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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA

operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853

Capo I.
d'introduzione.

L’ AMABILISSIMA Madre di Dio e Madre degli Uomini Maria, sfoggiando sempre con uguale magnificenza delle sue tenere misericordie verso de’ miseri figli di Adamo dispersi sopra la terra, presso ogni ragione della medesima si ha costituito un Santuario, nel quale, onorando una sua Effigie con arricchirla di virtù benefica verso i popoli fiduciosi, l’ha resa sorgente di grazia e di conforto, famosa e venerata presso intere nazioni. Non v’ ha Regno Cattolico che non sia riconoscente verso quest’ eccelsa Madre per un simile benefizio della sua imparziale carità; anzi non v’ ha Provincia Cristiana che non vanti qualche monumento religioso nel quale mostra sentire a vantaggio de’ suoi popoli la influenza benefica della Protezione efficace e distinta della Regina dell’Universo.
Ma se tra tutti i popoli illustrati dallo splendor della Croce uno possa rinvenirsene, che possa in preferenza degli altri gloriarsi di godere le preferenze più distinte del tenerissimo cuor di Maria, quest’ è l’avventurato popolo Italiano. Quante Città conta la Italia nostra, tante vanno orgogliose di possedere in un proprio Santuario un Immagine prodigiosa della Vergine Purissima, e per lo più acquistata mercè d’ una invenzione prodotta o dal caso, o da qualche avvenimento più o meno fornito di circostanze mirabili. Nella sola parte che forma il nostro Regno di Napoli al di qua dal Faro ve n’ è un numero tale, che il P. Serafino Montorio dell’Ordine illustre de’ Predicatori nel suo Zodiaco Mariano ne tesse la storia di oltre a duecento, sebbene altre non poche riguardevoli e famose sieno sfuggite alle sue ricerche.
Sapientemente pertanto gli Storici, escogitando le ragioni per le quali si smarrirono, o si nascosero queste Immagini auguste in sì gran numero, per cui poscia in sì gran copia se ne rinvennero, concordemente consentono nel ritenere, essere state le crudeli persecuzioni contro del culto prestato dalla Chiesa Cattolica alle Sacre Immagini ed alle reliquie dei Santi, lorchè gl’Imperatori Cristiani, imbevuti in Grecia degli errori esecrandi degli Ebrei e de’ Turchi, convertironsi in Eretici furibondi, nel credere un tal culto essere una idolatria.
I perfidi Ebrei, sempre nemici del Cristianesimo e sempre impegnati a perseguitarlo e tribularlo, furono gli strumenti de’ quali l’inferno si avvalse per introdurre nella Chiesa, con tale empietà, indicibili calamità e grandi sciagure. Non comprendendo essi come il culto reso alle reliquie ed alle sacre Immagini avesse potuto riferirsi agli originali nel Cielo, ed in essi a Dio Autore supremo di loro santità e di loro grandezza, e credendo che si fosse in realtà fermato o diretto ai simulacri o ai cadaveri inanimati, lo riputavano una idolatria abominevole. Impotenti quali essi erano sotto i governi Cattolici, non avevano potuto far altro che bestemmiare e schiamazzarne tra loro. Venuta poscia nella Palestina la dominazione Musulmana, e vedendo che i Turchi avevano con essi comune la stessa credenza intorno al culto esterno prestato ai Santi ed alle loro Immagini, si posero a tutt’ uomo ad intorbidare le acque, e riuscirono ad irritare i Turchi in guisa da indurre Jezid Califo d’Iconio a muovere guerra ferocissima alle sacre Immagini, e quindi ne trasfusero il furore in petto ad alcuni Imperatori Cristiani, e ad immergere con ciò tutto l’Impero nella desolazione.
Volgendo l’anno di nostra salute 724, un Ebreo per nome Serantape dopo di essersi posto di concerto con altri della sua nazione, si presentò al menzionato Califo Jezid, e con aria da inspirato ed imponente gli annunziò da parte di Dio, che Egli veniva prescelto a distruggere l’abominazione Cristiana nelle Chiese soggette al suo governo; e lunga vita e felice regno gli promise in premio, se Fedele agli ordini del Cielo avesse fatto dare alle fiamme tutte le reliquie e le immagini de’ Santi, che avrebbero potuto cadergli nelle mani. Jezid, che era il più cieco per la sua setta, ed insieme lo più ambizioso e ‘l più crudele, accettò con venerazione e con trasporto infernale l’iniquo consiglio, ed in breve lo mandò ad effetto con tutto il furore che potevano inspirargli, tanto l’amor della vita, quanto la sua empia e sanguinaria religione. Difatto non andò guari e riportò il premio degli innumerevoli sacrilegii commessi su le ossa ed i ritratti de’ Santi, e delle tante pene con le quali aveva crociato i Cristiani suoi sudditi, morendo miseramente dopo otto soli mesi. Il figlio Valid che lo successe, e che di cuore lo amava, fu talmente persuaso che la morte sciagurata e prematura del Padre era stata punizione del Cielo a causa de’ maltrattamenti e delle violenze usate ai Cristiani, che appena montò sul trono condannò a morte l’infame profeta Serantape, e ne fece eseguir la sentenza sotto de’ proprii sguardi.
La notizia di questa persecuzione che pose lo spavento in tutta la Chiesa, non produsse nessuna impressione nel cuore di Leone Isaurico Imperatore Cristiano in Costantinopoli. Lungi egli dal fare lo stesso giudizio di Valid intorno alla morte del Califo Jezid, si compiacque dell’empio zelo, e si determinò d’imitarne l’esempio. Un altro Ebreo lo aveva corrotto alcuni anni prima di ascendere al trono. Prevedendo questi dal posto e dal credito che Leone teneva nell’esercito imperiale, che un dì avrebbe impugnato lo scettro del comando supremo, gli si presentò in atteggiamento profetico, e salutandolo Imperatore, avevagli ugualmente fatto credere, che Dio l’aveva eletto a distruggere l’idolatria nella Chiesa. Appena Leone sali sul Trono, l’Ebreo indovino si presentò coraggioso a rinnovargli la pretesa ambasceria, e questi si credè in dovere mandarla scrupolosamente ad effetto. All’uopo nell’anno 726 emanò editti severissimi di proscrizione contro le sacre Immagini, i quali confermati per sue insidie nel 730 da un Conciliabolo di Vescovi eretici, cagionarono nel loro fierissimo eseguimento una delle più terribili persecuzioni, ed una calca grande di Santi Martiri, che vennero sacrificati appunto in difesa del domma cattolico. Quest’empia eresia detta degli Iconoclastici, che significa spezza immagini e che desolò la Chiesa fino all’Impero di Michele III. il quale ascese al trono l’anno 841, sotto il Pontificato di Gregorio IV. cagionò in Oriente indicibili guasti, e senza le cure somme dei Pontefici S. Gregorio II. e S. Gregorio III. avrebbe flagellata ancora la Chiesa d’Occidente. L’Italia però, almeno nella più gran parte delle sue più belle regioni allora tuttavia soggette allo scettro di Costantipoli, ne risentì tutti i danni, e partecipò quasi interamente a tutte le sue sciagure.
Ora, in quest’epoca maleaugurata, i Cristiani, desolati semprechè udivano accostarsi alle proprie terre i ministri dell’empietà incaricati a distruggere la pratica augusta di venerare le reliquie e le immagini de’ Santi, stabilita nella Chiesa fin dai temi Apostolici, e da Dio confermata con gloriosi miracoli, che ad emulazione di virtù tra i fedeli oprava ne’ ritratti ad onor degli originali, si rendevano in ogni guisa solleciti per nascondere in luoghi impenetrabili quegli oggetti preziosi della loro pietà, a fine di preservarli dagli oltraggi e dal fuoco. Egli è vero, che con la diligenza medesima si davan cura di compensarli del culto sospeso con aumenti di venerazione, quando la persecuzione (che durò oltre a 122 anni) lasciava qualche intervallo a respirare, ma è ancora infallibile, che ne’ periodi lunghi ne’ quali infieriva, come quello di tutto impero di Costantino Copronimo d’oltre a 22 anni, moltissime Immagini andarono smarrite, o per la morte di coloro che l’avevano nascoste, o per altri ignoti avvenimenti.
Nel corso progressivo de’ secoli, Iddio, geloso degli omaggi che si riceveva dagli antichi fedeli in quelle Immagini venerande, e specialmente in quelle della divina sua Madre, permise che or qua ed or la ve ne fossero rinvenute alcune. Quindi per compensare ad esse l’onore dovuto, per confondere l’empietà che l’aveva di quest’onore fraudate, e per ravvivare la pietà tra i fedeli, in Italia specialmente snervata dal mal costume introdotto dalle fazioni, che per più secoli interi la desolarono con partiti, inimicizie, stragi e vendette, operò in dette Immagini sì vasta copia di prodigii, da consolarne e stupirne ad un tempo, popoli interi di sventurati.
Ora, ad eccezione di alcune Immagini rinvenute sotto le rovine di antiche Chiese cadute o derelitte, quest’è l’origine dello smarrimento e dello scuoprimento mirabile di tante prodigiose Effigie della divina Madre, tuttavia tenute in somma venerazione nei diversi luoghi che si gloriano di possederle.
Una delle più riguardevoli e delle più famose di coteste Immagini auguste è certamente quella di cui in questo volume narriamo la storia. Venerabile è per la sua antichità; pregevole pel Santuario ove si dipinse; ammirabile è nelle stesse tenebre dell’oblio ove rimase per più secoli avvolta; nella sua invenzione è marcata, precisa, misteriosa ed in preferenza di ogni altra è feconda di applicazioni gloriose circa la bontà ineffabile di Maria verso de’ figli suoi; e finalmente pel numero e qualità de’ prodigii da Dio operati per onorarla è sì distinta, che le meritò dall’oracolo del Sommo Pontefice Gregorio XIII. l’invocazione gloriosa di S. Maria de’ Miracoli d’Andria, comeché dovesse tra tutte l’altre di simil titolo riguardarsi come degna di speciale riguardo. Il Lettore devoto, nello scorrere queste pagine comunque malamente scritte, troverà senza fallo tanto di caro ed edificante, quanto può essere bastevole; a riscaldarlo di nuovo affetto verso la nostra Signora e Madre Maria, ed a giustificare il nostro giudizio nel preferire questa istoria, e quant’altre se ne offrono di simil genere.