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da “GLI AGOSTINIANI IN ANDRIA”

di P. Mariano Ferriello O.S.A.
Congr.nis S. Joann. ad Carb.riam
trascrizione in ebook

PARTE SECONDA

Il ritorno degli Agostiniani in Andria.

Il Santuario dei Miracoli

I Santi Visitatori della Basilica di S. M. dei Miracoli
RICORDO - I Santi Visitatori della Basilica di S. M. dei Miracoli [foto del libro]

            
I quattro quadri (nel 2017): S. Francesco Di Girolamo - S. Benedetto Giuseppe Labre - S. Giueseppe da Copertino  - Beato Giovenale Ancina (foto Nicola Montepulciano)

P. Quaranta

Ma, «il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola», dopo breve prova permise che gli agostiniani tornassero, non già nel loro S. Agostino, ma nel celeberrimo e grandioso Santuario della Madonna!
Volgeva l’anno 1837, il servo di Dio Gian Michele Quaranta, della Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, dell’Ordine di S. Agostino, priore della Maddalenella degli Spagnoli, in Napoli, eletto Superiore delle provincie meridionali, in occasione della santa Visita, nel transitare per Andria, si recò ad ossequiare quel Vescovo ed in tale felicissimo incontro fu deciso in ritorno degli Agostiniani in Andria (1).

Santuario di miracoli

A due Km. dalla città, agli estremi confini di amena e ridente pianura, leggermente ondulata, si vede sorgere, svelto e maestoso, il tempio di S. M.a dei Miracoli. Prospetta su vasto piazzale la chiesa superiore, e l’inferiore sul fondo di ripida ed amena valle. È un meraviglioso complesso non di due, ma di tre elegantissime chiese, delle quali, i maggiori altari, sono eretti in modo da corrispondere perpendicolarmente l’uno sopra l’altro. Il terzo è nella sacra Cripta. Su questo ultimo, come in una nicchia, è dipinta, alla greca, un’Immagine di Nostra Signora maestosamente seduta sopra un trono, col Bambino sulle ginocchia, coronata di dodici stelle, avendo a destra e a sinistra, in alto, il sole e la luna.
Immagine veramente taumaturga, per cui i devoti, a rammemorare i continui e strepitosi prodigi, la vollero chiamare «Santa Maria dei Miracoli di Andria»; specioso titolo piamente confermato dal Sommo Pontefice Gregorio XIII. Il triplice tempio fu eretto nel secolo XVI dai PP. Benedettini, ed officiato dai medesimi fino al 16 febbraio 1807, epoca in cui questi monaci, benemeriti della Chiesa e della società, in nome della libertà e tolleranza, furono espulsi.

Dilapidazione

Scacciati dal monastero i veri padroni, i monaci, le porte del Santuario furono chiuse alla pietà e devozione dei fedeli, ma aperte a coloro che bramavano d’involare i tesori di oggetti preziosi ed artistici.
I grandi e ricchissimi possedimenti furono confiscati e prodigamente venduti; denudate le pareti dagli ex voti di valore; staccati gli eleganti bassorilievi d’argento dall’altare della cripta con il soffitto di essa del medesimo metallo; tolte le campane, spogliata la sacra Immagine delle auree e gemmate corone; la cattedrale di Andria chiuse nei suoi armadi parecchi arredi sacri; la chiesa madre di Bisceglie trasportò nel presbiterio il Coro, capolavoro d’architettura e d’intaglio, che, se mal non mi appongo, potrebbe gareggiare con quello di Montecassino, e di più l’artistico parato d’ottone dell’altare maggiore. Grumo faceva suoi i parati degli altari minori; la collegiata di S. Nicola di Andria collocava sulla porta d’ingresso un artistico e grande dipinto; la biblioteca del Seminario, per fortuna, si procurò le opere di Cicerone, altrimenti sarebbero state distrutte dal fuoco, come lo furono innumerevoli pregievolissimi e rari codici; i monelli fecero man bassa delle canne dei due organi e delle chiavi di ferro che sostenevano il dorato soffitto, a cassettoni ottagonali. Ancora le vicine città, Barletta e Bitonto, volevano asportare i preziosi marmi, però questa volta gli andriesi giustamente si opposero. (2)
ricordo del santuario - 1930
RICORDO DEL SANTUARIO

Mons. Cosenza

Nell’anno 1732 il sommo Pontefice mandò a reggere la diocesi di Andria un vigile e santo Pastore, Mons. Giuseppe Cosenza, promosso poi alla dignità cardinalizia, e all’Arcivescovado di Capua.
Questo zelante Vescovo fin dall’inizio del suo saggio governo, veduta la desolazione in cui era stato ridotto uno dei più bei tempî delle Puglia e dei più celebri Santuari dell’Italia nostra, qual novello Esdra, ne fu accorato, fino alle lacrime; e ne aveva ben donde.
Il sacro luogo dilapidato, era divenuto ricovero dei gufi, delle civette e di altri animali. E poteva il cuore di un apostolo, di un vigile custode del patrimonio ecclesiastico, poteva tollerare più a lungo tanta devastazione di quel tempio, voluto dalla Madonna a suo trono di grazia?
Non fu la Vergine benedetta, che, dopo più+ secoli, dimenticata nella spelonca di S. Margherita in lamis, si fece rinvenire addì 10 marzo del 1576 da due andriesi, Antonio Tucchio e Annibale Palombino, in conformità del comandamento loro dato nelle reiterate apparizioni?
Non fu Nostra Signora che il due giugno del seguente anno 1577, primo sabato del mese, fece trovare la lampada mandante ancora vivissima luce, accesa dal Palombino quindici giorni prima? Olio benedetto che guarì istantaneamente un cavallo ivi condotto, affetto dal male del verme alla gamba!
Fiamma che diradò le tenebre, rinsaldò i cuori dei fedeli visitatori da sperimentare le più elette grazie e favori celesti, per cui si ripeteva dai beneficati: chi vuole miracoli vada in Andria. E ben 500 miracoli di primo ordine furono approvati da una commissione di teologi e medici nel 1605. (3)
Luce paradisiaca da fare struggere di puro e santo amore quelle anime fervorose, quegl’illustri santi che ivi pellegrinarono: i servi di Dio Vincenzo e Luigi Carafa, i santi Francesco Di Girolamo, Giuseppe Benedetto Labre, Giuseppe da Copertino, e il beato Giovenale Ancina, che scrisse un’ode: «se pensando di Te s’infiamma il core, ecc.» (4)
Il lodato pastore, giustamente, con maggior lena, non solo si propose di riparare al troppo lungo abbandono del luogo sacro, ma ancora rivendicarne l’antico lustro; da principio, però il cielo non si mostrò sereno, poiché nella sua santa impresa non venne assecondato da alcuno, neppure dagli Ordini e Congregazioni religiose, a cui ne aveva fatta l’offerta a causa di gravi e non poche difficoltà da superare. Ma la Madonna non lo deluse. Gli si presentò, un bel giorno, un ministro del Signore, dalla virtù e dallo spirito di Simone, figliuolo di Onia, sommo sacerdote, che fu restauratore del tempio. (5)
Questi fu il nostro P. Quaranta, di cui facemmo parola. Egli avrebbe preferito la riapertura del convento di S. Agostino, più che aprire una nuova casa; però trattandosi di un celeberrimo Santuario di Maria SS. ed anche per le fervide istanze di Mons. Vescovo, si esibì a ridurre l’antica Badia di S. M.a dei Miracoli in un convento agostiniano e a restaurare il triplice tempio. (6)
Oltremodo lieto il santo Presule, non dubitò di percorrere la città, la quale, edificata da sì efficaci esempi, non mandò vuota la sacra destra, (7) così poté offrire un saggio d’incoraggiamento agli attesi religiosi.
S. Maria dei Miracoli (Affresco del secolo XIII)
S. Maria dei Miracoli (Affresco del secolo XIII)

Il Ritorno

A dì 9 giugno 1837, con decreto della sacra Congregazione dei vescovi e regolari, fu concesso all’Ordine Agostiniano l’ex monastero in parola con la condizione d’accollarsi un canone annuo di duecento ducati da passare agli Agostiniani Scalzi di Napoli, essendo stata loro concessa in dote anche questa ex Badia. Il P. Quaranta, a dì 17 luglio 1838, eletto Vicario Generale dell’illustre Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, destinò subito i PP. Luigi Castiglione, Antonino Squillace, e Tommaso Tasca per recarsi in Andria.
Quivi giunti, nell’Agosto, si fermarono nell’episcopio fino al dì 6 ottobre del medesimo anno, giorno memorando, in cui, dal prelodato Mons. Vescovo, ricevettero il solenne possesso del Santuario e del convento, in mezzo alle più grandi dimostrazioni di gioia da parte del clero e del popolo.
Da quel dì, mercé lo zelo dei Padri e la sentita devozione degli andriesi, quel Santuario, di giorno in giorno, andò riacquistando, come meglio poté, il suo antico splendore. (8)
Di bel nuovo la taumaturga Immagine veniva ornata d’oro e di preziose gemme, il Santuario provvisto di sacre suppellettili, il censo di ducati 4800, che gravava sull’ex monastero, fu tolto, il ministro per gli affari ecclesiastici, con ministeriale del 16 febbraio 1839, volle essere informato del preventivo dei restauri al convento, e nel 18 marzo, comunicatagli la perizia che ascendeva alla vistosa somma di ducati 173269, senza indugio alcuno furono versati. Il Sommo Pontefice Gregorio XVI, con breve del 12 settembre 1840, concesse di celebrare la festa della Madonna dei Miracoli nell’ultimo sabato di agosto, con ufficio proprio e Messa,(9) in memoria della dedicazione della chiesa, avvenuta nell’ultima domenica di detto mese. (10)

Mons. Longobardi

Al Vescovo Cosenza successe Mons. Giovanni Giuseppe Longobardi, non meno devoto della nostra Madonna del suo predecessore. Ogni sabato, devotamente si portava a visitarla, celebrava sul suo altare e, con parole calde d’affetto, non cessava mai di infervorare tutti ad una tenera devozione verso sì buona Madre. Avendo dato alle stampe in suo Sinodo Diocesano, lo dedicò a Maria dei Miracoli, e volle che, ogni anno, il suo clero, per gli esercizi spirituali, si radunasse all’ombra benefica del suo santuario. (11) Nella prima domenica di maggio, invenzione della S. Croce, con solenne pompa, esultando d’insolita gioia da sembrare circondato da cherubica luce, incoronava, con preziose corone, la celeste Madre e il Divin Figlio, per facoltà a lui concessa dal Rev.mo Capitolo Vaticano. E nell’anno seguente gli andriesi, grati e riconoscenti alla loro Madonna per essere stati liberi dal colera e anche per vedere arrestato nei vigneti una dannosissima malattia, incoraggiati dal loro Pastore, vollero altresì che fosse dichiarata la principale Protettrice di Andria e Diocesi.
Questa dichiarazione Pio IX, Pontefice Massimo, previo esame della S. Congregazione dei Riti, ratificò e confermò nel giorno 14 agosto 1858. (12) E l’anno seguente, nella storica prima domenica di maggio, Andria, col suo Vescovo, solennemente si consacrava a nostra Signora dei Miracoli.
Questo Vescovo, che, durante il suo lungo governo, zelò il culto e la magnificenza di detto santuario, in morte non se ne volle allontanare, avendo già disposto che le sue mortali spoglie giacessero in perpetuo, presso l’altare della Madonna e quivi, ogni sabato, si celebrasse una Messa.

Ferdinando II.

Questo piissimo monarca più volte ebbe a dimostrare una tenera e filiale devozione alla Vergine dei Miracoli: donò un’aurea rosa per la solenne incoronazione, che tuttora si ammira nella destra della sacra Icone; offriva nel 1858 una grande campana; e nel 12 gennaio 1859 vi giungeva da pellegrino con la Reale Famiglia. regò a lungo, ammirò l’artistico e singolare Santuario, e fece voto di ridurre la cripta al primiero splendore, ma fu colto da immatura morte. Il di lui figlio Francesco II, benché detronizzato, non mancò di effettuare la paterne promesse; sborsò a tal fine lire 80.000 (13) facendo costruire l’altare di marmo, la soffitta di argento e rimettendo tutta la cripta nello stato come ora si ammira.

La nuova soppressione del 1866

Erano decorsi ventinove anni, dacché i nostri Padri, con lena sempre maggiore indefessamente lavoravano, per far ritornare il Santuario al primitivo splendore, quand’ecco sopravviene un nuovo pericolo che lo fa ricadere nell’abbandono. Così sarebbe avvenuto, se un figlio di Agostino, dalla robusta tempra e dal cuore di serafino, scacciati i frati, a dì 31 dicembre 1866, in virtù della legge di soppressione degli Ordini religiosi, a costo di ingenti sacrifici, esposto a villanie e minaccie, senza tetto, non avesse continuato alla meglio, ed officiare il rispogliato tempio.

III Centenario.

Nel 1876, ricorrendo il terzo centenario dell’invenzione della sacra Icone, si celebrò con massima solennità. A perenne ricordo fu dedicata una argentea, artistica e maestosa statua del valore di lire 30 mila; il P. Di Iorio compose una nuova Messa alla Vergine e ne ottenne l’approvazione dal S. Padre. (14)

La Residenza

Incamerati i beni del convento e mandati via i religiosi, a quelli che dovevano custodire il Santuario, non fu lasciato neppure un piccolo locale da servire per loro decente abitazione, ed al Padre, ivi rimasto, dopo molte istanze, fu concesso di adattarsi, con qualche fratello converso, in un ambiente, annesso alla chiesa, scomodo e quasi inabitabile.
Per provvedere al miglior servizio del Santuario, nell’anno 1886, rieletto Vicario Generale della nostra Congregazione di S. Giovanni a Carbonara di Napoli il M. R. P. Luigi M.a Candrian, approfittando dei tempi alquanto tranquilli, benché sprovvisto di mezzi, confidando nell’aiuto del cielo e nella protezione della Vergine, fece gettare le fondamenta di una nuova residenza a circa 100 metri lungi dall’antico convento affine di stabilirvi una piccola comunità. E dopo breve tempo sorse un grazioso conventino, dove abitano i religiosi, che con zelo incessante attendono ad officiare il Santuario e a propagare la gloria della Vergine.

Cinquantenario

Approssimandosi l’anno 1907, cinquantesimo anniversario dell’incoronazione della sacra Icone, i nostri Padri vi si prepararono con le seguenti opere:
  • Parati di candelieri d’ottone agli altari.
  • Pavimenti, scale, zoccoli rivestiti di ottimo marmo.
  • Un artistico pergamo e grandiosa antiporta.
  • Dieci lampadari ben lavorati.
  • Otto grandi tele, di cui sei di Tito Troia.
  • Un paliotto d’argento, vero pregio d’arte.
  • Una nuova campana e l’altra rifusa.
  • Infine il periodico mensile «La Vergine dei Miracoli» che ridestò un santo entusiasmo.
Le feste sia quelle indette dai religiosi, dal 26 aprile al 23 maggio, sia quelle dal clero e popolo, nei giorni 24, 25, 26 del detto mese, riuscirono veramente edificanti e solenni.
Una marmorea lapide ricorda le seconde, ma le prime non sono certamente dimenticate dagli angeli e dalla loro Regina, e neppure dai fedeli, perché coronate da una nuova gloria ed onore al Santuario.

La Basilica

I nostri Padri, nell’escogitare i diversi modi, affinché le accennate feste potessero riuscire degne di tanta Signore, stimarono bene di procurare al Santuario una maggiore gloria con ottenergli il titolo di Basilica. Le pratiche durarono un anno, superate non poche difficoltà, a dì 29 novembre 1907, il Santo P. Pio X concesse la tanto attesa grazia col Breve «ad perpetuam rei memoriam» in cui, in perpetuo innalza al titolo di Basilica minore il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli della città di Andria. Breve che lo direste inno di lodi alla Madonna, di gloria al nostro Santuario; ed in conferma ne riportiamo qualche cenno. «Nel numero delle quali (chiese rispettabili per antichità, per arte, non meno che per divozione) meritatamente, e a buon diritto può annoverarsi l’antico tempio di Andria, dedicato alla Beata Vergine Maria, la cui antica Immagine, insigne per prodigi, fu decorata col titolo dei Miracoli dal nostro antecessore Gregorio PP.XIII, di sacra memoria, con simili lettere apostoliche. Questo tempio costruito nel secolo XVI, ora è affidato alla pietà e allo zelo della religiosa famiglia degli Eremiti di S. Agostino. Certamente gode il primato su tutte le chiese di quella regione, sia per grandezza ed opere d’arte, sia per le reliquie dei Santi, sia per la copia e la ricchezza degli arredi sacri ecc.».

Parte antica

Nel secolo XVII si ebbe il barbaro fanatismo di sostituire ornati di stucco, stile barocco, all’antica ed artistica arte decorativa, stimando di fare un pregio il seppellire e demolire l’arte classica dei veri genî in pittura, scultura, plastica e simili. La nostra chiesa non andò esente. A ricuperare parte dei nascosti tesori artistici, nel 1911 a proprie spese e iniziativa, si intrapresero i lavori di scrostamento, denudando la ben lavorata pietra di travertino che sostiene la mole. S’incominciò dalla terza chiesa, furono rimossi cautamente lo stucco, i calcinacci ed i tufi dalla singolare facciata addossata alla grotta, cui da tre archi romani si accede. Il frontone apparve tutto di pietra ornato e fregiato d’alti e bassi rilievi e di torciglioni romani, affreschi ed altro di puro stile del cinquecento. Per rendere più appariscente questo mirabile intreccio di lavori, fu spostatol’organo e demolitala tribuna di esso, che sporgeva nel mezzo della chiesa, sotto la quale, per avventura furono trovati dei pezzi di pietra che facevano da puntelli sui quali si legge parte dell’antica iscrizione. Essi ora giacciono in attesa di essere rimessi al posto dovuto.
Per non dilungarci troppo, ci risparmiamo di descrivere la semplicità, sveltezza, (degne di particolare studio) dei pilastri e doppie colonne, che sorreggono la cripta, e fuori di essa i due archi a sesto acuto su cui posa la ben proporzionata cupola, come pure, nella chiesa superiore, quella fuga di eguali pilastri che sorreggono archi a tutto sesto, a cui fanno corona quei del maggiore arco, con vero ordine architettonico non così facile a riscontrarsi in opere di simile genere.

XV Centenario

Ricorrendo il XV centenario della preziosa e santa morte del N. S. P. Agostino ed approssimandosi ancora il XV lustro dalla solenne Incoronazione di questa taumaturga Icone, abbiamo fatto precedere opere durature a ricordo di sì memorabili date, giusta l’esempio dei nostri maggiori. Abbiamo ingrandita la luce della nicchia della Madonna col sostituire all’antica cornice in marmo una più grande d’argento in modo che la sacra Immagine, illuminata elettricamente nell’interno, è del tutto visibile, appagando così i voti dei fedeli, che prima partivano delusi per non aver potuto ammirare lo specioso volto della loro celeste Madre. Rifatte a nuovo le vetrate dei ventun finestroni, dai quali, il tempio maggiore, viene vagamente inondato da una candidissima luce di giorno, e nelle ore notturne dalla luce artificiale mediante un potente e grandioso impianto elettrico. Rifatta la porta principale dallo stile cinquecentesco. Acquistati preziosi vasi ed arredi sacri, e dato principio al Museo della Basilica.
ANDRIA - S. M. dei Miracoli (Frontone della Critta)
ANDRIA - S. M. dei Miracoli (Frontone della Critta)

La Parrocchia

Mons. Alessandro Macchi, già degnissimo sucessore di S. Riccardo, promosso ora all’importante Chiesa di Como, predilesse molto la nostra Basilica, qual vero devoto della Madre di Dio e del S. P. Agostino. Oltre a recarsi spesso, specie nei giorni solenni, al Santuario, a pontificare con l’omelia, e chiudere le sue feste giubilari dell’ordinazione sacerdotale; ottenne dal regnante Pontefice Pio XI un aspersorio d’argento, finemente cesellato, donò un’antica pianeta tessuta in oro, e volle, di propria iniziativa, stabilirvi la parrocchia, (15) già da tempo, vagheggiata dai nostri Padri, specie dalla f. m. del P. Priore Lo Iodice, assorgendo il Santuario a quella gloria di cui rifulse quando era Badia.

I miracoli

Questa taumaturga Icone, appalesatasi per mezzo dei miracoli, non cessa anche ai nostri giorni di versare i suoi celesti favori a beneficio dei fedeli che l’invocano ai piedi del suo altare, ma ancora a quelli che non hanno conoscenza di questo Santuario. Per amore di brevità ci dispensiamo di riportare quelle grazie straordinarie che tutt’oggi registriamo, però ci proponiamo, alla prima occasione, rendere di pubblica ragione le principali.

Religiosi illustri che cooperarono al ristabilimento
degli Agostiniani in Andria

Padri illustri.

Se questo Santuario, in breve tempo e per giunta fortunoso, ha raggiunto l’antica importanza e magnificenza, lo si deve allo zelo instancabile dei nostri Padri, che rifulsero, quali astri luminosi, per santità di vita, apostolico ministero e vasto sapere. Daremo un breve cenno di pochi di essi. Per avventura si presenta a noi un servo di Dio mandato a riaprire al culto questo Santuario, e ne fu il primo Priore.

Il P. L. Castiglione.

Di questo insigne servo di Dio, in un bel volume, ha scritto la vita il di lui già novizio, il P. Cosma Lo Iodice, ed un altro servo di Dio, il P. Quaranta, in tre parole, ne compendia il religioso ritratto: «conoscendo abbastanza la tua prudenza, pietà e zelo della regolare osservanza, ti confermiamo priore del convento di S. M. dei Miracoli di Andria» (16). Fu celebre per i doni di profezia, nello scrutare cuori e per solida dottrina. Oltre ai versi e alle lettere, date alle stampe, conserviamo varie opere inedite.

Il P. L. Tasca.

Il P. Tommaso Tasca fu compagno del detto P. Castiglione nell’apertura di questo convento, e vi rimase fino alla morte, 20 gennaio 1865. Donò alla Madonna mente e cuore confermando tale suo amore nell’accendere nei cuori degli Andriesi una filiale devozione verso la celeste Madre, in modo che non solo frequentavano assiduamente il Santuario, ma ancora non lasciavano mai vuota la mano del servo di Dio, affinchè potesse restaurarlo e celebrarne le feste con solennità. Passò a miglior vita santamente come era vissuto. I funerali riuscirono un trionfo. Il suo sacro abito ancora va in giro portato agl’infermi, e molti di essi sono stati graziati. Gli avanzi mortali giacciono nel sepolcro della Chiesa cattedrale al campo del morti. (17).

Il P. Di Iorio.

Il P. Maestro Antonino Di Iorio, membro dell’alma università pontificia teologica di Firenze ecc., fu versatissimo nella patristica, predicatore eloquentissimo; di lui si narra che predicando nella superba Genova, al termine del suo dire, gli si fece incontro, pubblicamente, per congratularsi, il celebre Don Alimonda, poi Arcivescovo di Torino e Cardinale di S. R. C.; chiarissimo scrittore ha dato alla luce oltre sedici opere, tra le quali Le bellezze del protestantesimo in quattro volumi, Il sabato santificato, ed altre di soggetti diversi. Da lui ereditammo la libreria, che tuttora conserviamo.
S. M. dei Miracoli - ingresso alla sacra grotta
ANDRIA - S. M. dei Miracoli
Ingresso alla sacra grotta

Il P. Cosma Lo Iodice.

Il P. Cosma Lo Iodice fece il noviziato in Andria sotto il Maestro P. Castiglione, di cui ne emulò quelle virtù per divenire un religioso modello. Contava appena 28 anni e fu preposto come priore, in questa casa, a Padri ragguardevoli. Coraggiosa fu la di lui protesta nella soppressione degli ordini religiosi del 1866. Tornata un po’ di calma, vi fece ritorno. Rieletto priore nel 1898, con maggior lena di prima, si diede a promuove il culto alla Vergine SS. fino al 13 maggio 1908, in cui andò a ricevere lassù in cielo il premio dei servi fedeli. Quanto di bello e di buono si operò per le feste cinquantenarie dell’Incoronazione della sacra Icone, tutto si deve al vigilantissimo e zelantissimo P. Superiore, non escluse le pratiche per ottenere al Santuario il titolo di Basilica. Fuggì sempre l’ozio, e nei tempi liberi, attendendo allo studio, potè dare alla luce ben 22 volumi, oltre a voluminosi manoscritti, come sarebbero Le vite dei Santi dell'Ordine per ciascun giorno dell’anno, non completate; molti sermoni, panegirici ed altro.
La di lui santa memoria rimane in benedizione.

Il P. Iafanti.

Il P. Francesco Saverio Iafanti fu un vero esemplare di fedeltà alla religiosa vita professata. Giovane padre, nel convento di S. Agostino di Giovinazzo, di lì espulso con gli altri frati, anzichè prendere il volo per la sua Gildone (Campobasso), suo paesello nativo, si portò senz’altro, in questo convento. Quivi incontrando la medesima mala sorte, il nostro Padre, senza tetto e a costo d’ingenti sacrifizii, non abbandonò il nostro Santuario, al cui servizio vi consacrò ben 50 anni! A lui si deve se l’Ordine ha potuto conservare questo inclito Santuario. Oltre alla carica di priore, occupò quella di Vicario Generale della nostra Congregazione. Chi può numerare i copiosi frutti dell’apostolato del P. Iafanti sia nel clero, nei monasteri e nel popolo?
Con fama di santità passò a miglior vita, nel dì 20 luglio 1914 d’anni 81. I funerali furono un vero trionfo, a cui, spontaneamente, presero parte il Capitolo della cattedrale ed il Municipio. La salma fu benedetta dal Vescovo diocesano Mons. Giuseppe Staiti; la Messa fu celebrata da Mons. Troja, arcidiacono della cattedrale. Dai giornali venne riconosciuto quale servo di Dio.
Ha lasciato non poche prediche inedite, ripiene di sacra unzione; la sua santa memoria ed i suoi detti sono ancora vivi tra i fedeli.
*
*       *
Poniamo termine, bene augurandoci di rinvenire altri documenti, affine di far meglio conoscere ed apprezzare l’opera santa e benefica dei nostri Confratelli nello spazio di circa sei secoli.



Appendice

Lo storico D’Urso.

Il D’Urso, nella storia di Andria, dedica un intero capitolo per mostrare che l’attuale chiesa di S. Agostino sia passata dai Teutonici al nostro Ordine nel 1387 (18).
Prima di ogni altro, l’illustre storico si fonda sopra un errore di data, come si è dimostrato da quanto abbiamo detto; poi seguita e dice: «sulla porta d’ingresso si scorge effigiata a rilievo, in pietra bianca, l’immagine del Salvatore affiancata da due vescovi, vestiti pontificalmente alla greca, stemma questo dei Teutonici». Queste affermazioni non hanno valore storico, perchè lo stemma dei Teutonici è una croce bianca su manto nero, e i due vescovi, l’uno è S. Martino di Tours, già titolare della primitiva Chiesa, il quale viene dipinto col Salvatore, che gli apparve dicendogli: Martino catecumeno mi ha coperto con questa veste; l’altro è il S. P. Agostino. Volendo pure ammettere che sia S. Remigio, ciò confermerebbe la nostra tesi, perchè questo santo è molto venerato dai PP. Benedettini, avendo, Papa Leone IV fatto trasferire il sacro ed incorrotto corpo, nell’anno 1049, nell’abbazia benedettina di Reims, che prese il nome del santo Vescovo. Gli agostiniani lasciarono intatto l’antico portale ad rei memoriam.
Il dire poi che un altare, una campana ed un podere abbiano preso il nome di S. Leonardo, perchè questi era il protettore dei Teutonici, non è una prova decisiva: i nostri Padri, avendo trovato la divozione a S. Leonardo, anzichè spengerla, la diffusero di più.
L’asserire che i Teutonici abbiano aperto una casa in Andria, propriamente in quella lasciata dai Templiari, non esclude che ivi in tempo posteriore siano stati eretti dalle fondamenta l’attuale Chiesa e Convento di S. Agostino; tanto più che trattandosi di un tempio così grande e maestoso, non si può supporre che un Ordine ospedaliere, che aveva l’obbligo di conservare i suoi beni per curare gl’infermi, reduci dai Luoghi Santi, vi abbia speso buona parte di detti fondi.
L’argomento più poderoso del D’Urso e del Borsella è una lapide che ai loro tempi fu trovata in una delle cisterne (del convento) dove si leggono i seguenti versi:
«Belligerum Ordo haec construxit tempia sacrata,
Inque aegris curam struxit et ille Domum
His deinde pulsis, pietas suprema Dinastae
Fratribus Eremi haec ipsa colenda dedit,
Ut fidei nitor, et sanctae observantia legis
Cresceret, et staret Principis altus amor.
»
Ora la contradizione è manifesta: Se Federigo II morì improvvisamente nel 13 dicembre 1250, e nel 1269 terminò la dominazione Sveva in Italia, non poteva certamente concedere agli Agostiniani il convento e la chiesa dei Teutonici.
Quelli che seguono il D’Urso male si appongono, tanto più che ora è stata ritrovata una seconda lapide, a soglia di una casa, nei pressi della chiesa di S. Agostino, incisa nei caratteri del tempo, è più breve della precedente, che forse dev’essere il ricordo e l’ampiamento della primitiva, la quale parla dei Frati, dell’Eremo, e di Federico II.
I Frati dell’Eremo, se non si vuole incorrere in errore, non sono gli Agostiniani, ma i Benedettini; i primi succeduti ai secondi, giusta la sopracitata memoria del 1650.

Tommaso M.a De Liso.

Per amore di equità ci facciamo a riportare ancora l’opinione dell’Avv. Tommaso M.a De Liso del 10 marzo 1792. (arch. capitolare).
«Questo monastero di S. Agostino, abolito l’Ordine dei Teutonici (succeduto ai Templari) andò devoluto agli antichi dinasti di Andria, che lo cedettero, poscia agli Agostiniani, restando però sotto l’immediata protezione dei Dinasti e dei Sovrani del Regno che ne esercitavano il giuspatronato, e perciò su quel fabbricato si vedono gli stemmi degli Svevi, degli Angioini degli Aragonesi e dei Dinasti di Andria (i Del Balzo e i Carafa)».
L’opinione del De Liso non è attendibile:
1.° Gli Agostiniani non successero ai teutonici secondo i documenti già riportati.
2.° Non troviamo tracce del privilegio di diritto di patronato dei dinasti e dei sovrani in altri scrittori.
3.0 Gli stemmi non solo possono affermare diritto di giuspatronato, ma ancora riconoscenza, data storica, ecc. Sotto questi ultimi rispetti debbono, nel caso nostro, essere intesi, cioè di gratitudine per il bene ricevuto, e per tramandare la loro memoria ai posteri.
4.0 Se i sovrani avessero vantato patronato, ancora Carlo VI, imperatore d’Austria e re di Napoli, i sovrani Borbonici, ed altri avrebbero esercitato il loro diritto facendovi apporre i loro stemmi, il che non risulta.



- PAGINA FUORI TESTO,  (allegata al testo originale in mio possesso)-

LA STAMPA.

Ringraziamo di cuore:

Gli Ill.mi Sig.ri Corrispondenti di giornali «Il Giornale d’Italia, Il Popolo di Roma, La Gazzetta delle Puglie, Il Mattino, Il Roma, ed altri» i quali gentilmente prepararono i fedeli alla Solennità del Centenario Agostiniano dal 14 al 17 maggio [1930], e questo terminato, diedero particolari resoconti dei quali riportiamo quanto scrive Il Giornale d’Italia:

FESTE PER IL CENTENARIO AGOSTINIANO AD ANDRIA.

ANDRIA, 18 [maggio 1930] = Ieri hanno avuto termine le feste Agostiniane, indette ed organizzate dalla comunità degli agostiniani del Santuario di Santa Maria dei Miracoli. Tutta la cittadinanza in pio pellegrinaggio si è recata questi giorni al monumentale e storico santuario ed ha partecipato a tutte le funzioni religiose che vi si sono svolte -con austera pompa e con fervore di fede, sotto la oculata direzione del priore Padre Ferriello che ha degnamente commemorato in una apoteosi di cerimonie sacre S. Agostino.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto notevoli e dotti panegirici dei reverenti sacerdoti dott: don Riccardo Rella, rettore del Seminario Vescovile, don Giuseppe Lapenna, parroco di S. Domenico, Canonico don Giacomo Ciciriello, don Sabino Cannone, Canonico della Cattedrale e del can. dott. Giuseppe Ruotolo; gran folla di fedeli ha partecipato giornalmente ai panegirici.
Ieri, come da programma, l’arcivescovo di Trani, mons. Giuseppe Leo, Metropolita di Andria, ha tenuto il solenne pontificale con musica della reale «schola cantorum» della Basilica di S. Nicola in Bari, diretta con la solita competenza dal noto maestro don Cesare Franco. Ha partecipato alla solenne Messa il nostro podestà, comm. avv. Pasquale Cafaro. Ecco il difficilissimo programma svolto dalla «schola polifonica» che ha confermato la sua fama che ha valicato i confini della nostra regione per raggiungere quelli più vasti dell’Italia: Vittadini: «Ecce Sacerdos»; Don Lorenzo Perosi: «Kyrie — Gloriae — Sanctus — Benedictus Agnus» della Messa eucaristica per coro di voci miste»; Don Franco: «Credo»; Cesare Franco: «Inno trionfale»; Tomadini: «Lode».
All’organo sedeva Giacomo Franco, fratello del maestro: che è vanto della nostra regione ed illustrazione musicale italiana.
Tutti gli intenditori di musica, autorità e sacerdoti, si sono affrettati, dopo la Messa, a congratularsi con Don Cesare Franco e con i bravi settanta esecutori della musica.
Nelle ore pomeridiane ebbe luogo al vespro la processione alla quale presero parte varie centinaie di cittadini d’ogni classe sociale; l’arcivescovo Leo, nostro concittadino, impartì una trina benedizione. Per tutta la serata la facciata del Santuario ed il campanile rimasero illuminati elettricamente. Ci compiacciamo con padre Ferriello per la compostezza e dignitosa austerità delle cerimonie.

Aggiungiamo le più sentite azioni di grazie a Sua Ecc.za Mons. Alessandro Macchi, Amm. Ap. di Andria, che, con lettere circolari, invitava i diocesani, durante il periodo delle feste stesse, di recarsi in pellegrinaggio al Santuario.
Rendiamo ancora vivi ringraziamenti ai Dottor D. Riccardo Rella ed al Ven. Seminario che hanno concorso alle sacre funzioni dall’esemplare assistenza, e da melodiosa e liturgica musica.
I PP. Agostiniani.

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
(1) Merra, Lo Iodice. Madonna dei Miracoli.
(2) Merra - La Madonna dei Miracoli di Andria. Lo Iodice – S. M.a dei Miracoli di Andria.
(3) Lo Iodice –S. M.a dei Miracoli di Andria.
(4) Merra. Lo Iodice, luogo citato.
(5) Eccl. 50 -1.
(6) Merra, Lo Iodice. La Madonna dei Miracoli.
(7) Merra, Lo Iodice. La Madonna dei Miracoli.
(8) Merra – Luogo citato.
(9) Merra. Lo Iodice, luogo citato.
(10) Ordinario dei PP. Benedettini, anno 1802.
(11) Merra – Madonna dei Miracoli.
(12) Brev. II lez., 3 nott.
(13) Merra, Lo Iodice – S. M.a dei Miracoli di Andria.
(14) Adm. R. P. Antonius Maria Di Iorio suppliciter petiit et obtinuit. Ex audientia SS. 1 Sept. 1879 Miss. Basil.
(15) Sacra Congregatio Concilii attentis expositis ab Ordinario Andriensi, benigne tribuit eidem facultates iuxta preces, ita tamen ut curam animarum dictis Fratribus concredita intelligatur ad nutum S. Sedis. Datum Romæ die 1.a feb.rii 1930 f.to Card. D. Sbarretti, præfectus.
(16) Nos pro nostris muneribus auctoritatem et presentium litterarum virtute Nostri conventus S. M.ae Miraculorum Andrien existentis. Te P. Fr. Alojsium Castiglione, de cuius prudentia, pietate, et zelo observantiae Regularis certiores sumus, Priorem confirmamus. 15 feb. anno 1842. Fr. Michael Quaranta. Vic. G.lis 0. S. A. Lib. Defin. Anno 1842.
(17) Lo Iodice.
(17) D’Urso. Storia di Andria Libro IV., cap. VI.
 [testo tratto da "Gli Agostiniani in Andria" di P. Mariano Ferriello, lib. Editrice Fiorentina, Firenze, 1931, pagg. 35-60]