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Castel del Monte ai primi del Novecento

Castel del Monte

presso Andria

di mons. Emanuele Merra


XVIII
I re Aragonesi e Castel del Monte

È probabile che Alfonso I d’Aragona, re di Napoli, il quale per qualche tempo si trattenne in Trani ed in Barletta, siasi portato con la splendida sua corte, e coi più rinomati letterati del suo tempo, e col duca di Andria Francesco Del Balzo, che gli era troppo caro, a visitare il famoso Castello del Monte.

È più probabile però che vi sia stato il figliuol suo Ferdinando, il quale ebbe piacere di far lunga dimora in Andria, presso cui pose i suoi felici accampamenti.

Si legge infatti nel Paglia (1), come questo monarca, il 16 novembre 1458, spedisse dagli accampamenti presso Andria una sua lettera a quel di Giovinazzo, con la quale faceva sapere di essergli stata accordata l’investitura di questo regno dal Sommo Pontefice Pio II, e voleva che avessero preso parte a tanta festa, con azioni di grazie a Dio, con luminarie e con dimostrazioni di somma letizia.
— Il 22 novembre 1458, dai medesimi accampamenti concedeva a Meulo, Marino, Spirito e Geronima Bonismiro, moglie di Pietro Bonello, figli di certa Giovannella del fu Marino Falconario di Trani, di essere mantenuti nel possesso di molti beni ereditari della suddetta loro madre in Trani (2).
— Il 2 dicembre del medesimo anno re Ferdinando di qui mandava varie istruzioni a Nicola di Monfort, conte di Campobasso, da lui inviato al governo degli Abruzzi, perché provvedesse che tutti i castelli, massime quelli di Atri, di Teramo e di Civitella «fossero ben guardati da ogni forza ed inganno, dando sempre avviso di tutte le cose, alle quali bisognava provvedere, per mezzo di corrieri, e di altre persone, (3).
— Il giorno 3 rispondeva dai medesimi accampamenti al duca di Milano che gli aveva inviato Francesco di Cusano, il quale gli si era offerto mediatore per affrettare la pace tra lui e Sigismondo (4). Il medesimo giorno scriveva due lettere al duca d’Urbino, facendogli sapere con una, come non aveva potuto esaudire le suppliche del principe di Taranto, Orsini, che lo pregava a restituire il marchesato di Cotrone a don Antonio Centelles, a motivo delle importunità di costui (5); e con l’altra gli faceva conoscere come il detto principe, vedendo ogni dì più gli errori del Centelles, desisteva ormai dal supplicarlo (6).
— Il giorno 4 scriveva al re d’Aragona parlandogli pure, ed a lungo, del medesimo Centelles e delle costui macchinazioni (7).
— Inoltre Ferdinando, seguitando a dimorare negli accampamenti presso Andria, e non già in Castel del Monte, come erroneamente scrisse prima il Pastore nella sua storia manoscritta di Andria, e poi il D’Urso, interpolando la parola Monti dopo Castris, il 18 decembre 1458 confermava la concessione di due territori, fatta da Roberto Guiscardo, duca di Calabria e di Puglia, nel 1118 a favore della Chiesa di Canosa (8).
— Nel medesimo giorno scriveva al conte di Terranova perché avesse pazienza, mentre a guerra finita gli avrebbe ridato il castello di Sant’Agata, che a quello si era ribellato (9).
— Ai 19 dirigeva una lettera al viceré di Calabria, affinché spiegasse tutta la sua energia a sedare la rivolta, destata dal Centelles in mezzo a quei popoli (10); come pure per lo stesso fatto, il 3 gennaio 1459, scriveva al duca di San Marco ed al conte di Tricarico, perché assoldassero gente per difendere le terre minacciate dagl’insorti (11).
— L’istesso giorno re Ferdinando, avendo saputo che il conte di Campobasso, nonostante la asprezza del verno, s’era recato in Abruzzo ad assumere il suo ufficio, gli scriveva congratulandosi di ciò (12).
— Finalmente il monarca Aragonese dagl’istessi accampamenti, il 7 gennaio 1459, scrisse al conte di Termoli e ad Alfonso d’Avalos, perché con larghe promesse persuadessero un certo Arturo Mazza ed il figliuolo a ricondurre Taverna, che avevano consegnato a Centelles, alla sua obbedienza; e quando non volessero fare, il conducessero presso Taverna, e li minacciassero d’impiccarli, se gli abitanti osassero resistere. Trattò pure con Sante da Fusignano, a tal uopo servendosi d’un Giovanni Traverso, onde ricuperare Taverna, e ordinò al Viceré di dare appoggio a Sante (13).

E da Andria sono pure datate le lettere degli ambasciatori, che dimoravano presso re Ferdinando, come Francesco da Cusano, Antonio da Trezzo, e quelli di Sigismondo (14). Da questa città re Ferdinando si portò in Barletta, ed ai 14 febbraio 1459, alla presenza di quasi tutti i baroni del regno, di Francesco II Del Balzo, duca d’Andria, e della duchessa Sancia Orsino, sorella della regina Isabella, con la più grande solennità e splendore fu dal suo congiunto il cardinale Latino Orsino, arcivescovo di Trani, inviato dal pontefice Pio II, coronato in Barletta, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, ed acclamato vivissimamente re di Sicilia, di Gerusalemme e d’Ungheria (15).

In tutti questi tre mesi che il monarca fu in Andria, perché non avrebbe dovuto visitare Castel del Monte, la reggia e la fortezza del più grande potentato del medioevo?

Andria, cripta della Cattedrale con le tombe delle imperatrici sveve

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Il 1° dicembre 1463, nel Castello di Altamura re Ferdinando approvava i seguenti capitoli e domande che alla maestà sua faceva il nobile ed egregio uomo Leone di Montemuro di Monopoli, castellano del Castello del Monte. Domandava cioè ducati 150, dovutigli per il pagamento suo e dei compagni del detto Castello: di più ducati 32 che ricever dovea dall’illustre principe di Taranto per sovvenzione, promessa di fargli in casa, alla ragione di ducati 2 al mese. Domandava che potesse far uscire da Castel del Monte tutte le robe sue e farle portare in Corato, prima che partisse dal Castello; come pure di cacciare da quello le munizioni, o che gliene fosse pagato il prezzo. Domandava la provvisione di oncie 12 all’anno a Monopoli, o in ufficio, o in altro luogo dove piacesse a sua maestà. Domandava che i seminati dei coratini, che stavano intorno a Castel del Monte, fossero sicuri dal novello castellano; avendo egli il terraggio, secondo il solito. Domandava che il grano, l’orzo e le fave da lui seminate, gli fossero pagati. Domandava che fosse tenuto a segnare le munizioni, che ricevé con inventario, quando entrò castellano di detto Castello. Domandava finalmente un salvacondotto dall’illustre duca d’Andria, affinché niuno dei figliuoli di lui, o altro gli potesse per alcun tempo domandare cosa alcuna, e che lo ricevesse prima di partire da esso Castello. A tutte queste domande re Ferdinando d’Aragona ben volentieri accordò il suo regio beneplacito (16).

Il 1° giugno 1487 il medesimo monarca dal Castelnuovo di Napoli ordinava al suo tesoriere generale, che avendo deliberato di dare in potere dell’illustrissimo D. Federico, suo figliuolo e suo luogotenente generale, il Castello del Monte, i castelli di Altamura, di Montescaglioso, di Minervino, di Conversano, di Aquino, di Ruvo, della Torre di Mare e della Torre di Minervino; fossero immantinente ed interamente soddisfatti del loro stipendio i castellani di detti castelli ed i loro compagni, sino dal giorno, in cui saranno loro consegnati da suo figlio o da chi per lui. E poiché la spesa annua, che per i sopradetti castelli portavasi, ammontava a ducati duemila e duecento, cosi voleva e comandava che si ordinasse subito al percettore di Terra di Otranto e di Bari, che tale somma si pagasse al figlio da qualsivoglia danaro della sua corte, affinché i castellani ed i loro compagni mensilmente ricevessero il dovuto salario (17).

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L’ultimo dei monarchi aragonesi, che dovette visitare Castel del Monte, fu Federico, sventurato re di Napoli, il quale ebbe in moglie la buona ed infelice Isabella del Balzo, le cui nozze furono celebrate in Andria, il dì 18 novembre 1487 (18). Isabella era figliuola del duca di Andria, Pirro, che nel 1487 fu fatto miseramente strangolare da re Ferdinando, c buttare in mare col fratello Engelberto, e con Giampaolo figlio di costui; facendogli confiscare tutt’i beni, perché implicato nella famosa congiura dei baroni (19). In tale dolorosa circostanza, la duchea di Andria, e tutti i beni che allo sventurato Pirro s’appartenevano, vennero da re Ferrante donati a Federico, volendo cosi raddolcire il cuore dell’infelice Isabella, immensamente amareggiato per la uccisione del padre! In tal modo Andria dalla illustre casa dei del Balzo passò agli aragonesi. e Federico s’intitolò, come Pirro, principe di Altamura e duca di Andria.

Il 28 giugno 1498 re Federico scrisse da Napoli al magnifico viceré, facendogli sapere come egli fosse molto dispiaciuto per la peste, che affliggeva la terra di Barletta, la quale di molta importanza era al suo servizio ed al suo Stato (20); epperò lo pregava ad usare tutti i mezzi, che potesse per la salute di quei cittadini. Per ciò che riguardava l’uscita da Barletta di Giacomo Bruno, di Roberto fratello di lui, di Bernardino Gentile con le loro famiglie; il re si mostrava contentissimo, che andassero a dimorare in Castel del Monte. E poiché in Barletta si trovava un certo Ivan Vidal con la moglie e con tutta la brigata, voleva che essi si portassero pure in Castel del Monte; e se loro non piacesse tal dimora, potevano andare nelle sue terre di Tresanti o di Trisalpe. Gli raccomandava infine che, nell’uscire da Burletta, non fosse loro fatta proibizione o molestia alcuna; e se il Vidal domandasse danaro in prestito, badasse che non gli si facesse pressione veruna; mentre egli nelle sue occorrenze si serviva di questi e del padre (21).

Nel 26 marzo 1499 troviamo Federico residente in Andria, donde spedisce alcune provvidenze a diversi luoghi, ed alcuni privilegi a Giovinazzo, datandoli da Andria (22). Dimorando qui Federico, dovette con Isabella portarsi in Castel del Monte, e con lui vi dovettero essere pure il poeta Iacopo Sannazzaro ed il Famoso eroe della disfida di Barletta, Ettore Fieramosca, i quali fedelmente seguirono da per ogni dove l’Aragonese, e non l’abbandonarono vilmente nell’esilio, allorché l’infelice e buon re, il 6 settembre 1501, fu costretto a ritirarsi in Francia; mentre gli invasori spagnuoli e francesi si dividevano il reame! (23).

[Tratto da: Emanuele Merra, "Castel del Monte - presso Andria", 3ª edizione, Scuola Tip. Istituto Apicella per Sordomuti, Molfetta, 1964, pp. 105-112.]


NOTE - (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero capitolo)

(1) «Datum in nostris felicibus Castris prope Andriam XVI Novembris VII Ind. 1458, Rex Ferdinandus». Hist. della città di Giovinazzo, lib. IV, pag. 186.

(2) «Datas in nostris felicibus Castris prope Andriam etc. Die 22 mensis novemhris VII Ind. an. 1458, Rex Ferdinandus». Beltrani, Cesare Lambertini, vol. I, par. I, docum. CLX1V.

(3) «Data et expedita in nostris felicibus Castris prope Andriam II decembris VII Ind. 1458, Rex Ferdinandus. Rex mandavit mihi Thoma de Girofalco». Reg. Arag., fol. 45 t.

(4) «In felicibus nostris Castris prope Andriam 3 decemb. 1458». Reg. Arag., fol. 41 b.

(5) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 3 mensis decembris 1458». Reg. Arag., fol. 40.

(6) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam mensis 3 decembris 1458». Reg. Arag., fol. 40.

(7) «Datum in felicibus Castris nostris prope Andriam 4 decembris 1458». Reg. Arag., fol. 42.

(8) «Datum in nostris felicibus Castris prope Andriam die 18 mens. decembris 1458, Rex Ferdinandus». Tortora, Rel. Eccl. Canus. Appendix etc., pag. 252.

(9) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 18 decembris 1458». Reg. Arag., fol. 48.

(10) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 19 decembris 1458». Reg. Arag., fol. 48.

(11) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 3 jannuarii 1459». Reg. Arag., fol. 52.

(12) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 3 jannuarii 1459». Reg. Arag., fol. 52.

(13) «ln nostris felicibus Castris prope Andriam 7 jannuarii 1459». Reg. Arag., fol. 54.
Il Registro Aragonese, qui citato, esiste nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Ne ha fatto un sunto il signor Daniele Gianpietro nell’Arch. Stor. per le Prov. Napol., anno IX.

(14) Nunziante, I primi anni di Ferdinando d’Aragona, in Arch. Stor. Nap., anno XVIII, pag. 236 e seg.

(15) Il re, intesa la creazione (di Pio II), mandò subito Francesco II del Balzo, duca d’Andria. a rallegrarsi e a dare l’obbedienza; il quale trovò il papa tanto benigno, che ottenne quanto volle; e tra l’altre coe il papa mandò il cardinal Latino Orsino a coronare il re; il quale volle coronarsi in Barletta, in terra di Puglia. Di Costanzo, Stor. del Reg. di Nap., lib. XIX, pag. 344.
Nella chiesa di S. Maria in Barletta, sotto il mezzo busto a bassorilievo di Ferdinando I d’Aragona, si legge una lunga iscrizione, che ricorda la di lui incoronazione, avvenuta ai 4 febbraio; ma in un dispaccio del re a Bernardo Villamarina, scritto da Barletta il 22 di detto mese, si legge: «A queste dias per causa de la benavventurata coronacion nuestra à al qual donam fi a XIV del present». Arch. stor., etc., anno IX.

(16) Vedi Documento XLIII.

(17) Vedi Documento XLIV.

(18) Arch. Stor. per le Prov. Nap., anno. IX.

(10) C. Porzio, La congiura dei baroni, lib. III, cap. VII.

(20) In Barletta la seguente iscrizione, messa in faccia alla chiesetta di S. Cataldo, ricorda la peste, cui accenna re Federico:

A. D. 1498 PESTE IN
FESTANTE PIA RES
PUB. BAROLITANA
INSTAURAVlT.

(21) Vedi Documento XLV.

(22) Ludovico Paglia, Hist. della città di Giovinazzo, lib. V, pag. 248.

(23) Faraglia, La disfida di Barletta, Firenze, Barbèra, pag. 16.