Chiesa di San Domenico

Contenuto

da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"

di Michele Agresti (1852-1916)

Volume II - Capitolo V
"Chiese figliali anticamente appartenenti al Capitolo della Cattedrale,
e poscia destinate alle Collegiate, ed alle Parrocchie"

Facciata di San Domenico - Santa Maria dell'Umiltà

Chiesa di S. Domenico

4. La Chiesa di S. Domenico, surse nel 1398, per opera della Duchessa Donna Sveva Orsini, vedova di Francesco I Del Balzo, la quale richiese ed ottenne, da Papa Bonifazio IX [1], il permesso di fondare in Andria un Convento di Domenicani, sotto il titolo di S. Maria dell’Umiltà [2]. Ciò ottenuto, la pia Duchessa, a proprie spese, fece edificare questa Chiesa di S. Domenico e l’annesso Convento[3], corredandoli di tutto l’occorrente.
La Chiesa di S. Domenico molto sì rassomiglia a quella di S. Francesco nella forma. Essa è, però, di stile Corinto [4]. La porta maggiore di questa Chiesa non presenta di rilevante che l’architrave, sul quale, nel cavo di una grossa conchiglia, si vede scolpita la Vergine del Rosario, avendo sulle sue ginocchia il Divin Bambinello, con la seguente dedica:
Christiferæ Mariæ Virgini Prædicatorum Ordinis Protectrici
Opus dicatum A. D. 1510. 14 Indictionis
Questo architrave è abbellito di tre cornici variamente dentellate, alle quali succede una gran fascia con tre festoni fronzuti, intramezzati da quattro teste alate di angioletti. A lato dell’architrave si vedono due colonne scanellate, con capitelli diversi; l’uno porta due teste di cavallo, opposte fra loro, l’altro uno stelo, intorno al quale arrampicasi una pampinosa vite. Nel piedistallo della prima colonna si vedono Adamo ed Eva sotto l’albero del bene e del male, nel di cui tronco si nasconde il serpente seduttore; nel piedistallo dell’altra, l’angelo che apparve al Nazareno nell’orto degli ulivi, col calice in mano.
La porta laterale, di minor dimenzione, presenta nel frontespizio una statuetta di pietra a bassorilievo, rappresentante S. Domenico, con un libro aperto nella sinistra, ed un giglio nella destra mano, avendo ai piedi un cane, che regge una torcia accesa in bocca (stemma dell’ordine).
La Chiesa composta di una sola nave, ha cinque altari [5], compreso il maggiore di ottima costruzione, ed ornato di marmi bianchi, verdi e gialli, portando alla estremità due angioli, che sostengono due cornucopii.
Il primo altare, a destra di chi entra in Chiesa, è intitolato a S.Vincenzo Ferreri, del quale si ammira l’immagine, dipinta su tela, dalle grandi ali spiegate, avendo una fiammella accesa sul capo, mentre una folla di popolo, dell’uno e l’altro sesso, lo circonda, implorando la guarigione ai loro mali. In cima si vedono due angioli, che scendono dall’alto, con le trombe in mano, per dinotare la predicazione del Santo. Due altri serafini completano le figure di questo pregevole dipinto, chiuso in cornice di marmo, intarsiata di fregi in marmo rosso. Nell’ovato di questo altare si vede un’altra tela, chiusa pure in cornice di marmo, rappresentante S. Pietro Gonzales [6], protettore dei naviganti, avendo a destra una barchetta [7].
Il secondo altare è intitolato a S. Domenico. Una gran tela, chiusa pure in cornice di marmo, rappresenta la Vergine che tiene sgiegato il ritratto di S. Domenico, avendo nella destra la Sacra Bibbia, ed un giglio nella sinistra. Da un lato si vedono la Maddalena, con un vasello di prezioso unguento in mano, e S. Pietro martire col petto trafitto dalla spada, ai di cui piedi vedesi un angiolo portante la daga, che spaccò il cranio al santo martire domenicano; dall’altro lato si vedono S. Caterina Vergine e Martire, con la palma del martirio in mano e la corona di gloria sul capo, e S. Giacinto, vestito di stola, avendo a destra la sacra pisside, e nella sinistra una statuetta della Vergine, col suo divin figliuolo in seno. Nell’ovato si vede S. Ludovico Bertrando con una pistola in mano, dalla quale esce un crocifisso, allusivo al miracolo avvenuto in Inghilterra, quando, predicando il Santo, gli fu tirato un colpo di pistola, dalla quale, invece della palla, uscì un crocefisso [8].
Il terzo altare, messo a sinistra di chi entra in questa Chiesa, è intitolato a S. Tommaso d’Aquino (del quale si vede l’immagine, col sole scolpito sul petto), genuflesso a pie d’un altarino, su cui poggia un Crocefisso, dal cui labro escono quelle fatidiche parole: bene scripsisti de me, Thoma. In alto si vede una immagine dell’Annunziata, ed alle spalle del Dottore, il Pontefice Pio V, prostrato ancor egli a piè di un Crocefisso. Nell’ovato si vede l’immagine di S. Caterina De Riccis, dell’ordine domenicano, che si abbraccia al Crocefisso.
L’ultimo altare, a man sinistra, è intitolato alla Vergine del Rosario, della quale si ammira la venerata Immagine, col Divin Pargoletto fra le braccie, seduto su ricco baldacchino, sostenuto da quattro Angioli. Nelle cinque bende, che pendono in cima al baldacchino, sono figurati i cinque misteri gloriosi del Rosario. Da un lato si vede S. Domenico, che riceve dalla Vergine il S. Rosario e S. Agnese di Monte Pulciano, monaca domenicana; dall’altro S. Caterina di Siena, coronata di spine, avendo il cuore in mano; quindi S. Rosa da Lima col giglio, simbolo della purità, cui il Bambino le pone sul capo un serto di fresche rose. Nell’ovato si vede dipinto S. Antonino Arcivescovo di Firenze, con una borsa di monete in mano, volendo indicare la sua grande carità per gl’indigenti [9].
Sulla porta principale d’ingresso vedesi un dipinto, raffigurante S. Raimondo, avendo due chiavi nella man destra, alludendo al¬l’ufficio di gran Penitenziere, che si ebbe da Gregorio X.
Uno spazioso presbiterio, fornito di balaustra di marmo, divide la nave della Chiesa, abbastanza spaziosa e lunga. Sul Presbiterio, in cima alla porta della Sacrestia, vedesi un quadro ad olio, raffigurante Benedetto XIII (di famiglia Orsini) dell’ordine domenicano.
Dietro l’altare maggiore, chiuso da due porte laterali, trovasi il Coro con 26 stalli di noce al piano superiore, oltre al medio pel Padre Priore. Questi stalli hanno dei poggiuoli falcati, avendo nella spalliera dei quadretti, fregiati con figure di capriciose stelle. Nelle fascie, che li fiancheggiano, sonovi scolpiti leoni, grifoni, scimmie, draghi, e simili mostri. Gli stalli inferiori, in numero di diciotto, sono pure lavorati come i primi. Il cornicione di questi stalli sono intagliati con fantastici rabeschi. Nel centro del pavimento del Coro vedesi il sepolcro, una volta forse di casa Del Balzo, poscia della famiglia Carafa, come ne apprende la iscrizione sovrapposta.
Nella Sacrestia di questa Chiesa si ammira un antico quadro, rappresentante S. Pietro martire genuflesso, nell’atto che un manigoldo gli scarica sul capo un colpo di daga, mentre un fraticello sta rannicchiato dietro al tiranno, aspettando la medesima sorte. Nella volta di questa Sacrestia sono affisse quattro tele in figura ovale, rappresentanti Cristo nell’orto degli ulivi, alla colonna, con la croce sulle spalle, e l’Ecce Homo. In cima al grande armadio, che custodisce i sacri arredi, vedonsi altre due tele, chiuse in cornici ovali, rappresentanti S. Antonino, Arcivescovo di Firenze, e S. Ludovico Bertrando dell’ordine dei predicatori. In questa medesima Sacrestia vedesi, chiuso in una nicchia, lo scheletro disseccato del Duca Francesco Del Balzo, del quale abbiamo fatto parola nel Volume I di quest’opera. Pregevole è il sacrario, che trovasi in detta Sacrestia. Esso, tutto di marmo, è costruito a guisa d’un altarino. La mensola è di color piombino; il prospetto ed i laterali sono abbelliti di marmo cipollino.
Nel mezzo vedesi lo stemma domenicano, fiancheggiato da due vasi di fiori.
Mirabile poi è sopra tutto il campanile di questa Chiesa, formato a tre piani, il primo d’ordine toscano, il secondo dorico, il terzo misto. Ogni piano ha quattro finestroni, sormontati da cornici arcuate.
La cima, formata a forma di pera, è cinta da una balaustra a pilastrini, avendo sul cuspide una gran palla di bronzo, con sopra un cane con una torcia accesa in bocca, che fa da banderuola, movibile, secondo lo spirar dei venti. Ciascun piano ha la sua balaustra alla base. Questo Campanile è opera del muratore andriese Domenico Ieva, fratello di Vito, che costruì il campanile di S. Francesco [10].
Colla soppresione dei frati, sotto il governo di Gioacchino Murat, nel 1809, anche i Domenicani di Andria dovettero abbandonare la Chiesa ed il loro Convento, che restò in preda ai vandali paesani !... Il culto della Chiesa fu mantenuto prima dal Domenicano P. Palena, che scambiò poi la cocolla colla veste talare di prete; poscia (la altri Sacerdoti della Cattedrale, fra i quali il Canonico D. Berardino Frascolla, che fu poi primo Vescovo di Foggia; finalmente dal Parroco titolare D. Giacinto Matera, dopo l’istituzione delle Parrocchie, avvenuta nel 1853. Presentemente è sotto l’amministrazione del Parroco D. Nicola Fatone.
Il Convento invece fu adibito ad abitazione dei poveri, ed alcune stanze ad uso della Confraternita del SS. Rosario. Il cortile servi per le pubbliche elezioni dei governatori della città, dove il popolo interveniva, a suono di campane, per eleggere gli amministratori dei tre ceti, il nobile, il civile ed ii plebeo. Dagli eletti poi si sceglieva per sorteggio, il Sindaco, il Catapano, il Portulano, l’avvocato dell’Università, i Priori degli Ospedali, il Moderatore dei provventi, il Sindaco del Banco e tre soprapenali [11]. Ora invece quel Chiostro e gran parte del Convento sono adibiti ad officina elettrica, dalla quale Andria riceve luce e splendore [12].

[M. Agresti, "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", Tipi Rossignoli, Andria, 1912, pagg. 89-93]


[2] Cronaca di detta Religione: tom. 2. pag. 371.
[3] Una lapide, con gli stemmi di Casa Del Balzo ed Orsini, messa sulla facciata laterale della Chiesa testimonia la munificenza di questa pia Duchessa.
[4] In origine la Chiesa di S. Domenico era di stile gotico, come ne fan prova le tre finestre laterali. Il prospetto principale fu rifatto nel 1510, sostituendovi all’antica l’attuale porta, di nessun valore. Nel 1772, restauratasi la Chiesa, fu chiusa l’antica finestra, aprendo il finestrone attuale, e la facciata principale subì nuova modifica.
[5] Anticamente ne aveva tredici, compreso il maggiore, sito sul Presbiterio.
[6] Questo Santo viene pure chiamato S. Elmo.
[7] L’altare di S. Vincenzo fu eretto dalla famiglia Spagnoletti, come risulta dal testamento del Notar Giuseppe Antolini del 1756. Il Sig. Sebastiano Spagnoletti, nel 1772, rifece questo altare in marmo, come rilevasi da una iscrizione ivi scolpita.
Esiste, a piè di quest’altare, il sepolcro gentilizio della famiglia Spagnoletti, ed una lapide ricorda il Patrizio Sebastiano Spagnoletti, valente giureconsulto, morto a 24 Novembre 1783 ed ivi seppellito.
[8] A pié di quest’altare trovasi la tomba gentilizia della nobil famiglia Topputi, traslocatasi da Andria a Bisceglie. Sulla pietra sepolcrale si legge il nome di Riccardo Topputi, che fece costruire quella tomba nel 1637, per depositarvi poi la sua salma.
[9] Questo altare ed il dipinto sopra descritto furono eseguiti a spese della Confraternita del Rosario, che trovasi istallata nella Chiesa di S. Domenico, come risulta dalla seguente iscrizione, scolpita sopra uno scudo di marmo posto in alto dell’altare. D. O. M. In honorem SS. Dei Genitricis sub titulo Rosarii devota ejusdem sodalilas. Non sappiamo con quanto gusto estetico ed artistico, negli ultimi tempi, si è voluto deturpare questo stupendo altare, framezzandovi (fra il grande dipinto della Vergine e l’ovato che porta S. Antonino) un barocco baldacchino (sfreggiandovi i marmi) per attaccare a questo baldacchino alcune lampade!
[10] Il Campanile di S. Domenico fu completato nel 1781.
[11] Dall’Archivio municipale.
[12] Questa officina venne inaugurata a dì 18 Luglio 1897, per opera del valoroso ingegnere Nicola Labrocca, e ad iniziativa dell’Amministrazione comunale di quel tempo.