[una panoramica della cappella-oratorio dei seminaristi - foto Sabino Di Tommaso, 2016]
La cappella dei seminaristi appare chiaramente realizzata dall'unione di due ambienti
un tempo distinti; sia le volte che i muri perimetrali hanno diversa struttura e conformazione.
Tale trasformazione probabilmente avvenne nel 1857 mentre era rettore p. Pasquale Grassi della Compagnia di Gesù.
Questi infatti in una
lettera inviata al suo superiore
il 6 novembre 1857, inerente le attività svolte nel Seminario, scrive:
"Miglioramenti materiali.
Si è fatta una cappella pe’ seminaristi con molta spesa, perché dové gettarsi
a terra un grosso muro, e la volta d’una camerata soprapposta, per poscia congiungere
due grandi stanze, e farne una chiesuola. Questa fu tutta dipinta a colori e ornata a disegno,
e vi furono fatti altare indorato e sedili tutti nuovi; donandosi alla Chiesa
[è la chiesa del Carmine] quegli de’ quali facevan prima uso i seminaristi. ..."
Il Merra a pag. 492 delle sue citate "Monografie Andriesi" la descrive come sacrestia,
col verbo all’imperfetto, in quanto ai suoi tempi era stata già trasformata in cappella.
“La Chiesa aveva una commoda Sacrestia, ed antisacrestia, dalle di cui pareti
pendevano undici quadri di varii Santi. Vi erano pure cinque statuette di marmo,
e due palle di verde antico.”
Fu essa quindi adibita a sacrestia fino al 1857, quando, come s'è detto sopra,
fu trasformata da P. Grassi in cappella del Seminario.
Il piccolo ambiente a fronte, che si trova al di là del disimpegno delle scale (a destra entrando dal chiostro), serviva da armari[ol]um, dove si prendevano e si riponevano i libri per il coro e per le orazioni in chiesa.
La prima sezione della cappella, più ampia e ingentilita da una volta a padiglione lunettata con eleganti peducci terminali, probabilmente dai Carmelitani fu progettata come sala capitolare, che, di norma doveva trovarsi, come questa, nei pressi del presbiterio della chiesa. Fu essa poi adibita a sacrestia fino al 1857, quando, come s'è detto sopra, fu trasformata da P. Grassi in cappella del Seminario.
Nelle lunette a sinistra entrando nella cappella sono attualmente affisse tre epigrafi che ricordano gli ultimi restauri e rinnovamenti della struttura: nel 1928 ad opera di mons. Alessandro Macchi, nel 1937 di mons. Paolo Rostagno, nel 1994 di mons. Raffaele Calabro.
La seconda sezione ospita in fondo il presbiterio e, sullo spessore del pilastro destro,
una icona in stile quattrocentesco di una Madonna dell’Umiltà (foto a destra).
È una buona copia della
“Madonna dell’Umiltà” dipinta a tempera e
oro su tavola da Gentile da Fabriano, di piccole dimensioni (cm 56 x
41), attualmente presente nella sala 25 del Museo Nazionale di San Matteo a Pisa.
La Madonna è seduta per terra (e su un cuscino dorato, nell'originale del
Quattrocento), le braccia conserte in segno di adorazione del Bambino
disteso tra le sue ginocchia su un drappo dorato. Forte intimità emanano i visi: assorto quello di Maria,
lievemente sorridente quello di Gesù, che con la mano sinistra sembra strattonare il velo della mamma,
acché gli porga il seno. Delicatissimi sono i toni dell'incarnato, forti invece quelli dei drappi e delle vesti, soprattutto i rossi e blu,
sottilmente attenuati dalla sapiente lavorazione delle greche e dei ricami.
Questa copia potrebbe essere stata realizzata quando i Gesuiti reggevano il
Seminario. "humilitas", umiltà, era il motto di S. Carlo
Borromeo, fondatore e protettore dei Seminari; l'immagine probabilmente
intendeva proporre alla meditazione dei giovani aspiranti al sacerdozio una
delle virtù essenziali a tale ministero, sull'esempio soprattutto della
Madre di Dio, nonché del Borromeo.
Al centro del presbiterio è eretto un altare utilizzando parti scultoree a volute provenienti dalla chiesuola di S. Angelo dei Meli, in via Quarti; altri due reperti sono utilizzati per il ciborio e per una mensola.
[altare e mensola realizzati con parti scultoree provenienti da S. Angelo dei Meli - foto Sabino Di Tommaso, 2016]