Contenuto
da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"
di Michele Agresti (1852-1916)
Volume II - Capitolo V
"Chiese figliali anticamente appartenenti al Capitolo della Cattedrale,
e poscia destinate alle Collegiate, ed alle Parrocchie"
La Chiesa dell’Annunziata
Di questa Chiesa abbiamo già fatto più volte menzione nel I. volume di quest’opera,
laddove parlammo del
prodigio operato dalla Madonna della pietà, ai tempi del dominio francese in Italia,
sotto Re Carlo VIII; e quando narrammo le varie vicende fra il Capitolo Collegiale
dell'Annunziata ed il Capitolo Cattedrale. Ora diremo poche cose,
per quel che riguarda propriamente la Chiesa.
Nella prospettiva di essa si vede una gran porta in pietra, il di cui architrave
presenta una fascia ben lavorata a foggia della lettera N, formando un dentellato
scanalato, il di cui cornicione sporge d’un palmo, in forma triangolare,
sormontato da una finestra rotonda ad otto facce, sul gusto gotico.
La Chiesa ha una sola nave, ampia e lunga
[1].
A destra ed a sinistra vi sono degli altari di qualche pregio. Sul primo avvi un dipinto non spregevole,
rappresentante la Concezione di Maria, in veste bianca, fiorata d’oro, e manto azzurro,
che dalle spalle scende ondeggiante ai fianchi. Il suo viso è irradiato dai raggi dello Spirito Santo,
che le sta sul capo. Un gruppo di Serafini la circondano, alcuni in atto di aprire una cortina,
altri tenendo nelle mani gigli, rami di albero, specchi, rose e palme.
La luna le fa da sgabello ai piedi. In fondo si vedono vive fiammelle, e, fra due nastri, leggonsi queste parole:
Nondum erant abissi et ego jam concepta eram.
Più in alto si vede un’altra tela, rappresentante, il Creatore, in forma di venerando vegliardo
dalla lunga e bianca barba, tenendo un globo nella destra.
L’altare porta una spalliera di legno, artisticamente lavorata, avendo accanto pilastri con capitelli e basi,
ed una gran fascia attaccata al muro, rabescata di fiori e frutta, terminando con un cornicione ritorto.
Due colonne, anche robescate sino al piedistallo, spiralmente intrecciate di pampinosi rami,
elevansi sino al quadro. L'architrave, largo tre palmi, porta diversi fregi;
e, sull’apice dei capitelli, poggiano due altri cornicioni, come scudi alle basi di dette colonne.
L’altro altare dirimpetto è in tutto conforme al primo. Una tela di poco valore rappresenta
lo sposalizio della Vergine con S. Giuseppe (sul capo dei quali si vede la divina Colomba),
assistiti dal santo vecchio Simeone e S; Elisabetta.
A sinistra si vede S. Vito, che stringe una croce, e tre cani di vario pelo.
Di miglior pennello è l’altro dipinto che si vede in cima al sopradetto,
rappresentante la Vergine, S. Elisabetta, S. Giuseppe e S. Gioacchino.
Adiacente a questo altare è messa la Cappella del Sacramento, chiusa da balaustra di breccia a pilastri,
con bastoni di ferro, ornati con borchie di ottone. In cima all’altare è inalberata una Croce di legno
con Cristo morto, scultura di molto pregio.
Accanto a questa Cappella vi è l’altare dedicato alla Madonna della pietà, dove venerasi la immagine,
che operò il prodigio, di cui è fatto parola nel I. volume di quest’opera. Questo altare, tutto in pietra,
benchè di stile barocco, pure, nell’assieme, presenta un qualche effetto.
Porta allegato alle spalliere due genii alati, l’uno con la Croce e l’altro col cuore
fiammante di carità nelle mani. In fondo al primo gradino della mensa si vedono due teste di fiori,
avendo entrambe nella base due scimmie, e nel mezzo foglie conserte.
Nella fascia del secondo scalino si vede, in basso rilievo, Gesù che esce da Gerusalemme,
accompagnato dalla Vergine, dalla turba e dai militi con bandiere spiegate;
indi si vede il Nazareno, che si avvia al Calvario, sul quale sono già piantate due croci,
mentre due giudei stanno preparando la terza. Alla base si vedono tante capricciose figure,
a guisa di ghirigori
[2].
La fascia del primo Pilastro a sinistra ha due dragoni alati con lunghe code ritorte,
e su di essi si vedono ceste con frutta, indi un puttino con due colombe e due cavalli imbizzarriti.
A destra si vedono due altri draghi con code rabescate ad arco, cinte di foglie.
Nella fascia del secondo pilastro si vedono anche dei draghi alati, un cane col capo in giù,
tenendo in bocca una sfera; più due maschere con nastri pendenti, due genii, ceste di fiori,
e due colombe, che si baciano. Sotto il capitello si vedono due scimmie, ed, in cima, un serafino alato.
La base del secondo pilastro ha due colonnette, fornite di piedistalli e capitelli,
avendo nel mezzo un satiro dalle lunghe aguzze orecchie. Succedono due geni
che lottano fra loro; indi due putti ed un altro che cavalca un drago.
Sotto il capitello vedesi una canestra di fiori. ed in cima un serafino con ali spiegate.
Simili gingilli si vedono nella faccia dei due pilastri adiacenti ai primi.
In cima all’immagine della Vergine si vede poi la testa di un Angelo con le ali spiegate,
tenendo a destra un cavallo alato, con coda rabescata, ed a sinistra una sirena.
Sotto la soffitta di questa Chiesa ammirasi una gran tela, rappresentante la Vergine,
con le mani giunte verso il Cielo, in atto di render grazie all’Eterno del privilegio
d’esser stata francata dal peccato originale. A destra ed a sinistra della Vergine
si vedono dei Serafini, tenendo in mano il giglio, la palma, la rosa. lo specchio.
Su dei nastri spiegati si leggono poi le seguenti parole:
Nondum erant abissi et ego jam concepta eram. Ipsa conteret caput tuum.
Si dixerimus quoniam peccatum non habemus ipsi nos seducimus.
Al di Lei piede elevasi l’albero fatale, con a canto Lucifero in forma umana,
con le corna in testa, e la coda attorcigliata al tronco di quell’albero,
ed Adamo ed Eva avvinti a quei rami. Mosè con le tavole della legge, Davide con l’arpa,
Salomone ed altri antichi Padri completano la figura di quel quadro,
di cui non si conosce il paziente autore.
Sul Presbiterio, al quale si accede per alquanti lunghi scalini, si erge l’altare maggiore,
in stucco lucido, di nessun pregio. Sul pavimento di questo Presbiterio si vede sculta
l’effigie di Carlo Albanese. antico patrizio di Andria, che lasciò i suoi beni
al Capitolo Collegiale dell'Annunziata
[3].
La fonte dell’acqua santa, messa
in cornu Evangelii dell’altare maggiore,
porta lo stemma dei Del Balzo. Accanto a questa fonte vi è una piccola Sacrestia,
per uso della parrocchia.
Sotto la volta del Presbiterio osservasi un’altro dipinto, di nessun valore,
rappresentante l’Annunziazione, con la seguente scritta:
Spiritus sanctus superveniet in te. Ecce ancilla Domini fiat mihi secundum verbum tuum.
Dietro l’altare maggiore vi è il Coro, tutta di buona noce, che serviva per l’ufficiatura
di quel Capitolo Collegiale, ora residente nella Chiesa di S. Agostino.
Esso ha sedici stalli superiori (oltre a quello pel Priore, unica dignità di quel Capitolo Collegiale)
e dodeci inferiori. Il Coro è fatto a parallellogramma, e porta dei vasi di fiori in cima,
ed alcuni fregi dorati nei stalli superiori. Sul medesimo presbiterio,
in cornu Evangelii,
si vede una Cappella, dedicata alla
Incoronata, della quale vi è un di pinto
di mediocre valore. La volta di questa cappella è formata a cordoni a spicchio.
Accanto a questa cappella avvii una porta, che mette in una specie di porticato,
la di cui volta è fatta a cordone in forma di spicchio. L’arco d’entrata, a sesto acuto,
è sostenuto da due colonne di pietra con capitello ornato di foglie.
Sopra il quadro vedesi una immagine del Battista. L’architrave ha un cornicione sporto
a triangolo dentellato
[4].
Tutto l’ornato é mirabilmente intagliato con finissimi lavori.
Tornando nuovamente in Chiesa, diremo una parola del Cappellone, intitolato alla Concezione,
dove ha residenza la Confraternita, che va sotto tal nome.
Esso ha uno spazioso altare, in cima al quale vi è una gran tela, rappresentante la Vergine,
corteggiata da varii Serafini, in atto di affidare nelle mani di S. Gaetano Tiene un abitino.
Al disotto della Vergine si vede S. Sabino. in abito pontificale,
tenendo fra le mani un libro, nel quale è scritto:
Peto Domine ut quiescat ira tua, et esto placabilis super nequitiam populi tui.
Accanto vedesi un Angelo con una coppa in mano, da cui sporge una vipera con lingua trifalca,
per indicare il veleno, dato a bere nel vino al Santo, per opera dell’Arcidiacono di quella Chiesa,
il quale voleva sostituirlo nel Vescovado, e che morì improvvisamente,
mentre il Santo Vescovo restava innocuo dal veleno bevuto!
Su d’un muro di questo Cappellone si vede un quadro di S. Tommaso Apostolo,
nell’atto d’immettere il dito nel costato del Divin Redentore.
Nei muri opposti vi sono due nicchie, l’una destinata a conservare l’olio santo,
l’altra racchiude un Ecce homo.
Nel pavimento si osserva una lapide, che chiude l’antica sepoltura degli ascritti
alla Confraternita della Concezione. Una spaziosa sacrestia è annessa a questo Cappellone,
sulla porta della quale vedesi una tabella, su cui spicca una bella immagine
di Maria con due confratelli, vestiti di sacco, che pregano.
Nella sacrestia si ammira su d’un altare un grande quadro antico,
rappresentante l’Apostolo col leone accanto, e l’immagine di S. Rocco.
Pregevole è pure la cornice di legno, dentellata e rabescata di globuli tramisti.
Dopo che il Capitolo Collegiale dell’Annunziata passò nella Chiesa di S. Agostino,
la Chiesa dell’Annunziata restò sotto la dipendenza della Cattedrale, sino al 1857,
quando furono istituite le Parrocchie, una delle quali venne destinata in questa Chiesa.
Al presente è amministrata dal Parroco D. Riccardo Civita, precedentemente
Canonico del Capitolo Collegiale dell’Annunziata.
[M. Agresti, "Il Capitolo Cattedrale
di Andria ed i suoi tempi", Tipi Rossignoli, Andria,
1912, Vol. II, pag. 93-97]
NOTE
[1]
Anticamente questa Chiesa era a tre navate, come ne fan prova pure le tre porte, due delle quali
ora sono murate. Nel 1350 venne dagli Ungheri incendiata, per vendetta contro Bertrando del Balzo,
Duca della città, secondo narrammo nel I. volume.
Il Duca Bertrando del Balzo la fece riedificare, vi eresse gli altari, e fe risarcire il pavimento,
dotandola anche di alcuni fondi, come pur innanzi narrammo.
Il Presbiterio e il Coro furono costruiti posteriormente sotto il Ducato del suo pronipote
Francesco II del Balzo, a spese però del Comune di Andria, del quale vedesi lo stemma.
[2]
Questa fascia con la sua base fu trasportata sull’altare della Via Crucis, nella medesima Chiesa,
quando l'altare della pietà fu costruito di marmo.
[3]
Varie lapidi pure si leggono sul Presbiterio, come quella dell’Albanese,
l’altra che ricorda la consecrazione di questa Chiesa, fatta nel 1713 dal Vescovo Adinolfi,
l’altra a caratteri gotici, sovrapposta al sepolcro della nobile famiglia Cimerata, già estinta.
A fianco dell’altare maggiore osservasi una figura di castello, col culmine a forma d’obelisco,
intorniato da una fascia di acanto segnando l’epoca 1490.
Questo stemma si riferisce ad un altro antico e nobile casato andriese, la famiglia Campanile.
[4]
Anticamente in quel sito esistevano due altari, uno eretto dalla Università. in memoria del prodigio,
di cui innanzi è fatto parola, l’altro dirimpetto, dedicato all’Annunziata, della quale
si vede in cima l'Immagine con sottoposti gli apostoli S. Giacomo e S. Filippo, ed alla base il Purgatorio,
più S. Gennaro e due teste di serafini. Di fronte poi vi è dipinto Gesù disteso sopra bianco lino,
ai di cui piedi brucia un cereo, l’Addolorata e S. Giovanni.
Questo avvanzo di altare merita attenzione per il suo valore artistico benchè è tenuto in non cale...