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Domenico Di Leo

RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA

stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971

Parte I - le fonti archeologiche:
Le strade


Conviene ora prendere in considerazione le testimonianze archeologiche e letterarie relative agli antichi tracciati stradali che interessano il territorio andriese; l’esame di queste, infatti, può contribuire ad avviare a soluzione il problema delle origini.
Due secoli or sono il Pratilli riconobbe e descrisse quel tratto della via Traiana, da lui chiamata Egnazia, che attraversa il territorio andriese nel tratto Ruvo-Canosa. A quell’epoca erano ancora individuabili alcuni tratti del selciato romano e i resti di antichi edifici, soprattutto in località Quadrone a proposito del quale così dice: “nella villa volgarmente detta il Quadrone in territorio di Andria, quando sulla pubblica strada e quando dentro i vicini campi, si riconoscono le vestigia dell’antica selciata per lo spazio di circa seicento passi: e a lato a un piccolo boschetto di essa villa veggonsi le rovine di un antico tempio, presso il quale fu rinvenuta l’iscrizione malamente riportata dal Grutero”[1]. L’uso dell’aereofotografia ha reso possibile oggi una ricostruzione dell’intero percorso della via Traiana fra Canosa e Ruvo sostanzialmente concorde con le osservazioni del Pratilli e con quelle, più recenti, dell’Ashby[2]. La ricerca è stata condotta dall’Alvisi[3].
Ella segnala sul monte Faraone la presenza di resti di un castello medioevale, e, nei pressi di questo, la presenza di un abitato molto più antico posto in posizione di guardia lungo la via. Tra Palmento e Quadrone infine l’Alvisi pone la mut. XV indicata nell’itinerarium burdigolense, probabilmente ad essa vanno riferiti i resti antichi ricordati dal Pratilli.
Questi risultati dell’indagine archeologica sulla via Traiana interessano la mia ricerca non tanto per la strada in sé, ma in quanto da essa è emersa l’esistenza di tracce di insediamenti connessi e non all’esistenza della mut. XV e quindi della strada.
Il Pratilli ha segnalato resti di antichi edifici tra cui “un antico tempio”; l’Ashby trovò in località Quadrone resti preistorici[4]; La Alvisi infine afferma esplicitamente l’esistenza di resti riferibili ad epoca romana e medioevale[5]. Se a tutto questo aggiungiamo i ritrovamenti e le notizie segnalate nel precedente capitolo, non è azzardato anticipare fin da ora che il territorio andriese dovette essere abitato in diverse sue zone fin da tempi molto antichi.
Tale affermazione così generica ma non priva di fondamento, può forse trovare una sua ulteriore conferma se si prendono in esame il libro VI della Geografia di Strabone, laddove su una strada che da Brindisi porta a Benevento è posto Netion tra Kelia e Kanusion, e il segmento VI sella Tabula Peutingeriana, dove nel territorio pressappoco corrispondente a quello andriese è segnata la presenza di una località Rudas a 12 miglia N.O. da Rubos.
 I due luoghi citati sono tuttora oggetto di studio e una parola definitiva non si è potuta dire finora. Da parte degli studiosi locali si sono fatte numerosissime congetture che, come al solito, hanno ancor più complicato il problema. Essi sono generalmente partiti dal presupposto che Netion o Rudas o tutt’e due dovevano riferirsi ad Andria e in questa loro convinzione hanno cercato ogni più piccolo appiglio pur di assicurarle una “ben documentata” origine antica.
E così, per D’Urso Andria è Netion[6]; per l’Agresti invece è Rudas[7]; per Sgarra Rudas sta ad indicare i ruderi di Netion che è posta nei pressi di Caste del Monte[8]; per Morgigni Rudas diventa Rudiae ed è un nome collettivo che indica più villaggi, tra cui Netion e Andrim[9]; per Cafaro Netion è Giovinazzo[10] e, infine per Mucci Andria va dapprima identificata con Netion e in seguito, scomparsa questa, forse in circostanze belliche, si trova al suo posto un complesso di villaggi detto Rudiae[11].
Fra tutti questi studiosi solo Sgarra ha condotto una ricerca specifica sull’argomento, e, anche se non è esente da errori, fa osservazioni molto valide per la comprensione del problema.
 È bene tener presente intanto che solo la ricerca archeologica, accanto a una corretta interpretazione delle fonti scritte, può efficacemente contribuire alla localizzazione  dei due luoghi indicati; pertanto ogni discorso in merito, privo di questo sostegno, per quanto logicamente esatto resta sempre nel mutevole campo delle ipotesi.
Sotto questo aspetto va presa in considerazione la proposta dell’Alvisi che pone Rudas nella zona di masseria Toppuli “dove ci porta il computo delle distanze effettuate partendo da Ruvo e dove sono segnalati dei resti antichi[12]”. In questa proposta infatti testimonianze archeologiche e fonti letterarie coincidono.
Sulla Tabula Peutingeriana però Rudas è posta accanto a un complesso montuoso dalle cui falde sgorga un fiume Aveldium che va a sfociare nel mare fra Trani e Barletta. Sull’esistenza di questo fiume favorevolmente si dichiara ancora l’Alvisi, fondandosi su considerazioni geografiche[13], su alcuni toponimi locali[14] e infine su fonti letterarie dell’XI e del XVII sec.[15] .
Allo stesso modo ragionò a suo tempo Sgarra: “Della esistenza di un fiume antico, in corrispondenza del letto, disegnato sulla Tavola Peutingeriana, non si dubita più. In una relazione al ministro di Agricoltura, redatta dal Pareto, nel 1865, si parla del fiume Aveldium, avente le origini sulle Murge di Andria. Negli studi geologici, fatti sulle paludi di Barletta, località corrispondente alla foce dell’Aveldium, si è rinvenuto il tufo di origine lacustre e di cui ne parla anche il Giovine.”[16]. Prosegue poi fondando le sue asserzioni, come l’Alvisi, su toponimi locali[17] e sulle stesse fonti letterarie dell’XI e del XVII secolo, concludendo infine: “E forse quei fregi di scultura nelle volte di una sala di Castel del Monte, rappresentanti alcuni uccelli acquatici, ricorderebbero la vicinanza del lago.”[18].
Si può in conclusione affermare, con un certo margine di sicurezza, che il luogo indicato dalla Tab. Peut., se non è proprio da collocare dove l’ha collocato l’Alvisi, sia almeno pertinente al territorio andriese.
Non è dello stesso parere il Gelsomino[19] che, negando l’esistenza del fiume e delle colline in questo territorio, pensa che il complesso monti – fiume – Rudas sia stato spostato per errore da un amanuense ed è propenso a credere che tale complesso sia da riferire a qualche località nei pressi di Venosa, dove appunto sono le colline e il torrente Locone.
Va detti intanto che anche nella penisola Salentina la Tab. Peut. Segnala la presenza di due fiumi oggi scomparsi; né si deve pertanto concludere che anche qui vi è un errore dell’amanuense. Inoltre tanto il Gelsomino quanto l’Alvisi concordano nel ritenere il tratto di strada tra Gnatiae e Rudas, riportato dalla Tab. Peut., parte della via Traiana, nonostante che manchino i collegamenti con Brindisi, da una parte, e con Canosa, che non è nemmeno segnata, dall’altra. È poco probabile che anche questi siano errori di amanuensi, come pensano i due studiosi che intendono trovare nella Tab. Peut. Conferme all’Itinerarium Burdigalense, il primo, e il tracciato della via Traiana, la seconda. È più probabile invece che la Tab. Peut. E i vara itineraria rispondano a propri, specifici scopi; il che esclude, eccetto qualche caso, la possibilità di confronti[20].
Non potendosi pertanto ricostruire con sicurezza il tracciato della strada Gnatiae – Rudas della Tab. Peut., non si può collocare nemmeno definitivamente Rudas nella zona di mass. Toppuli, come vuole l’Alvisi; ma restano perlomeno valide le possibilità che Rudas sia da porsi a Castel del Monte, come afferma lo Sgarra[21] e il Riontino[22], o ad Andria, come dice il Miller[23].
Gli stessi rilevamenti aerofotografici mostrano l’esistenza di altre strade che interessano il territorio andriese e che da Castel del Monte portano verso Canosa, la prima, e verso Andria la seconda; è quindi anche molto probabile che a una di queste si riferisca la Tab. Peut..
In definitiva, l’unico dato quasi certo è che  questa località debba rinvenirsi in territorio andriese, come è indicato dalle distanze intermedie e dalla direzione che la strada prende dopo Rubos.

° ° °
Altro problema è posto dal già citato passo di Strabone relativamente alla localizzazione di Netion. Questo si presenta alquanto più complesso del primo perché nel testo non vi sono altre indicazioni valide ad avviare una soluzione come nel primo caso.
Strabone pone semplicemente questa località lungo una strada adatta ai muli (emioniké) che da Brindisi conduce a Benevento e attraversa le città di Egnatia, Kelia, Netion, Kanusion ed Erdonia.
Ho già indicato le diverse opinioni di alcuni studiosi locali e non vale qui riportarne i singoli pareri che rendono oziosa la questione anche per la polemica con gli storici di altre città.
Non pochi studiosi e commentatori del passo straboniano, propensi a credere che in quel luogo il testo fosse corrotto, hanno variamente interpretato e localizzato Netion, identificandolo con altri toponimi della Tab. Peut.  Ma un passo di Plinio[24] relativo a un popolo del Natini che abitò nell’entroterra dell’Apulia, toglie ogni dubbio sull’esistenza del toponimo indicato da Strabone[25].
Resta pertanto il difficile problema della sua localizzazione. A questo proposito si sono potute formulare solo delle ipotesi, tra le quali ha ottenuto più consensi quella che afferma l’identificazione della Netion straboniana con il Natiolum della Tab Peut., oggi Giovinazzo. Di questo parere è infatti il Pais[26] seguito da un folto gruppo di minori che, però, senza alcun fondamento, identificano la via indicata da Strabone con la litoranea Brindisi – Bari – Barletta su cui si trova invece Natiolum.
Se la “mulattiera” coincidesse invece, il che non è affatto sicuro, ma è più probabile, con il percorso della via Minucia, seguita da Orazio[27]  nel suo “iter brundisium”, allora Netion sarebbe da ricercarsi nel tratto Kelia – Kanusion e quindi, molto probabilmente, nel territorio di Andria che occupa una posizione centrale nel tratto indicato. Il Radke[28] a tale proposito suggerisce al posto di “emioniké”, nel testo di Strabone, un equivalente greco di Minucia, “eminoiké”, come in effetti è riportato in alcuni codici [29]. In tal caso, Netion potrebbe coincidere con il Rudas della Tab. Peut.; tale coincidenza non dovrebbe meravigliare essendo le due fonti di epoca diversa e riferentesi pertanto a località esistite in tempi diversi.
Un’ultima ipotesi da prendere in considerazione è quella di Sgarra[30]. L’autore  osserva che se i “Natini” di Plinio e il “Netion” di Strabone concordano, poiché Plinio pone questo popolo nell’entroterra pugliese, è evidente che Netion sia da ricercare non sul litorale adriatico, né sul tracciato della Via Minucia (la futura Traiana), bensì sulle Murge, il che meglio si addice a una “mulattiera”. Sulla esistenza infatti di antichi tracciati stradali che attraversavano le Murge si hanno prove, sempre secondo lo Sgarra, nel toponimo “Cuppone”, la cui base è certamente latina e va rapportata a quello di “Caupona” (la trattoria romana dei viaggiatori) e “Taverna”[31] di senso trasparente[32].
L’autore afferma inoltre che Netion è presente nel toponimo Finizio = Fines Netii, una località presso Castel del Monte, ed è ricordata in una cronaca medioevale[33] dove è detto che nel 1009 “Saraceni comprenderunt Botuntum et castrum Netii”. Castrum Netii con tutta probabilità doveva essere collocata nella zona di Castel del Monte.
In conclusione nulla di preciso è risultato dall’esame fin qui condotto, del problema relativo alla localizzazione di Netion e Rudas. Solo si può dire che, con ogni probabilità, i due toponimi indicati si riferiscono a località comprese nell’attuale territorio di Andria, e più che a centri abitati, dei quali con la precedente indagine non si sono trovate tracce, andrebbero meglio riferiti a punti di fermata funzionanti in epoche diverse.

[1] PRATILLI, Della Via Appia cit., Napoli 1745, p. 526.
[2] Cf. ASHBY-GARDNER, The Via Traiana, in: Papers of the British School at Room, VIII 1916, pp. 104-171.
[3] ALVISI, La viabilità romana della Daunia, Società di Storia Patria per la Puglia, “Documenti e monografie”, pp. 43-47.
[4] ASHBY, op. cit., p. 158.
[5] ALVISI, op. cit., p. 47.
[6] D’URSO, op. cit., pp. 2-7.
[7] AGRESTI, op. cit., p. 27.
[8] SGARRA, La città … cit., pp. 11-54.
[9] MORGIGNI, Pagine sparse … cit., pp. 107-112.
[10] CAFARO, La prima pagina … cit., pp. 4-5.
[11] MUCCI, op. cit., pp. 76-77.
[12] ALVISI, op. cit., pp. 45-46; cf. anche ROMANELLI, Antica topografia istorica del Regno di Napoli, 1815 Napoli, vol. 2, p. 570.
[13] ALVISI, op. cit., pp. 45-46. “Esso (l’Aveldium) doveva nascere da una depressione che si trova vicino alle colline di Castel del Monte, in una zona dove nascono numerose lame che una volta in superficie e adesso con percorso in gran parte sotterraneo, si dirigono verso Andria. In questa zona le acque oggi residue si riuniscono formando un torrente che sfocia al mare fra Barletta e Trani, dove giungono anche altre lame che provenienti dall’interno, aggirano Andria da est”.
[14] ALVISI, ivi. “La zona immediatamente a valle delle colline di Castel del Monte dovette essere un tempo ricca di acque, come sembra si possa arguire da toponimi altrimenti ingiustificabili, quali Mass. Lagacchione e Mass. Lago Torto”.
[15] In tre pergamene rispettivamente del 1000, del 1011 e del 1032, pubblicate dal Trinchera (Syllabus graecarum mambranarum, Napoli 1865, pp. 10-11 e 14) si fa preciso riferimento a un “rivo qui vocatur de monacho”. Alla fine del 1600 Pacichelli (Lettere familiari ed erudite, II, Napoli 1695, p. 88) ricorda una straordinaria abbondanza di acque nella zona di Castel del Monte.
[16] SGARRA, La città … cit., p. 37
[17] Oltre a quelli già citati, Sgarra riporta anche i seguenti: Pozzacchera, Piana Palude, Pozzelle che secondo l’autore, rappresenterebbero lo stato paludoso della zona, stato intermedio “tra lo sgombro delle acque e il recupero del terreno” (op. cit., p.38).
[18] SGARRA, op. cit., p. 41.
[19] GELSOMINO, L’Itinerarium Burdigalense, in Vetera Christianorum, n. 3, 1966, pp. 176-177.
[20] Cf. L VI, Itineraria picta.
[21] SGARRA, op. cit., p. 44.
[22] RIONTINO, Canne, p.96.
[23] MILLER, Itineraria romana, Roma 1964, col. 375 e tav. 68.
[24] PLINIO, N. H. III, 105.
[25] Cf. NISSEN, II, 857 e segg.
[26] PAIS, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, p. 113, n. 3.
[27] ORAZIO
[28] STRABONE, Geog., cit., p. 182 a nota.
[29] L’interpretazione data dal Radke sembra a me la più esatta non solo perché in altri codici è riportata la lezione “eminoiké” da lui indicata, ma anche per il fatto che se Strabone ha indicato nella sua opera altre strade col loro nome proprio, non si vede perché avrebbe dovuto derogare per questa ad un criterio generale.
La questione per le notevoli implicazioni che comporta, meriterebbe di essere approfondita in uno studio a parte.
[30] SGARRA, op. cit., pp. 37-44.
[31] Taverna del Castello, vecchio fabbricato di proprietà Porro Regano, nelle adiacenze di Castel del Monte (Sgarra, op. cit., pag. 43).
[32] A proposito di antiche strade presso Castel del Monte si hanno le recenti conferme dell’Alvisi a cui abbiamo già accennato.
[33] Breve Crhonicon Monasterii S. Sofia, apud Pratilli, pag. 368. (La citazione è presa dal D’Urso, op. cit., pag 51).