Una breve e sintetica descrizione del presbiterio la trascrivo dalla citata "Relazione storico - artistica" dell'arch. Mario Loconte.
"Il presbiterio è a pianta quadrata. Tale forma è marcata dalla presenza di quattro colonne che sorreggono un architrave aggettante modanato che corre lungo tutto il perimetro della navata. Dette colonne poggiano su blocchi quadrati in pietra, sono rifinite con stucco in finto marmo rosso e si concludono con capitelli in stile corinzio. Oltre l'architrave dipartono quattro archi a tutto sesto su cui si imposta una volta a catino (calotta semisferica impostata su quattro pennacchi a loro volta impostati su quattro archi a tutto sesto) decorata con stucchi di degno valore e rosone stellato di colore celestino chiaro che ricorda il simbolo della volta celeste.
L'abside ad impianto ellittico, si sviluppa in alzato sino all'altezza della prima cornice oltre i capitelli, di qui si conclude con un catino absidale sormontato da una sorta di timpano con modanatura dentellata. L'intero abside è decorato con stucchi e modanature. Al centro del catino absidale è localizzato un dipinto circolare.
Il pavimento presente nella zona presbiteriale è in marmo bianco venato con striature grigie. Nell'abside si colloca l'altare maggiore in marmo colorato e finemente decorato. Verso il centro del presbiterio si colloca l'altare costituito da due pilastrini rifiniti in lastre di marmo colorato che sorreggono un unica spessa lastra in pietra."
I lavori di restauro eseguiti tra il 2014 ed il 2016 hanno ridato splendore ed organicità al presbiterio; ha detto l'arch. Mario Loconte nel suo intervento alla cerimonia di riapertura della chiesa:
“... si è voluto valorizzare la leggibilità dei prospetti interni con il giusto rapporto tra nodi strutturali, ovvero paraste, cornici, capitelli e pareti di fondo. ... Il fondo delle pareti, la volta, i fusi di volta riprendono in secondo piano un fondo più scuro, ma delicato per creare il giusto equilibrio rispetto a tutto l’apparato artistico-decorativo.
Relativamente al presbiterio, importante evidenziare il nuovo posizionamento dell’altare, che oltre ad essere posto in continuità con l’asse longitudinale accentrante della navata, è posto in asse verticale, con il centro della cupola celeste che sormonta l’intero presbiterio.”
Di particolare eleganza sono le quattro colonne che, se pur rivestite di stucco che imita il marmo rosso apuano (di Collemandina), presentano una elegante base attica in pietra locale, con una scozia tra due tori sul plinto quadrato, e un ricercato capitello elaborato nel classico stile corinzio: intorno ad un κάλαϑος (canestro) salgono foglie di acanto aggettanti in triplice calice, da cui emergono quattro tondi fiori sull'abaco, retto quest'ultimo da otto nastri terminanti ad elici.
[sulla 1^ colonna di destra una data con la sigla R.D.I.]
Sulla prima colonna di destra, accedendo al presbiterio, all'altezza dell'organo e sulla parte rivolta alla parete, è dipinta questa scritta: "1882 R.D.I."; potrebbe significare "[ANNO] 1882 Redemptionis Domini Iesu", cioè "realizzato-dipinto nell'anno 1882° dalla nascita - redenzione del Signore Gesù"; o potrebbe anche essere semplicemente data e acronimo del nome-cognome del pittore.
Sull'arco a tutto sesto che insiste sulle due colonne d'ingresso al presbiterio, centrale nel decoro di una duplice cornice a stucchi, risalta la famosa citazione estratta dalla 1a lettera di San Paolo a Timoteo: SOLI DEO / HONOR ET GLORIA / I Tim. 1,17.
Anche questa epigrafe ha lo scopo di ricordare la dedica della Chiesa
all'Arcangelo Michele, che è inoltre protettore della Chiesa universale.
Nelle scritture infatti l'Arcangelo è chiamato col nome di Michele,
dall'ebraico: "מִיכָאֵל"
(in lettere latine "Mî khā 'ēl"), che significa "Chi come Dio?".
Il profeta Daniele (c.12, v.1; c.10, vv.13,20) lo indica come gran principe
che vigila su di noi e viene in aiuto:
"Egli [il Signore Dio] mi disse: «Non temere, Daniele, poiché fin dal primo giorno in cui ti sei sforzato di intendere, umiliandoti davanti a Dio, le tue parole sono state ascoltate e io sono venuto per le tue parole. ...Michele, uno dei primi prìncipi, mi è venuto in aiuto ... Nessuno mi aiuta in questo se non Michele, il vostro principe»"; e più avanti il Signore ancora lo rassicura "« ... In quel tempo sorgerà Michele, il grande capo, il difensore dei figli del tuo popolo ...»."
Giovanni nell'Apocalisse, dopo aver parlato della visione che simboleggia la Madonna, lo nomina nella cacciata degli angeli ribelli (c.12, vv.1, 7-9):
"E ci fu una battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli."
La parete sinistra (o Nord) del presbiterio presenta una porta di accesso ai locali dell'Oratorio;
su di essa è ricavata una elegante edicola in marmi policromi
che ospita una statua di San Giuseppe, compatrono di questa Chiesa;
con la destra egli si appoggia ad un bastone gigliato, mentre con la sinistra regge il piccolo Gesù,
che gli accarezza la barba e ce lo indica come genitore esemplare.
Sull'arco marmoreo dell'edicola è inciso "DIVO IOSEPHO", mentre sul bordo sotto la soglia
sono riportati i devoti offerenti "SEBASTIANO TINA CICCO QUACQUARELLI / CONIUGI 4 5 1949".
Il lato opposto presenta la porta di accesso alla sagrestia sormontata dalla
cantoria dotata di un organo d'inizio Novecento.
[l'edicola con S. Giuseppe e l'organo - foto di S. Di Tommaso del 01/10/2016]
Si noti (nella foto a sinistra) che gli abiti indossati da Giuseppe sono eleganti "della festa",
ma non regali in quanto egli era, dice il Vangelo, un
"τέκτων", un carpentiere - artigiano; lo stesso
vi si afferma di Gesù che, finché non si dedicò alla predicazione, certamente lavorò con lui.
L'evangelista Matteo, infatti, chiama Giuseppe carpentiere - artigiano (cap.11, v.55):
"Ούχ οὗτος ἔστιν ό τοῦ
τέκτονος
υἱός; ούχ ή μήτηρ αὐτοῦ λέγεται Μαρίαμ … ?" =
"Non è egli [Gesù] il figlio del carpentiere; la cui madre si chiama Maria ...?";
e poi Marco chiama anche Gesù carpentiere - artigiano (cap.6, v.3):
"Ούχ οὗτος ἔστιν ό
τέκτων,
ό υἱός τής Μαρίας … ?" =
"Non è egli [Gesù] il carpentiere, il figlio di Maria?"
Il cardinale Gianfranco Ravasi (in una sua nota su "Avvenire" del 18 marzo 2014,
tratta dal suo saggio esegetico "Giuseppe, il padre di Gesù") propone un’analisi essenziale
ma anche molto puntuale della figura evangelica, discreta e silenziosa,
del padre legale di Gesù. Rilevando dal Vangelo la classe sociale di Giuseppe scrive:
"La categoria del téktôn, come quella prevalente dei piccoli coltivatori e dei pescatori – alla cui cultura Gesù attingerà spesso nella sua predicazione, elaborandone immagini e comportamenti –, si collocava a un livello intermedio tra quei due estremi [i latifondisti, i grossi mercanti, i sovrintendenti alla esazione - lavoratori a giornata, braccianti], ma con una tendenza verso il basso. ...
In realtà la famiglia di Gesù non era povera in senso stretto, ridotta alla miseria degli schiavi o all’aleatorietà economica dei lavoranti a giornata, ma neppure era da ricondurre alla nostra borghesia commerciale, piccola o media che sia. Si trattava di un tenore di vita decoroso ma modesto, legato per il contadino alle mutazioni climatiche e al mercato e per il falegname-carpentiere-artigiano alle commissioni, all’incremento edilizio e all’inflazione, per non parlare delle tassazioni gravose, sia civili sia religiose."
Nella lunetta (della stessa parete sinistra) esistente tra la trabeazione aggettante e l'arco che regge la cupola è dipinto un tondo in una duplice cornice di stucchi e otto stelle tra esse applicate; raffigura il sacrificio eucaristico con i suoi vari simboli: sul libro delle Scritture, oltre gli elementi essenziali e centrali, quali l'ostia consacrata (con internamente il trigramma IHS, acronimo di "Iesus Hominum Salvator", od anche, le tre iniziali del nome Gesù in greco: IHΣOΥΣ) e il calice sopra una stola crucisegnata, v'è un tralcio spinoso di vite ripiegato intorno ad essi, due spighe di grano poggiate sulla mensa e un candeliere della fede acceso a sinistra; sull'insieme lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, si libra sulla luce emessa dall'Eucarestia, adorata da un evanescente gruppo di fedeli [1].
Sul lato opposto la parete destra (o Sud) presenta la porta di accesso alla sacrestia; a destra di quest'ultima una acquasantiera in marmo vegliata da un puttino e una campanella invitano gli officianti a segnarsi e ad annunciare l'inizio delle funzioni.
Immediatamente sopra porta di accesso alla sagrestia nel 1910 fu creata su due colonnine la suddetta stretta cantoria lignea,
nella quale in una cona è incassato un organo piccolo, ma armonioso e funzionale,
costruito nel 1909 dalla "Premiata e Privilegiata Fabbrica d'Organi INZOLI CAV. PACIFICO" di Crema.
Fino al 2013 una targa sulla colonnina di sinistra riportava l'anno di
posa in opera in chiesa e l'allora cappellano della Chiesa, con un breve messaggio "A
DIO ONNIPOTENTE / FONTE DI ARMONIA / QUESTO LITURGICO ORGANO / 8 MAGGIO 1910
/ CAN. FRANCESCO QUACQUARELLI";
sulla colonnina di destra un'altra targa ne ricordava il restauro effettuato nel 2002
"A LODE DI DIO PADRE / A LETIZIA DEGLI UOMINI / QUESTO ORGANO /
INAUGURATO 8 MAGGIO 1910 / RESTAURATO DICEMBRE 2002 /
DON GIUSEPPE LAPENNA - PARROCO"
Nella lunetta esistente tra la trabeazione aggettante e l'arco che regge la cupola è dipinto, come sul lato opposto, un tondo in una duplice cornice di stucchi con otto stelle tra essi applicate ed è firmato "G. Marchio"; raffigura una fonte di acqua a forma di conca, che, sormontata dall'Ostia consacrata siglata , riceve da quest'ultima l'acqua, con la quale disseta le sottostanti pecore. L'ispirazione per tale simbolismo viene, principalmente, dal vangelo di Giovanni. Alla Samaritana che incontra presso un pozzo di Giacobbe "Gesù risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». ... «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna»." (Giov. c.4, vv. 10, 13-14). Più avanti, giunto Gesù a Gerusalemme, Giovanni racconta: "Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa [delle Capanne] [2], Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva»." (Giov. c.7, vv. 37-38). Ancora più oltre Giovanni ricorda quanto Gesù disse dopo aver guarito un cieco: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore." (Giov. c.10, vv. 14-15). In questi versicoli del vangelo troviamo una prima spiegazione del simbolismo della fonte di acqua viva e delle pecore che ad essa si dissetano.
[la volta a catino del presbiterio restaurato - foto di S. Di Tommaso del 01/10/2016]
La copertura del presbiterio è realizzata con una volta a catino
decorata con molto gusto.
Nei quattro pennacchi sui quali insiste la calotta semisferica centrale
sono realizzati quattro tondi, nei quali sono raffigurati i simboli delle
tre virtù teologali e uno della Vergine Maria.
Tra la calotta ed il centro
di ogni arco, in quattro cornici rombiche con quattro stelle a rilievo, sono inseriti
quattro barocchi puttini alati in altorilievo di gesso.
La calotta infine, incorniciata da un cerchio con 24 stelle a rilievo,
è affrescata in celeste cielo riccamente punteggiata di stelle; centrale
risalta una raggiera che fa convergere l'attenzione sullo Spirito Santo,
nella classica rappresentazione di colomba con le ali spiegate.
Nei pennacchi accanto all'arco della vetrata di fondo,
in una duplice cornice di stucchi e sei stelle a rilievo tra esse applicate, sono dipinti:
a sinistra una lucerna accesa color rosso scuro, con alla base
scritta la parola "FEDE"; a destra un cuore rosso vivo, fiammeggiante
e circondato da una corona di spine, con sotto la scritta "CARITÀ".
Nei pennacchi presso l'arco di passaggio alla navata,
in una duplice cornice di stucchi e sei stelle a rilievo tra esse applicate, sono dipinti:
a sinistra un ramo di giglio con alla base la scritta "MARIA SS.";
a destra un'ancora con sotto la scritta "SPERANZA".
In ogni angolo sotto i quattro tondi una cornice polilobata racchiude una croce
di stucco a rilievo.
Al centro del presbiterio, su un gradino, è innalzata la mensa realizzata dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, mentre nell'incavo dell'abside troneggia l'altare in marmi policromi di fine Ottocento. (L'abside è descritta in un altro capitolo)
[tratto da una descrizione diffusa dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane]"La festa delle capanne è una delle tre feste di pellegrinaggio prescritte nella Torà, feste durante le quali gli ebrei dovevano recarsi al Santuario a Gerusalemme, ... . Altri nomi della festa sono "Festa del raccolto" e anche "Festa della nostra gioia", poiché cade proprio in coincidenza con la fine del raccolto quando si svolgevano grandi manifestazioni di gioia. Questa festa è detta anche "festa dei tabernacoli" e il precetto che la caratterizza è proprio quello di abitare in capanne durante tutti i giorni della festa. ... "