Al Sig. Dottore Bernardo Lodoli
Venezia.
Memorie, in Puglia, e in Andria,
della Stanza di Federico Barbarossa:
(1)
e de’ Francesi abbattuti.
[della Disfida di Barletta]
Anch’io hò lette con gusto, e vedute con diletto le Memorie, che à V.S. piace raccordarmi della nostra, sempre Gloriosa, Nazione d’Italia, contro gli ardimenti de’ Francesi nella Provincia di Puglia, ed appunto nel fertil’e vago Stato del Sig. Duca di Andria Carafa, poco lungi dalla sua capitale, e presso la Terra di Corate, ò Quarata, che non invidia le Città migliori.
Colà fù aperto il Campo guerriero di tredici forti Cãpioni di ciascuna delle due Parti; signoreggiando gli Spagnuoli in Calabria, ed in Puglia col lor Generale D. Consalvo Fernando di Cordova, detto il Gran Capitano, ed i Francesi col Duca di Nemours, il rimanente del Regno.
Mà, perchè questi magnificavano il solo proprio valore, con recarsi à dispregio lo spirito degl’Italiani; si convenne in Barletta farne prova pur nel luogo accennato, in forma di particolare combattimento, co’ suoi Giudici, e Ostaggi, i quali nomina co’ Duellanti Gio: Battista Damiani, e da lui trascrive Gio: Ant. Summonte nella Storia di Napoli 6.4. à conditione che ogni Vincitore acquistasse l’Armi, e’l cavallo del Vinto, con cento scudi d’oro.
Udita dunque la Messa nel lunedì 4. Ferraio 1503. entraron nella zuffa, ove non andò guari, che periron tutti i Francesi, restando, con un sol ferito, i Nostri Vincitori.
Quello Steccato, che per Noi divenne allora fecondo di Palme, serba hoggi, in una Piramide di pietra, scolpito il Fatto così.
Quisquis es, egregiis animũ si tengeris ausis
Perlege Magnorum maxima facta Ducũ.
Hic tres atq; decem forti concurrere campo
Ausonios Gallis nobilis egit amor.
Certantes ut Ros bello, mors claret, & ut Ros
Viribus atque animis audet, alatq; magis
Par numerus, paria arma, pares ætatibus, & quos
Pro Patria partier laude perisse juvet
Fortuna, & Virtus litem generosa diremit,
et quæ pars Victrix debuit esse fuit
Hic stravere Itali jusso in certamine Gallos
Hic dedit Italiq; Gallia Victa manus.
Opt. Max Exercituum Deo.
Ferdinandus Caracciolus Ayrola Dux cum a Philippo
Rege Max. Novi Orb. Monarca Salentin. Iapigibusque
Præfect. Imperar. Virtutis, & Memoriæ causa LXXX.
post Ann. P. C.
Anno à Christo Deo Nato CIƆ. IƆ. LXXXIII.
[del Castel del Monte]
Era questo clima, in poggio più elevato, e da qualsisia nemica invasione sicuro, dalla Città di Andria per nove miglia discosto, nelle agitationi guerriere stato già ricovero molto caro à Federico Cesare Barbarossa (1).
Vi fè egli edificare, per la sua più gelosa, e grata custodia, uno stupendo palazzo, che ritiene il nome di Castel del Monte, col dominio di varie colline, le quali gli forman degna corona.
La sua pianta è ottangolare: la materia di marmi di vari colori, uniti senza calce, col chiaro dell’Uovo, e quasi fatti un sol pezzo, e di getto, con quantità non ordinaria di Porfido, dentro, e fuori.
Lo fiancheggiano con perfetta simetria otto Torrioni, ciascun de’ quali comprende due camere divise nel volto, e lascia di sopra una cisterna d’acqua compartita con maraviglia: caminando intorno alle mura, Cornici, ravvolte, e perforate vaghissime dentro, ed altri ornamenti di fuori, che rendono maestoso quel corpo.
Uniscono i Torrioni diverse camere grandi con proporzionata distanza, e molte fenestre danno lor lume, con le colonne intiere, che l’aprono, e altre di queste di marmi, e porfidi triplicate, compongono gli angoli, chiudendo nicchi abbelliti di basi bizzarre, e di capitelli.
Vi hà nobilissimo Atrio, e confacevole ad un magnifico palazzo, e ben munito castello, con le porte di puro, e fino metallo. Una Sorgente di Acqua fredda, e leggiera l’adorna nel mezzo, in copia bastevole à dissetare un’Esercito. Due scale grandi in giro, e diverse picciole danno il passo a’ suoi Quarti superiori, e all’immenso ambito delle stanze, che ad alcuni Passeggieri hà fatto desiderare il filo di Arianna, per iscuoprire la più regolata dispositione: in una sala de’ quali si vede scolpito l’Imperatore sudetto, con diversi de’ suoi Soldati, e Ministri.
Per questi è il luogo dell’alloggio opportuno: corrispondendo al di sotto le Officine, sì per ogni lavorio, che per le necessarie conserve, à benefitio de’ consueti habitanti, e de’ Forestieri, co’ Forni, Molini, & altre comodità.
Sonovi larghissime Scuderie, e non pochi siti vasti, e nascosti, additati con aperture nel terreno, e con gli squarci di fabrica assai staccata: sendosi provveduto à qualsisia militare occorrenza.
Tutto risplende con ordine singolare. Gode rimoto, e piacevol prospetto, in più Provincie, di varie Signorie, in terra, e in mare, sendo scorta anche talvolta a’ Naviganti frà le tempeste.
Possiede molti Territori, col titolo di Ducato di Castel del Monte, trattenendovis’il Castellano, con buon stipendio, e prezzevoli franchigie.
Non pur è Fabrica assai considerabile nel Regno, che Augusta Reliquia di sì gran Monarca in Italia, e per tale vien conosciuta da’ Francesi medesimi, e da’ più curiosi Oltramontani, a’ quali non è discaro venire à vederla, e à gl’Intelletti più critici fra’ Nostri.
Alcuni l’han chiamato il Palazzo di Armida. Altri han creduto, che con la stessa Eruditià di Vitruvio, harebbe potuto rinvenirvi di nuovo il celebre Buonaroti.
V.S. però, che vede cose buone di lontano, e rare in codesta Regia, si contenti di questa Idea, e si disponga, se l’è in grado, ridurla in miglior forma col suo Giuditio.
E le bacio con molto affetto le mani.
Nap.[oli] ultimo Gennaio 1691.
[testo tratto da “ LETTERE FAMILIARI, Istoriche, & Erudite, tratte dalle Memorie Recondite dell’Abate D. Gio. Battista Pacichelli in occasione de’ suoi Studj, Viaggi, e Ministeri””, Tomo I., appresso li Socii Parrino, e Mutii, in Napoli, M.DC.XCV., pp. 136-141.]