G.Di Gennaro - Altare S.Nicola

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San   NICOLA

di Gabriella Di Gennaro
(Architetto - Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia)
(stralcio)

ALTARE MAGGIORE DI A. CORRADINI

La chiesa di S. Nicola ad Andria prima del 1104 doveva essere una piccola Cappella, destinata dal Vescovo Desidio ad accogliere quei preti che si rifugiavano ad Andria, città ben munita, per sottrarsi alle scorrerie dei Barbari. Non sappiamo, però, se questa Cappella era già intitolata a S. Nicola, ma si sa di certo che l’antica chiesa era formata dall’attuale presbiterio: man mano venne poi ingrandita e portata alla attuale dimensione nel 1339. Nel 1748 questa chiesa fu rifatta ed abbellita; nel 1796, per volere di casa Carafa, fu fatta restaurare.
Dopo l’invasione dei Francesi del 1799, avendo questa chiesa sopportato varie distruzioni, come le altre città, fu dal Capitolo nuovamente restaurata mostrando l’aspetto che ancor oggi, pur con successive modifiche nel corso del XIX secolo, si ammira.
Agli inizi del secolo Ottocento vennero poste due gigantesche colonne di finto marmo di colore giallognolo che dividono la chiesa dal presbiterio al quale si accede per tre gradini di marmo ornato. La chiesa è composta di una sola spaziosa navata chiusa da tre grandi porte alle quali si accede per una scalinata esterna. L’aula unica dell’interno rispetta i canoni del Concilio Tridentino, inoltre lateralmente sono presenti sei cappelle con altrettanti altari. L’interno conserva il suo decoro barocco nella ricchezza di marmi policromi, soprattutto dell’altare maggiore, pezzo davvero eccezionale per esecuzione e per contenuto iconografico, che, a detta del Borsella che ci fornisce una sua prima descrizione, a «rimirar questo altare ben s’intravede, che la fantasia erasi accostumata a meditare ed ispirarsi sopra i massimi momenti dell’eterna Roma, nonché sopra i miracoli di Michelangelo»..
Nel 1748 il duca Ettore II Carafa permise al Capitolo canonicale di ampliare la parte absidale di detta chiesa di S. Nicola e di sostituire il precedente altare maggiore in legno con uno in marmo, usufruendo delle rendite (ammontanti a parecchie migliaia di ducati), provenienti da lascito testamentario di mons. Nicola Francesco Ponzio, canonico della Basilica di S. Nicola di Bari, morto nel 1731. Secondo quanto ci riferisce il Pastore, questo canonico possedeva ad Andria «un territorio di erbaggi di carra dieci, dote della fu madre D. Vitagliani, cittadina della pred.ta città di Andria e non avendo successori nella sua eredità, per ultimo suo testamento chiamò in esso il collegio di S. Nicola e il suo altare, col peso di alcune messe» e che «nel 1748 trovandosi presso il deposito di questo collegio congregata e custodita una somma di più migliaia di ducati, ritratto del territorio della Taverna legata al pred.o collegio dal fu Canonico della Real Chiesa di S. Nicola di Bari O. Nicolò Francesco Ponzi, [...], e, vedendosi applicare ad una nuova fabbrica della chiesa ed un nuovo altare di marmo, si stabilì per conclusione capitolare di costruirsi un nuovo coro con demolirsi il vecchio [...] e se ne formò il disegno e nel dì di settembre si pose mano alla demolizione, e al nuovo lavoro, sì per tutto il 1749 si dié termine alla fabbrica: e mentre a tal’opra si attendeva, si commise a Napoli il travaglio dell’altare maggiore, regalato dall’assistenza di un Deputato ivi spedito».
Precisamente, però, è un fortunato ritrovamento documentario da parte di Eduardo Nappi che permette di restituire con certezza tale opera alla mano del famoso scultore veneto Antonio Corradini, che lo eseguiva a Napoli tra il 1749-50. Alla Pasculli, inoltre, si deve il merito di aver inquadrato storicamente ed interpretato tale documento, individuando prima di tutto l’altare ancora in sito ad Andria in S. Nicola, poi di aver rintracciato anche, in sagrestia, il busto marmoreo di Filippo Cota opera sempre dello stesso artista ed infine di aver sottolineato la posizione della sua abitazione a Napoli, nel 1749, nel borgo dell’Avvocata, ed il fatto soprattutto che a quest’epoca, quando il Corradini prendeva casa, non essendo conosciuto a Napoli, gli faceva da garante, con il proprietario Nicola Torre, proprio Don Geronimo Morano, committente della statua di Andria.

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Ci preme qui sottolineare l’importanza di avere nella nostra città un altare prezioso, unico finora nel suo genere in Puglia, ma che ben si allinea con la sua raffinatissima esecuzione altamente scultorea - pittorica - architettonica nel nuovo filone degli altari ‘animati’, come ha giustamente osservato la Pasculli, in un graduale passaggio a metà ‘700 dai paliotti e gradini animati da figure a tutto tondo - animali o umane - sulla scia del Sanmartino, veri e propri pezzi scultorei a sé stanti.
Pregevoli sono i marmi usati per l’altare di S. Nicola ad Andria: possiamo osservare lo statuario e l’onice nelle figure, il giallo Siena nei pani, in alcune decorazioni e negli scalini listati di marmo nero, il verde antico per le cornici, il rosso Collemandina dal colore compatto: la breccia rossa dell’Eritrea fortemente venata e lo zoccolo in bardiglio e broccatello listati di nero.

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[stralcio tratto da uno studio di G. Di Gennaro su "Altari marmorei settecenteschi ad Andria" del 1994