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Ricordi storici
Pasquale Cafaro (1876 - 1970)
(stralcio)
"
Se non possiamo notare come fatto storico
la presenza di Federico II
nel castello che egli con personale impegno aveva voluto
(dice la lettera di Gubbio indicando Castel del Monte quod fieri volum[u]s),
vogliamo accennare ai rapporti dell'imperatore con Andria,
nel cui territorio fece erigere l'edificio a monte
pur avendo in città un castello reale. Andria ghibellina
fu sempre fedele a Federico e nella lieta e nell'avversa fortuna;
tantochè quando l'imperatore tornò da Gerusalemme (1229)
e trovò quasi tutte le città della sua Puglia passate alla parte guelfa,
Andria gli aveva serbata intatta la sua fedeltà.
In occasione di quel ritorno di Federico in Puglia,
i cittadini andriesi gli mandarono in ostaggio cinque nobili giovinetti
(nella stessa città, secondo la tradizione, o in Barletta
dove è storicamente accertato che lo Svevo si trovasse nel luglio del citato anno)
con un indirizzo del tenore seguente:
Rex felix, Federice, veni, dux noster amatus.
Est tuns adventus nobis super omnia gratus,
Obses quinque tene, nostri signamine amoris,
Esse tecum volumus omnibus diebus et horis.
Il re poeta, per esprimere il gradimento particolare di tanto omaggio, rispose con questi esametri:
Andria fidelis nostris affíxa medullis,
Absit quod Federicus sit tui muneris iners;
Andria vale felix, omnisque gravamini expers.
Poetico saluto, che conteneva intanto l'esonero da ogni peso tributario.
Ma anche particolari ricordi di affetti familiari legavano Federico alla città fedele.
Nel 1228 la moglie Jolanda di Brienne figlia del re di Gerusalemme aveva dato alla luce,
in Andria, l'atteso erede del trono Corrado IV; nella stessa città
la giovane ed infelice madre era morta per maligno puerperio,
sepolta fra il vivo compianto di tutti i cittadini.
(Ci sembra strano che Federico non fosse venuto in Andria nella lieta circostanza e nella dolorosa,
tanto più che la notizia della nascita gli fu comunicata nella vicinissima Barletta,
dove risulta storicamente che in quel giorno presiedeva
il parlamento generale in preparazione della famosa Crociata).
Quando l'altra moglie dell'imperatore, Isabella d'Inghilterra,
morì in Foggia nel 1241 giovane anch'essa, Federico dispose
che fosse sepolta in Andria accanto a Jolanda. Le tombe delle due
imperatrici, recentemente riordinate, si trovano nella cripta della Cattedrale Andriese.
È tradizione, o soltanto leggenda, che l'imperatore,
colpito da morbo mortale, fosse partito proprio da Castel del Monte
o da Andria alla volta di Palermo; è storia che egli,
fermatosi a Castel Ferentino presso Lucera per l'aggravarsi del male,
vi morì il 13 dicembre 1250.
Il figlio Manfredi (biondo era e bello e di gentile aspetto),
che resse il reame quale vicario di Corrado IV e poi di Corradino,
dovè sostare talvolta a Castel del Monte durante i suoi frequenti soggiorni in Puglia,
dove gli piaceva tener corte di strambotti e di canzuni.
Ma proprio in Castel del Monte doveva incrudelire il tragico destino
degli Hohenstaufen. Caduto eroicamente Manfredi nella battaglia di Benevento nel 1266,
e con lui la Casa Sveva, il regno di Puglia e Sicilia passò sotto il dominio di Carlo I D'Angiò,
il quale fece imprigionare nel castello di Lagopesole in Lucania la vedova del vinto re,
Elena degli Angeli, strappandole crudelmente i teneri figliuoletti,
Beatrice incarcerò nel castello di S. Salvatore a mare in Napoli,
ed i piccoli Enrico, Federico ed Enzo chiuse per duro carcere in Castel del Monte.
Le innocenti creature languirono per 27 anni (dopo di che furono trasferiti
nelle prigioni di Castel dell'Ovo) nel solitario edificio murgese
che il grande avo aveva innalzato come granitica corona, segno di potenza, sogno di bellezza.
Intanto un altro Svevo, Corradino sedicenne,
sceso d'Alemagna per riconquistare il regno avito, dopo il tradimento di Tagliacozzo
lasciava il biondo capo sotto l'implacabile mannaia angioina in Napoli (1268)
Furono anche imprigionati in Castel del Monte,
perchè ligi a Casa Sveva, Don Arrigo di Castiglia e Corrado di Caserta,
il quale era figlio di quella Violanta, bastarda di Federico, che l'imperatore
aveva fatto sposare con grandi feste a Riccardo Conte di Caserta nel castello di Andria (1249).
Fu altresì prigioniero un finto Manfredi — di cui non abbiamo precise notizie — fatto arrestare dall'Angioino.
Dopo circa mezzo secolo l'ameno castello di Federico,
adibito a fosco carcere, ritornò agli splendori di reggia.
Il secondo Carlo D'Angiò dette in dote la contea di Andria e Castel del Monte
alla figlia Beatrice, sposandola a Carlo d'Este signore di Ferrara
per gran somma di fiorini (il che fa dire ad Ugo Capeto nel Purgatorio dantesco:
Veggio vender sua figlia e patteggiarne — come fanno i corsar de l'altre schiave).
La giovanissima contessa col maturo sposo fu a Castel del Monte,
che il re aveva fatto sistemare in festosa ospitalità.
Rimasta vedova Beatrice, il padre le dette per secondo marito
il fedele e prode cavaliere Bertrando del Balzo. La figlia della felice unione,
la bella e virtuosa Maria, sposò Umberto de la Tour du Pin, Delfino di Francia;
le nozze furono celebrate in Andria, coll'intervento di tutti i baroni del regno
e con grande seguito di nobili francesi; solenni feste furono svolte in quella occasione
in Castel del Monte, e forse vi intervenne col fiore della sua corte re Roberto,
fratello di Beatrice — il colto mecenate dei poeti, l'amico di Petrarca e di Boccaccio (1326).
Succeduta a Roberto Giovanna I, troviamo in quel tempo
feudatario di Andria e Castel del Monte il fiorentino Nicola Acciajuoli
senza altre notizie. Intanto il re Luigi d'Ungheria, per vendicare
l'uccisione del fratello Andrea attribuita alla moglie Giovanna,
scese nel regno di Napoli, saccheggiò e distrusse molte città di Puglia,
fra le quali Andria, mentre, assalito Castel del Monte, ne fece salda rocca e dura prigione.
Poi Giovanna, dichiarata innocente dal Pontefice — cui vendette Avignone
per 80.000 fiorini — tornò in Napoli, trovandovi pochi fedeli della sua dispersa corte,
che volle renumerare con benefici diversi; a Francesco I del Balzo
assegnò la duchea di Andria e Castel del Monte (1348).
Succeduti gli Aragonesi al trono di Napoli,
vuolsi che re Alfonso I avesse condotto a Castel del Monte
la bellissima amatissima Lucrezia d'Alagno, figlia del castellano di Torre del Greco,
per procurarle il piacere della caccia al falcone (1449).
E' da ritenersi per certa la visita del figliuolo Ferdinando al Castello delle Murge
perchè risulta storicamente ch'egli tenne i suoi accampamenti presso Andria (1458-59)
e che di qui si recò a Barletta, dove fu coronato dal suo congiunto Cardinal Orsino,
delegato del Pontefice Pio II, con fasto solenne alla presenza del Duca di Andria
e di moltissimi baroni del regno. È facile ammettere che il monarca si sia talvolta recato,
durante il soggiorno andriese, a mirare il più famoso castello delle sue terre.
Lo stesso re Ferdinando, scoperta la congiura dei baroni
nella quale era implicato il duca d'Andria Pirro del Balzo
(si disse che a Castel del Monte avvenissero segreti convegni),
lo fece strangolare confiscandone tutti i beni. Così, avendo avocato al regio demanio
il ducato di Andria e Castel del Monte, dette al figliuolo Federico,
insieme coi castelli di Minervino, di Montescaglioso, di Ruvo, di Conversano, di Aquino,
anche Castel del Monte con Andria. Gli dette in moglie Isabella, unica figliuola di Pirro,
con la quale il buon Federico volle salire all'antico castello di casa del Balzo
perchè l'amata consorte rientrasse da regina dove la sua stirpe era stata proscritta.
Ma lo sventurato re di Napoli fu costretto a ritirarsi in Francia
(seguito dal suo fedele poeta Jacopo Sannazzaro) mentre gl'invasori spagnoli
e francesi si contendevano il regno meridionale.
A capo dell'esercito spagnolo era il Gran Capitano Consalvo Ernandez di Cordova;
di quello francese Luigi D'Armignac duca di Nemours. È di quel tempo
la celebre Disfida di Barletta, combattuta vittoriosamente da tredici cavalieri italiani
contro altrettanti francesi in un campo presso Andria. L'audace capitano francese
Luigi d'Ars con un colpo di mano s'impadronì di Castel del Monte scendendo di là ad occupare Andria.
Con successivo fatto d'armi Consalvo di Cordova scacciò i francesi da questi territori,
e man mano completò la conquista di tutto il regno di Napoli al suo sovrano Ferdinando il Cattolico.
Il quale in segno di riconoscenza donò al Gran Capitano, col titolo di ducato,
Andria con Castel del Monte (1507). La duchea fu poi assegnata in dote da Consalvo
alla figlia Donna Elvira quando la maritò al suo congiunto Luigi Ernandez di Cordova (1515).
Durante questo ducato il famoso capitano francese Odetto di Foix scese in Puglia,
e — forse a vendicare la sconfitta della Disfida di Barletta — s'impossessò
di questa città e poi del feudo dei Cordova saccheggiando Andria e devastando Castel del Monte;
sulle mura esterne del maniero sono ancora visibili le impronte delle palle francesi (1528).
Il castello di Federico, dopo questa devastazione,
sarà rimasto per alcun tempo disabitato, fin quando con la morte di Luigi Ernandez
passò al di lui figlio Consalvo II Ernandez di Cordova (1543).
Il nuovo feudatario non venne mai nel suo ducato andriese, mandandovi in sua vece
il saggio governatore Giorgio de Salzedo (al cui nome è intitolata una via di Andria),
il quale dimorò spesso nel castello amorosamente restaurato.
Il duca Consalvo II ebbe bisogno di vendere la duchea,
richiedendo il prezzo di centomila ducati; falliti i tentativi di acquisto
da parte di molti nobili andriesi, fu conclusa la compra da don Fabrizio Carafa conte di Ruvo (1552).
La famiglia Carafa soleva villeggiare di frequente nel castello svevo;
dove ospitò molti nobili amici napoletani durante la terribile pestilenza del 1656
che invase tutto il regno ed anche Andria (che in quella luttuosa circostanza
perdette novemila dei quindicimila suoi cittadini).
Nel 1774 era castellano Sebastiano Spagnoletti di Andria;
ma dopo di lui Castel del Monte fu del tutto abbandonato,
nè si comprende questo deplorevole disinteresse dei Carafa.
Cominciarono allora le devastazioni e le deturpazioni che fecero
dell'augusto castello di Federico pubblica cava di marmi,
aperto ricovero di armenti, tenebroso rifugio di briganti;
vi trovarono anche pròvvido asilo i profughi dei vari moti politici del primo ottocento.
Era Castel del Monte ridotto in vergognoso stato di rovina
quando un benemerito ministro della Istruzione Pubblica, Ruggero Bonghi,
segnalò al Governo l'edificio di così eminente valore artistico.
Allora lo Stato acquistò il castello svevo — per L. 25.000 — da Ferdinando Carafa,
che riservò per sè e per i discendenti il diritto onorifico d'intitolarsi ancora duca,
come di Andria, di Castel del Monte (1876).
Con la successiva dichiarazione di monumento nazionale cominciarono i restauri,
che continuano a troppo lunghi intervalli.
Intanto il vetusto castello, dall'alto del colle pugliese
che corona sempre nobilmente, attira la continua attenzione degli studiosi
ed il crescente interesse dei turisti. Da ogni parte d'Italia,
da lontani paesi del mondo, salgono la solitaria collina
per mirarvi il Castello che può considerarsi il monumento più grande eretto a se stesso
da Federico II di Svevia re di Puglia e Sicilia."
[dalla guida a "Castel
del Monte" di Pasquale Cafaro, Arti grafiche Leoncavallo, Trani,
1949, pagg.20-25]