MIRACULA
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[Tutti i testi tra parentesi quadre
sono delle annotazioni del redattore di questa pagina
i testi tra parentesi graffe sono tratti dal libro "San Riccardo nella leggenda ..." di Riccardo Zagaria gli altri dal libro dello Jorio]
[Il seguente testo è traduzione di Riccardo Zagaria, nel testo citato]
{Quando considero fra me stesso la grazia di cui in questi tempi siamo
privilegiati, cioè di essere governati mediante l'intercessione di un padre
si grande, la carità mi sforza in maniera ch'io non posso più serbare il
silenzio, ma voglio palesare quello che ritengo degno che sia detto.
Tuttavia mi sembra lungo e superfluo inserirvi il racconto della
canonizzazione, dell'invenzione e traslazione di lui, e della grazia del
sommo pontefice Eugenio, giacché intorno a queste cose abbiamo degli
scritti importanti. Secondo che risulta da questi, sono certamente andate
perdute le azioni (del santo) a causa della incuria dei trapassati, onde non
siamo stati ritenuti degni di ricuperarle troppo segnalatamente per mezzo
d'un prodigio; nondimeno, perché anche la fede mantenga il suo posto, ci è
permesso fare indagini in penombra e piuttosto celebrare il santo per mezzo
dei suoi miracoli. Da ciò, i più degl'insani indignano quel padre che non
asconde la verità per mezzo di opere, secondo quel detto: se non credete a
ciò che dico, credete a ciò che faccio.
La divina giustizia finisce sempre col rifulgere
e non lascia allontanare dalla verità. Riccardo, nostro vescovo e santo, è
nel Cielo a godere e a bearsi, e ciò dev'essere ritenuto per certo, poiché
le opere di salute che spettano ad un pastore santissimo egli le operò
invitto e salì alla patria celeste presso Dio. Nato in Inghilterra e mandato
alla cattedra di questa città di Andria, nella quale rifulse ancora vivente
di più di cento miracoli, la governò e fecondò; vecchio, la lasciò e il nove
giugno ascese alla luce. Felici coloro ch'ebbero un Padre tale!}
{Modellò i propri costumi sul dettame dell'Apostolo,
che disse: - ad un vescovo è necessario essere irreprensibile. - Iddio
miracolosamente lo sovvenne ad oltranza, e il fatto è innegabile.}
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2. Post sui corporis inventionem, filium Joannis de Noia
civis Andriæ, nomine hujus Sancti, natum mortuum vivificavit:
filium itaque Luciæ oculi-bovis concivem ejusdem, invocatione nostri Riccardi, natum mortuum resuscitavit: & alium sibi eadem gratia retribuit, ut is pudicum se gesserit. Mita de Melle, uxor Joannis Angeli de Trano, quæ per octo & decem annos sterilis, infecundaque sui corporis manebat, semel devota se prostravit ante locum, ubi reconditum erat Sancti nostri corpus: & facta oratione, post menses novem peperit masculum, qui Riccardi possidet nomen; & duos alios subsequenter recepit. Unde qui sine prole transiit alias parere facit. Et iterum inquit Apostolus: non percussorem sed modestum, & benignum; non litigiosum, non vinolentum: & ipse sicut fuit, ita se ostendit in gratia præparatum, conciliat animos, parit amicos. |
{Dopo il rinvenimento della salma, }
[Padre Jorio, poi, liberamente traduce, raccontando diffusamente i miracoli:]
… … Giovanni Noia cittadino Andriese, mentre allietavasi per lo sgravamento di
sua Consorte, che Padre lo rendeva di un Figliuolo maschio, videsi gittato
tutto insieme nel profondo del dolore, udendo che era il Figliuol suo uscito
dal seno della Madre per essere racchiuso nel seno della tomba, senza aver
veduto la luce della vita, perché era morto già prima di nascere. Si
rivolse egli con tutti gli affetti suoi a S. Riccardo, in quei giorni in
cui veneravansi le sacre Ossa rinvenute, ad a lui dolente cercò l'estinto
bambino. La sua fede fù consolata e la prece esaudita. L’estinto bambino,
dopo poche ore risorse, e visse a consuolo de’ suoi affettuosi parenti, e ad
onore del maraviglioso Taumaturgo.
Del pari Lucia, cognominata, o soprannominata: Occhio di Bove,
avendo partorito un figlio estinto, col ricorrere al patrocinio possente di S. RICCARDO,
lo vide dopo l’invocazione fiduciosa mirabilmente risorto.
Una donna nominata Mita di Melle, moglie a Giovannangelo de Trano,
come la vecchia Anna Moglie di Elcana, sospirava un frutto del suo matrimonio,
e per lo spazio di 18 anni ne fu sconsolata.
La sterilità del di lei seno essendo difetto di naturale organismo,
non poteva aspettarsi la fecondità, che dalla sovrana virtù di quel Dio,
che con una sola parola crea e restaura l'universo.
All’uopo ricorse al patrocinio di S. RICCARDO.
Pregò genuflessa innanzi all’Urna ove serravansi le Reliquie del Santo Vescovo,
ed immediatamente a capo a nove mesi diede a luce un Maschio che chiamò Riccardo,
ed indi altri due ne partorì, come l’antica Anna ritrovandosi
arricchita di Figli e di consolazione.
{Disse pure l'Apostolo: - il vescovo non dev'essere
percussore, o litigioso, o violento[?], bensì modesto e benigno; ed egli come
fu così dimostrasi nel far grazie.}
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3. Adest Jonathas de Melle, qui in Ecclesia erat, ubi Presbyteri in suo festo vesperas celebrabant:
qui quidem per multum tempus malum, quod syatica dictum est, patiebatur, & in ista verba prorupit:
ô Riccarde Sancte, oro te, ut me adjuves, & veniam à te peto: non enim te sanctum esse existimabam.
Et statim sanus factus est, nec deinceps illud sensit.
Presbyter Thomas de Sancto Angelo, inductus fuit ab illis rabidis, ut Sanctum nostrum quem colimus, pro facto non crederet: & gravatus fluxu sanguinis, ita quod ad mortem tendebat, Confessorem petiit; qui ad officium præparatus, inter alia, confessus est, quod incredulitatem haberet. Confessor vero ipsum redarguit, asserens se Sanctum per visum vidisse, qui tutelam civitatis diligenter exercebat. Thomas hæc audiens, affatus est: 0 Sancte Riccarde, si tu es vere Sanctus, pro mea salute intercede, & extemplo sanitatem recepit. Notarius Franciscus Caputus, simili opinione oppressus, cum esset in Ecclesia ad Vesperas ejus, unum argenteum ante januam se invenire in signum petiit, si sanctus Riccardus sanctus esset: cui, sicut ipse flagitavit concessum est. |
Gionata de Melle, del numero di coloro che impugnavano la di lui Santità,
trovandosi nel giorno della Festa di lui ad assistere coi Preti ai solenni Vespri,
per trattenimento anzichè per sincera divozione, siccome da molto tempo trovavasi afflitto
da noiosa sciatica, si vergognò di sua ostinata incredulità,
e concependo speranza che il Santo avrebbe potuto accordargli quella sanità
che udiva da tanti avevo ottenuto, si rivolse al medesimo con queste parole:
Oh S. RICCARDO mio, ti prego ad aiutarmi e ti chiedo umilmente perdono,
se fin ora non ti ho stimato come Santo.
Non altro disse, e da quel momento venne abbandonato da ogni molestia e dolore,
e non ne venne afflitto mai più.
Il Sacerdote D. Tommaso di S. Angelo, de’ più accaniti tra gli avversari del Santo,
afflitto da largo ed ostinato flusso di sangue, non avendolo potuto arrestare
con tutti gli aiuti umani, ne venne ridotto agli estremi di vita,
e domandò i Sacramenti della Chiesa per disporsi al passaggio dal tempo all’eternità.
Nel confessarsi, tra l’altre colpe accusò la sua incredulità riguardante S. RICCARDO,
su di chè il Confessore ammonendolo con caldo zelo, lo assicurò avere egli veduto
in visione il Santo, che custodiva e proteggeva la Città con grande diligenza,
e che per lui la loro Patria andava immune da molti flagelli.
In udir tali cose l’infermo esclamò: Oh S. RICCARDO! se veramente sei Santo,
intercedi presso Dio per la mia salute. Terminata la sua invocazione,
la malattia scomparve, le forze rinacquero, e la salute fu compiuta in un medesimo tempo.
Francesco Caputo, Notaro Andriese, anche egli dei non credenti, mentre un dì assisteva,
per godere la festa, alle sacre funzioni, quasi per irrisione disse,
che allora avrebbe creduto nel Santo, quando, nell’uscire di Chiesa
avesse trovato una moneta di argento. Egli perciò meritava un castigo anzichè una grazia.
Ma il Santo che voleva la sua salute anziché la sua perdizione,
volle rispondere alla di lui sfida secondandolo a norma del di lui desiderio,
facendogli trovare nell’uscir di Chiesa dinnanzi ai piedi una moneta di argento,
e dolcemente lo confuse per annoverarlo tra i suoi divoti.
Così S. RICCARDO si conciliava gli animi e rapiva i cuori, coi benefizi cioè,
e quasi compatendo la loro debolezza, e facendo splendida mostra,
che quella mansuetudine che formò in sua vita la dolce prerogativa
del suo cuore paterno, formava uno de’ raggi più belli di sua gloria nel Cielo.
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Animadvertite quæso, quomodo consiliat animos,
& parit amicos, nec ad vindictam extollitur: sed sicut erat mitis in vita,
ita per miracula se ostendit post mortem. De istius civitatis cura & gubernatione, sicut qui præest,
domui suæ, sic bene profuit; gubernat autem sanando, liberando, juvando, favendo, alendo,
ita quod scribere cuncta longum fastidiosumque foret; sed de multis pauca
ob reverentiam suam scribere decrevi, & hoc sufficere reor.
Si aliqui abundanter audire cupiunt interrogent; quia rumor aberranter discurrit.
4. Quidam Santorus de Quarato, sensum recuperavit, quem diu jam antea amiserat. Hic Sanctus, dilectus à Deo, per suam implorationem hæc & similia concedit. Masella de Fanello filium suum, qui in aquam bullientem ceciderat, illæsum obtinuit. Francisca Petri Paschalis incontinenti gressum recepit, quæm jam per octo menses perdiderat. |
{Considerate come concilia gli animi e suscita gli
amici, e non si leva a vendetta. Vero è che si appalesa coi miracoli proprio
come era mite sulla terra. In quanto alla cura e al governo di questa città,
le ha ben giovato così come presiede al popolo
suo: governa, cioè, col dare le guarigioni, la liberazione dai vizi, la
protezione, le grazie, la sussistenza; e appunto per questo lo scriverne
riuscirebbe lungo e noioso; se non che, per riverenza a lui, ho deciso di
sceglier poco tra il molto, e ritengo sia sufficiente. Se poi alcuni
vogliono udire assai, domandino, giacché le notizie vanno da per tutto.}
Santoro de Caurato, da più tempo oppresso da stupore o paralisi nervosa,
specialmente nè risenti gli effetti nelle funzioni cerebrali,
per cui ne perdè quasi il senno, e ne divenne incapace d’intendere, di concepire, e di ricordare.
Si raccomandò come meglio potè al Santo Protettore RICCARDO ,
ed al tempo stesso sentissi scorrere nuovo spirito di vita pel seno,
e riacquistò perfettamente il senso perduto.
Tommasella de Fanello occupata negli affari domestici;
d’improvviso vide un suo caro Figliuolino cadere giù a capitombolo in un recipiente di acque bollenti!
Inorridita e trafitta da sovrano dolore, disperata esclama: S. RICCARDO!
e corre a togliere il Fanciullo dal bagno di morte. Mirabil cosa!
Leva ella il Figlio sano ed immacolato, come se nelle acque fresche e non nelle bollenti fosse caduto!
Francesca di Pietro Pasquale, da otto mesi inchiodata nel letto per avere
in conseguenza di grave infermità nervosa perduto l’uso di ambo le gambe;
dopo sperimentati inutili tutti gli aiuti umani, ricorse al medico celeste S. RICCARDO.
Nè molto vi volle per toccare vivamente il cuore dell’amoroso Padre.
Accorse questi a cambiare le lagrime di Lei di suppliche e di afflizione,
in lagrime di gratitudine e di gioia, col renderle in uno istante la sanità perfetta. …
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Joanna de Cavoto (cujus vir cæcus erat) visum recuperavit, cum devote preces effunderet.
Etiam vir quidam nomine Liming [Ciminus] de Molfecta iter agens Andriam, incidit in latrones, sex, prope Ecclesiam Sanctæ Mariæ de Sano [Jano]; postquam ab his exutus vestibus, collum manusque & pedes fune astrictus, & agitatus fuit cum scirpo; metu frigoris, & caligine noctis oppressus, à Deo misoricordiam petit, & à nostro Sancto Riccardo intercessionem, ut liberaretur; asserens ipse, quod mors sua foret mors filiis. Hic Sanctum suis oculis vidit, Pontificali habitu indutum, & ejus propriis manibus solvi se sensit; eumdem ad rectum iter dirigendo, & quod ambularet intrepidus, affatus est. Nos itaque, qui dudum aliorum otia minime sumus secuti, historiam litterarum monumentis mandavimus. Certe hæc ipsa & alia me scribente, quamque multa mihi pro singulari amore erga patriam concurrerent, tamen etiam ut exteris & non scientibus proficiant, volui notificare. Unde plane eloqui possumus, à Deo nobis clypeum gubernationis, & pileum salutis statutum esse; & si avidi sumus similia recipere, plerumque munimine fidei potiamur. Et quidem adimpletur desiderium nostrum, ad laudem & gloriam Filii Dei Jesu Christi Domini nostri, qui cum Patre & Spiritu Sancto eadem gratia honorificetur, qui vivit & regnat in unitate Trinitatis, per infinita sæcula sæculorum. Amen. |
Giovanna de Cavoto, afflitta sopramodo per la cecità di ambo gli occhi,
dalla quale venne colto il suo infelice Marito, e mancandole per tale sventura
i soliti proventi necessari al sostentamento dalla famiglia, ricorre lagrimosa
al consolatore mirabile di tutti gli afflitti S. RICCARDO.
E fu esaudita; nel momento stesso che profondeva la sua prece fiduciosa,
il Marito aprì gli occhi rinnovati alle benefiche funzioni della vista,
e potè riprendere l'esercizio del suo mestiere.
Un tale uomo detto Cimino, cittadino di Molfetta, trasferendosi per suoi negozii in Andria,
mentre trovavasi a quel tratto di Bisceglie, ove a circa due miglia dalla Città è sita l’antica Chiesa nominata,
S. Maria di Giano, videsi sorpreso da sei masnadieri i quali lo spogliarono di tutto,
e nudo lo lasciarono ligato ad un alloro per mani, piedi, e collo.
In questo stato miserando, indirizzito pure dal gelo, essendo invernal stagione,
e non trovando uomo vivente che gli prestasse aiuto, invocò il S. Vescovo di Andria,
allora in grande rinomanza, per innumerevoli prodigi, esclamando:
Oh S. Riccardo benedetto! abbi pietà, se non di me, perché sono un tristo,
almeno de’ poveri figli miei. La mia morte sarà unita con la loro,
perché mancheranno di pane e di ogni altro aiuto.
Soccorrimi adunque e vieni tu a liberarmi. Oh maravigliosa virtù della fede!
Nel tempo stesso che compie la breve sua prece accompagnata da tenere lagrime,
si vede innanzi un vecchio venerando vestito di abiti pontificali e col volto raggiante,
il quale con mirabile carità consolandolo, lo sciolse dai ligami che l’avvincevano,
gl’insegnò il sentiero da battere sicuro, e disparve.
Ritirossi in Bisceglie, e raccontò confermando col giuramento l’avvenuto. Monsignor Lupicino nobile Andriese, allora Vescovo di Bisceglie, ne raccolse l’atto che depose in Archivio, ed ordinò si fosse collocato un quadro del Santo ed una lapide di monumento nella detta Chiesa di S. Maria di Giano, a perpetua memoria dell’avvenuto prodigio. Cosi nel volume delle cose varie, il dotto Monsignor Pompeo Sarnelli. … … …
{Per tanto, noi, i quali alfine non abbiamo punto voluto imitare l'ozio
altrui, affidiamo (la presente) istoria alla letteratura. Senza dubbio,
scrivendo, ho inteso rendere note queste ed altre cose col fine che
possano giovare e a forestieri e ad ignoranti; quantunque esse
concorressero pure a dar piacere a me, dato il mio singolare amore per
la patria.
Onde possiamo chiaramente affermare che per questo da Dio ci è stato affidato il presidio del governo e la difesa della sua salvezza; se bramiamo aver simili cose, dobbiamo anzi tutto possedere il sostegno della fede. Per tal modo potrà compiersi il desiderio nostro, a lode e grazia del Figlio di Dio, Gesù Cristo Signo nostro. ...} |