di mons. Emanuele Merra
Era il 28 decembre 1250. Sopra una lettiga coperta di velluto chermisino, circondato da Saraceni a piedi e da sei compagnie di cavalieri, dai sindaci e dai baroni del regno, vestiti a lutto, il cadavere di re Federico, dal castello di Ferentino presso Lucera, dove a sessant’anni, il giorno 13 aveva perduta miseramente la vita, era portato a Taranto, e di là a Palermo.
Tolto di mezzo Federico, successe Corrado, il figlio di Iolanda, come re di Sicilia e di Puglia. Secondo il testamento dell’imperatore, Manfredi doveva essere vicario del Reame, finché suo fratello non venisse a prenderne possesso (1).
In questo frattempo papa Innocenzo IV mandò un Breve a Napoli, ed a tutte le terre dei baroni del reame, perché a niuno prestassero obbedienza, eccetto alla Sede apostolica, mentre il regno era scaduto alla Chiesa (2). Per la qual cosa molte città di Puglia e di Terra di Lavoro furono in rivolta, e, ad istigazione di alcuni ambiziosi e malcontenti, congiurarono contro il dominio Svevo, e spiegarono le bandiere del papa. In Puglia congiurarono la fedele Andria, Barletta e Foggia, e nella Terra di Lavoro Napoli e Capua (3). Quando Manfredi seppe questa congiura, si portò col suo esercito sopra di Andria per vedere se fossero vere le enormità, che si dicevano avere un tale qui commesse contro la tranquillità pubblica, e contro la regia fede. Ma prima che egli giungesse, i cittadini siffattamente si spaventarono, che quasi tutti, lasciate le sole donne ed i fanciulli, fuggirono da Andria. La nota potenza del principe, ed il rimorso di loro coscienza gli aveva atterriti. Per cui, non avendo essi il coraggio di stare alla presenza di Manfredi, e costui considerando che, colla punizione dei molti colpevoli, si menomava la sicurezza degli innocenti; comandò che gli Andriesi tornassero in città, e, da magnanino qual era, condonò la pena, che giustamente avevano meritato, con un’altra, la quale piuttosto che distruggerli, li correggesse; impose loro una multa (4).
Intanto Manfredi, mentre pensava a conservare il reame al fratello suo Corrado, non dimenticò di rendere stabili le cose sue; ed unitamente al marchese di Frimburch spedì suoi ambasciatori a papa Innocenzo IV, perché lo ricevesse nella sua grazia, e riconoscesse il principato di Taranto, lasciatogli da Federico. Il pontefice con una sua lettera datata da Milano il 21 luglio 1251, ordinò a Pietro cardinale diacono di S. Giorgio al Velabro, che col consiglio dei conti di Acerra e di Caserta, non che dei Capuani e dei Napoletani desse con dritto fiduciale il principato di Taranto a Manfredi, e la contea di Andria al marchese di Frimburch, a patto che prestassero prima omaggio e fedeltà alla Santa Sede (5).
Se non che Manfredi, essendosi maggiormente rafforzato, ricusò di professarsi fiduciario della Sede apostolica, e poiché Andria era passata alle parti del papa, le fu sopra col suo esercito, e nel primo impeto l’oppresse (6), come fece lo stesso con Foggia e con Barletta (7).
Per questi avvenimenti, re Corrado dalla Germania volò in Italia, e sopra galee veneziane scese in Puglia, ed approdò a Siponto. Quivi fu ad incontrarlo Manfredi, principe di Taranto, e governatore del regno. Sebbene fintamente, venne dal fratello molto onorato. Nella solenne processione, che gli si fece, volle che incedesse sotto il medesimo baldacchino, come colui, che col senno e colla mano molto aveva operato per mantenere il reame sotto la di lui obbedienza (8). Ai 10 dicembre 1252, re Corrado giunse in Barletta, e tutta la Terra di Bari andò a complimentarlo; di poi si portò a Melfi. Fu pure in Barletta nel maggio dell’anno seguente. In questo frattempo pare probabilissimo che venuto in Andria a visitare la terra che gli fu culla, a spargere di lagrime affettuose la tomba adorata della madre sua, la bella Iole; e poi, secondo il costume paterno, a divertirsi alla caccia del falcone in Castel del Monte, che per la morte di re Federico, era passato a lui in eredità, quale dominio della corona (9).
[Tratto da: Emanuele Merra, "Castel del Monte - presso Andria", 3ª edizione, Scuola Tip. Istituto Apicella per Sordomuti, Molfetta, 1964, pp. 41-44.]
NOTE - (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero capitolo)
(1) «Fridericus imperator mortuus est apud Florentinum … constituitque sibi heredem memoratum Conradum … tam in imperio quam in Regno … Erat autem idem Princeps (Manfredus) annorum decem et octo, cum defuncto Imperatore Balium fratris sui Corradi in Italia et Regno Siciliæ paterna sibi commissum dispositione genere coepit». De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc.
(2) De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc.
(3) «Post modicum tempus a morte Imperatoris … coepit in Terra Laboris et Apulia quuedam occulta fieri coniuratio, non absque aliquorum instigatione, qui olim honoris, et nominis Imperialis æmuli fuerant, quæ quidem coniuratio apud Apuliam, in Andrensibus, Fogitanis et Barolitanis, apud Terram Laboris in Capuanis et Neapolitanis primo visa est manifestari». De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc., pag. 14.
(4) «Post paucos vero dies Princeps quemdam apud Andrensem Civitatem enormia contra statum pacis et fidei Regiæ, de novo audiens commisisse, illuc cum exercitu suo processit, scire volens, an vera essent ea, quorum clamor ad ipsum de illa Civitate pervenerat. Ante autem quam ad civitatem appropinquasset exercitus, cuncti pene Andrenses Cives tamquam sibi conscii, dimissa Civitate, mulieribus tantum parvulisque relictis, a Civitate fungerunt. Terruerat enim eos Principis famosa potentiia, conscientiaque læsa pupugerat. Cum autem ante Principis faciem stare non possent: Princeps autem advertens in multorum strage non peccantium securitati esse detrahendum, Cives ad Civitatem ipsam reverti jussit, et prout magnifìcentiam suam decuit, eis remisit poenam, quam juste meruerant, et alia poena, quæ correctionem potius, quam pemiciem ipsis induceret, eos mulctavit». De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc., pag. 15.
(5) Vedi Documento II.
(6) «Respuit Manfredus fìduciarium se Apostolicæ Sedis profìteri, cum novas interea vires collegisset. … atque Andriam, quæ ad Pontifìcias partes transfugerat primo impetu oppressit». Raynaldi, Ann. Eccl., tom. XIII, an. 1251. Contin. ad Baronium.
(7) «Capta civitate Baroli … omnes aliæ civitates Apuliæ quæ coniurationis consciæ fuerant et Barolurn respiciebant, in suo proposito frustatæ sunt, totumque fere Regnum … in magna pace et tranquillitate fìrmata est». De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc.
(8) De Jamsilla, Hist. de rebus gestis Friderici II ecc.
(9) D’Urso, Storia della città di Andria, lib. IV, cap. VIII, pag. 74.