[cappella SS. Sacramento e quadro dell'Ultima Cena - elab. elettr. su foto di.
Sabino Di Tommaso, 02/2020]
Questa cappella, come quella opposta (già dedicata a San Nicola ed ora alla Madonna del Carmelo), è leggermente più profonda di quelle adiacenti e la sua volta non è a botte ma può dirsi a vela, nonostante che sia impostata su un rettangolo piuttosto che su un quadrato.
Nella visita pastorale di mons. Alessandro Egizio del 3 settembre 1659 è descritta la cappella del SS. Sacramento, ma a quel tempo era la prima di sinistra scendendo dal presbiterio, non questa, allora dedicata alla presentazione di Maria Vergine. Il vescovo così descrive quella seicentesca Cappella del SS. Sacramento:
Die 3 m.[ensi]s Septembris 1659 hora duodecima circiter.
Ill.mus, et Rev.mus D.nus Visitator cũ suis adsumptis continuando S.[anct]ã Visitat.[io]nẽ accessit ad Colleg.[ia]tã Ecc.[lesi]ã S. Nicolai Trimodien.[si]s, et facta oratione ante S.[anctissi]mã Eucharistiã, ingressus fuit Cappellam in qua asservat.[ur], quæ est a latere dextero ingressus Ecc.[lesiæ], et invenit eam decenter ornatã, et concinné persolutam.
Altare elevat.[ur] e pavim.[ent]° per gradũ lapideũ, et Bradellã ligneã,
Adest Custodia seu Tabernaculum
ex ligno deaurato cũ decem statuis Angelorũ, sex candelabris, et sex vasculis ex eodem opere;
Adest coopertorium ex serico albo ac aliud violacijs coloris.
Dicta custodia claudit.[ur] bené p.[er] clavem argenteã, et asservant.[ur] duæ Pyxides argenteæ cũ pede ex auricalco deaurato,
nec non alia Pyxis, seù Ostensoriũ cũ calice pergrandi pro asservat.[io]ne
particularũ
pro Communione fideliũ in feria quinta Cenæ D.[omi]ni deservientiũ.
Altare est lapideũ decenter ornatũ cũ suis tobaleis, ac Paleottis cuiuscunq.[ue] coloris. Et quia lapis sacratus est parvus, et habet.[ur] alter maior, ideò Ill.mus D.nus Visitator mandavit infra mensẽ dictũ lapidem maiorẽ adaptari, et conglutinari sub pœna suspens.[io]nis.
Dicta Cappella est fornicata ad instar cupulæ et decenter depicta et pro Icone habet picturã in tela Institut.[io]nis SS.mæ Eucharistiæ demonstrantẽ et claudit.[ur] cancellis ligneis, habetq.[ue] duas lampades noctu dieq[ue] hinc inde a lateribus d.[ict]æ Cappellæ accensas.
A latere sinistro est finestrula cũ … ligneis deserviens pro asservandis necessariis ad administrationẽ SS.mæ Eucharistiæ v.[idelicet] stolam, vasculũ argenteũ cũ aspersorio, … et adest etiam Crux argenteã pro deferendo SS.mo Viatico deserviens.
… non duæ Umbellæ seù Baldacchina ex serico rubri coloris alter vero viridis cũ insignis Ecc.mi Ducis Carafæ.
In d.[ict]a Cappella est erecta Confraternita Laicorũ sub invocat.[io]ne SS.mi,
quæ habet omnia necessaria, nempè Crucifixũ, Stendardũ, Lampadarios, habetq.[ue] Sacristiam divisã ab altera
dictæ Collegiatæ Ecc.[lesi]æ pro asservat.[io]ne prædictorũ omniũ deserviens.
Quæ omnia Ill.mus D.nus Visitator pleno ore laudavit et celebravit.
Il giorno 3 del mese di settembre 1659, intorno alle ore 12.
L’Ill.mo e Rev.mo Signor Visitatore coi cuoi coadiutori, continuando la Santa Visita, si recò alla Collegiata Chiesa di S. Nicola Trimodiense, e dopo aver pregato davanti alla SS.ma Eucarestia, entrò nella Cappella nella quale Essa è custodita, cappella che è sul lato destro dell’ingresso della Chiesa, e la trova decorosamente addobbata ed elegantemente sistemata.
L’altare sorge dal pavimento per mezzo di un gradino marmoreo e una predella lignea;
c’è la Custodia o Tabernacolo di legno dorato con dieci statue di angeli, sei candelieri e sei vasi della stessa fattura;
c’è un conopeo di seta bianca ed un altro di color viola.
Questa Custodia viene ben chiusa con una chiave argentea, e contiene due pissidi argentee col piede di ottone dorato,
ma anche un’altra pisside, o ostensorio col calice più grandi per porvi le particole occorrenti
alla comunione dei fedeli il Giovedì Santo della Cena del Signore.
L’altare è di pietra decorosamente ornato con le sue tovaglie e paliotti dei vari colori. Tuttavia poiché la pietra sacra è piccola e se ne possiede una più grande, l’Ill.mo Signor Visitatore ordinò che entro un mese si inserisse nella mensa tale pietra più grande e la si cementasse, sotto pena di sospensione delle celebrazioni.
La volta di questa cappella è come una cupola, decorosamente dipinta e come icona ha un dipinto su tela rappresentante l’Istituzione della Eucarestia; la cappella si chiude con una cancellata lignea, ha due lampade sui due lati sempre accese notte e giorno.
Sul lato sinistro c’è una piccola nicchia … di legno dove si conservano le suppellettili per l’amministrazione della SS.ma Eucarestia, cioè la stola, la vaschetta argentata con l’aspersorio, … e c’è anche una croce argentata per trasportare il SS.mo Viatico.
Vi sono anche due ombrellini o baldacchini, uno di seta rossa e l’altro verde con le insegne dell’Ecc.mo Duca Carafa.
In questa cappella è eretta una Confraternita di laici intitolata al Santissimo, la quale ha tutto il necessario,
cioè il crocifisso, lo stendardo, i portafiaccole, ed ha anche una sagrestia separata
dall’altra della Collegiata della Chiesa, per conservare tutte le suddette suppellettili.
L’Ill.mo Signor Visitatore, lodò ed esaltò molto ogni cosa.
Nella seconda metà del Settecento l'altare del SS. Sacramento fu realizzato dal valente marmoraro napoletano Marino Palmieri per la somma di 300 ducati d'argento a spese della Confraternita del SS. Sacramento (è uno studio dell'architetto Gabriella Di Gennaro sugli altari settecenteschi che ha portato alla luce il relativo atto notarile del 24 giugno 1772 del notaio Lorenzo Tupputi, conservato nell'Archivio di Stato di Trani, pubblicato a stampa nel suo studio "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020, pp. 178-179, 237-239).
[altare di fine Ottocento con riporti del precedente del 1772, opera (quella) pregevole di Marino Palmieri- elab. elettr. su foto di.
Sabino Di Tommaso, 02/2020]
L'altare che oggi qui ammiriamo non è però l'originale del Palmieri, ma
un'opera dell'Ottocento con inclusione (sembra) di vari parti settecentesche di riuso.
Infatti, tra le evidenti differenze, notiamo in questo altare l'utilizzo di colonnine sia ai lati del paliotto che del tabernacolo, non indicate nell'originale settecentesco;
i capi-altare attuali iniziano col gradino grande del postergale, mentre nell'originale è commissinato ad iniziare dal piccolo;
in detti capi altare dovevano esserci in rilievo delle spighe di grano ed uva, elementi scultorei che nell'attuale non ci sono.
Questi i passi del contratto tra la confraternita e il Palmieri, tratti dalle
pp. 237-238 del citato testo della Di Gennaro:
“...
Che il paliotto a guisa di tumulo col suo attaccamento d'intorno come rappresenta il disegno, sia d'intaglio rilevato, così nel fogliame, che nel scorniciato ...
I modiglioni, che astengono la mensa, siano a guisa del deliniato nel lato destro del disegno ben scartocciato, e scannellato il lavoro con in fronte il suo commesso di pietra viva di colore. ...
Che i capi altari abbiano l'origine da sopra il scorniciato dei piedistalli, cioè facciano finimento del gradino piccolo, ed elevati in alto sopra al gradino grande quanto è necessario, che appariscano maestosi, e facciano una squarciatura, che si esponga dall'arco della Cappella ... In fondo delli medesimi ... faccia spicco il simbolo delle spighe di grano, ed uva, che devono essere di basso rilievo ...
Che la custodia sia ben scartocciata, ed abbia tutto'l lavoro che rappresentato sta nel disegno, elevata sopra al gradino grande quanto la proporzione richiede ...”
Nell'Ottocento questa 2a cappella di destra entrando era, come oggi, dedicata al SS. Sacramento.
Utilizziamo nuovamente il testo del
Borsella per una descrizione ottocentesca dell'opera:
“Segue l’altra Cappella del Santissimo, con balaustre, ed altare di marmo, pregiata quella di pilastrini traforati di ottone e di creste rabescate dello stesso metallo, oltre l’inferriata con borchie di ottone. Sonovi due cornucopii, che contengono le lampade accese innanzi al Tabernacolo del Signore. Il quadro dell’altare è la cena, uno di quei tanti imitati, Dio sa come, da quello di Michelangelo. Che sperar, da chi nell’imitare, manca l’ingegno d’invenzione, di forza, di facilità, e di quant’altra arte non traditur, secondo ci lasciò scritto Quint: 1. 10 C. 2, quest’illustre autore vorrebbe che il copista fosse tale da supplire alle mancanze dell’originale, se ve ne fossero. Chi troveremo aver tanto polso?”
La foto evidenzia che oggi non
esistono più neppure i vari arredi descritti dal Borsella.
Bisogna qui ricordare che fino all'Ottocento solo le Chiese Collegiate
(come San Nicola) e la Cattedrale, potevano avere un altare del
Santissimo Sacramento, in quanto quello maggiore era senza
tabernacolo.
Sull'altare, infine, in argomento con la dedica, oggi come allora si ammira il quadro dell'Ultima Cena del Signore, sopra riprodotto.
Il Petrarolo, parlando di questo quadro dell'Ultima Cena, ci suggerisce pensieri più rigorosi:
“La tela della 2a cappella, anch'essa di incerta attribuzione (potrebbe essere del Calò) raffigura l'Ultima cena, di imitazione caravaggesca, con il Cristo di profilo sul lato sinistro, invece che al centro come nelle classiche iconografie, circondato dagli Apostoli. Anche questo dipinto può datarsi al sec. XIX.”
La tela, per la sua originale impostazione nonché rispondente tra l'altro a quanto descritto nelle vsite pastorali della seconda metà del Seicento, potrebbe essere l'originale posta sull'altare in quel secolo.
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