Depliant della F.I.D.A.P.A.

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Monastero delle Benedettine
e
   Chiesa della SS. Trinità

La storia

Sull’area oggi occupata dalla piazza Duomo e in parte dal mercato comunale nuovo sorgeva un tempo il Monastero delle Benedettine con una delle più belle chiese di Andria, quella della SS. Trinità, entrambe in puro stile barocco. La sua istituzione, in seguito alla soppressione di due antichi ospedali (S. Riccardo e SS. Trinità) fu dovuta all’interessamento del vescovo Gianfrancesco FIESCHI e fu autorizzata con una bolla di papa PID IV del maggio 1563 in sostituzione degli antichi monasteri benedettini di S.M. delle Grazie e delle Clarisse distrutti nel 1528 per una epidemia di peste.

Solo dopo circa vent’anni, alla vigilia di Natale del 1582, il monastero, finiti i lavori di trasformazione per i quali si utilizzarono le rendite dei due ospedali soppressi, i contributi della città e altre pie donazioni, accolse le prime suore. Provenienti da famiglie nobili e signorili, costoro trovarono qui la loro degna collocazione e portarono in dote quattrocento ducati se andriesi, seicento se forestiere.

Il convento, al di là di questo, ottenne per il proprio mantenimento cento ducati l’anno provenienti dalle rendite ospedaliere e raggiunse nel tempo un cospicuo patrimonio grazie anche ad altri vari lasciti.

Non ci é dato di conoscere quali potessero essere la struttura esterna e la pianta ottenute da queste trasformazioni ma in seguito ad una controversia sorta all’inizio del ‘700 tra le monache e l’episcopio per un ampliamento del palazzo vescovile, si può leggere, nella relazione che ne fece mons. SARNELLI su perizia dei due architetti preposti al rilievo della costruzione, che in quegli anni il monastero della Trinità era “un aggregato non bene ordinato di vecchie e nuove fabbriche dominate nel mezzo da una torre quadrata donde le monache possono vedere in giro il mare e la campagna e il largo dove soglino farsi i fuochi’. Vent’anni dopo, nel 1723 iniziò la demolizione di questi vecchi fabbricati per ricostruire chiesa e convento secondo quel disegno di cui proponiamo le immagini, I lavori, soprattutto quelli della chiesa, nel 1753 godettero anche delle rendite del cospicuo patrimonio di mons. Domenico De Anellis, vescovo di Andria, che morendo lasciò erede sua sorella Aurelia, ultima discendente di quella nobile famiglia e monaca benedettina.

L’opera fu completata nel 1774 come si leggeva nella epigrafe incisa sulla porta della chiesa. Gli anni successivi trascorsero tranquilli, scossi solo da un grosso avvenimento: l’assedio di Andria ad opera delle truppe francesi il 23 Marzo 1799 durante il quale il convento fu saccheggiato e le monache trovarono rifugio nel palazzo ducale protette dagli uomini di Ettore Carafa.

Nel 1866 il convento di clausura tu legalmente abolito, anche se di fatto lo fu solo nel 1914.

Rivendicato dal comune tu adibito ad asilo d’infanzia, a sede della congregazione di Carità, a refettorio per opera nazionale maternità e infanzia, a scuola femminile di lavoro e a dispensa
rio oftalmico.

Intanto, il sottosuolo, svuotate le cisterne e ricco di cantine abbandonate e passaggi sotterranei andava lentamente deteriorandosi per cedimenti in seguito a infiltrazioni d’acqua che finirono col minare le fondamenta. Tale processo avviatosi probabilmente negli ultimi decenni di permanenza delle suore non poté ricevere alcun intervento da queste, che vivevano ormai solo con le proprie pensioni dopo l’esproprio dei beni da parte dello Stato.

D’altro canto gli interventi fatti a singhiozzo dalle autorità dell’epoca non furono sufficienti, perché non legati ad un piano di integrale restauro, formato in base all’esame di tutte le cause dei danni.

Nel 1938 il monastero fu demolito, uguale sorte toccò purtroppo anche alla chiesa.


Descrizione

Il prospetto del Monastero si affacciava su piazza Duomo, gli altri due lati su via Duomo e via De Anellis, il quarto su via Gammarrota inglobando poi la chiesa con cui formava un corpo unico.

Il monastero aveva un unico chiostro centrale e sull’angolo di nord-est un belvedere, donde le suore potevano vedere quanto accadeva sulla piazza antistante il palazzo ducale.

Prospetto del Monastero

Sul prospetto un fregio di pietra, attribuito allo scultore Nicola Antonio Brudaglio, incorniciava il portone di accesso: una serie di ornamenti e volute salivano, fiancheggiando i pilastri, al di sopra dell’architrave a circondare anche la nicchia contenente la statua di 5. Benedetto.

portale del convento

A sinistra dell’architrave era incastonato lo stemma del Vescovo Angelo Florio (una mucca con un fiore), a destra quello del Comune di Andria (un leone rampante su un ramo di quercia), con l’incisione “Andria non minus Fidelis quam benigna”.

Al di sopra del portone si allineavano tre ordini di finestre: il primo a forma quadrata, il secondo ad arco ribassato e sul cornicione un terzo a forma di anfora; da esse le suore assistevano alle processioni e alle feste che avvenivano in piazza Duomo.

Per cuspidi, volute, trafori e ornamenti vari, che abbellivano tutt’intorno la costruzione compreso il belvedere, fu utilizzato il duro tufo delle Murge. Di questo bell’esempio di architettura claustrale ci resta, oggi, il fregio del portone principale murato nel prospetto della Cattedrale, entrando sul lato destro.

La facciata della Chiesa

La chiesa della S.S. Trinità si sviluppava rispetto al Monastero con una notevole altezza proporzionata però all’interno e alla pianta. La facciata era divisa orizzontalmente in due piani sormontati da un alto frontone e verticalmente in tre corpi così che la parte centrale, in cui si aprivano la porta e l’unica finestra a forma di anfora, sembrava porsi su un piano aggettante rispetto ai due laterali leggermente incurvati.

Accanto alla facciata, sulla destra, c’era il campanile snello ed elegante, a tre piani sormontati da un’unica cuspide.

Il campanile

L’interno era a navata unica che terminava a forma di semicerchio sul fondo; dietro l’altare maggiore in alto vi era il coro da dove le monache assistevano alle funzioni religiose; simmetrica sulla parte opposta, in alto sulla porta di accesso, vi era la cantoria.

Interno e cantoria

Le pareti laterali erano divise in riquadri decorati con raffinatissimi stucchi che si univano a quelli della volta e vi si aprivano delle arcate in cui erano racchiusi gli altari minori. Sull’arco d’ingresso era inciso il nome dell’artista pugliese che ideò ed eseguì questa decorazione a stucco: Domenico Cocatride, cittadino di Monopoli f. 1775.

Altare minore

I due altari minori, ricchi di drappeggi e marmi policromi e quello maggiore, decorato con sculture e tarsie marmoree, pare da studi recenti siano da attribuirsi allo scultore Marino Palmieri. (cfr. G. Di Gennaro - Altare del 6- 700 tesi di laurea)

I primi due, gemelli, sono conservati uno nella chiesa del Sacro Cuore, l’altro nella chiesa del Carmine, dove ritroviamo anche l’ambone o leggio.

Altare maggiore e coro

Nella chiesa di S. Maria dei Miracoli si conserva invece l’altare maggiore dove tra marmi scuri risaltano scolpite le tre virtù teologali (fede, speranza e carità), il busto di S. Benedetto nella parte inferiore e sui pilastri laterali gli stemmi di mons. Domenico De Anellis (un braccio con la mano che regge un anello). Dietro quest’altare c’era un dipinto, opera di un ignoto del ‘600, raffigurante la Trinità adorata da S. Riccardo e S. Nicola, sull’altare di sinistra una deposizione dalla croce con le tre Marie e S. Giovanni, su quello di destra una tela con S. Mauro, S. Gertrude, S. Placido e S. Edita, figlia di Edgardo, re d’Inghilterra.

Volta

Nei tre ovali della volta erano raffigurate scene con S. Benedetto; in quello centrale, in cui il santo distribuiva l’Eucarestia ai suoi discepoli, si leggeva: Vitus Calò inv. et pinx. 1774.

Particolare di una porta

Agli stucchi e alle sculture erano di giusto completamento i lavori in legno: un pulpito scolpito dall’ebanista andriese Nunzio Morano, gli intagli delle gelosie e gli ornati dipinti sul fondo dorato delle porte.

In Cattedrale sono oggi ancora visibili alcuni splendidi pezzi salvati dalla demolizione della chiesa, tutti opera di Domenico Cocatria di Monopoli (cfr. G. Lanave - Ho raccolto per voi):

- le due acquasantiere, una, sita entrando a sinistra in accesso alla cappella dell’Eucarestia, l’altra sul presbitero in fondo a sinistra.

- le inquadrature dei due comunichini, da cui le claustrali ricevevano l’Eucarestia, site sui due pilastri che reggono il grande arco di accesso al presbiterio.

- una cornice in marmo policromo che forse incorniciava una nicchietta in cui era deposto il Gesù Bambino di Praga, ora con altri frammenti, incornicia una raffinata icona bizantina, copia, il cui originale, conservato nel museo vescovile fu rinvenuto in un angolo della retrosacrestia e proveniente dallo stesso monastero; è sistemata sulla parete al di sopra della scala di accesso alla cripta.


Nota

Alla F.I.D.A.P.A. (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari)  l’idea di questo opuscolo nasce, in occasione della Fiera d’Aprile, con il preciso scopo di offrire ad un pubblico più numeroso le immagini e la storia di uno splendido monumento che Andria ha avuto in passato, perché non ne sia smarrito il ricordo.
      Notizie, storia e descrizioni sono tratte dalla “Storia della città di Andria” di R. D’Urso, da un opuscolo omonimo di G. Ceci e da “Andria, la mia città” di R. Loconte, per cui non ci si può certo fregiare di alcun merito di originalità, se non di quello di averne ottenuta una sintesi in una forma accessibile a tutti e di aver posto in una visione d’assieme quanto la città ha perso e quanto è ancora possibile ammirare.