[Panoramica d'insieme della Colonia Agricola - Scuola Pratica di Agricoltura, inizi Novecento]
di Giuseppe Boccardi
Sommario: — Trasformazione dell’Ospizio Agricolo in Colonia Agricola Provinciale — Riordinamento della scuola elementare e istituzione della 3ª, 4ª e 5ª classe — Inizio delle trasformazioni, dalle colture estensive in intensive — Costruzione di due locali per dormitori a Papparicotta — Impianti della cantina e Oleificio nella sede dell’Istituto — Sistemazione di camerate e refettori nel Convitto — Situazione economica della Colonia — Arcate nel piazzale esterno della Colonia.
L’organizzazione dell’Ospizio Agricolo fu riordinata nel 1885, trasformando l’Ospizio in COLONIA AGRICOLA PROVINCIALE UMBERTO I.
[Alunno in divisa festiva - aula scolastica.]
La nuova Colonia si proponeva di formare esperti capi coltivatori ed intelligenti fattori di campagna, compito ben differente da quello dell’iniziale Ospizio Agricolo, per il quale l’agricoltura era stato solo espediente per impegnare i giovani in una occupazione, senza tenerli inoperosi: una generica istruzione veniva ora proposta in una prima e seconda classe elementare, e nella prospettiva di quella tecnico-agraria. Nel quinquennio 1885-1889 vennero così riordinate le scuole elementari istituendo la terza, la quarta e la quinta classe, con le diverse materie agronomiche. Tali classi potevano consentire agli alunni ancora per qualche anno la permanenza nella colonia, contravvenendo così allo Statuto che prevedeva, tassativamente, un grado di istruzione fino alla terza classe elementare inclusa (28). I corsi furono ordinati in classi abbinate e con lezioni che si svolgevano nelle ore serali, per consentire l’espletamento dei lavori aziendali durante le ore del mattino e, in quelle pomeridiane, presso l’azienda Papparicotta. Gli allievi si recavano ogni giorno al podere, a piedi o sui traini, percorrendo i sei chilometri che separavano l’azienda dal Convento, sede della scuola.
Cura particolare fu riservata per i terreni di Papparicotta; le diverse colture divennero intensive e insieme alle principali coltivazioni arboree, tra cui l’impianto di sei ettari di vigneto specializzato (il costo fu di lire 5.960), e di oliveto, mandorleto e agrumeto (29).
Contemporaneamente la Deputazione Provinciale aggregò all’azienda il pascolo di circa 60 ettari e affidò all’appaltatore Gaetano Boccasile, di Andria, la costruzione di due locali da adibire uno a dormitorio di 30 alunni, l’altro per deposito di generi e attrezzi rurali; la costruzione della casa colonica veniva dotata anche di una stalla per bovini con concimaia, di una cisterna per acqua potabile e di un muro di cinta.
Nel fabbricato, sede dell’Istituto, si realizzò la cantina per la lavorazione e deposito di mille ettolitri di vino (costo lire 16.200); si acquistarono botti di rovere di Slavonia di cui una, grande, di cento ettolitri; l’oleificio fu corredato di tutte le macchine per l’estrazione dell’olio per oltre quaranta quintali di olive al giorno. Fu approntato anche un caseificio (30).
[Le botti di rovere nella cantina - Alunni addetti ai lavori di pigiatura delle uve.]
Dal 10-X-1885 al 18-XI-1893 il Consiglio di Amministrazione fu presieduto dall’Avv. Cav. Vitantonio Lamonica.
Conseguenza dei suddetti impianti fu il miglioramento e l’aumento della produzione. Costruiti i necessari nuovi locali, altri furono restaurati o adattati. Per organizzare la vita dell’Istituto vennero sistemati: camerate, refettorio, dispensa viveri e il guardaroba con lavanderia. Si aggiornarono così i vari uffici, l’archivio e la contabilità in partita doppia, spendendo in tutto lire 62.470 (31).
Intanto la scuola, serale, con classi multiple e sorta così con ragioni didattiche ed anche economiche per i lavori aziendali, non corrispondeva più alle varie esigenze, per cui nel 1891 si stabilì di chiedere, fra i titoli per l’ammissione alla Colonia Agricola, il certificato di proscioglimento, cioè del corso inferiore di prima, seconda e terza elementare, per sopprimere gradualmente il corso inferiore.
L’Istituzione doveva trarre, in massima parte, i mezzi finanziari dalle rendite dell’azienda ed essere autosufficiente, perciò gli allievi prestavano in media sei ore di lavoro al giorno, con un minimo di cinque ed un massimo di otto a seconda della necessità aziendale; essi percepivano un compenso giornaliero che veniva depositato sul libretto bancario della Cassa di Risparmio. Tali somme venivano ritirate da parte dei giovani alla fine della permanenza nella Colonia.
Le esercitazioni rurali si eseguivano per tutto l’anno a Papparicotta, mentre le esercitazioni di cantina, caseificio ed oleificio si svolgevano nella sede dell’Istituto nei giorni piovosi.
[Alunni adibiti alla massicciata di una strada poderale a Paparicotta - Alunni alla mietitura del grano.]
I buoni progressi raggiunti col paziente lavoro dei Consigli di Amministrazione e per l’opera diligente del Direttore Bertini, non bastarono per risolvere le condizioni economiche a causa delle molte spese da sopportare per la vita di ottanta allievi e la mancanza di aiuti da parte della Provincia, che riscuoteva, anche, il fitto dell’azienda Papparicotta, di lire 9.000: era così evidente che la Colonia non dava i frutti prospettati. Le principali cause del mancato sviluppo economico della Colonia erano indicate dalla stessa fondazione dell’Istituto: vicissitudini e contrasti, le lotte interne, la situazione finanziaria ed altre circostanze, non avevano creato una vita serena nella Istituzione (32). Difficili i problemi da risolvere per il bene dei ragazzi, provenienti dalla strada, senza famiglia e privi di istruzione. “L’origine degli alunni, l’educazione loro ricevuta sulle piazze, e nei trivii, la lunga dimora nella Colonia, ritenuta il loro carcere sino all’ammissione, ed il modo infine con cui venivano accolti analfabeti o quasi, ed in qualunque tempo dell’anno, la qual cosa riusciva di serio ostacolo alla formazione delle classi nelle scuole, ed al regolare svolgimento dei programmi didattici, furono e sono tuttavia le vere cause dei risultati negativi or ora notati” (33).
Con l’aumento del numero degli alunni (che nel 1894, da 63 degli anni precedenti era salito a 84), le entrate dell’azienda ed il contributo della Provincia ammontavano a lire 60.933, non assicuravano il normale funzionamento della colonia, che fu costretta a chiedere alla Provincia l’esonero dell’affitto del podere, “allo scopo principalmente di far fronte alla maggiore spesa già fatta, e di provvedere nel modo più conveniente al graduale aumento degli alunni sino a 100 ed al corredamento dei gabinetti di Fisica, di Chimica, di Scienze naturali e di Agraria come richiede ogni Scuola di Agricoltura ben ordinata”. (34)
La scuola elementare con la prevalenza di esercitazioni di agraria si rivelava insufficiente: completate le scuole elementari, all’età di 10 / 11 anni, occorreva mantenere gli alunni fino all’età di 20 anni, occupandoli nei lavori aziendali e nelle relative industrie. La Colonia poi era in una regione dove le tradizioni economiche agrarie non consentivano l’assunzione di un fattore o di un operaio specializzato. Il proprietario, infatti, era tutto: fattore, amministratore e direttore dell’azienda; la gestiva da sé, o si faceva aiutare dal cosiddetto massaro, di competenza empirica, privo della preparazione necessaria per dirigere o trasformare le coltivazioni e gestire attività commerciali o di industria agraria. I fattori e gli operai specializzati erano ritenuti, per questo, inutili e rifiutati. I ragazzi della Colonia ne uscivano immaturi per l’età e senza capacità a dirigere o amministrare aziende agrarie.
Con delibera del 10 agosto 1891 avente per oggetto Arcate nel piazzale esterno della Colonia, il Consiglio di Amministrazione (Registro delle Deliberazioni, vol. I, pag. 137) invitava il Municipio di Andria a “provvedere all’accomodamento delle arcate esistenti nel piazzale esterno della Colonia, le quali per lo stato malridotto in cui si trovavano e per l’uso a cui le aveva destinate il pubblico avevano raggiunto il massimo della indecenza.”
[Traino per il servizio e anche per trasferire gli alunni - Alunni addetti ai lavori di vendemmia.]
[da “L’Istituto Tecnico Agrario Provinciale “Umberto I” — Andria”, di G. Boccardi, tip Zema, Bari, 2004, pp.29-34]
NOTE
(28) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pagg. 55-56.
(29) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pag. 54.
(30) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pag. 54.
(31) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pag. 54.
(32) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pagg. 55-56.
(33) R.D.C., II, del 23 gennaio 1890, pag. 89.
(34) R.D.C., III, del 21 febbraio 1895, pagg. 57-58.