[Il sagrato della chiesa a fine Ottocento durante il matrimonio di una personalità importante
(da una foto di proprietà del Sig. Riccardo Bonomo, che ne ha cortesemente concesso la pubblicazione)]
La foto qui riprodotta dovrebbe essere stata realizzata dopo il 1856, quando mons. Longobardi ristrutturò il complesso monastero-chiesa Madonna delle Grazie (come può dedursi dalla sua arma posta sul portale) e prima del 1890, anno questo in cui la facciata di Santa Maria delle Grazie, unitamente all’annesso orfanotrofio, fu ristrutturata ad opera di mons. Galdi e del Sig. Giovanni Iannuzzi nello stile attualmente visibile nonché descritto dall’Agresti già nel 1912.
Nel riquadro tra l’intelaiatura della porta ed il suo cornicione a baldacchino c’era dal 1564 (afferma l'Agresti) la lapide-stemma della Chiesa Lateranense (con la scritta "SACROSANCTÆ LATERANENSIS ECCLESIÆ": nella foto sono appena visibili la punta delle ali dei due angioletti che reggono le chiavi papali); al di sopra del predetto cornicione era affisso lo stemma di mons. Longobardi soppiantando (o nascondendo) l’affresco della Madonna vista dal Borsella a metà Ottocento; infine, ancora più sopra, una finestra polilobata barocca protetta da una intelaiatura a vetri contribuiva dalla controfacciata ad illuminare la navata della chiesa.
Nell’angolo destro (di chi guarda) era aperta una finestrella con inferriata che probabilmente dava luce ad uno degli ambienti della sacrestia.
Sulla parete laterale è inoltre osservabile una grande edicola recante al suo interno il dipinto di una deposizione: a prima vista sembra raffigurare Giuseppe d’Arimatea (o meno probabilmente la Vergine Maria) colto mentre sorregge il Cristo già parzialmente staccato dalla croce e col braccio sinistro inerte pendente sulle sue spalle.
[S. Francesco abbraccia Cristo Crocifisso - confronto del dipinto dell’edicola con la tela del Murillo]
In merito al dipinto dell’edicola il dott. Giuseppe D’Ambrosio
(l’amico amante dell’arte che mi ha dato copia della su riprodotta antica foto del matrimonio di fine Ottocento:
una riproduzione realizzata dal fotografo Michele Attimonelli e di proprietà del Sig. Riccardo Bonomo),
giustamente osserva che il dipinto allora presente nell’edicola potrebbe rappresentare, non la classica deposizione,
ma un San Francesco mentre abbraccia Gesù Crocifisso, quasi ad imitazione della tela di Bartolomé Esteban Murillo
realizzata intorno al 1668 per il convento dei Cappuccini di Siviglia (attualmente esposta nel Museo de Bellas Artes di tale città);
il D’Ambrosio infatti indica che è chiaramente identificabile come saio, con relativo cordone annodato,
l’abito del personaggio al quale si appoggia Gesù in deposizione.
La sua ipotesi sarebbe validamente supportata anche dal fatto che l’edicola si trova sulla unica strada importante
che dal borgo conduceva (e conduce) al
convento francescano dei Minori di S. Maria Vetere.
Sotto l’edicola un piccolo lume ad olio a sera rischiarava una porticina che forse era un accesso secondario del personale (suore) dell’orfanotrofio, o dava nella sacrestia, o nell’abitazione del cappellano, o anche nel cortile visibile oltre il basso e spesso muro; la presenza di tale lampada pendente indicherebbe che quell’accesso era di una certa importanza: difficilmente intendeva essere devozionale dell’edicola essendo affissa non in calce alla stessa e molto decentrata.
Il matrimonio per il quale fu scattata questa fotografia dov’è essere di una personalità di spicco della Città, sia per il lusso evidenziato, che per la presenza di numerosi notabili con cilindro e molti militari e guardie, almeno uno dei quali carabiniere col cappello a lucerna senza pennacchio.
Per inciso, il taglio d’ombra che appare evidente sull’edicola della deposizione, nonché quella della carrozza e delle falde dei cappelli sui visi delle persone, informano non solo che è pieno mezzogiorno di una giornata estiva (ombre corte e pressoché perpendicolari), ma anche che questa inquadratura è la corretta ripresa fotografica dell’originale, mentre nella riproduzione a stampa effettuata da M. Attimonelli era stata erroneamente sviluppata a specchio (negativo posto inavvertitamente a rovescio nell’ingranditore!).
[La foto (originale) aveva (sul retro?) una etichetta del fotografo, la cui colla è penetrata evidenziando una macchia gialla, in basso a sinistra dell’immagine.]