’animo nobile e generoso, come il padre, non indugiò a riparare i danni cagionati dai crudeli nemici, e primo suo pensiero fu quello di riedificare le case del Signore, come fece per la chiesa di S. Onofrio, ora detta del Purgatorio, per la SS. Annunziata, ed altre. Si prese cura anche dei conventi, tra cui il monastero, abbandonato di recente, dei PP. Benedettini con l’annessa chiesetta dedicata a S. Martino.
Non essendo più possibile farvi ritornare i suindicati padri così vandalicamente sbandati, conferì certamente col vescovo onde allogarvi altra religiosa famiglia.
In questo tempo, sulla cattedra di S. Riccardo, sedeva, per un anno solo, Fra Giovanni d’Alessandria, e poscia Fra Andrea, amendue dell’Ordine eremitano di S. Agostino, come già abbiamo narrato. Questi santi presuli, conosciuta la volontà del Duca, per accontentarlo, e molto più per l’amore che nutrivano al loro sacro Ordine, proposero gli Agostiniani, e senz’altro ne fecero le pratiche necessarie, che riuscirono felicemente. Questa mia asserzione è confermata dal celebre e dotto storico Can.co D. Michele Agresti, il quale dice: «il nostro buon Duca Francesco del Balzo ... fece venire in Andria gli Agostiniani calzati dotandogli di tutto ed assegnando loro il convento, sito presso l’attuale chiesa di S. Agostino (13).

Gli Agostiniani.

Gli eremitani di S. Agostino, preso canonico e legale possesso dell’ex monastero Benedettino, e dei beni già appartenenti al medesimo, stabilirono una regolare ed osservante comunità affiliata alla provincia di Puglia, sotto la giurisdizione del R.mo P. Generale, come risulta dai registri dei medesimi.
Infatti a dì 14 febbraio 1358, da Napoli, il R.mo P. Generale G. da Rimini (14). Nello stesso anno e mese, il giorno 6, imponeva al Priore di Napoli, Fra Paolo di Aversa, ed al procuratore dello stesso convento, Fra Masella Macca, di restituire a Fra Giovanni di Bisceglie, Priore di Andria, il resto di quanto gli dovevano (15).
Il detto Generale, a dì 8 settembre 1359, da Padova, concedeva al P. Priore ed ai frati di Andria la licenza di vendere i possedimenti e le case meno utili, purché il prezzo ricavato venisse speso integralmente per la fabbrica di detto convento. (16). Oltre ai registri in parola vi è nell’Archivio dell’Ordine lo stato di famiglia che i conventi sogliono mandare in ogni capitolo generale. Per buona ventura a pervenuta fino a noi una di queste relazioni dell’anno 1650, che riportiamo.
S. M. dei Miracoli
S. M. dei Miracoli
(Andria)

Stato del Convento nell’anno 1650.

«Il convento di S. Agostino della città di Andria, situato dentro della città, in mezzo la piazza pubblica chiamata la piazza di S. Agostino, tiene alcune memorie, (che) da 300 anni in circa essere stato posseduto da Padri Agostiniani, e per detto di alcuni Frati vecchi mortisi là, essere stato de PP. Benedettini sotto il titolo di S. Martino. Da chi sia stato et come concesso, non se n’ha notizia. La chiesa sotto il titolo di S. Agostino; il convento tiene due chiostri; uno principiato, l’altro finito; dormitorio con 20 celle, con buona parte delle dette fuora del chiostro; la metà del detto dormitorio è al presente caduta e l’altra metà minaccia rovina. Il numero dei religiosi al continuo è di 25, et al presente questi:
I nomi dei frati, sono: Priore: Bacc. Fr. Tadeo, oriundo da Napoli; M.ro Adeodato Pastore di Andria; Reg. B. Giuseppe Granata da Messina, sottopriore; P. Fulgentio Rocci, d’Andria; Lett. Daniele Caputo da Cosenza; P. Bonaventura Olmo di Mattera; Lett. P. Desiderio Campagnia, napolit. M.ro di studio; P. Alessandro Paparo, napolit, studente; P. Basilio Iampedro da Basilice, studente; P. Carl’Antonio Iacobectis, oriundo da Gravina, studente; Fr. Ambrosio Merodio da Taranto, studente; Fr. Michel’Angelo Bobba da Brindisi, studente; Fr. Tommaso Fontana da Montescaglioso, studente; Fr. Francesco Greco, napolitano, studente; Fr. Fulgentio Buon Padrone da Montepeloso, studente; Fr. Adeodato Cierno d’Altamura, oriundo d’Andria, studente, sacristano; Fr. Angelo Franco d’Andria, professo converso, procuratore, Fr. Celestino Girasole da Bisceglia, oriundo da Queno, sudd.no Fr. Nicola Campanile d’Andria, oriundo di Mola, converso professo, Canovaro; Fr. Leonardo del Monaco d’Andria, professo converso, portinaio; Alessio Sisto delle Noci, terziario, serviente.»
Dalla Relazione del 24 marzo 1650 Arch. Ord. Relazioni 4, fol. 269-270.

In questo chiaro e sintetico documento viene narrato e confermato quanto abbiamo dedotto dalle ricerche religiose, storiche e politiche del tempo: il monastero, già dei PP. Benenettini sotto il titolo di S. Martino, fu concesso ai PP. Agostiniani verso l’anno 1350, perciò la data del 1387, riportata da tutti gli storici, fino ai nostri tempi, è erronea, tanto più che quella da noi inserita e che sosteniamo, è proprio dell’epoca del Duca del Balzo e dei Vescovi Fra Giovanni II e Fra Andrea.
Stabilita così la data della venuta degli Agostiniani in Andria, crediamo nostro dovere rivendicare le opere e le glorie del nostro sacro Istituto, nell’accingerci a dimostrare come i nostri Padri siano i veri fondatori non solo dell’attuale chiesa di S. Agostino, ma ancora del convento.

La Chiesa.

Stabilitisi gli Agostiniani in Andria, primo loro pensiero fu di gettare le fondamenta di un grande e artistico tempio in onore del loro inclito Fondatore, S. Agostino. Gli ostacoli che si frapponevano, a tanta opera, non erano lievi: la città estenuata in finanze, e non meno di questa il convento; senza però perdersi di coraggio si rivolsero al Rev.mo P. Generale, P. Bartolomeo da Venezia e questi da Lucca, a dì 12 aprile del 1387, dava licenza al Priore ed ai Frati di Andria di alienare parte dei loro poderi per dare principio alla fabbrica della chiesa, licenza che riportiamo:
«Abbiamo concesso licenza al convento di Andria, provincia di Puglia, di vendere quei possedimenti poco utili e di scarsissimo rendimento, ed il prezzo da essi ricavato convertirlo tutto ed intero nella fabbrica della nuova chiesa da edificarsi, nonostante il generale divieto, e da noi trasmesso a tutta la predetta provincia di Puglia, di vendere tali possedimenti ed altro, dispensando con loro solamente per questa volta. Inoltre abbiamo ingiunto ai frati tutti di detto convento, sotto pena di ribellione a noi, che avvenuta la vendita di dette possessioni, al più presto possibile, ci notifichino con loro lettera ufficiale, da ognuno di loro sottoscritta, qual prezzo si è ricavato ed hanno ricevuto, ed a quali o a chi l’hanno venduto, e qual uso si è fatto o si dovrà fare del prezzo. In modo che di ogni cosa ci scrivano la chiara e pura verità» (17).
Facciata della Basilica di S. M. dei Miracoli
ANDRIA - Facciata della Basilica di S. M. dei Miracoli

Guerra, terremoto e peste.

Era desiderio di tutti che la fabbrica procedesse febbrilmente, ma ebbe a durare circa un secolo, a causa delle guerriglie sorte da ambizioni e pretese dinastiche, specialmente per la lotta sostenuta tra i due rivali Renato d’Angiò ed Alfonso d’Aragona.
Nell’anno 1432 il Patriarca Giacomo Vitelleschi, in favore degli Angioini, scese in Puglia e s’impossessò di Andria, di Ruvo, Terlizzi e Trani, prendendo quartiere in Andria. Gli Andriesi questa volta esasperati dalle lotte incalzantesi l’una all’altra, nè più sopportando tale immane depressione del Patriarca Alessandrino, a tutt’uomo impugnarono le armi e si replicò allora in Andria, al dire del Costanzo, il Vespro Siciliano (18). Accanita fu la lotta, nella quale lasciarono la vita più di 300 andriesi e oltre 700 militi del Patriarca. Per parecchi anni durò la guerra fra Angioini e Aragonesi; finalmente nel dì 2 giugno 1442 Alfonso d’Aragona rientrava vittorioso a Napoli (19). Questo Re si fece molto amare dai suoi popoli, verso dei quali largheggiò in concessioni e privilegi, e una considerazione speciale ebbe per la fedele e desolata Andria.
Mentre la città prendeva un po’ di respiro, nel 1456 fu colpita da terribile peste, insieme agli altri paesi pugliesi, abruzzesi e napoletani. Alla peste tenne dietro il terremoto. Assediata, poi dal principe Orsini fu costretta ad arrendersi dopo 49 giorni di bellico valore, ma, sconfitti gli Orsini in un altro fatto d’armi, tornò la pace nelle Puglie.

Il Duca Francesco II del Balzo.

Reggeva allora le sorti di Andria il Duca Francesco II del Balzo, il quale, emulando per rettitutudine e cristiana magnanimità il suo avolo Francesco I, si dedicò a riordinare la città, a far rifiorire la pietà religiosa, a patrocinare la causa degli Ordini religiosi. I nostri Padri non furono a niuno secondi nelle grazie del buon Duca: i registri dei Rev.mi PP. Generali ci hanno tramandato memoria di una speciale benevolenza del Principe verso gli Agostiniani, e la corrispondenza di questi con la loro riconoscenza e gratitudine (20).
Interno di S. M. dei Miracoli
ANDRIA - Interno di S. M. dei Miracoli

La consacrazione.

Gli Agostiniani, avvalendosi della tranquillità della Cosa Pubblica e della generosità di Francesco II del Balzo, si diedero premura di ultimare la chiesa, in modo che non trascorse tanto ad esser pronta per l’ufficiatura.
A corona poi degli ingenti sacrifici sostenuti, fecero le consuete pratiche perché venisse consacrata. Il sacro rito si celebrò nella domenica II [9] di ottobre del 1463, con solennità straordinaria, tra l’esultanza del Duca, dei Padri e della cittadinanza, durante il generalato del Rev.mo Al. Oliva, (21) e sull’inizio del governo di Mons. Rogerius de Atella. Una lapide commemorativa si legge nel Coro: «Anno Incarnationis D. N. I. C. 1463 inditione XI consacrata fuit haec Ecclesia S. Augustini de Andria et fuit secunda dominica m. octobris dies consecrations huius Ecclesiae; nec non et per octavam sunt mille anni indulgentiae et totidem quadrag.» (NDR).

Federico d’Aragona.

A compimento però della grande opera era urgente il coprirne la sommità per difenderla dalle intemperie. La divina Provvidenza non abbandona colui, il quale vi si affida!
I nostri furono accetti a Federico d’Aragona, a cui erano passati i feudi dei Del Balzo: Andria e Castello del Monte (22).
Questo nuovo e generoso Principe fece costruire, del proprio, il grande tetto, come si rileva dall’iscrizione a lettere maiuscole tinte di rosso, sulla trave maggiore che sostiene il comignolo del palco: «Federico de Aragonia, illustrissimo principi ac duci. Andriae imperante. — Appresso — Marullo notajo, Nardo Ceresio ac Marino de Mastro Iosiano procuratoribus. — 1493».
trave del tetto con scritta del 1493
trave del tetto con scritta del 1493
[immagine non presente nel testo originario]

Ultimi ornati.

Con nostro sommo rammarico dobbiamo ricordare la mania del XVII secolo di sostituire agli antichi e artistici ornati gli stucchi.
Neppure questo nostro gioiello d’arte andò esente da simili devastazioni.
Il P. Maestro Ricatti, agostiniano, dopo che si ritirò da Roma nell’anno 1770, stimando di fare un gran beneficio alla città natale, rimordernò totalmente, con molta eleganza, questa chiesa, con fregi e decorazioni di stucco che tuttora si vedono (23).

Il Borsella.

Ci risparmiamo di stendere dettagliata descrizione di questa chiesa, perchè chi ne abbia vaghezza potrà leggerla nell’Andria sacra del signor Giacinto Borsella, edita nell’anno 1918, dall’illustre dottore, peritissimo conservatore delle patrie memorie, signor Raffaele Sgarra.

Il convento.

I PP. molto lieti per la bella ed artistica chiesa, erano, però, dolenti che il romitaggio non gareggiasse con questa, perciò decisero di gettare le fondamenta di un grandioso convento, giusta la norma dettata dal Sommo Pontefice Pio V, come siamo per esporre.
Bisogna por mente che i nostri Padri qua e là anche dopo la nostra grande unione, voluta dai Papi Innocenzo IV ed Alessandro IV, abitavano ancora quali Certosini, o Camaldolesi riformati, in gruppetti di due o tre celle, tramezzati da piccoli giardini, per osservare rigoroso silenzio e vivere una vita eremitica tra l’esercizio del sacro ministero (Torelli anno 1570).
Intanto volgeva il 15 maggio del 1570, e ai Padri rappresentanti ciascuna provincia del nostro grande Ordine, radunati a Roma per il capitolo generale, in numero di 1144, in una speciale seduta fu loro comunicato un breve apostolico del 29 aprile del medesimo anno, in cui il S. Pontefice Pio V, fra gli altri precetti disciplinari, comandava che ogni frate fosse contento di una sola cella, e questa in comune dormitorio (24).
Dal grande consesso, eletto generale il P. M. Fra Taddeo Guidelli, questi non indugiò a promulgare a tutti i suoi Frati le recenti disposizioni pontificie. I nostri Padri quindi si accinsero alla fabbrica del convento, non solo perchè questo corrispondesse alla grande e bella chiesa, ma ancora in virtù di santa obbedienza.
Gli anni occorsi per la nuova costruzione non ci sono pervenuti, soltanto dallo stato del convento dell’anno 1650, già sopra citato, veniamo accertati che: «il convento tiene due chiostri, uno principiato e l’altro finito; il dormitorio con venti celle, con buona parte delle dette fuori del chiostro; la metà del detto dormitorio è, al presente, caduta e l’altra metà minaccia rovina» (25).
Da questi documenti si vede chiaro che male si appongono coloro i quali sostengono che la presente parte dell’antico convento sia opera dei Teutonici.

Noviziato.

Questo convento, tra quelli della provincia di Puglia, fu sempre il più importante.
Il termometro dello spirito di un convento è la regolare osservanza, e questa non può essere duratura se non viene vivificata dall’orazione. Ecco perchè i Superiori erano vigili nell’ufficiatura, specie notturna, tanto che, per essere da essa dispensati, vi occorreva il permesso del Rev.mo P. Generale. Infatti Frate Giovanni da Andria, non potendo portarsi di notte tempo in coro, fu costretto a rivolgersi al Rev.mo P. Generale Fra Ambrogio da Cori, che da Roma, a dì 12 aprile 1483, rispondeva: Abbiamo dispensato dall’officio notturno Fra Giovanni d’Andria (26).
L’altro alimento dell’osservanza è la soggezione ai superiori, e perciò i Frati non potevano disporre neppure dei libri, giusta le dichiarazioni dei Rev.mi PP. Generali (27). Secondo le nostre Costituzioni non si possono ricevere i giovani aspiranti allo stato religioso se non nei conventi di osservanza ed ai superiori di questi se ne dà facoltà. Nel dì 5 settembre 1452, da Napoli, il Rev.mo Fr. Giulio Salem confermava in priore del convento di Andria il venerabile biblico Fra Clemente da Barletta, affidandogli il convento in quanto al culto divino, al decoro dell’Ordine e la recezione e istruzione dei giovinetti (28).
Nel 1454 lo stesso Generale raccomandava al detto Fra Clemente di fare la recezione di giovani e di istruirli nei costumi e nelle lettere (29).

Sede dei PP. Provinciali.

Questo convento fu sede dei Provinciali, i quali per consuetudine risiedono nelle case più importanti della provincia, ma ancora, fu sempre luogo dei capitoli provinciali.
Dai registri dei Rev.mi P. Generali ne abbiamo una chiara conferma.
Anno 1454, 3 luglio, il Rev.mo P. Giulio de Salem scriveva:
«È nostro intendimento che il futuro capitolo della prefata provincia si celebri nel convento di Andria nella festa di S. Luca 1455» (30).
E nel 1455, 14 ottobre: «Confermiamo in priore provinciale Frate Clemente da Barletta, eletto unanimamente e concordemente testè, nel capitolo di Andria, celebrato con piena autorità e potestà» (31).
E nel 1458, 1° Febbraio, da Napoli: «Abbiamo inviato lettera da leggersi nel convento di Andria, nella quale commettemmo a Fra Bartolomeo da Roma, lettore, e a Fra Antonio priore, del convento di Venosa, affinchè con nostra autorità debbano far la visita in quel convento su ciò che riguarda il Priore, i frati, ed il Provinciale quando vi ebbe dimora ecc.» (32).
E da Roma, il Rev.mo P. Ambrogio da Cori, a dì 9 ottobre: «Abbiamo fatto Vicario del nostro convento di S. Agostino di Andria Frate Colella d’Andria conferendogli l’autorità che hanno i Vicari provinciali» (33).
Da Vairano, 4 maggio 1487. «Abbiamo prorogato il capitolo provinciale di questa provincia (di Puglia) fino all’ultima domenica di giugno, e abbiamo decretato che lo stesso capitolo venga tenuto in Andria, perciocchè quel convento è più importante non solo, ma ancora perchè il provinciale aveva avuto, come asseriva, il consenso di quasi tutti i definitori» (34).

Studio generalizio.

Nel celebre capitolo generale del 1570, sotto l’auspicio di SS. Pio V, di cui dianzi facemmo menzione, dei sette decreti ivi emessi, il terzo riguarda esclusivamente questo nostro convento di Andria, che intieramente riportiamo:
«Fu il terzo decreto, che fosse istituito lo studio generale ove s’insegnasse da un buon maestro la logica e la filosofia nel convento di Andria nella provincia di Puglia» (35). In virtù di questo statuto il nostro convento giunse al più alto fastigio, perchè veniva annoverato tra i più rinomati dell’Ordine; conventi dipendenti direttamente dai Rev.mi PP. Generali, e che perciò si chiamano generalizii. Veramente fino al detto capitolo generale i priori di Andria rappresentavano il Rev.mo P. Generale e perciò da questi erano eletti loro Vicari.
Anno 1457. «Facemmo nostro Vicario, ovvero Rettore del nostro convento di Andria, di questa provincia (di Puglia), Fra Clemente da Barletta» (36).
1482. «Eleggemmo Priore e nostro Vicario, nel nostro convento di Andria, Frate Colella» (37).
Talora il Priore di Andria reggeva a nome del Generale tutta la provincia (38). 1479. «Nominammo Vicario del convento nostro di S. Agostino di Andria, Frate Colella di Andria, conferendogli quella autorità, che hanno i Vicarii Provinciali.» Dopo l’istituzione dello studentato generalizio, in questo convento, il priore di esso non solo era nominato, come prima, Vicario del generale, ma ancor godeva l’alto onore di essere eletto nei capitoli generali, come avveniva pei PP. Provinciali.

Padri ragguardevoli.

Le virtù, i meriti, le lettere danno lustro e decoro al convento, non già il pingue patrimonio o la grandiosità dell’edificio; sicchè a mostrare l’importanza della casa in parola, più che la struttura di cui facemmo cenno, dobbiamo piuttosto riguardare quei figli che l’illustrano. Però siamo dolentissimi che non siano pervenute fino a noi memorie della vita santa e di quanto essi operarono di buono e di bello. Questo sperpero d’ingenti tesori d’arte, di gloriosi e sacri fasti si deve attribuire all’oscurantismo ed incuria dei tempi, delle persone e della cosa pubblica e privata. Se non possiamo soddisfare interamente a questo nostro desiderio, non dobbiamo rinunziare a ricordare qui quelle poche memorie tramandateci.
Dai registri dei Rev.mi PP. Generali, più volte citati, ci si presenta qualche frate, e propriamente della città di Andria, che si distinse o nel governo o negli studi.
Oltre Fra Melillo, che governò, da Vescovo, la città natale, vi sono di quei che ressero la provincia pugliese, o primeggiarono nelle discipline filosofiche e teologiche: Fra Antonio da Andria, provinciale e Lettore; Fra Simone da Andria, provinciale e Baccelliere; Fra Clemente Caletro, provinciale e Maestro; Fra Andrea d’Andria e Fra Colella d’Andria, provinciali e Baccellieri; Fra Tommaso d’Andria, Maestro; Fra Adeodato Pastore d’Andria, Maestro; Fra Ricatti d’Andria, Maestro; Fra Taddeo d’Andria, Baccelliere; Fra Giovanni d’Andria, Lettore ecc.

Soppressione Napoleonica.

Questo asilo di santità e di studio, dopo circa 459 anni di florida vita, veniva travolto dalla marea Napoleonica.
Nel dì 19 settembre 1809 i veri fondatori e padroni furono costretti, dalla forza dei nuovi dominatori stranieri, a prendere la via dell’esilio, senza speranza di rivedere le sacre ed ospitali mura.

La narrazione storica prosegue nella II parte

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
(1) Ughelli. Italia sacra, tomo VIII. c.926; Herrera tomo II pag. 592. Torelli tomo IV ad annum 1274 N.° 16. Berti. Ep Aug. pagina 26.
(2) Cappelletti. Chiese d’It. V. XXI.
(3) Bullarium V. P. Romae tomo I pag. «Fra Placido da Solmona, abruzzese, vescovo andriese nella prov. di Bari, nel regno napoletano, sotto l’arcivescovo Tranese circa l’anno 1280, da Nicola III creato.»
(4) Lanteri, Ep. Aug. pag. 27 - Agresti. Vol I pag. 137.
(5) Lanteri, Ep. 106 foglio 16 anno VIII.
(6) Lanteri, Ep. Aug. pagina 27. D’ Urso. St. di Andria. pagina 92.
(7) Fecimus lectorem honoris Fr. Melillum de Andria, cum graciis consuetis. Reg. Rev.mo Iac. de Aquila D. d. 7 fol. 29 vol.
(8) Alias dedimus litteras ad dictam provinciam pro foturo capitolo, in quibus fecimus Vicarium nostrum, in tertio loco Fr. Melillum de Andria cum consuetis concedi in similibus litteris D. d. 8, fol. 29.
(9) Hic jacet - Pat, Mathe, Frat, Fratris Mililli - De Andria - Ordinis S. Augustini - Episcopi eiusdem civitatis - Orate pro eo - A. D. MDCCCCI - Ughelli. It. Sacr. Tom. VII.; Agresti V. I pag. 146. Monumento ora coperto dalla pavimentazione a mattonelle del presbiterio.
(10) Agresti. Luogo citato.
(11) Agresti V. I pag. 133.
(12) Agresti. idem come sopra.
(13) Agresti V. I pag. 142.
(14) Anno 1358 febbr. 14 Neapoli - Fecimus conventualem in provincia Regni Apulae Fratem Masellum de Campania in hec verba: Certis ex causis, te per nostras alias licteras removimus de Provincia Terre laboris, ponentes te conventualem in Romana provincia, sed, quia instantibus precibus devicti fuimus, ut te in provincia Apulee conventualem per nostras licteras poneremus, ideo te conventualem fecimus in conventu nostro Andrie, provinciae Apuliae, presentium tenore, etc. Reg. R.mi P. G. de Arimino, D. d. L pag. 407.
(15) Eodem anno et mense, die 6 Ibidem. Mandavimus Fratribus Paolo de Aversa, priori Neapolim, et Masello Macca procuratori dicti conventus, in hac forma: Cum Pr. Ioannes de Vigiliis, prior loci Andria asserat coram nobis quod conventus neapolitanus teneatur sibi dare provisionem pro III annis de qua quidem provisionem non receperit nisi tarenos II, idcirco, tenore presencium nobis mandamus per obedientiam salutarem, quatenus, si ita est, sibi de residuo sit integraliter satisfactum, … ibidem pag. ead.
(16) Anno 1359, sept. 8. Padue. Comcessimus priori et fratribus conventus Andrie licentiam vendendi possessiones et domos minus utiles dicti conventus dummondo pretium inde habitum in hedifitio dicti conventus integraliter expendatur; contrafacientis penam in nostris constitutionibus taxatam incurrisse, ibid, pag. 197.
(17) Anno 1387 april. 12 Luce. Concessimus licentiam conventui de Andria, provincie Apulee, ut possit libere vendere quasdam possessiones parum utiles, parvissimique fructus, et pretium inde habitum convertere in fabricam nove ecclesie hedificande, totum et integraliter non obstante nostro generali precepto facto at per nos trasmisso in tota prefata provincia Apulee qua prohibetur talium possessionum et rerum venditio, hac vice tantum nodo secum dispensantes. Insuper mandavimus fratribus omnibus dicti conventus, sub pena nostre ribellionis, quatenus, fatta dictarum possessionum venditione, nobis, quam citius poterunt, significant per eorum patentes litteras, in quibus se quilibet subscribat, quantum inde habitum est et receperunt, quando et quibus vel cui vendiderunt, quid de pretio factum vel fiendum erit. Ita quod claram et nudam de singulis veritatem nobis scribant. Reg. R.mi P. Barth. de Venetiis, D. d. 3, fol. II.
(18) Costanzo libr. VII pag. 403.
(19) Agresti Vol. I pag. 148.
(20) 1458 Reg. R.mi In. de Salem. D. d. 6, fol 31 - 1475 Reg. R.mi Iac. de Aquila D. d. 7. fol. 29 v.
(21) D. d. fol. 31 v.
(NDR) Sulla lapide si legge esattamente quanto segue:
"ANNO•INCARNATION•DNI•N I•IESV•X
MCCCCLXIII•INDICNE•XI•COSECRARTA F IT
HEC•ECCLESIA•S•AVG•D•ANDRIA•ET•
FVIT•SECVNDA•DOMINICA•MENSIS
OCTOBRIS
HAC•DIE•CONSECRATIONIS•HVIVS
ECCLESIE•NEC•NON•ET•PEI•OCTA
VAM•SVNT•MILLE•ANNI•INDVL
GENTIE•ET•TOTIDEM QVADRAG:
(22) Agresti fol. citato.
(24) Bollario Agostiniano fol. 311. 29 aprile 1570.
(25) Arch. Ord. Relazioni 11-4 fol. 269. 270.
(26) Eximimus ab officio notturno fratrem Johannem de Andria. Reg. Rev.mi P. Ambr. de Cora. D. d. 8, fol v. 28.
(27) Anno 1479 oct. 9. Rome. Mandavimus fratribus conventus Andrie ut nullus possit comprestare libros nec extrahere de conventu. Item a notitia presentium quicumque habent libros per mensem debeant conventui Andrie restituire. Reg. Rev.mi P. Gen.lis Ambr. de Cora. D. d. 7, fol. 31.
(28) Confirmavimus in Priorem conventus Andrie Ven. biblicum Frem Clementem de Barulo... recommissusque ei conventum quantum ad cultum divinum, Ordinis honestatem ac puerorum receptionem et eruditionem. Reg. R.mi P. Iul. de Salem D. d.
(29) Iuvenes ad Ordinem recipiantur et in moribus et doctrine instruantur. Ibidem. fol 29.
(30) Anno 1454. 3 Iul. Reg. Rev.mi P. Iul. de Salem. Intendimus quod capitulum futurum prefate provincie celebretur in conventu Andrie, in festo S. Luce 1455 D. d. 6, fol. 29 v.
(31) Anno 1455 oct. 14 Rome. Confirmamus in Priorem Provincialem Clementem de Barulo electum unanimiter et concorditer nuper in capitulo Andrie celabrato, cum omni auctoritate et potestate, etc, ibidem. fol 30.
(32) Anno 1458. febr. 1 Neapoli. Misimus litteram legendam in conventu Andrie, in qua commisimus Fr. Bartholomeo de Roma, lectori, et Fr. Antonio, Priori conventus Venusiensis, ut auctoritate nostra debeant visitare in illo conventu super priorem, et fratres, et super provincialem, dum ibi fuit. etc. ibidem. fol. 31.
(33) Anno 1479 - 9 oct. Rome - Fecimus Vicarium conventus nostri S. Augustini Andrie fr. Colellam de Andria dantes sibi anctoritatem quam habent Vicari provinciales. Reg. Rev.mi Ambr. de Cora. D. d. fol. 30.
(34) Anno 1487. 4 maji - Vairani - Prorogavimus capitulum provinciale huius provincie (apulie) usque ad ultimam dominicam junii, et decrevimus capitulum ipsum fieri Andrie, eo quia conventus ille potens et principalis habuerat, ut asserebat comsensum definitorum fere omnium. Reg. Rev.mi P. Augustini de Montefalcone. D. d. 8 fol. 30 v.
(35) Torelli - anno 1570.
(36) Fecimus Vicarium nostrum, sive Rectorem in conventu nostro Andrie, huius provincie (Apulie) Ven. biblicum Fr. Clementem de Barulo etc 1457, apr. 4 Neapoli D. d. 6 fog 30 v.
(37) Fecimus Priorem et Vicarium nostrum in conventu nostro Andrie frem Colellam - 1482 jun. 3 Perusie D. d. 8, fol. 12.
(38) 1479. Oct. Rome. Fecimus Vicarium conventus nostri S. Augustini de Andria frem Colellam de Andria dantes sibi auctoritatem quam habent Vicarii Provinciales. D. d. 7, fol. 30 v.
 [testo tratto da "Gli Agostiniani in Andria" di P. Mariano Ferriello, lib. Editrice Fiorentina, Firenze, 1931, pagg. 1 - 34]