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Storia della Città di Andria ...
di Riccardo D'Urso (1800 - 1845),
Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 13-15
Libro Secondo
Capitolo I.
Venuta dell'Apostolo S. Pietro in Andria anni dell'era Cristiana 44.
Quando incominciarono dall’orizzonte cristiano a scappare le prime scintille del vero lume;
queste intimarono la disfatta alle tenebre. Il popolo Andriese vissuto lungamente in odio al Cielo;
venne allora segnato dal dito della divina pietà. Non fuggirono appena dal labbro
del nostro celeste Riparatore quegli accenti di salvezza =
nocete omnes gentes — che si vide
attaccato da tutti i lati il formidabile Colosso dell’errore.
Gli Apostoli, quelle strepitose trombe dell’evangelica verità, non si tosto furono ricolmati
dalla pienezza dello Spirito settiforme nel giorno di Pentecoste,
che fecero eccheggiare i loro squilli salutari dall' uno all’altro fianco del giorno
[1].
Non era passato ancora un tempo rimarcabile dalla morte, e risurrezione del loro divino maestro,
che tosto si divisero le provincie ed i regni, su cui doveva riversarsi la ridondanza di quello spirito,
di cui andavano ripieni. L’Apostolo S. Pietro perché costituito divino vicario,
ricevendo l’autorità suprema su tutti gli altri si trattenne per anni due in Gerosolima,
occupato a spargervi l’evangelico seme, ed a stabilire quella chiesa.
Di là si condusse in Antiochia, dove resse la sua sede per circa anni sette;
e dopo avere illuminato quel popolo nelle massime della cristiana religione,
risolse attaccare l’errore nella radice, col condursi in Roma, città dominante.
Circa poi gli anni 43. Dell’era Crist. in unione dell’Apostolo Andrea suo fratello
intraprese il cammino per varie città della Grecia, e dell’Asia minore.
Pervenne nella Etolia, nell’Acaja, e di là passando all’Epiro
[2],
quivi per divina disposizione si affidò coi suoi ad un battello,
il quale blandito dai zeffiri, prendendo la volta dell’Italia, giunse felicemente al porto di Brindisi
[3].
Ivi tutto avvampante dello spirito di Dio, non si mostra appena, che gli riesce facile
piantare tra quella gente sorpresa da’ vivi lampi della verità, l’angusto vessillo della croce.
Indi si conduce in Taranto, dove anco col fratello Andrea raccoglie in onore
della nascente cristiana religione numerose palme. Così proseguendo il corso del suo Apostolato,
va spargendo il prezioso seme della nuova dottrina per tutte quelle terre, e città,
che fortunatamente a lui si allacciavano incontro. Si videro ad un tratto
da questi luoghi infelici, come all’apparir della luce, diradate le ombre della pagana filosofia.
Alla fine eccolo in Andria. Ed oh quali sensi di viva gratitudine qui si risvegliano
a pro di quest’astro di beneficenza, che fu il primo a diffondere
su queste nereggianti contrade il balsamo della vita! Egli, ci assicura la tradizione,
qua si diresse col fratello per quel tratto di strada, che vien chiamato braccio della via Appia,
che conduce a quella porta, che da noi al presente appellasi porta santa
[4].
La strada nell’interno della città, che fu la prima ad essere calcata dalle loro orme,
prese la denominazione di
strada del Paradiso, e così ancora comunemente si addita
[5].
Ma qui l’Apostolo S. Andrea compiaciuto oltremisura della docilità de’ popoli di queste regioni,
e della loro facile conquista alla cristiana credenza; dopo qualche giorno prende congedo dal fratello,
e ritorna nell’Acaja. Lì nella Città di Patrasso, sostenendo con petto adamantino
le parti del sacro ministero; caduto nell’indignazione del Proconsole Egea,
si stimò avventuroso, morendo, al pari del suo Divino maestro, su di una trave di supplizio.
Non mi è affatto riuscito poter conoscere se lunga sia stata la dimora di S. Pietro in Andria;
poiché su di ciò tace la tradizione. E solo a nostra conoscenza che al suo arrivo qui dominava il paganesimo;
e che quel piccolo Tempio, dove oggidì si onora S. Lorenzo, era dedicato al nume Marte;
come quell’altro di S. Bartolomeo, a Mercurio ; e dove ora poggia la Chiesa Cattedrale,
eravi un tempietto sacro ad una laida Venere. Ma il S. Apostolo alla vista di questi simulacri
di obbrobrio tuonò sì forte colla sua predicazione nel mezzo degli Andriesi Pagani,
che all’imperiosità de’ suoi Divini accenti siensi veduti ad un tratto infranti, e demoliti.
Conosciamo di più che S. Pietro avesse nel tempio di Venere rovesciata colle proprie mani
una statuetta di creta a lei dedicata, riducendola in minuzzoli;
e che poi su quell’ara inalberando la Croce, avesse consagrato quel luogo al Dio de’ cristiani:
e che per tutto il tempo della sua dimora quivi avesse celebrato.
Gli Andriesi per altro hanno sempre custodito con gelosia questo tempietto,
come primo e sacro monumento della loro spirituale rigenerazione
[6].
Questo, come ho detto d’innanzi era in quel luogo, dove ora trovasi la Cattedrale;
e precisamente dove al presente poggia l’altare maggiore. Esso nei primi incrementi
di detta Chiesa rimase sempre intatto; ma nell’ultima riforma per dar luogo al Coro fu demolito.
Allora l’Altare del Principe degli Apostoli, anche per quietare il tumulto degli Andriesi,
venne traslatato in quella cappella a destra della entrata, come osservasi tutto giorno —
Intorno al computo della sua venuta, mi conviene fissarla nell'anno del Signore 44.,
essendo questo il sentimento più comune
[7].
Antonio Caracciolo con qualche altro sostiene esser egli piuttosto venuto in queste parti,
dopo avere stabilita la sua sede in Roma
[8],
che sarebbe nel 54. Dell’era cristiana
[9].
Del resto o sia venuto prima, o dopo della fissazione della sua sede in Roma,
questo non offende la verità del fatto; poichè il S. Apostolo visse sino agli anni 64.
di nostra salute, essendo morto sotto l’impero di Nerone.
Finalmente avvii un altro monumento indicante la dimora di S. Pietro in questa città,
ed è il gallo sulla punta del campanile. Gli Andriesi da lui convertiti,
impegnati a voler serbare sempre vira la memoria di un sì segnalato favore,
posero sulla vetta di quella cappella, dov’egli celebrò, il simulacro di questo animaletto
[10],
il quale dappoi ebbe luogo sull’alto di questa piramide dietro la sua erezione
ed ampliamento della chiesa. Vedesi per altro anche sulle cime di molti campanili
del regno il gallo, ma con diverso significato, come spiega Domenico Magri
[11].
NOTE
[1]
In omnem terram exivit sonus eorum. Psal. 18. V. 4
[2]
S. Gregorio Nazianzeno
[3]
Giannone nel Lib. I. pag. 56. Sono sue parole = «
Narrano, che S. Pietro
lasciando la Cattedra di Antiochia, navigasse con molti suoi discepoli verso l’Italia:
che prima approdasse in Brindisi, quindi ad Otranto, e di là a Taranto,
predicando la fede di Cristo, ecc. che visitasse eziandio Trani, Andria, Oria,
e per l’Adriatico na¬vigasse sino a Siponto ecc.»
II Summonte lib. I. Cap. I. sostiene l'istesso con altri.
Giovanni Giovino poi vuole, che lo sbarco di S. Pietro nell’Italia sia stato
nei confini di Taranto, e propriamente in quel luogo, che oggi vien detto
S. Pietro in Galatina, lib.
De Fortuna Tarantin. Cap. I.
[4]
Detta così per testimoniare ai posteri, avere dato essa il primo ingresso al Principe degli Apostoli.
Ne’ tempi posteriori volendo la pietà de’ Fedeli renderla più venerata, o sacra,
quivi eresse un magnifico Tempio, mantenuto tutt’ora nel suo pristino lustro, come vedremo a suo luogo —
[5]
Questa è quella Strada, che mena da detta Porta Santa al Casalino, detta così,
perché fu la prima ad essere battuta da questi celesti banditori,
i quali con la loro predicazione ci additarono la via del Paradiso.
[6]
Tra gli altri Vincenzo Coronelli ministro generale di tutto il seraf. ordine
de’ Min. Conv. nella sua Biblioteca univer. pag. 654. scrive così
«
In quel luogo, dove S. Pietro celebrò in Andria, i fedeli convertiti
fabbricarono col suo nome una chiesa, o sia una cappella.
Deve dunque questa città numerarsi tra le prime di questa regione, che ricevessero la S. Fede ecc.».
L' Abate Pacichelli sotto la voce Andria
«
Tuttavia rimane in piedi venerabile ai cittadini di Andria la cappella,
e l'altare in cui celebrò il S. Apostolo passando di lì,
ed in varie parti a propagare la religione, e la fede».
[7]
Monsignor Tortora tra gli altri, pag. 10.
«
Quam plurimae vero Apuliae civitates in hoc maxime gloriantur,
quod ex ipsius Petri ore sacrosanctum Jesu Christi Evangelium susceperint.
Hac proinde praerogativa se gaudere merito existimant et Cives Andrienses,
et Sipontini etc. anno Domini 44.».
[8]
Ant. Carac. cap. 3. ses. 4.
«
Ceterum adversus jam dictam itineris Petri descriptionem insurgere possunt,
Tranenses, Urienses, Andrienses, et Sipontini, Beatum ap. Petrum ad se certatim trahentes etc.
Et vero ipsi quoque ostendunt vetera Ecclesiarum ejus Provinciae monumenta etc.
His itaque perpensis historiis, sic ego litem dirimere percutio ut nulli
tamen harum Urbium videar refragari: ac proinde existimo Beatissimum Petrm,
non hoc primo itinere, neque hoc anno salutis 44. invisisse Appulos,
sed illac transisse postquam fixa jam Romae cathedra, urbe discessit,
diversas Orbis partes peregrans etc.».
[9]
II Petavio —
Successiones Summ. Pont. Tom. 2. pag. 486.
[10]
Alludendo a quelle parole dirette a S. Pietro «
Antequam Gallus cantet, ter me negabis.».
[11]
Dom. Magri Teologo della Cat. di Viterbo nella pag. 75. dice così
«
Solevano gli antichi collocare in cima del campanile un gallo di bronzo,
o di altra materia, per dinotare la vigilanza de’ prelati, o de’ predicatori ecclesiastici;
poichè siccome il gallo sul campanile senza perder sito,
sempre si volta contra il vento; cosi i predicatori Apostolici non devono
temere la furia de’ potenti; ma voltare la faccia, e riprendere i loro vizii etc.»
Dur. lib. I. cap. I.
Gallus sopra Ecclesiam positus praedicatores designat.