La Tribuna e L'Avvenire d'Italia, 1935

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Questo articolo di Eligio Morgigni fu pubblicato da due giornali: da "LA TRIBUNA" il 22 agosto 1935 e da "L'AVVENIRE D'ITALIA" il 4 ottobre 1935
Di seguito si riportano separate solo le due intestazioni dei giornali suddetti.


LA   TRIBUNA

22 agosto 1935, Anno XIII

pag. 3

ANTICHI MONUMENTI PUGLIESI

La Chiesa delle Benedettine di Andria

ANDRIA, agosto

L'AVVENIRE D'ITALIA

pag.7

4 ottobre 1935 - XIII

Puglie

La chiesa e il convento delle Benedettine di Andria

ANDRIA, ottobre

Mentre scompare dal panorama cittadino uno dei più bei monumenti barocchi pugliesi, vogliamo accennare al Convento delle Benedettine con annesso pregevole portale d’ingresso e campanile della chiesa; mentre guardiamo con profonda amarezza gli avanzi di quelle finestre, protette da grate e gelosie, che videro il 23 marzo del 1799 la furibonda sommossa contro i francesi invasori, che saccheggiarono il suddetto Convento nel momento in cui la suore, protette dai soldati di Ettore Carafa si rifugiavano nel vicino Palazzo Ducale, non ci sembra inutile di illustrare questo singolare monumento non fosse altro per richiamare su di esso l’attenzione begli studiosi e degli intenditori d’arte.

Il campanile barocco della Chiesa
[Il campanile barocco della Chiesa]

Lo storico nostro concittadino Giuseppe Ceci, in un articolo del 24 dicembre 1923 parlò ampiamente del monastero benedettino andriese che chiamò della S.S. Trinità e di San Riccardo ritenendo fondato alla metà del sec. XVI e quindi legato alla decadenza dei due anzidetti antichi ospizi.

«Andria - afferma il Ceci - aveva allora, pei molteplici servizi di beneficenza, e specialmente per l’assistenza, degli esposti, degli Infermi e dei pellegrini, quattro ospizi: S. Maria della Misericordia, S. Bartolomeo, S. Riccardo, la SS. Trinità; i quali poi furono messi sotto una sola Amministrazione e così suddivisi: la casa di Santa Maria della Misericordia fu conservata per ospedale, quella di San Bartolomeo per ricovero dei pellegrini, e nei due Ospizi della SS. Trinità e di San Riccardo venne istituita la Clausura delle Benedettine per aumento del culto divino, per decoro ed ornamento della città, per consolazione dei fedeli e - la Bolla di fondazione non dice, ma e facile sottintendere - per offrire alle famiglie signorili il modo di collocare le figliuole non destinate a matrimonio.» (Ceci: Il Convento delle Benedettine).

La vita del Monastero cominciò nel 1582 e durò fino alla abolizione legale del 1866, nel 1914, poi, il Comune deliberò la istituzione dell’Asilo Infantile «Regina Elena» che raccolse in seguito gli Orfani dei nostri prodi Caduti di guerra.

Quale la causa prossima che ha provocato la demolizione di questo antico ricordo cittadino? La ragione del provvedimento va ricercata nel fatto che l’edificio minacciava rovina. Larghe fessure apparivano sui muri e grossi calcinacci cadevano di tanto in tanto colpendo i passanti; era quindi urgente un grosso lavoro di restauro, che avrebbe importato una ingentissima spesa, oppure un piano di demolizione. Quest’ultima alternativa è parsa la più conveniente alle autorità competenti che s’indussero perciò ad iniziare i lavori di demolizione, i quali però da quanto ci consta si limiterebbero al solo Convento, lasciando indisturbata, almeno per ora, la chiesa, senza il bel campanile scomparso! Parlando di questa chiesa, Giacinto Borsella, nella sua «Andria Sacra», libro pubblicato nel 1918 dal compianto dott. Raffaele Sgarra, così si esprime:

«Chiunque metterà piede in questa chiesa, godrà contemplando la pia elegante architettura, doviziosa di fregi tanto ben compartiti e modellati, specialmente nei caprioli dei capitelli.
Né ti soddisferanno meno le otto spaziose finestre che illuminano, sei laterali, e le due messe di fronte, una nella facciata e la seconda nel coro.
E ti goderan del pari le due grandi gelosie, una sulla porta e l’altra rimpetto al Coro, oltre le sei minori, alle spalle, dorate tutte ad oro puro, fregiate di creste rabesche. Quindi potrebbe chiamarsi a buona ragione il ramaglietto delle nostre Chiese».

Nel centro del Tempio desta profonda meraviglia, pei suoi pregevoli marmi lavorati finemente da scalpello maestro, l’Altare Maggiore! Chi volesse soffermarsi ad ammirarlo in tutte le sue parti, vedrebbe, sotto la mensa, San Benedetto col solito corvo, avente nel becco un pezzo di pane, il pastorale e la mitra. Nel centro, dove si vede la bella porticina della Custodia, v’è un’altra pregevole figura a rilievo che rappresenta la Carità, avente in mano una face ardente. Non sfuggono agli occhi degli ammiratori di questo grandioso altare i simboli delle altre due virtù teologali: la Speranza rappresentata dall’àncora e la Fede dalla Croce.

Nei corni sono di bella fattura i due Angeli che sostengono i candelabri. Si ammirano ancora due scudi con l’arma di mons. De Anellis (1743-1756) ed una corona al di sopra trapunta da tante piccole gemme spiccanti nei cerchi di marmo bianco; l’arma viene rappresentata da un braccio che tiene in pugno un anello. Non di secondaria importanza sono i fregi smaglianti nelle tinte verde-giallo-cipollino.

*   *   *

Le opere di stucco sono rimaste intatte e compongono una nota armonica d’insieme con i quattro archi a fasce e con i rosoni a foglie. Secondo lo stesso Borsella lo stuccatore fu Domenico Cacatride di Monopoli che lavorò nell’anno 1775, com’è segnato nell’arco della porta della Chiesa. Giuseppe Ceci, parlando dell’architetto di questa Chiesa fa una giusta obiezione a quanto afferma il Borsella, il quale dice che l’intera riedificazione del Monastero e della Chiesa fu diretta dall’andriese Saverio Raimondo. «Questi, dice il Ceci, era nato nel 1729, sei anni dopo da che si era iniziata la costruzione, e aveva appena 12 anni, nel 1741, quando l’intero basamento dell’edifizio era stato completato. Avrà forse dato l’opera sua alla Chiesa, che almeno nella parte decorativa fu terminata in ultimo?».

I quadri esistenti sono di buon pennello e rappresentano: quelli della volta centrale, la Trinità e poi San Benedetto nei diversi atteggiamenti, cioè quando celebra la Santa Messa, cibando del Pane Celeste i suoi discepoli, quando insegna agli alunni le regole da professare e quando siede a tavola con la sua prediletta sorella Santa Scolastica. Nei due altari laterali pregevolissimi per le maestose cornici ornate da un drappeggio marmoreo, che inganna l’occhio facendolo sembrare di vere panno, si ammirano, a sinistra entrando la tela raffigurante la Deposizione ed a destra il gruppo di San Benedetto, Santa Scolastica, San Mauro, Sant’Edita figliuola del Re inglese Edgardo e Santa Geltrude. Detti lavori sono secondo lo storico Borsella, del pittore Calò di Molfetta, che dipinse altri quadri nella Chiesa di San Nicola ad Andria.
Dietro l’altare Maggiore vi è un altro quadro con la SS. Trinità adorata da San Nicola di Bari e San Riccardo di Andria, Santi Patroni delle rispettive città.

Il Borsella attribuisce a questi lavori lo stile del celebre Francesco Solimene, pittore nato nel 1657 a Nocera Pagano.

Il pulpito di noce, finemente scolpito, che una volta si ammirava in detta Chiesa ora trovasi nella Chiesa Collegiale di San Nicola. Esso fu costruito nel 1793 da Nunzio Morano di Andria.

Poche altre parole ci restano da dire sul portale d’ingresso del Monastero, che vedesi nella piazza Duomo, a destra della Chiesa. Esso fu ornato di fregi da un altro bravo andriese: Nicolantonio Brudaglio, che pose in alto una nicchietta, con la piccola statua di San Benedetto, ora in parte decomposta dai monelli. Ai lati di detto portale si vedono pure due stemmi, uno del Vescovo Angelo Florio (1477-1495) che rappresenta una vacca con un fiore e l’altro della Università di Andria con il solito leone e il ramo di quercia.

Il campanile, in parte scomparso, aveva due ordini con balaustre e gelosie alle finestre, e terminava a cupola con all’estremo punto il famoso corvo.

ELIGIO MORGIGNI (1896-1955)