Si riportano in questa pagina due documenti:
- 3 capitoli tratti dalle “Constitutiones editæ in Diœcesana Synodo Andriensi quam Rev.mus Lucas Antonius Resta Episcopus habuit A. D. M.D.LXXXII Ter. Nonas Decemb.”, in cui il vescovo Luca Antonio Resta nel dicembre del 1582 dichiarando "il monastero delle monache secondo la regola di San Benedetto, che di recente è stato costruito e or ora sarà occupato da monache", ne delinea indi sommariamente la regola;
- i capitoli XC e XCI del "Directorium Visitatorum, ac Visitandorum ..." del 1593, in quanto ci fanno conoscere l'effettivo modo di vivere nel Monastero delle Benedettine di Andria sito in piazza Duomo, praticamente dal momento della sua prima entrata in funzione (1582-83) fino alla sua scomparsa.
Dai tre capitoli delle "Costitutiones" si apprende che il primo Monastero, costruito al posto dei due soppressi Ospedali di S. Riccardo e della SS. Trinità, nonché con i fondi ad essi destinati, era stato appena terminato nel dicembre del 1582 e non era ancora stato occupato dalle previste claustrali benedettine, che probabilmente lo abitarono ai primi del 1583.
Nei capitoli del successivo "Directorium" poi, l'insieme delle regole ivi dettate fa intravedere (tra l'altro) alcune strutture presenti in quel Monastero di fine Cinquecento, e probabilmente poste in essere anche successivamente in quello riedificato nel Settecento demolendo il vecchio; ad esempio, in questo documento si parla di una cappella interna, di una cella adibita a carcere, per punire alcune gravi mancanze delle monache.
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Monasterium monalium secundum regulam Sancti Benedicti, quod de novo constructum est, et iam iam sanctimoniales sunt introducẽdæ, regatur et gubernetur iuxta, @ secundum regulam S. Benedicti, ad unguem ipsam observãdo.
Et ut dictum monasterium non gravetur ultra vires; & tot sanctimoniales ibi intromittantur, quantos redditus ipsius sustinere possit, mandamus decretis S. C.[oncilij] T.[ridentini] adhærentes; ut ibi constituatur numerus, & sic in posterum conservetur, qui ex proprijs monasterij redditibus, vel ex consuetis eleemosynis dandis pro modo, & facultate loci commodè sustineri possit: declarando triginta ducatos pro quolibet anno competere, @ sufficere: in reliquis circa hoc servetur constitutio D. N. Gregorij xiij. nec illum numerum liceat augere, nisi sufficiens annuorum reddituum monasterio fieret accessio.
Circa verò electionem Abbatissæ, earum vitam, conversationem, & divini cultus servitium; ac reliqua, quæ ad benè, rectèq.[ue] vivendum dicenda sunt, brevitatis causa omittuntur; & dicimus, & declaramus observari debere ab Abbatissa, & sanctis Monialibus, procuratoribus, & Cappellanis, & Confessarijs, cæterisq.[ue] officialibus dicti monasterij ea omnia, quæ S. C. T. & Provinciale Concilium Neapolitanum [de año 1576] de huiusmodi re decreverunt: quorum tenores hic pro expressis, & declaratis habemus, uti fuissent à nobis dicta, declarata, & diffinita, prædictis decretis in omnibus non remittendo.
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Il monastero delle monache secondo la regola di San Benedetto, che di recente è stato costruito e or ora sarà occupato da monache, sia retto e governato esattamente in conformità alla regola di San Benedetto, da osservarsi rigorosamente.
Affinché detto monastero non sia aggravato oltre le sue possibilità, e si introducano tante monache quante ne può sostenere il suo reddito, prescriviamo che si attenga ai decreti del Sacro Concilio Tridentino; affinché ivi sia stabilito e così in seguito si mantenga il numero [di monache] che possa essere agevolmente sostenuto dai redditi specifici del monastero, o dalle ordinarie elemosine, in proporzione e possibilità del luogo: notificando che spettano e sono sufficienti ogni anno trenta ducati. Per ogni altra disposizione in merito si osservino le disposizioni di Papa Gregorio XIII e non sarà consentito aumentare quel numero, se al monastero non si realizzerà un sufficiente aumento del reddito annuale.
Riguardo poi all’elezione della Badessa, alla loro vita, al comportamento e alla celebrazione dell’ufficio divino, nonché ogni altra norma che s’addice ad una retta e sana vita, per brevità si omettono; comunque diciamo e notifichiamo che la Badessa, le monache, i procuratori, i Cappellani, i Confessori e gli altri responsabili di detto monastero devono rispettare tutte quelle norme che il Sacro Concilio Tridentino e il Provinciale Concilio Napoletano stabilirono in merito: tali disposizioni le consideriamo qui espresse e dichiarate, come se fossero state da noi dette, notificate e definite, niente tralasciando dei predetti decreti.
[tratto da “Constitutiones editæ in Diœcesana Synodo Andriensi quam Rev.mus Lucas Antonius Resta Episcopus habuit A. D. M.D.LXXXII Ter. Nonas Decemb.”, Cupertini, apud Io. Berardinum Defam. M.D.LXXXIIII.]
Nel "Directorium" l'autore, il suddetto vescovo di Andria pro tempore mons. Luca Antronio Resta, scrive in italiano il capitolo XC, perché potesse essere letto, compreso e rigidamente osservato dalle Suore, per le quali questo testo era una regola aggiuntiva a quella di S. Benedetto, suore non tutte tanto colte da conoscere la lingua ufficiale della Chiesa e degli atti pubblici in generale, il latino, nella quale lingua scrive il successivo capitolo XCI, rivolto ai religiosi e amministratori del Monastero.
auctore R. P. D. Luca Ant: Resta (___ - 1597)
Messapiense Episcopo Andrien (27/4/1582 - 5/10/1597)
[Il Monastero con la Chiesa SS. Trinità, realizzato tra il 1723 ed il 1774, demolendo il vecchio cinquecentesco - elab. elettr. su foto Ist. Arti Grafiche (BG)]
Ordiniamo, che tutte le Suore intervengano in Choro al Divin’Officio così di giorno, com’anco di notte, fatto il primo segno; & la Badessa habbia diligentissima cura, che detto Officio si reciti adagio, con devotione, ad hore, & tempi deputati, & ciascheduna Suora sia obbligata levarsi, & andare al Matutino, & a tutte l’hore Canoniche, se già non fosse inferma, ò legitimamente impedita, overo, che fosse d’età di sessant’anni, & in tal caso ci rimettiamo alla coscienza di essa Badessa, dandole autorità, che possia con tali dispensare. Et, chi sarà negligente al Divin’Officio, per la prima volta dirà in refettorio cinque Pater noster & cinque Ave Marie. Per la seconda farà la disciplina in communità. & per tutte l’altre, che sarà consuetudinaria, per ciascheduna mangierà in terra in refettorio.
2. Non ardirà Suor’alcuna, mentre si dice il Divino Officio, ò s’ascolta la Messa, ragionare, ridere, & burlare, ò far’altre cose inconvenienti; & niuna si partirà dal Divin’Officio, ò Messa, se non per urgentissima causa, & con licenza della Badessa, essendo presente, &, quando non vi fosse, della Vicaria, ò di chi precede il Choro.
3. Et ciascheduna senza replica farà l’Officio in Choro, che le sarà imposto da chi particolare havrà questa cura, & nissuna si ritiri à dietro, con dire, Non tocca à me; e, chi contrafarà à quanto si è detto, dirà per ogni volta la colpa in pubblico refettorio.
4. Siano sollecite le Suore un’hora almeno in fare oratione, & spendasi ogni giorno da ciascuna delle Suore un’hora almeno in fare oratione mentale chi saprà farla, ò almeno vocale, dicendo Corona, ò Rosario, ò Salterio, o Sette Salmi, ò Officio di Morti, secondo la devotione di ciascuna, nell’hora della mattina inanzi l’hore Canoniche del Choro, ò dopò dette hore, non potendosi prima; & per un quarto avanti di andare à letto si soni la campanella all’esame della conscienza, che si habbia à fare da tutte nel dormitorio, ciascuna avanti l’Imagine posta presso il suo letto.
5. Il canto del Choro hà da esser semplice, & uniforme, & unisono, distintamente, & con devotione detto; & nissuna impari di cantare canto fermo, ne figurato; ne si usi canto fermo, ne figurato senza licenza.
1. Ordiniamo, che tutte le Suore debbano confessarsi, & communicarsi ogni Domenica, & non lascino di confessarsi, & communicarsi nelli giorni, ch’ordina la lor regola, & di S. Benedetto.
2. Commandiamo anco, che in quei giorni, che si farà la communione, niuna delle Suore private s’accosti à parlare con niuna persona secolare à crata, ò ruota, se non dopò il vespero, & questo per urgente causa, sotto pena, se andassero in detti giorni a parlare nell’hore, & tempi vietati, d’esser prive per un mese d’accostarsi à crata, ò ruota, & le Ruotaie, che le chiamassero, d’esser prive di lor officij, & la Badessa, che lo permettesse, d’esser dal suo officio sospesa ad arbitrio nostro.
3. Debbano le Badesse, tutte le volte, che non sarà assegnato loro il Cõfessore straordinario, chiederlo da loro, due, ò tre volte l’anno, secondo l’ordine del Concilio di Trento [1]; & tutte le Suore siano tenute andar da detto Confessore straordinario, etiam quelle, che non si volessero confessare; & le Badesse, ò Vicarie saranno sempre le prime, per dar animo à tutte l’altre. Et in quel tempo, che detti Confessori straordinarij v’anderanno; gli ordinarij Confessori per modo alcuno non si accosteranno al Monasterio; & il Confessore straordinario hà da esser un Padre della compagnia di Giesù, potendosi havere da Bari, ò dalla Cirignola, ò almeno alcuno delli Preti ben’instrutti di Bisceglia, ò, non potendosi, qualch’altro Padre di buona qualità, ad arbitrio dell’Ordinario.
4. E, s’alcuna Suora nostra in articolo di morte dimanderà altro Cõfessore, ordiniamo gli sia concesso, pur che quello, che chiederà, sia stato altre volte Confessore d’alcun Monasterio, ò almeno sia frate grave, e maturo, al quale per la presente Constitutione gli sia concesso co’l Confessore ordinario, ò co’l compagno, entrare à confessarla, &, incontinente, che l’harà confessata in loco patente, & honesto, talmente, che possa esser veduto dal compagno, & da due Suore vecchie, se ne uscirà dal Monasterio.
Ordiniamo, & commandiamo, che la creatione, & eletione della Badessa si faccia ogn’anno, secondo l’ordine di Nicolò Quinto Pontefice, il qual vuol, che subito finito, & compito l’anno, sia tenuta la Badessa sotto pena di scommunica Papale, da incorrersi in quell’instante, di renonciare il suo Officio; & detta elettione si farà alle crate, come vuole il Concilio Tridentino [2], per scrutinio & voci secrete; & non potrà esser’eletta alcuna di menor’età di quarant’anni, & che otto anni sia stata professa nella sua regola co’l timor di Dio, potrà detta Badessa, dopo finito il primo anno, & rassegnato l’Ufficio, di nuovo esser rieletta, & così per lo secondo per scrutinio, come di sopra, talmente, che non procederà oltre di tre anni, né potrà di novo esser rieletta, se non dòpò d’una elettione, almeno d’un’altra.
2. Non mancherà la Badessa, come Madre commune, mandare le cose uguali, però con religiosa discretione, considerando il bisogno delle persone particolari, trattando, in quel che concerne l’ufficio suo, tutte le Suore ad un modo, secondo la giustitia, & egualità frà di loro, ne perseguitando più una che un’altra per sue passioni, ò particolar affettione, sotto pena d’esser sospesa dall’Ufficio.
3. In oltre, ordiniamo, che detta Badessa convenga continuamente al Choro, & al refettorio, se ella non fosse inferma, come vuole la sua professione. sia nel comandare benigna, nel riprender, sollecita, & zelante, nel penitenziare le sue figliuole giusta, & severa, & nel provedere à bisogni, & occorrenze del Monasterio diligente.
Perché suole spesse volte accadere, che la Badessa per le cotidiane, & continue occupazioni, che occorrono nel governo, ò per la gran’età, ò infermità con possa convenire, & esser sollecita in attendere, che le Suore vivano con quell’osservanze, che devono; ordiniamo, che in ogni Monasterio, dopò l’elettione della Badessa, debbasi eleggere con l’istesso modo per voti secreti una Vicaria, delle più zelanti, & diligenti, del Monasterio, & potrà anco lei contunuare nel suo Ufficio per tre anni, come si è detto della Badessa.
2. L’Ufficio della Vicaria è d’intervenire, & di trovarsi sempre in Choro, & in refettorio con le Suore, & far l’officio proprio della Badessa, quando essa però fosse assente, o inferma; & vogliamo, che sia obedita, & reverita, la prima dopò detta Badessa, alla quale s’è dato questo aiuto della Vicaria, non per far due capi, ma perch’ella sopplisca a tutto quel, che la Badessa non potesse; & questo, acciò che una di loro almeno sopplisca sempre, & si trovi presente.
Acciò che il governo del Monasterio proceda regolarmente, & con ordine, commandiamo, che capitolarmēte si eleggano ogni anno per voto secreto, come si e detto della Vicaria, quattro, overo più Suore, secondo la consuetudine di ciaschedun Monasterio, le quali debbano essere delle più diligēti & zelanti dell’honor di Dio. queste Madri, & Suore, si chiameranno Discrete; & senza l’intervento loro, la Superiore non potrà fare cosa alcuna d’importanza pertinente al Monasterio, & alla dispositione del viver commune, & laudabile consuetudine; & non si farà mai contratto di compra, ò vendita, di locationi, & liberationi, ò altro d’importanza, oltre il conseglio delle dette discrete, senza il consenso, & voto di due terzi del Monasterio, & assenso, & beneplacito nostro.
2. Et, perche spesse volte dalli Capi procedono i beni, & i mali, acciò che la Badessa, & Vicaria, & altre Officiali siano sempre Canonicamente elette, commandiamo, che in simil’eletione niuna Suora habbia ardire di fra prattiche, né favorire per amicitia, ò parentela, ò commodo particolare, più una, che un’altra, né usar fraude, ò particolarità nell’eleggere, sotto pena di privatione di voce attiva, & passiva per tre anni.
Perché molti scandali nascono ne’ Monasterij, per molti ciarlamenti, & novelle, che per lettere, & ambasciate escono, ò entrano nel Monasterio & per vani ragionamenti, che si fanno, con cagione di molti mali, oltre la perdita del tempo, che si fa, ordiniamo, ch’ogn’anno si debbano eleggere tre, overo più ò meno, secondo il costume dei Monasterij, le quali saranno chiamate Ruotaie, ò Portinaie, & à tali si spetterà rispondere à chi viene per parlare alle Suore. Et prima, chi vorrà parlare con qualche Suora, lo interrogheranno con qual Suora egli voglia parlare, & non faranno mai ambasciata à Suora alcuna, ne gli porteranno lettere, che prima non lo dicano alla Badessa, &, ottenuta licenza da lei, le Monache, che sono chiamate, potranno parlare con chi l’avrà fatto dimandare, & non altrimenti, sotto pena d’esser prive delli loro officij.
2. Ordiniamo in oltre, che si debbano anco eleggere alcune Suore per assistere à quelle, che alle ruote, ò alle porte saranno dimandate, il numero delle quali sarà secondo la consuetudine de’ Monasterij, & queste tali si chiameranno Ascoltatrici, & senza la presenza almeno d’una di loro non potrà Suor’alcuna ragionare à ruote, ne à crate, & non permetteranno dette Ascoltatrici, che alcuna Suora possa stare alle crate, ò altrove à ragionare con huomini per lungo tempo, ancorche fossero stretti parenti, sotto pena alle Ascoltatrici, di privatione di voce attiva, e passiva per un’anno. Et le Suore, che voranno parlare à crate, ò ruote, con secolari, non haranno ardire, & potestà di chiamar seco qualunque Ascoltatrice, che vorranno, ma quella, che sarà loro assegnata determinatamente dalla Badessa, ò dalla loro Vicaria; & quell’Ascoltatrice, che non vorrà assentire à quanto gli sarà ordinato dalle Superiori, per penitenza ciascheduna volta farà la disciplina in Refettorio.
Perché non è cosa, la quale sia più commandata dalle regole, & dalli Monasterij ben disciplinati, quanto l’osservanza della vita commune trà le Suore, com’hanno promesso per solenne voto osservare, commandiamo, che tutte debbano vivere in comune ad una medesima mensa d’un medesimo pane, vino, & pietanza. Provederà però la Badessa, secondo la facoltà del Monasterio, ben commensurata alli bisogni delle Suore, cõ discrezione, & carità c, & altre cose necessarie, facendo, come Madre provida di famiglia, ante vedendo nel principio dell’anno l’occorrenti necessità del Monasterio, & l’entrate con le solite elemosine, per poter provedere à quanto farà bisogno: & sarà diligente, & verso tutte uguale, acciò che le Suore, lasciata la cura di queste cose terrene, siano più ferventi nelle cose spirituali, in tanto, che nissuna sappia alcuna cosa esser sua, non havendo in loro libertà il volere, ò non volere, ma harãno l’uso di tutte le cose à libero beneplacito della Badessa, perché, altrimente facendo, sarieno proprietarie, & non serverebbono il voto della povertà, ch’è non solo non haver cosa alcuna propria, ma ne anco desiderare d’haverla. onde, acciò che questo habbia effetto, commandiamo, che niuna Suora in suo nome proprio possa tenere beni mobili, & immobili, né in qual si voglia modo acquistati, ne anco danari, ma debbano quanto prima notificare quanto hanno alla Badessa, acciò che sia palese, & manifesto tutto quello, che possederanno per loro uso; & amino tutte inviolabilmente la santa povertà, come muro della Religione: & ciascuna sappia, & intenda, niuna cosa benche minima esser sua, ne poterne disporre in modo alcuno come propria, ma con licenza della Badessa, & in casi necessarij, ò molto convenienti, poiche non è in loro libertà, ne hanno volere, ò non volere; ma intendano, il voto di povertà consistere non solamēte in non haver dominio, ò proprietà di cosa alcuna, ma ne usufrutto, ne uso, che si debba per via di ragione, ma solamente uso di fatto condecente, & nuda tenuta ad arbitrio della Superiore.
2. Et perciò sappia ciascuna, che non può donare, ne dare presenti, ne ricevere, né può vendere, ne locare, ò fare altri contratti, eccetto la Badessa, & Monasterio in commune, & quel che le sarà concesso tenere, ò pigliare con licenza, non lo può spendere in usi profani, ò vanità, ò in cose soverchie, & inconvenienti.
3. Intenda ancora la Badessa, & ciascuna Monaca, che non solo è peccato di proprietà tenere alcuna cosa di danari, ò d’altri in suo potere, ò d’altri, senza licēza, ne saputa della Superiore, disponēdone à suo proprio arbitrio, ma ancora è proprietaria quella Religiosa professa, che, tenēdo alcune cose con licenza, ne disponesse in usi profani, & disutili, ò donasse à parenti, ò ad altri per complimenti vani, ancorche lo facesse con licenza della Badessa, poiche li Superiori non hanno potestà di dissipare le cose del Monasterio, ma carico di conservarle; & la licenza data in usi disutili non vale; & pecca la Badessa, & la Suddita; & guardinsi di non tener cosa alcuna occolta, & secreta, che non lo sappia la Badessa. chi contra farà, come proprietaria, sia carcerata per otto giorni.
Tutte le Suore si vestiranno d’una medesima sorte di panno, & siano li habiti d’una medesima fattione, & senza curiosità, & il colore sia secondo che ricerca l’ordine di S. Benedetto, & secondo la laudabile consuetudine antica della Religione, sotto pena alla Badessa, che altrimente permettesse, d’esser sospesa dal suo Officio, & le Suore, che tali panni disforniti usassero, d’esser prive, senz’alcuna remissione, di detti panni.
Ordiniamo, che, quando occorrerà morire alcuna Suora, niuna discepola, Badessa, Sorella, Zia, nepote, parente, ò qualunque altra Suora privata possa attribuirsi, ne appropriarsi spoglia alcuna di detta defonta, ma tutto quel, ch’era ad uso di detta morta, si consegni fedelmente alla Badessa, & servirà per uso cõmune, & beneficio del Monasterio.
2. Potranno però la Badessa, Vicaria, & discrete, se vedranno il bisogno, dispensare tali robbe alle Suore più bisognose. & se alcuna Suora occultasse, tenesse, ò spendesse à suo gusto spoglie d’alcuna defonta, non possa essere assoluta, se non da noi, fatta però prima la restitutione.
Desiderando, che’l voto dell’Obbedienza al tutto sia osservato in quel che non è contrario alla salute dell’anime, & alla professione: Ordiniamo, che ciascheduna Suora obbedisca alla Vicaria, & a tutte le altre Officiali, respettivamente in quel che cõcerne l’officio loro; & quelle, che saranno penitentiate, esseguiscano dette penitenze senza replica, quando saranno loro imposte alla colpa, ò altrove, per le transgressioni della loro regola, & di queste nostre ordinationi; & la Badessa non mancherà, secondo la consuetudine del Monasterio, ascoltare la colpa, una, ò più volte la settimana; & riprenderà tutte le delinquenti, secondo la qualità, & quantità de’ difetti, ove però non saranno determinate le penitenze in queste nostre Ordinationi. Ma, dove sono espresse semplicemente, siano esseguite, & per niun modo rilassate; & quando s’ascolterà la colpa alle professe, non vogliamo, che siano presenti le novitie; & nissuna presuma rispondere alla colpa, difendere, ò scusare alcuna, che fosse ripresa, sotto pena d’una disciplina publica in refettorio; ma, quando ragionevolmente apparesse, che si facesse ingiustitia ad alcuna, à lei sola con ogni modestia, & humiltà separatamente potrà dir’il suo parere.
E, quando la Badessa commanderà cosa alcuna per santa obbedienza, mostrando voler esser obbedita, come verbi gratia se ella commandasse più volte, che una tacesse, quando nascesse alteratione frà le Suore, overo, che non si rivelino cose, dalle quali ne potesse nascere scandalo, overo odio, tutte le volte, che non si osserverà tal’obbedienza, quella tale, che sarà disobbediente, sarà tenuta mangiare in terra pane, & acqua, senza niente in testa. & se occorresse, che alcuna Suora non solo rispondesse arditamente alla Badessa, ma ancora (che Iddio non voglia) con parole ingiuriose d’infamia insurgesse contra di lei, commandiamo, che quella, come disobbediente, e ribella, sia incarcerata, & stia in prigione per quindici giorni: & chi dicesse tal’ingiurie all’altre Suore, sia incarcerata per tre dì, & nissuna ardisca rinfacciare difetto alcuno passato, & innovar le piaghe passate corrette, & castigate; &, chi contrafarà, mangerà una volta in terra co’l capo scoperto in refettorio; & se alcuna infamerà in cosa grave la sua Sorella, non vogliamo, che possa esser assoluta, se non da noi, fatta però la restitutione della fama, & pacificata che sarà con lei.
Poiché il Sacro Concilio di Trento [3], tanto severamente ordina, sotto l’attestationi del Divin Giudicio, & minaccie della maledittion’eterna, à tutti li Superiori, l’osservanza della clausura de’ Monasterij, acciò che questo si osservi inviolabilmente, commandiamo per santa obbedienza, che niuna Badessa, ò qualunque altra Suora, ardisca intrometter dentro alle prime porte del Monasterio, che saranno quelle oltre la casa del Parlatorio, & Ruota, ne Huomini, ne Donne di qual si voglia condicione, ò per qual si voglia causa, se non vedrà prima la licēza in scritto del Superiore, sotto pena della scõmunica Papale, da incorrersi in quello istãte, & privatione dell’ufficio che havessero, & inhabilità in perpetuo à qualũque potessero havere, oltre della pena del carcere per dieci giorni la prima volta, & per la seconda un mese. Et il Sacro Concilio Tridentino, & Constitutioni di N. S. Gregorio XIII. sotto gravissime pene commandano, che si osservi la clausura, & non si possa entrare, ne uscire extra septa Monasterij.
Ne presumano mai Confessori entrare nella Clausura, se non per cagione d’amministrazione li Santissimi Sacramenti à inferme, racomandar l’anima, & far l’Officio alle defunte; &, tuttevolte ch’entreranno, entrino con la cotta, & stola, si come vuole la Regola delle Monache velate.
Dichiaramo etiam, & commandiamo alli Confessori, che non ardiscano andar mai à celebrar Messa in tempo alcuno nella Chiesa di dentro d’esse Suore; & siano certi, che, entrandovi, fuor di tal necessità, come habbiamo detto di sopra, incorreranno nella scommunica ipso facto, & privationi di loro officij; & tutte le volte, che per tal necessità v’entreranno, subito che da quelli negotij saranno spediti, se ne usciranno fuora, & sempre il compagno sarà con essi loro, entrando, stando, & uscendo. Non permetteranno, che, mentre essi confessano, vadano li compagni per il Monasterio, mà staranno talmente disposti insieme, che uno vegga l’altro.
Avvertiranno le Badesse, che, quando sarà necessario, che alcuni entrino dentro la clausura, come il Confessore, il Medico, Chirurgico, ò altri, per portar dentro grano, vino, oglio, legne, farina, e simili, habbiano questi tali sempre la licenza in scriptis da Superiori, & sempre siano accompagnati da quattro Suore in ciò deputate, & si dia segno con una campanella, che tutte le Suore, le quali fossero sparse per il Monasterio, si ritirino nelle loro camere per non esser viste; & nissuna delle Officiali, fuor che nelle cose appartenenti nelli loro officii, ardisca di parlare con quelli tali, sotto pena della privatione di voce attiva, & passiva per un’anno.
Commandiamo ancora espressamente, che nissuna Suora possa stare alla porta, lasciandosi vedere, ò guardando altri, ò ragionando cõ qualsivoglia persona, sotto pena d’uno mese di carcere; & ordiniamo, che niuna intrometta per la porta, ò per la ruota, fanciulli, ò putti maschi, ò femine, di qual si voglia picciola età, & che non si possano tener dentro il Monasterio, per imparare, giovane, & ivi custodirle, ne altre donne ammettere, se non per monacarsi senza licenza del Sommo Pontefice commessa all’Ordinario, il quale harà da vedere, se sia vera, ò sorrettitia.
Commandiamo ancora espressamente à tutte le Suore, che, tutte le volte, che sarà loro data alcuna cosa da mangiare, la debbano consegnare alla Badessa, la quale (essendo la cosa donata in quantità) debba farla dispensare in servitio commune dell’altre: però à quella, che sarà stata donata, se le ne potrà dare una parte maggiore. ma, essendo li presenti di cosa minima, si consegnino alla Badessa, da distribuirsi à chi in Domino le parerà, come ad indisposte, ò convalescenti, se non sarà cosa da potersi dare in commune.
Non vogliamo, che per l’avenire alcuna possa accettare presenti, quantunque minimi, da qual si voglia persona, senza espressa licenza della Badessa, Vicaria, overo di alcun’altra madre zelante, alla quale ciò fosse commesso: &, essendo esse occupate, questa tale intenderà bene, chi lo manda, & chi lo porta, & che interesse hà la Suora presentata con quella persona, che dona; &, conoscendo, che vengono da parenti, ò da persone timorate di Dio, & non sospette, vogliamo possa dar licenza, che si accettino; ma, dubitando, ò sospettando altrimenti, debba rivocarli, & riprender chi li porta.
Commandiamo ancora, che niuna possa mandar fuora presenti à qual si voglia persona, ancorche fossero parenti stretti, se prima non mostra il tutto alla Badessa, & gliene chieda licenza, la quale consideri bene, chi sia la persona, alla quale si presenta, se è persona bene merita del Monasterio, (che il donare à tali persone, sarebbe atto di gratitudine, & caritativa remuneratione) & che cosa gli manda, & di che importanza, & donde si può muovere à fargli simile presente: &, conoscendo la persona sospetta, ò il presente di valuta, ò l’occasione scandalosa, non gli darà licenza in modo alcuno, sotto pena di sespensione del suo Officio: & quella, che senza tal licenza presentasse, resti priva di voce attiva, & passiva per un’anno.
Ne manco sotto pretesto di servigio alcuno, Suora alcuna darà pane, vino, ò qual si voglia altra cosa del Monasterio, à donne, ò ad altri, che facessero servitij, senza licenza della Badessa, ò Vicaria, le quali essortiamo che debbano esser nõ meno discrete, & prudenti, che amorevoli, & caritative.
Le lettere non si scrivano senza prima dimandar licenza alla Badessa, à cui si dirà, à chi, & che cosa s’havrà da scrivere, & non si mandino, se prima non saranno viste, & lette dall’istessa Badessa, à cui starà il mandarle, ò nò, & non si ricevano lettere, ne polize, se non per la Portinaia, ò Ruotaia.
Ordiniamo, che le rote habbiano di dentro le porte ferrate con serrature, & chiavi, & parimente le crati; & le Ruotaie havranno diligente cura per tempo la sera serrare dette ruote, & la mattina non l’apriranno avanti il levar del Sole, se non fosse per causa d’importanza, & con licenza della Badessa. Le crati poi siano doppie, & discoste almeno un palmo l’una dall’altra, dove però non sono le lamine perforate, & piastre, perche, dove fossero, basterebbe una crate sola; & habbiano dette crati i telari di tela nera dentro, & che si serrino a chiave, & tal chiave la terrà sempre presso di se, etiam quella delle crate della sacristia, & del sportellino della Communione, la Badessa, la quale non conceda à Suora alcuna per potersi mostrare ad huomini, eccetto, che se fossero parenti molto stretti, & alle donne, purchè siano parenti, se ben non tanto strette. Ne si potranno le Suore mostrare à detti parenti loro, più di tre volte l’anno, senza licenza nostra.
Commandiamo ancora alle Ascoltatrici, che non si discostino mai dalle Suore, che ragionano, ne permettano, ch’alcuna ragioni di secreto, overo di cose inconvenienti.
Commandiamo etiamdio à tutte le Suore, che non tengano amicicie di Preti, ò Frati della loro, ò altra religione, ò di secolari, che non siano parenti, sotto pena della privatione di voce attiva, & passiva, & inhabilità in perpetuo ad ogni ufficio; & la Badessa, sotto pena di privatione del suo Ufficio, non permetterà, ch’alcuna ragioni con alcun Frate di qual conditione si sia, se prima non si farà presentare la licenza havuta da noi in scriptis, & tal licenza la riterrà presso di se, senza mai renderla al Frate, perché detta licenza non valerà per più d’una volta.
Tutte le Suore non mancheranno di convenire in refettorio fatto il primo segno, & ritrovarsi presenti alla benedittione della mensa, eccettuate l’inferme, & entrino tutte insieme à tavola, & nessuna si parta, fino che non saranno rese le gratie, se non fosse per cosa d’importanza, & questo con licenza di quella, che precederà in refettorio; &, mentre si mangia, una continuamente leggerà; & tutte l’altre attenderanno non solamente à cibar il corpo, ma ancora l’anima con qualche devota, & spiritual lectione, & ciascheduna sederà nel suo luogo, secondo l’ordine, & antichità, & continuamente si osserverà il silentio, & non sarà lecito ad alcuna parlare, se non per caso d’importanza, & con bassissima voce, ne si dispenserà il silenzio dalla Presidente, se non rarissime volte, & nel tempo di tal dispensattione le Suore staranno con modestia, & discretione, si come conviene alle vere serve di Christo.
Per levar via totalmēte la proprietà, & per utilità commune, ordiniamo, che tutti li danari, che vengono nel Monasterio, ò siano d’entrate di possessioni, & d’altre cose spettãti à quello, come d’affitti, doti, legati, elemosine, certe, & incerte, che pervenissero al Monasterio, ò fossero lasciate in particolare à qualche Suora, si debbano ricevere dalla Badessa, & si scriverãno tutte in un libro da una Suora, la quale in alcuni Monasterij si chiama Camerlinga; & si metterãno tutti li detti danari insieme in una cassa, la quale habbia due chiavi differenti, delle quali una ne terrà la Badessa, & l’altra quella Suora, c’harà cura di scriverli.
Questa tale spenderà, quando sarà’l bisogno, però con intervento, & licenza della Badessa, & subito scriverà partita per partita nell’istesso libro, tanto la spesa, come l’entrata del Monasterio; & nell’istessa cassa terrà ciascheduna Suora li danari, che le saranno concessi per uso particolare: dovendo la Badessa, & Camerlinga poi dare in ogni quattro mesi conto all’Ordinario, & deputati per l’Università, dalli quali dipenda la significatoria in assolvere, & condennare secondo la qualità delli conti, che si daranno: dichiarando, che li danari, & robbe donate, ò lasciate ad alcuna Suora particolare si hanno da mettere in commune per li bisogni del Monasterio, & non s’hanno da riserbare per darli alli particolari, ne ci hà da essere altra cassa da rimettersi danari per uso particolare, ma solo la cassa commune.
Non si possa accettare alcuna persona minore di dodici anni compiti, come vuole il Concilio di Trento [4], col consenso di due terzi del Monasterio, & licenza nostra; & non s’accetterà à viva voce, & publica, ma per voti secreti, accioche si levino tutti i sospetti, che potessero nascere. Avertiranno però le Suore, quando hanno da dar voto ad alcuna per esser Monaca, che tale sia ben nata, di parenti di buona fama, & di buona, & santa mente, sana di corpo, & atta à fare gli essercitij communi del Monasterio. Avertiranno in oltre le Badesse, insieme con le Vicarie, ch’avanti, ch’introducano alcuna dentro per monacarsi, che se le faccia sapere tutta la regola, l’asperità del vivere, del vestire, delle vigilie, de’ digiuni, dell’orationi, & d’ogn’altra asprezza del viver loro; non permettendo, ch’alcuna Suora particolare si pigli, & allevi alcuna discepola, etiam che le fosse parente, perché si fanno poi com’un’idolo di quella, & cercano di lasciarla herede delli loro oratorij, ò celle, & delle spoglie, che non sono loro, ma del Monasterio, avezzandole ad esser proprietarie, & sensuali. Onde, per estirpare questa mala consuetudine, commandiamo espressamente, che per Scrutinio secreto s’elegga una Suora delle più discrete, & zelanti, la quale sarà detta Maestra delle novitie, & havrà cura di loro, & insegnerà ad esse il modo di vivere, & le cirimonie della Religione, l’Officio Divino, & l’osservanza della loro regola; & niuna sarà ammessa alla professione, se non havrà finito il sesto decimo anno co’l voto delle Suore, & licenza nostra. Detta Maestra havrà cura di esse non solo nell’anno del novitiato, ma ancora due anni seguēti, che sarãno professe, che stiano seco, ne vadano vagãdo per il Monasterio cõ le Suore professe ma sempre accõpagnate da lei, ò d’alcun’altra da lei deputata, & le alleverà nel timor di Dio; &, infino che non sarà compito il terzo anno; dette giovani professe non haranno voto nell’elettione della Badessa, quantunque fatta la professione possano in tutte l’altre elettioni haver voto.
Perché per esperienza vediamo, ch’è molto meglio esser poche, & buone, ch’assai, & inutili, acciò che non sia maggior il numero di quanto siano bastevoli l’entrate, & l’elemosine cotidiane, & che, mancando la sostanza corporale, non si perda l’osservanza regolare, secondo, che vuole il Sacro Concilio di Trento [5], & secondo la Costitutione di N. S. Gregorio xiij. il quale vuole, che non possa esser maggior’il numero delle Suore di quanto comporta l’entrata del Monasterio: Per questo si faccia il conto, quanto si può spendere l’anno per vitto, & vestito di ciascuna; &, conforme à questo esito, & all’entrate del Monasterio, & alla dote, che si darà, habbia da esser il numero delle Suore.
Considerando il grã scandalo, che nasce spesse volte ne’Monasterij per rivelarsi i difetti delle Suore fuori del Monasterio à secolari, à quali nõ si deve, & nõ senza ammiratione di loro; per dar rimedio à tali difetti, Commandiamo sotto pena di scommunica, & maledittione del Beato Santo Benedetto, & nostra, che niuna riveli i difetti della Religione, ò del suo Monasterio, à qual si voglia persona fuora del Monasterio, salvo, che à suoi Superiori, & suoi legitimi Prelati per rimediarvici: &, chi contrafacesse à questo, che Iddio non voglia, oltre alle pene arbitrarie cõforme al delitto, non potrà esser assoluta se non da noi.
Acciò che questa fatica non sia frustatoria, & vana, & li buoni ordini, che si fanno, non vengano in dispregio, vogliamo, che tutte le sopradette ordinationi da tutte le suore, tanto superiori, quanto suddite, siano osservate intieramente; & quando le superiori saranno negligenti in osservarle, & farle osservare, saranno severamente penitentiate da noi, con la privatione, overo sospensione de’ loro ufficij. Ordiniamo ancora, che, dopo che saranno le presenti ordinationi cosi fatte, ogni Badessa, che pro tempore sarà, sia obbligata haverle nel Monasterio, & almeno ogni due mesi una volta le faccia leggere in Refettorio, acciò che niuna sia scusata per l’ignoranza; & dopò, che saranno lette, si conserveranno; & gli Ordinarij, che saranno nelle loro Visitationi, così paternali, come giudiciali, trovando le Suore difettose, & non osservanti di dette ordinationi, le castigheranno severamente; altrimente aggraviamo le conscienze loro, che nel giorno del Giudicio ne habbiano à render conto strettamente avanti il Tribunal di Christo Signor Nostro, al quale sia honor, & gloria adesso, & sempre. Amen.
Lucas Ant. Resta, Epũs Andrien.
Locus sigilli.
Confessores Monalium, qui eligantur graves, & maturi, tùm ætate, tum moribus, non possint ingredi Monasteria earum, nisi instante infirmarum, & conferendorum Sacramentorum necessitate, & semper cum socio sibi deputato.
Et, ut, iuxta Apostoli sententiam, omnia honestè, & secundum ordinem fiant in nobis, & quia his, qui in Christo piè vivunt, non malum tantùm, sed etiam mali quoque suspectio cavenda est: statuimus, ut socius Confessoris Monalium, quantũ fieri poterit, ab ipsius latere non recedat, & pro amborum custodia semper alter alterum videat.
Cùm verò pro audienda confessione, aut aliquo Sacramento conferendo ingreditur, vadat semper superpellicio, & stola indutus; exceptis verò his casibus, nullo modo ingredi possit, nisi de speciali licentia Prælati sui, ob aliquam causam, si iuxta, & necessaria iudicata fuerit.
Socij verò Confessorum cum aliqua Monalium loqui non præsumant absque licentia Confessoris: contrafacientes autem, toties in pane, & aqua ieiunent, quoties contrafecerint, nec à quoquam dispensari possint, nisi pænitentiam fecerint.
Nec petant ipsi Confessores, nec socij, aut accipiant, sive dent aliquid Monialibus, sine expressa licentia Prælati sui.
Communio autem ipsarum, quae saltem semel in singulis mensibus fieri debet,
fiat semper ad fenestram ad hoc deputatam, excepta feria V majoris hebdomadæ [il Giovedì Santo],
& sollemnitate Corporis Christi, propter processiones, & cærimonias illarum dierum.
Exhibeatur quoque à Prælato Confessor extraordinarius, bis, aut ter in anno,
qui omnium confessiones audire debeat, sicuti præcepit Tridentina Synodus
[6].
In accipiendis puellis tum ad habitum, tùm ad professionem, illa omnia sunt executioni mandanda, quæ Tridentina Synodus [7] præscripsit: inter quæ id praecipuè advertendum, quòd professio fieri non potest, aut debet ante sextum decimum annum expletum: ad quam nulla admittenda, quæ minori tēpore, quàm per annum, in probatione extiterit.
Nulla autem possit in Capitulo proponi, nisi de consensu Prælati, si præsens fuerit: aliter omnia pro infectis habeantur: si quae autem reiecta fuerit, non possit proponi amplius, nisi maior pars Capituli, præsente Prælato, consenserit. quo facto, possit denuo proponi, attento, quod, si quæ Moniales præsentes non fuerint acta in Capitulo tàm in his, quàm in cæteris actibus, committere, nec etiam ipsi Abbatissæ debet; Sed Prælatus sic absentium pro infirmitate vota requirat, denturque; vota per calculos, aut fabas, & non per voces.
Quando autem erunt vestiendæ puellæ habitu sanctæ Religionis, ad evitandum tumultum, & conservandam illarum devotionem, ipsæ, pro sumendo habitu novitiatus, vespere introducantur in monasteriũ, & manè secreto induantur habitu sanctæ Religionis in interiori Ecclesia; & hoc fiat absque sæculari pompa.
Caveatur autem, ne multiplicentur novitiæ, ultra numerum, quæ vel ex redditus proprijs Monasterij, vel ex consuetis eleemosynis commodè non possint sustentari; ut decrevit Sancta Tridentina Synodus [8]: nec eleemosynæ pro receptione novitiarum acceptæ, ab Abbatissis, absque interventu Prælati, & Monasterij discretarum, expendantur.
Advertatur præterea, ne, ante emissam professionem, excepto victu, & vestitu, quo tempore in probatione est novitia, quocunque prætextu à parentibus, vel propinquis, aut curatoribus eius, Monasterio aliquid ex bonis eiusdē tribuatur; ne hac occasione discedere nequeat, quòd totam, vel maiorem partem substantiæ suæ Monasterium possideat; nec facilè, si discesserit, id recuperare potest; quin potius præcipit Sancta Tridentina Synodus [9], sub anathematis pœna, tàm dantibus, quàm recipientibus, nec hoc ullo modo fiat.
Abbatissa, & Moniales nullam amodo in Monialem recipiant, nisi Chrismatis charactere insignitam; ne tali occasione cogantur introducere Episcopos, & aperire Monasteria sæcularibus.
Nulla etiam mulier, cuiuscunque conditionis, vel ætatis existat, pro quacunque causa proponi possit in Monasterijs, nisi servatis ordinibus Illustrissimæ Congregationis, & diplomatibus, sive privilegijs Summi Pontificis, obtentaqua licentia etiam à nobis in scriptis, excepta tamen causa urgentissima, videlicet, tempore belli, & huiusmodi.
Statuimus etiam, ut insuper Moniales nostræ subditæ, omnino abstineant a colloquijs personarum laicarum utriuscque sexus, etiam consanguineorum, omnibus diebus Quadragesimæ, & Adventus Domini, & in quibus facta fuerit Sanctissima Communio, ob reverentiam talium dierum, & ut contemplationi rerum Divinarum vacare possint.
Nulla autem Monaliis, nec etiam Abbatissa præsumat introducere alios medicos, præter ordinarios Monasterij, sine licentia Prælati, quiquidem non facile licentiam huiusmodi impartiatur, sed omnino advertat, ut in hoc serventur decreta Sacrosancti Concilij Tridentini [10], Constitutiones Apostolicæ Fel. Record. Pij V. & Gregorij XIII.
Ordinamus, ut Moniales a modo non præsumant mittere sine nostra licentia munuscula, tàm generaliter, quàm particulariter.
Volumus etiam, & ordinamus, ad evitandum proprietatis vitium, furta, & inobedientias, & alia inconvenientia, quòd nulla Monalium donare aliquid possit ulli Confessorum, aut aliorum ex nostris, vel cuilibet, neque etiam de speciali licentia Abbatissæ.
Contrafacientes verò, tam Moniales, quàm alij, cuiuscunque gradus existant, ieiunent ter in pane, & aqua, intra quindecim, aut viginti ad summum dies, & Abbatissæ recepta restituant. super quo à nemine dispensari valeant.
Ordinamus etiam, quòd Moniales scribentes, vel mittentes litteras sine facultate, pro qualibet vice comedant in terra in refectorio, in pane, & aqua, & genuflexæ maneant ad Refectorij portam transeunte conventu, cum Zona ad collum.
Si contigerit in hoc Monasterio esse plures sorores germanas, si earum una Monasterio præfigatur, & Abbatissa creetur, alias sorores mandamus omnibus officiis carere, & vitam ibi privatam agere.
Quæ electæ fuerint, uti earum obedientia postulat, officia suspiciãt, & munera sibi iniuncta sine recusatione humiliter exequantur. Quæ aliter fecerint, absque iusta causa, quæ vel ab Abbatissa, vel Ordinario Superiore probata fuit, & admissa, careant voce activa, & passiva.
Abbatissa, vel eius Vicaria, & omnes etiam in simul curent, ut pax, & concordia Sororum conservetur, sublatis, quantum fieri poterit, omnibus dissidijs, & discordiæ causis, ut (quem admodum debent) unum corpus, & unus spiritus fiant in earum Sponso Iesu Christo, perfectoque charitas vinculo ei colligentur.
Studeat etiam Abbatissa, ut singulæ Sorores suo munere rectè fungantur; neque ulla alterius officium occupet, nisi auxilij causa; idque ipsius nutu. Et, ut omnia recto ordine perficiantur, mandatur, ut silentium locis, ac horis præscriptis servetur. Si verò alicuius improbitas, vel importunitas, vel verbo, Sororum, pace turbata, charitatem violaverit, acerrime ab Abbatissa, vel Vicaria, & (si opus fuerit) à Superiore puniatur; ut eius animi elatio dometur.
Demum prædicta Abbatissa, tanquam communis omnium mater, ipsarum & corporis, & animæ saluti diligentissimè consulat, easque studiosè admoneat, ut puro corde sint, integritatem servent, & ad perfectionem virtutum omnium contendant; si quidem, quæ religionem sumpserunt, nisi ad summum illum gradum pro viribus pervenire conentur, minus sanè afficiunt, quàm debent, provitæ-, & ordinationis instituto, quod profitentur. Meminerit autem Abbatissa, sibi reddendam esse rationem iustissimo iudici erratorum, quæcunque Moniales eius negligentia, aut culpa admiserint.
Lucas Ant. Resta, Epũs Andrien.
Locus sigilli.
[tratto da "Ordinationi, et Constitutioni ... da osservarsi ... nel nuovo Monasterio dell'ord. di S. Benedetto ...", di Luca Antonio Resta, - in "Directorium Visitatorum, ac Visitandorum ...", Extypographia Guielmi Facciotti, Romae, 1593, Cap XC, pp.140-162.]
NOTE (nel testo originale le note sono di pagina e non di argomento, poste nel margine laterale esterno e con richiamo in formato lettera minuscola)
[*]
Le parentesi quadre indicano lettere non presenti per abbreviazione.
I puntini di sospensione (…) indicano parole o gruppi di parole di difficile lettura sul manoscritto,
non solo molto antico ma anche non perfettamente riprodotto.
Nella scultura dello stemma del vescovo Resta riprodotto poco più sopra (attualmente affisso nell'atrio dell'Episcopio) si legge "CHARITAS" ed alla base
"LUCAS ANT[ONIU]S RESTA / MESSAPIEN[SIS] DEC[ANUS]
DOCT[OR] / EP[ISCOP]ŨS ANDRIEN[SIS] A FŨ[N]DA[MENTA] EREXIT / 1532".
La data probabilmente era 1582 (anno in cui divenne vescovo di Andria ed eresse il monastero delle Benedettine),
forse in parte abrasa dal tempo e ricalcata male nei restauri.
Le foto (ovviamente), non sono nel testo originale, ma aggiunte dal redattore di questa pagina.
[1] Sess.25. c.10.
[2] Sess.25. c.7.
[3] Sess.25. c.5.
[4] Sess.25. c.17.
[5] Sess.25. c.3.
[6] Sess.25. c.10.
[7] Sess.25. c.17.
[8] Sess.25. c.3.
[9] Sess.25. c.19.
[10] Sess.25. c.5.