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Domenico Di Leo
RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA
stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971
Parte II - le fonti letterarie:
S. Riccardo
Ancora molto accesa è la polemica in Andria sulla questione se S. Riccardo,
vescovo e patrono di Andria, sia del V sec. o di epoca di molto posteriore e
cioè del XIII sec. Né la polemica accenna a diminuire o a risolversi, in
quanto ciascuno scrive per conto proprio senza tener presente quanto dicono
gli altri e, ciò che è peggio, tessendo intorno all’argomento una
complicatissima trama di prove che dovrebbero servire a negare o ad
affermare l’esistenza di questo vescovo e che invece servono solo a rendere
il problema più difficile a risolversi.
Già si è visto nei due precedenti paragrafi come Morgigni e
Mucci, senza parlare di quanti seguono questi due autori, hanno inteso con
le presunte visite di S.Silvia e S. Placido preparare il terreno alla
questione di S. Riccardo e non hanno esitato ad accreditare infondate
leggende (se non sono stati proprio lo ad inventarle) pur di dimostrare
l’esistenza di Andria già nel IV sec. ed eliminare così un ostacolo
all’affermazione della loro tesi, favorevole al S. Riccardo del V sec.
Nel successivo paragrafo prenderemo in considerazione altri
studiosi che si sono sforzati di dimostrare l’esistenza di vescovi nell’VIII
sec. ed hanno tentato di dimostrare in tutti i modi che Andria molto prima
del XII sec. era sede vescovile, credendo così di addurre le prove a favore
del Riccardo del V sec.
L’unica e prima fonte che ci parla di S. Riccardo è la “Legenda
inventionis et traslationis gloriosi Sancti Richardi, episcopi andriensis”
[1]
composta dal Duca di Andria Francesco II del Balzo nel 1451, a cui lo stesso
autore fece seguire la “ Vita gloriosi Sancti Richardi angliensis”
[2].
Nella “Legenda inventionis” è il racconto del ritrovamento che
il Duca, testimone oculare e protagonista, descrive con ricchezza di
particolari e un certo realismo. Vi è scritto che il corpo del Santo, che
già era stato venerato in Andria
[3],
sparì nel 1348, in seguito alle invasioni e saccheggi che la città ebbe a
soffrire da parte dell’esercito del re Luigi d’Ungheria. Forse era stato
nascosto, pensa il Duca, per evitarne la profanazione. Scomparso così il
corpo, il culto del Santo venne trascurato. Quando però il 23 aprile 1438 il
Duca riuscì a rintracciare le ossa e volle restaurarne il culto, si trovò
dinanzi all’opposizione di una parte del clero e dei cittadini perché non si
era trovato alcun documento che potesse attestare l’autenticità del
ritrovamento.
Il Duca iniziò allora le ricerche che portarono alla scoperta di
3 calendari conservati nell’archivio della cattedrale; in essi era segnato
solo il giorno della morte del santo, il 9 giugno, e vi era riportata questa
breve nota: “Sanctissimus et Beatissimus pater noster Richardus anglicus,
episcopus huius Andriae civitatis, qui beatus pontifex ante obitum suum
centum miracula fecit, cuius corpus collocatum est in confessione huis
ecclesiae”
[4].
Altre ricerche portarono a scarsi risultati e pertanto l’unica notizia, per
noi valida è quella scritta sul calendario e cioè che S. Riccardo era
“anglico” che fu vescovo di Andria e che fu sepolto in cattedrale.
A proposito dei 3 calendari un punto è rimasto scuro per la
difficile interpretazione del latino del Duca “Per obitum mortuorum, qui
illic scripti sunt, hoc assurtum est, manifestante etiam numero
Incarnationis, annorum esse trecentorum et tantum addi potest quantum prius
scripta erat antiquitate litterae manifestatio sui nominis”.
[5]
Il Papenbroek suppose che il “trecentorum” indicasse la data
della canonizzazione a cui andava aggiunto il millesimo (1300), fondandosi
sul “tantum addi potest”
[6].
Altri sostengono che il numero trecento fosse l’insieme delle date dei
defunti segnate sul calendario.
Tutto questo ci è dato di saper dalla “Legenda inventionis”; il
che è ben poco per poter scrivere una vita del Santo, per fissarne la data
di nascita e di morte e riportare notizie della sua vita. Il Duca comunque
non si scoraggiò e ne compose ugualmente la vita che naturalmente riuscì
piena di anacronismi e imitazioni a cui non è possibile attribuire alcun
valore storico. Secondo il suo racconto, S. Riccardo nacque in Inghilterra
al tempo di Papa Leone I e dell’Imperatore Marciano (quindi tra il 450 e il
457); S. Pietro apparsegli in visione gli rivelò la sua missione. Venne così
a Roma dove fu dal Papa Gelasio I consacrato vescovo di Andria e partì per
via mare alla volta della sua meta. Giunto in Andria vi operò molti miracoli
e partecipò con S. Ruggero di Canne e altri vescovi delle diocesi vicine
alla consacrazione del santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano; infine
tornato ad Andria vi morì da santo ad età molto avanzata.
Un esame di questa leggenda venne criticamente condotto dal
Papenbroeck che vi rilevò alcuni anacronismi e inverosimiglianze e in
particolare scrisse: “Adde quod Andria non videtur urbs tantae antiquitati
nec seculo V Anglosaxones converti coeperant”
[7].
A queste generali considerazioni del Papenbroeck se ne possono
aggiungere altre più specifiche e cioè che, non esisteva una tradizione
così antica su S. Riccardo prima del Duca del Balzo e che quest’ultimo
costruì la sua leggenda fondandosi sulle vite di Santi pugliesi, per
esempio, S. Lorenzo di Siponto
[8],
e soprattutto S. Cataldo di Taranto
[9]
, e inserì, manipolando altre leggende, S. Riccardo in episodi che non lo
riguardavano
[10].
Inoltre, l’abilità e l’autorità del Duca vinse sulle perplessità
della Curia Romana e si riuscì così ad ottenere l’approvazione del culto. In
seguito, nel 1518, l’Ufficio proprio di S. Riccardo, le cui lezioni furono
prese dalla vita scritta dal Duca, approvato da Roma stampato, servì a
diffondere maggiormente la leggenda che ancor oggi viene tenacemente difesa.
Questa leggenda colsero e riportarono nelle loro opere il
Baronio
[11]
e l’Ughelli
[12],forse
spinti da richieste locali e dal fatto che il culto era stato ufficialmente
approvato dalla Santa Sede. Vi reagirono invece i Bollandisti che
impugnarono la validità della “vita” del Del Balzo e spostarono l’esistenza
di S. Riccardo al XIII sec. seguiti dal Coleti
[13],
dall’Assemani
[14]
e dal più recente Lanzoni
[15].
Tra gli storici locali che si schierarono a favore della tesi di
Riccardo del V secolo sono il D’Urso
[16],
l’Agresti
[17],
il Morgigni
[18]
e più di tutti il D’azzeo
[19]
che tenta di dimostrare la sua tesi in ogni modo e con le più disperate
prove. Generalmente si appellano all’autorità del Baronio e dell’Ughelli, in
particolare tentano di dimostrare la verità della “vita” scritta dal Duca,
cercando prove inconsistenti nella tradizione locale.
La critica condotta alla leggenda della vita di S. Riccardo
[20]
dimostra invece l’inconsistenza storica della tesi a favore del Riccardo del
V secolo., in quanto alla sua base c’è la pura invenzione del Duca, la sua
volontà di rendere gloriosa la storia andriese. Non vale pertanto nemmeno
rilevare le inesattezze e gli anacronismi dell’opera del Duca, come hanno
già fatto i Bollandisti e quanti studiosi locali li hanno seguiti, perché
già questa è una concessione a ingiustificate ipotesi.
Pertanto il problema di S. Riccardo non va più posto nei termini
tradizionali, se cioè S. Riccardo è del V o del XII sec.; ma, visto che
nessun dato cronologico preciso abbiamo del Santo, va studiata piuttosto la
possibilità che questo Riccardo sia da identificare o meno con qualcuno dei
primi vescovi, di cui abbiamo qualche notizia nel XII sec., tenendo conto
che molti di questi ci sono pervenuti anonimi. Il problema va cioè collocato
all’interno del più ampio contesto storico delle origini della diocesi
andriese per ricercare in questo un’autentica base storica.
Poco chiare sono le prime notizie dell’episcopato andriese. Nel
1143 un anonimo vescovo andriese risulta presente a Trani alla traslazione
del corpo di S. Nicola: di questi fa cenno un documento riportato dai
Bollandisti
[21].
Va forse identificato con il vescovo Leone citato nei coevi documenti del
1137 e del 1144 riportati nel “Chronicon monasterii Sancti Stephani”
[22].
In due pergamene, generalmente ritenute apocrife
[23]
si parla di un vescovo Desidio nel 1104 e Ilderico nel 1126.
Un altro vescovo di nome Matteo è citato in un atto di donazione
del 1146, conservato nell’archivio della chiesa di Nazareth di Barletta
[24].
Sempre nel XII sec. si hanno notizie di un vescovo Riccardo ricordato fra
quelli che parteciparono al III Concilio Lateranense del 1179, sotto il
Papa Alessandro III
[25]
e menzionato ancora nel 1196
[26]
perché accolse “mente hilari et devoto genu” le reliquie dei martiri
Ponziano ed Erasmo, che furono trasferite ad Andria a cura del sacerdote
Manerio e dell’abate Giovanni da Civitella e furono deposte nella chiesa di
S. Bartolomeo.
È questo Riccardo che i Bollandisti
[27]
prima e tutti gli altri poi identificano con quel S. Riccardo di cui si ha
notizie nel calendario ritrovato dal Del Balzo. Il Papenbroeck pensò che la
sua nomina a vescovo avvenne tra il 1154 e il 1159, quando era papa Adriano
IV, anche lui inglese; pertanto la nomina a vescovo del nostro Riccardo,
come anche quella dell’omonimo e contemporaneo vescovo di Siracusa
[28],
andrebbe inserita nel processo di rinnovamento operato dai Normanni
all’inizio del II millennio nelle terre dell’Italia Meridionale; processo
che fu, d’altra parte, favorito dai Pontefici romani. Circa la data della
canonizzazione i Bollandisti pensano che fosse verso il 1300 come può
desumersi da quel passo della vita di S. Riccardo di cui abbiamo già
parlato. L’esistenza però di uno Spedale di S. Riccardo
[29]
già nel XIII secolo vale a fare anticipare la data proposta dai Bollandisti.
Dopo questo Riccardo si ha notizia di un altro vescovo anonimo
al quale Innocenzo III invia una lettera verso il 1200
[30].
Nel 1243 il D’Urso
[31]
pone un vescovo Matteo di cui si ha notizia, secondo l’autore, nel frammento
di una iscrizione rinvenuta “nel rimodernarsi l’antico tempio dei
Francescani conventuali”. Nel 1290, nel 1295, nel 1304 e nel 1310 è citato
un vescovo agostiniano di nome Placido
[32].
Dopo questi la serie continua con una certa regolarità ma non senza qualche
altra oscura interruzione.
In conclusione, da quanto finora s’è detto su S. Riccardo, può
dirsi che esclusa con sicurezza la leggenda del vescovo del V sec., la sua
esistenza deve collegarsi tra gli ultimi anni dell’ XI sec. e tutto il
seguente; periodo questo in cui si hanno molte lacune, molti anonimi, molti
punti interrogativi che dovrebbero essere presi in considerazione in un
lavoro specifico.
[2] UGHELLI,op. cit., pp. 921 – 922.
[3] Il Duca ammette qui l’esistenza di un già noto
culto di S. Riccardo. Prova dell’esistenza di questo culto prima del
1348 sarebbe l’esistenza di un “Spedale di S. Riccardo” dedicato al
Santo già dal XIII sec. (D’Urso, op. cit., p.77); l’esistenza di un
quadro del XIII o XIV sec. che rappresentava S. Riccardo alla maniera
bizantina (D’Urso, op. cit., p.39) e, infine, i calendari membranacei di
cui si farà cenno più avanti.
[8] M.G.H.,
Scriptores rerum
Longobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, Hannover
1878, p.543.
[9] AA.SS., 10 maggio. Dalla Vita di questo Santo è
preso: lo stato della città prima cristiana e poi di nuovo pagana; la
visione del Santo e la rivelazione della missione; il viaggio per mare;
il cieco dinanzi alla porta della città; l’accorrere del popolo;
l’esortazione al clero prima della morte, ecc. ( cf. MONTERISI, ep. Cit.
, pag. 58).
[10] per es. l’episodio della consacrazione garganica.
[11] BARONIO,
Annales, VII, p. 593.
[13] COLETI, nella
riedizione settecentesca dell’opera dell’Ughelli riportò accanto alla
lista dei vescovi la seguente nota del Papenbroeck: “Nihil esse causae
apparet, cur Sanctus Richardus, andriensium episcopus, non fuerit idem
ipse, de quo memoria in hoc monumento, ab Hadriano IV, ibidem ut ipse,
natione anglico cui vel ante, vel in pontificatu ministraverit, promotus
et ordinatus intra annos MCLIV et LIX. quibus ille univeralem Ecclesiam
rexit. Neque refert si longe alia, vetustioraque narrant lectiones
officii propri, quibus Ecclesia andriensis per duo fortassis saecula
utitur: hae enim non extabant, cum corpus S. Riccardi inveniebatur; imo
nec sciebatur vulgo obitus, quia ( ut ait scriptor historiae inventionis)
legenda non erat inventa. Haec vero, cum nec postea inventa sit,
consequens est, nullan postea scribi potuisse, nisi permeras coniecturas.”
[14] ASSSEMANI,
De Rebus Neapolitanis et Siculis,
Roma1753.
[15] LANZONI,
Le diocesi d’italia dalle origini al principio del Sec. VII,
Faenza 1927, vol.1^, pp.292-293.
[16] D’URSO, op. cit. , pp.20-39.
[17] AGRESTI, op, cit., 37-67.
[18] MORGIGNI, Risposta cit.
[20] cf. MONTERISI, op. cit.
[22] Chronicon rerum memerabilium monasterii
S.Stephani proto martyris, in : Archivio storico per le Prov. Nap.,
a. X, p. 572.
[23] MERRA,
Monografia cit., vol. 1^, pp.
287-290.
[24] MORGIGNI ,
Pagine cit., p .9 Il Mucci
parlando della stessa pergamena la ritiene del 1097 (Mucci, op.cit.,
pp.129-130).
[25] LABBE COSSART COLETI,
Sacrosanta concilia,
Venezia1730, t. XIII, coll. 414.
[26] D’ACHERY,
Spicilegium, Parigi 1725, T.I.
p. 687; Martene,
Veterum scriptorum et monumentorum amplissima
collectio, Parigi 1733, t. VII, coll. 86; AA.SS., cit; UGHELLI, cit.
[28] AGNELLO,
Il Duomo di Siracusa e i suoi
restauri, Milano s.d., p.10.
[29] D’URSO, op. cit., p. 77 e 80.
[31] D’URSO, op. cit..pag., 43.. Sul frammento, oggi
perduto, si leggeva: “….tiarum/ Andriae dei gratia Episcopus Matthaeus /
an. CHR. 1243.”
[32] TURCHI,
Camerinum sacrum, Roma 1762,
p.237.