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da “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi” - Vol. I
di Michele Agresti (1852-1916)
Capo II
(anni 1194-1268)
Quando fu istituita in Andria la sede episcopale?; nel secolo quinto, come ci assicura la maggior parte degl’istoriografi antichi e moderni,
o nel secolo decimosecondo, come congetturano i Bollandisti e loro seguaci?
A dire il vero, è questo un altro punto scabroso, della nostra storia; ed è, al tempo stesso, il punto più importante,
dal quale dipende poter ammettere gran parte dei fatti, che andremo narrando, e che riconfermano ancora l’antichità di Andria.
Il divario, difatti, che ci separa, circa l’antichità di Andria. nasce appunto dal dubbio
sull’epoca della istituzione della sede episcopale, e dall’equivoco dei due Papi, Gelasio I e Gelasio II.
Due opinioni si contendono il terreno, circa l’epoca della istituzione della sede episcopale in Andria; l’una sostiene,
che fosse stata istituita da Papa Gelasio I, che resse la Chiesa Universale dal 492 al 496: l’altra,
che fosse stata istituita da Gelasio II, che resse la Chiesa dal 24 Gennaio 1118 al 29 Gennaio 1119,
(cioè per un anno e cinque giorni).
Fautori della prima opinione sono, principalmente, l’Ughelli, il Cardinal Baronio, il Ferrari, il Gams,
il Paolo Regio, il Cappelletti e molti altri; fautori della seconda sono i Reverendi Padri Bollandisti,
rappresentati dal P. Bollando, dal Papebroch, dal Henschenio, dal Baertio e dall’Ianningo,
cui tengono bordone il Canonico Assemani, il Butler, il Coleti ed altri autori moderni.
Quale delle due opinioni deve ritenersi per vera?
Non è facil cosa il poter dire, tenuto conto delle ragioni e della cultura degli uni e degli altri autori, su tale argomento.
A noi sembra, però, che la divergenza e l’equivoco sian venuti dall’ambiguità del nome dei due Papi (Gelasio I, e Gelasio II),
e dall’ambiguità dei due Vescovi (Riccardo I, che i fautori della prima opinione fanno rimontare al secolo V, e Riccardo II,
che i fautori della seconda opinione stabiliscono nel secolo XII). Confondendo quindi i due Pontefici, per nome Gelasio,
ed i due Vescovi, per nome Riccardo, si son confuse le due epoche.
La confusione poi dei due nomi, Gelasio I e Gelasio II è tale che ha fatto dar di volta ai migliori cervelli, che han parlato delle nostre cose.
*
* *
Ascoltate quel che scrive il Moroni, nel
Dizionario Storico.
Andria (Andrien)
città con residenza vescovile
nel regno delle due Sicilie nella Terra di Bari. Fu fondata nell’anno 1046 da Pietro Normanno, conte di Trani
[1].
Il medesimo Moroni (che fa nascere Andria nel 1046!), dopo poche righe (nel medesimo volume, alla medesima pagina!) scrive:
Il vescovado di Andria è sotto la metropoli di Trani. Antica è la istituzione di esso, ascrivendosi al Papa S. Gelasio,
il quale vi nominò S. Riccardo verso il 492 (!). Si fa nascere dunque Andria nel 1046, e la sede vescovile nel 492! …
Aveva, insomma, Andria, un Vescovado prima di nascere! …
Ma ciò non basta. Vi ha dello più strabiliante! … Ascoltate.
Il medesimo Moroni (nel medesimo Dizionario) scrive:
Il primo Vescovo (di Andria)
fu S. Riccardo, ordinato da S. Gelasio I
Papa nel 492 ed ascritto al Martirologio da Urbano VIII.
[2].
Indi,
il medesimo Moroni, (nel medesimo Dizionario) scrive -
S. Riccardo, Vescovo di Andria nella Puglia,
Inglese di nascita …. morì circa la fine del secolo XII
[3]!
Incredibilia sed vera! … Lo si fa, dunque, Vescovo nell’anno 492, e lo si fa morire sulla fine del secolo XII! …
Visse, cioè, per ben sette secoli! … e fu canonizzato poi da Bonifacio VIII: celebrandone la festa (la Chiesa di Andria),
secondo il Moroni, ai 21 Agosto! … (Invece la si celebra il 9 Giugno! … giorno di sua morte).
Né qui terminano le contradizioni del Moroni!
Nell’elenco dei Santi, canonizzati dai Romani Pontefici, cominciando da Papa Giovanni XV, sino a Gregorio XVI,
parlando del nostro S. Riccardo, scrive, che
fu canonizzato da Urbano IV nel 1261
[4];
mentre nel volume 57 del suo dizionario, lo dice
canonizzato da Bonifacio VIII;
e, nel volume 45, lo dice
ascritto al Martirologio da Urbano VIII!
A quale dei Moroni dobbiamo noi credere?
Ecco come si fa la storia da alcuni autori, che pur van per la maggiore!
NOTE
[1]
Moroni,
DIZIONARIO STORICO, Tom. II, pag. 57.
[2]
Moroni,
DIZIONARIO STORICO, Vol. XLV, pag. 148.
[3]
Idem. Ibidem, vol. LVII, pag. 175. Né si può credere che parli di Riccardo II del secolo XII, giaccbé questi non fu mai canonizzato.
[4]
Idem:
Elenco dei Santi: lettera C. can. Vol. 7, pag. 308.
*
* *
Ma ascoltiamo quel che dice l’
Ughelli, autore accuratissimo, alla cui fonte hanno attinto loro notizie tutti gli altri scrittori,
non esclusi i Bollandisti. Parlando della istituzione della sede vescovile e del primo Vescovo di Andria, S. Riccardo, l’Ughelli scrive:
—
Episcopatus Andrien antiquus est inter recentiores a Gelasio I Papa institutus, primumque Episcopum constituit S. Richardum circa annum salutis 492
[5].
All’Ughelli fa eco il Cardinal
Baronio, il quale, nel suo Martirologio, così scrive del nostro S. Riccardo:
—
S. Riccardus vixit circa Ann; 500. Nam una cum Sanctis Episcopis Sabino Canusino et Rogerio Cannensi Ecclesiam S. Michaelis
in Monte Gargano consecravit (apparitio enim S. Michaelis contingit Anno 493). Ejus vita habetur apud Paulum Regium,
et apud Ferrarium ex antiquissimis monumentis Ecclesiæ Andrien. Inventio ejus corporis Ann: 1438, quam scripsit Franciscus de Baucio Andriæ Dux
[6].
Per ragione di brevità omettiamo quanto scrivono il Paulo Reggio ed il Ferrari (citati dal Baronio), autori degni di fede,
i quali attinsero le loro pruove da antichissimi monumenti della Chiesa di Andria, (come ne assicura il Baronio medesimo).
Il Ceccaroni scrive:
Non si conosce con certezza il primo Apostolo della fede in Andria, gli atti della vita di S. Riccardo,
primo Vescovo di Andria, riferiscono essere stato lo stesso Principe degli Apostoli S. Pietro.
La sede Vescovile fu istituita da Papa S. Gelasio I. (V secolo)
[7].
Il Cappelletti, parlando di Andria, scrive:
Città di qualche importanza nella Peucezia fu Andria, detta anche Andri, nella provincia di Bari … Certo la sede vescovile
n’è antica: si ha notizia dei suoi Vescovi dal declinare del quinto secolo
[8].
A questi autori potremmo ancora aggiungerne altri, che per brevità omettiamo, i quali tutti convengono in questi due punti:
1. che la sede vescovile di Andria fu istituita da Papa Gelasio I, nel secolo quinto;
2. che S. Riccardo fu il primo Vescovo di Andria.
L’autorità poi dei Romani Pontefici, che hanno approvata la leggenda, non che l’Ufficio e la Messa propria del Santo,
basterebbe a togliere ogni equivoco, ed a confermare l’opinione, che S. Riccardo fosse stato realmente il primo Vescovo di Andria,
preconizzato da Papa Gelasio I., sul declinare del V. secolo — All’autorità dei Romani Pontefici vorremmo
pure aggiungere la tradizione, ben radicata nel cuore degli Andriesi, i quali hanno sempre ritenuto,
che il primo Vescovo di Andria sia stato S. Riccardo, e come tale lo hanno sempre venerato; laddove, ammettendo l’opinione contraria,
S. Riccardo non sarebbe il primo Vescovo di Andria, giacché prima di Lui se ne incontrano degli altri, al dire dei medesimi Bollandisti.
E noi, però, benché non troppo teneri della tradizione, pure, questa volta, dobbiamo dire, che la tradizione di un popolo,
in cui è radicato il sentimento di venerazione per quei santi che lo procrearono alla vita della fede, alla luce della verità,
non deve aversi in non cale. Tale tradizione forma il sacro patrimonio di una città, di una nazione; essa vale quanto un monumento,
e, più che un documento scritto; vale quanto la esistenza stessa del popolo, lungo il corso dei secoli.
Onde ben a ragione S. Paolo scriveva: tenete tradi-tiones, quas didicistis.
E tale è la tradizione degli andriesi, tramandata da padre in figlio, da generazione in generazione, che, cioè,
S. Riccardo del secolo quinto sia stato il primo Vescovo di Andria.
NOTE
[6]
Card. Baronius.
Martirologio, pag. 282, sotto il 9 Giugno - Romae Tipis Vaticanis MDCXXXV.
[7]
Agostino Ceccaroni:
DIZIONARIO ECCLESIASTICO ILLUSTRATO, pag. 80, Andria.
*
* *
Ma, diamo di mano ora al suono dell’altra campana!
I Bollandisti, prima di tutti, sostengono, che la istituzione della sede vescovile di Andria abbia avuto luogo nel decimosecondo secolo.
E notisi, fin da ora, che, mentre essi pur asseriscono esser nato l’equivoco
dall’ambiguo nome di Gelasio,
(confondendo il I del secolo quinto, col II del secolo decimo secondo), poi sostengono, che il Vescovo Riccardo
fosse stato consecrato da
Adriano IV, che resse la Chiesa universale dal 1154 al 1159
[9]!
Ai Bollandisti si unisce il Coleti (nell’annotazione all’Ughelli), il Butler, l’Assemani ed altri rispettabili autori.
La loro opinione, però, è tutta fondata sopra ragioni negative e di pura congruenza, molte volte poggiata sulle congetture,
in pieno contrasto colla leggenda del Santo e colla istoria della Invenzione del suo Corpo, scritta dal Duca Francesco Il del Balzo, nel 1438.
Fermandoci noi ai Bollandisti, innanzi tutto facciamo notare, che essi, mentre asseriscono di tenere
in buon concetto il prelodato Duca del Balzo,
il quale
accurate scrutatus quidquid ad illustrandum Sancti a se inventi memoriam faciebat
[10],
poi finiscono col bollarlo, asserendo di aver scritto per meras coniecturas
[11].
Ma veniamo ad esaminare le principali obiezioni dei Bollandisti.
In primo luogo, essi asseriscono, Andria non comparisce una città tanto antica; né gli Anglosassoni, nel secolo V,
avean cominciato a convertirsi alla Religione cristiana.
Andria non videtur urbs tantæ antiquitatis,
nec sæculo V Anglosassones corverti coeperant
[12].
Dunque S. Riccardo, che,
secondo i Bollandisti, era Anglosassone, non poté esser Vescovo di Andria nel secolo quinto!
Eppure i medesimi Bollandisti scrivono,
di non conoscere l’origine di Andria, sia per l’antichità (vel ex antiquitate).
sia pel silenzio degli scrittori (vel ex scriptorum silentio)
[13].
Che, se Andria, nel secolo V fosse stata pur un picciol villaggio, ciò non toglie che avesse potuto avere anche una sede vescovile,
quando sappiamo che, nei primordii del cristianesimo, i Vescovi non erano destinati a sedi già costituite, come accade al presente,
ma erano inviati a propagare la fede in tutte le regioni, e grandi e piccole, ove piantavano nuove Chiese,
in cui, raccoglievano i novelli cristiani. E quei Vescovi furon detti, perciò,
Vescovi Regionarii.
Difatti, chi non sa, dalla storia Ecclesiastica, che i medesimi Apostoli, dovunque mettevan piede, vi fondavano delle Chiese,
le quali vantavano
apostoliche, val quanto dire, ottenevano dagli Apostoli il primo Vescovo, e venivano stabilite
in gerarchiche porzioni della santa famiglia cristiana? Onde Tertulliano scrisse:
Apostoli Ecclesias apud unamquamque civitatem condiderunt
[14].
Non deve, perciò, far meraviglia se Andria, anche ad esser stata, in quel tempo, un piccol villaggio, cui facean capo
tanti villaggi circonvicini, come abbiamo detto innanzi, avesse potuto avere una sede vescovile.
E questa opinione vien confermata dal celebre Cardinal De Luca, a proposito di Andria
[15]:
quod antiquitus ob superioritatem de facto in illis partibus (in Puglia)
Patriarchæ Con-stantinopolitani, ratione dominii,
seu imperii Græcorum, viveretur cum ritu potius græco, quam latino (ecco un’altra pruova dell’antichità di Andria,
della quale parla il cardinal De Luca);
adeo ut, fere omnes illius provinciæ Episcopatus cum dicti Patriarchæ auctoritate
per Archiepiscopum Barensem, absque dioecesis assignatione, intra solos angustos fines cujuslibet civitatis creati fuerint;
denique, post Græcorum expulsionem, sedes Apostolica, ad illorum populorum consolationem et quietem, prudenter approbavit
[16].
Il che dimostra come, in quel tempo della dominazione greca in Puglia, anche
i piccoli villaggi aveano i propri Vescovi,
ai quali, al dire del medesimo Cardinale de Luca, conveniva piuttosto il titolo di Parrochi o di
Pievani,
che avevano l’uso dei Pontificali:
unde propterea illis episcopis congruere videtur potius titulus parrocorum
vet plebanorum, qui usum pontificalium hahebant
[17].
Che, se Andria, sugli atlanti geografici, non comparisce, quale città, che dopo l’epoca normanna, ciò non depone contro
la sua antichità, potendo esser stata, all’epoca di Papa Gelasio I, un piccol villaggio, ed avere, ciò non ostante, il suo Vescovo.
A nostro avviso, poi, il fatto stesso che Andria va segnata dagli scrittori coi vari nomi di Netium, Rudas, Andri,
è forse la causa di non farla comparire sugli atlanti geografici, prima del milleducento.
NOTE
[9]
Il D’Urso, nella
Storia d’Andria (pag. 34), assicura invece, che questo Riccardo del XII secolo, che nella nostra cronologia
dei Vescovi andriesi va sotto il nome di Riccardo II, fu preconizzato Vescovo da Alessandro III nel 1168,
GIUSTA LE NOTIZIE ATTINTE DA PATRI MANOSCRITTI. Ciò viene confermato dall’Ughelli, dal Gams, dal Cappelletti, dal Moroni e da altri,
i quali asseriscono esser, questo Vescovo Riccardo, intervenuto al concilio Lateranense, celebrato nel 1179 sotto Papa Alessandro III;
e di aver celebrato nel 1196 la traslazione delle ossa dei santi martiri Erasmo e Ponziano, che furono depositate
nella chiesa di S. Bartolomeo, come risulta da una pergamena esistente nella curia Vescovile di Andria.
[10]
Acta Sanctorum:
Collecta digesta … illustrata a
Godefrido Henschenio, P. M. Daniele Papebrochio, Franc. Baertio et Corrado Ianningo e Societate Iesu præsbiteris – Tom. II – Andrien.
[12]
Acta Sanctorum: Tom. II, pag. 245.
[14]
De præscriptione adversus hæreses: cap. 20.
[15]
Il Card. De Luca nella sua giovinezza, fu avvocato del Capitolo Collegiale insigne di S. Nicola di questa città, nelle cause
sostenute contro il Capitolo della Cattedrale, circa i reciprochi diritti di parrocchialità.
[16]
De Luca: in
Miscellan, Eccles, Discu, 32 num. 2.
*
* *
Ed ora veniamo all’altra parte dell’obiezione dei Bollandisti propriamente del P. Papebroch.
S. Riccardo non può appartenere al secolo V, perché, in quel secolo, gli
anglosassoni (cui S. Riccardo, al dir dei Bollandisti, apparteneva)
non si erano ancora convertiti alla fede: —
nec Riccardus, de quo agimus, credi potest ad sæculum V spectare, quando necdum Anglosassones converti coeperant —
[18].
Innanzi tutto facciamo qui osservare, che la leggenda non dice S. Riccardo
Anglosassone, ma semplicemente
Anglo.
Richardus in Anglia honestis parentibus natus etc.
[19].
E ciò lo dice il medesimo P.
Papebroch, parlando del Vescovo Riccardo del secolo XII,
itidem ut ipse natione Anglo
[20]:
cioè
inglese della Gran Bretagna, detta Inghilterra, o
Inclita Terra, che fu una delle prime regioni
a ricevere la luce del Vangelo dall’Apostolo S. Paolo, fin dal primo secolo del cristianesimo.
Che, se lo scrittore di quella leggenda chiamò Anglo e non Bretone il nostro S. Riccardo, ciò, forse,
fu per fare una distinzione di razza fra l’uno e l’altro popolo, che già, sin dall’anno 8o4 (epoca, cui si attribuisce la leggenda.
di S. Riccardo), sotto lo scettro di Egberto, s’erano fusi in uno solo, cui fu dato il nome di Anglia, ossia Inghilterra,
abbandonando quello di Bretagna, i di cui popoli chiamavansi Ingli, Bretoni, Scotti, Sassoni, Pitti, Cambri, Iuti ecc.
Ma, ammesso pure che il nostro S. Riccardo fosse stato anglosassone, come dicono i Bollandisti, ripugna forse che,
fra gli anglosassoni, vi fossero stati, in quel tempo, anche dei cristiani, quando sappiamo che nel 3. e 4. secolo,
anche in Germania (da cui si mossero gli Anglosassoni), vi erano dei cristiani, pel Vangelo di Cristo, predicato dagli Apostoli?
È vero che la maggior parte degli Anglosassoni, gente barbara, nel V secolo, non aveva ancora abbracciato il cristianesimo;
ma è pur vero, che nel V secolo la Chiesa d’Inghilterra diede molti santi, fra i quali S. Davide, S. Dubricio, S. Sansone, S. Maglorio ecc.
E già, nel secolo V, varie colonie di Anglosassoni avevano invasa la Gran Bretagna. Difatti fu nel 454 che gli Anglosassoni
di Germania scesero nella Bretagna, formando una colonia nel regno di Kent; e poi, successivamente, altre colonie,
quella di Sussex (491), di Wessec (519), di Essex (526), di Notumbria (56o), e finalmente altre colonie,
che costituiscono i regni di Eustaglia (57) e di Mercia (584) vennero ad abitare la Gran Bretagna.
E fu appunto sul declinare del secolo V, nell’anno 492 (secondo la leggenda), che il nostro S. Riccardo si partiva dall’Inghilterra,
per venire in Andria, quando già le prime colonie di
Anglosassoni, fin dal 454, avevano invaso la Gran Bretagna,
e ne avevano in parte preso i suoi costumi, la lingua,
le sue credenze, la Religione, e molti si erano convertiti al cristianesimo,
per opera di S. Germano di
Auxene, il quale, dopo aver propagata la fede di Cristo nella Gran Bretagna,
ne assicurò pure la libertà, di fronte ai Pitti ed agli
Anglosassoni, collegatisi insieme
[21],
come può leggersi nella vita di questo santo, riportata dai medesimi Bollandisti sotto il 26 Agosto 429
[22].
Ma andiamo oltre. I Bollandisti, dopo di aver asserito, che la sede vescovile di Andria non poteva essere stata istituita nel V secolo,
e perché
Andria non sembra città tanto antica, e perché gli
Anglosassoni, (alla di cui stirpe han creduto appartenesse S. Riccardo),
in quell’epoca,
non erano cristiani, asseriscono, in secondo luogo, che la prima notizia della sede vesco-vile di Andria
sia lor pervenuta nella traslazione di S. Nicola Pellegrino, celebrata in Trani nell’anno 1143, dove,
fra gli altri Vescovi, intervenne anche il Vescovo di Andria, del quale neppur ci danno il nome.
[23]
Prima Episcopi Andriensis notitia, sed absque nomine, nobis accurrit in translatione S. Nicola, i Pellegrini, in oppido Trani, celebrati anno MCXLIII
[24].
Dunque il primo vescovo di Andria, secondo i Bollandisti, non fu neppure Riccardo II, che essi dicono fosse stato preconizzato da Adriano IV,
che governò la Chiesa universale dal 1154 al 1159, ma fu invece il vescovo anonimo, che intervenne alla traslazione di S. Nicola Pellegrino in Trani nel 1143!
Né poi la mancanza di cognizione d’altri Vescovi, prima del 1143 può dare argomento ai Bollandisti da far credere che, sino a quell’epoca,
Andria non avesse avuto altri vescovi precedenti. E già noi, coll’autorità del Cappelletti, dell’Avellano e degli annali Camaldolesi,
abbiamo dimostrato, nel capo precedente, che un vescovo, per nome Gre-gorio, in anno ignoto, avesse occupata la sede di Andria nell’ottavo secolo.
Come pure si ha notizia di un altro Vescovo, per nome Cristoforo, o, secondo altri, Costantino, che intervenne al Concilio II di Nicea nell’anno 787.
Di questo Vescovo, di cui parla pure l’Ughelli, il Gams ed altri, i Bollandisti dicono che non fu Vescovo di Andria,
ma Vescovo
Andriacense, nella Tracia: —
non fuit (Gregorius) Andriensis ex Italia, sed Andriacensis ex Thracia Episcopus
[25].
Né, al dire dei medesimi, in quel concilio vi intervenne alcun Vescovo dell’occidente:
—
unde nemo, uti neque ex toto occidente ullus ibi comparuit
[26].
Mettendo da parte l’Ughelli (dai Bollandisti
bollato, quando non conviene nella loro opinione, e ritenuto poi quale
fonte
nell’attingere quelle notizie che fanno per loro), egli è certo, che autori degni di fede hanno parlato di questo Concilio Niceno II,
convocato da Papa Adriano I, per combattere gl’
Iconoclasti, e, fra i Vescovi dell’occidente, intervenuti a quel Concilio,
riportano il Vescovo di Bari,
Leonzio, il Vescovo di Bisceglie,
Sergio, il Vescovo di Trani,
Leone,
ed il Vescovo di Andria,
Gregorio. Il Garruba, accurato scrittore barese, scrive:
Nicæno Concilio se subscripsit Leontius Berensis una cum Leone Tranensi, Christopharo Andriensi et Sergio Vigiliensi in Apulia
[27].
Questi medesimi nomi si leggono nella Storia Universale dei Concilii. Ed il
Labbé - Cossart
[28],
parlando di quel Concilio, cita pure molti Vescovi dell’occidente, fra i quali, i summenzionati
Leonzio di Bari,
Sergio di Bisceglie,
Leone di Trani e
Cristofaro di Andria, oltre ai Vescovi di Oriente, tutti in numero di 365.
Quello, forse, che ha potuto far nascere un equivoco sul Vescovo Gregorio o Costantino, è stato l’aver incontrato nella collezione
del Labbé e Cossart, edizione del 1671, segnato, oltre al Vescovo Cristoforo, fra i Vescovi di Puglia, anche un Vescovo
per nome Costantino. Difatti, in quell’edizione, leggesi: «Costantinus indignus Episcopus Adrianes».
Ciò, per altro, nulla toglie alla nostra tesi, giacché, vuoi che sia Gregorio, Vescovo Andriacensis (di Tracia),
vuoi che sia Costantino, il Vescovo di Andria nella Puglia, egli è certo che, nel 787, intervenne a quel Concilio
un Vescovo di Andria. Dunque la sede vescovile esisteva nel 787; e non fu nel 1143 (epoca della traslazione
di S. Nicola Pellegrino in Trani) che comparisce il primo Vescovo di Andria.
Né possiamo qui far passare in oblio altri due Vescovi, che governarono la Chiesa di Andria prima del 1143.
Essi furono
Desidio ed
Ilderico, dei quali non sappiamo comprendere come l’Ughelli ed altri scrittori
non ne abbian fatta menzione. Del Vescovo
Desidio si ha notizia in un pubblico documento in pergamena del 1104,
conservato nell’Archivio Capitolare della Insigne Collegiata di S. Nicola; del Vescovo
Ilderico, successo al
Desidio,
si ha notizia in un pubblico istrumento, stipulato dal
Tabulario Herminius Filiosto dell’anno 1126
[29].
Ed ora veniamo al Vescovo Riccardo, che i Bollandisti fanno succedere all’anonimo, intervenuto nel 1143 alla traslazione
di S. Nicola Pellegrino in Trani, benché essi mettano il dubbio, che un altro Vescovo (forse) vi sia pure esistito fra questi due!
Di questo Vescovo Riccardo i Bollandisti danno notizia certa, poggiandosi ad un documento del 1196, che essi riportano dall’Ughelli,
il quale asserisce averlo ricavato dall’Archivio della Curia Vescovile di Andria. In quel documento si parla della traslazione,
da Civitella (nel Sannito) in Andria, delle reliquie dei Santi Martiri
Erasmo e Ponziano, avvenuta sotto il Vescovato di questo Riccardo
[30].
È questo Vescovo Riccardo, che i Bollandisti vogliono battezzare pel nostro glorioso Protettore e Patrono, asserendo,
che nulla osta perché questo Riccardo del 1196, (creato da Papa Adriano IV), anch’egli di nazione inglese, possa essere quel Riccardo,
che gli Andriesi venerano per loro Protettore e Patrono: «
denique apparet nihil esse causæ, cur S. Richardus,
cuius initio monumentum protulimus ab Hadriano IV, itidem ut ispe natione anglico, cui vel ante vel in pontificatu ministraverit,
promotus et ordinatus intra annos MCLIV et LIX, quibus ille universalem Ecclesiam rexit
[31].
Se questo Riccardo del 1196 fosse ancora Egli Inglese, come dicono i Bollandisti, nol sappiamo; né da alcun documento risulta.
Questo solo sappiamo, che Riccardo del secolo decimo secondo non fu mai ritenuto dagli Andriesi qual loro Patrono, e venerato qual santo.
A contradire poi tale congettura dei Bollandisti sta il fatto, che la leggenda fu scritta dall’anonimo nel secolo ottavo,
quando cioè questo Riccardo del secolo dodicesimo era ancora in mente Dei. Né poi il Duca Del Balzo
(che i medesimi Bollandisti dicono accuratissimo nello scrutare tutto ciò che serve ad illustrare il suo Santo) avrebbe trascurato,
nella sua istoria, un documento tanto importante (la traslazione cioè delle reliquie dei Santi Martiri Erasmo e Ponziano),
se veramente quella traslazione si riferisse al Vescovo S. Riccardo della leggenda.
Né poi è vero che, dal Vescovo Riccardo del 1196 sino al Vescovo Fra Placido (129o) non si riscontra altro Vescovo di Andria,
come i Bollandisti asseriscono
sulla testimonianza dell’Ughelli. Infatti essi scrivono
«
Post hunc Richardum (del 1196)
rursus per annos centum nullus potest et nominari, usque ad MCCXC
[32].
Or bene l’Ughelli, fra questo Vescovo Riccardo del secolo decimo secondo ed il Vescovo Fr. Placido, v’interpone un altro Vescovo,
di cui ignora il nome; ma che asserisce, farsi parola di lui nei regesti di Papa Innocenzo III, ove comparisce una lettera di questo Papa,
diretta al Vescovo, Clero e popolo di Andria, perché obbediscano al legato Pontificio, inviato nella nostra città. Ecco le parole dell’Ughelli
«
N. N. … (cujus nomen non exprinitur) in regesta Innocentii III Papæ memoratur, ubi in litteris ad Episcopum,
Clerum, et populum andriensem hortatur eos ut ab se misso pareant
[33].
Di questo medesimo Vescovo anonimo ne parla anche il Cappelletti, il quale asserisce che «
reggeva questa Chiesa (di Andria)
circa l’anno 1200»
[34].
Dunque, prima di Fr. Placido e dopo il Vescovo Riccardo del 1196, esisteva un altro Vescovo.
Egli fu Matteo II, del quale ne fa testimonianza una lapide spezzata, rinvenuta nella rifazione dell’antico Tempio di S. Francesco,
appartenuto ai Conventuali di questa città. In essa lapide leggevansi queste residuali parole:
… _tiarum (forse precedute dal gra - tiarum) … Andriæ, Dei Gratia, Episcopus Mattheus: ann: Christi MCCXLIII …
Ma ciò che maggiormente ci sorprende, e che non siamo ancora riusciti a comprendere, è l’osservare che, mentre i Bollandisti asseriscono
di aver avuto
la prima notizia del Vescovo di Andria dalla traslazione di S. Nicola Pellegrino in Trani, celebrata nell’anno 1143,
mentre asseriscono
di aver certa notizia del Vescovo Riccardo, esistito nel
1196
[35];
mentre sostengono che, nel
1290, fu Vescovo di Andria quel tale
Fr. Placido, poi finiscono col dire
che la sede Episcopale fu istituita in Andria circa
l’anno 1350! (
ab anno circiter MCCCL)
[36].
E, passando da una congettura a l’altra, poi scrivono:
multa etiam citius
[37];
e, con un
fortassis, conchiudono, che fu istituita da Papa Gelasio II:
fortassis a Gelasio Papa II
[38].
Non più dunque da Adriano IV, come avevano innanzi essi asserito! Ma, di grazia, se la sede vescovile fu istituita da Gelasio II,
o da Adriano IV (come essi dicono), se già avevano notizie certe dei Vescovi del 1143 (quello della traslazione di S. Nicola),
del 1196 (Riccardo), e del 1290 (F. Placido), perché poi scrivere che
Andria fu ornata della dignità Episcopale circa l’anno 1350?
Né quel
multo etiam citius, ed il
fortassis valgono a scagionarli dalla contraddizione,
quando essi dicono di aver
notizia certa della esistenza dei tre Vescovi, precedenti al 1350! …
E tale contradizione viene maggiormente messa in rilievo dalla narrazione, che fanno i Bollandisti della invasione ungarica,
cui andò soggetta Andria nel 1345; nella quale occasione, essi dicono, il prudente sacrista nascose
il Corpo di S. Riccardo, perché non andasse fra le mani di quell’invasori
[39].
Ora, se il Corpo di S. Riccardo,
Primo Vescovo e Patrono di Andria, già dormiva il sonno dei giusti; e,
nel 1345, veniva
celato, come dicono i Bollandisti, perché non andasse fra le mani degli Ungari,
come si fa ad asserire che la sede episcopale fosse stata istituita nel 1350? … Era o non era
S. Riccardo dei Bollandisti
vescovo nel 1196, e Patrono di Andria, nel 1345, quando le sue ossa venerate furono nascoste dal prudente sacrista,
perché non cadessero nelle mani degli Ungari? … Come dunque asserire, che
Andria, fu onorata della dignità Episcopale circa l’anno 1350? …
Ecco, dunque, su che poggia la critica dei Bollandisti, che vuol demolire l’antichità della nostra sede episcopale,
riducendola di circa otto secoli! … Ma procediamo oltre.
I Bollandisti (per negare alla nostra città l’istituzione della sede Vescovile nel secolo V), dall’esame dei calendarii e necrologie,
presentatici dal Duca Del Balzo, che scrisse la Storia della Invenzione del Corpo di S. Riccardo, desumono altre ragioni, per sostenere la loro opinione.
Difatti da quei calendari risultava:
1. che S. Riccardo fosse morto il di 9 Giugno;
2. che il giorno di quella Invenzione (23 aprile) coincideva col giorno della sua canonizzazione
(la quale, anticamente, consisteva nella traslazione del corpo dalla vecchia sepoltura all’ altare);
3. che S. Riccardo, prima di sua morte avesse operato cento miracoli, e che il suo, Corpo fosse stato collocato nella confessione di quella Chiesa.
Però, in quei calendarii, comparivano, rase dal tempo, alcune lettere, che precedevano l’ anno della Incarnazione,
e si leggevano solamente tre CCC. Il Duca del Balzo, testimone oculare, nella sua storia, asserisce che,
al posto delle lettere rase, si poteva scrivere tanto quanto bastava ad indicare il nome. I Bollandisti, invece, dicono che,
al posto delle lettere rase, dovean precedere le seguenti parole: An. Domini D, vel M,
che unite alle lettere CCC, avrebbero indicato l’anno DCCC (800), od il MCCC (1300),
che segnavano l’epoca della Canonizzazione. Però, assai più probabilmente, dicono i Bollandisti, la seconda (cioè il 1300),
sia perché quelle Canonizzazioni (consistenti nel trasloco del corpo dal sepolcro all’altare) erano usatissime
sul principiar del secolo, decimoquarto, ed ignote sino al principiare del secolo nono; sia perché,
da quei medesimi calendarii, risultava che quel trasloco avvenne ai tempi del Vescovo Giovanni, che governò la Chiesa
di Andria nei primi anni del secolo XIV; sia perché l’atto di quella canonizzazione solea essere confermato da Bolla Pontificia.
Ecco le parole dell’illustre P. Papebroch.
«ut autem existimo ego (Papebroch), ita inveniebantur scripta CCC, ut apparet præpositas fuisse hasce literas An. Domini,
D. vel M, ut Canonizatio et Translatio prædicta contigerint circa annum DCCC vel MCCC. Postremum autem longe mihi videtur probabilius;
tum quia ejusmodi Canonizationes ineunte saeculo XIV usitatissimæ, sæculi IX initio necdum notæ erant; tum quia
invenitur corpus sub altari positum fuisse a Ioanne Epo, primis annis sæculi XIV Ecclesiam Andriensem
regente: actus autem talis solebat in Canonitationum Bullis primis mandari.»
[40]
E siamo sempre nel campo delle congetture! Ma, prima di rispondere direttamente a tali obiezioni, facciamo qui rilevare come,
mentre i Bollandisti asseriscono essere stata istituita la sede vescovile nel 1350, cioé nel secolo XIV
(e per conseguenza il primo vescovo S. Riccardo non poteva esser vissuto prima di quest’epoca), poi lo vogliono canonizzato
nel secolo ottavo, o, più probabilmente nel secolo decimo terzo! … Dunque fu canonizzato prima di nascere!
Ed ora veniamo alla obiezione delle cifre rase nel calendario.
E innanzi tutto domandiamo, perché dobbiamo credere al P. Papebroch, il quale dice che, al posto delle lettere (rase dal tempo,
in quel calendario) devonsi sostituire le lettere An. Domini e le cifre romane D (500) od M (1000), e non piuttosto credere
allo storico Duca (testimone oculare di quel calendario), il quale dice che, al luogo delle let-tere rase, vi era tanto posto
quanto sarebbe bastato a scrivere l’ indicazione del nome del santo?...
(tantum addi posse quanto scripta prius erat manifestatio nominis).
Ma vediamo ora, se le ragioni del P. Papebroch valgono a sostenere la sua congettura.
Quelle canonizzazioni, egli dice, erano usitatissime al principiare del secolo XIII, ed ignote sin all’inizio del secolo IX.
Dunque, dice P. Papebroch, è da supporre che alla cifra CCC andava preceduta, in quel calendario, la cifra M, ossia il millesimo …
Noi si risponde: Se quelle canonizzazioni fossero state o no usitatissime al principiar del secolo XIV ed ignote
sino al principiar del secolo IX, non vogliamo discutere. Solo sappiamo dalla Storia ecclesiastica che, nei primitivi tempi della Chiesa,
le canonizzazioni dei Santi, avean luogo col concorde consenso dei popoli, approvato dai vescovi, dopo accurato esame
delle virtù e dei miracoli, operati dai santi. Così vennero elevati agli onori dell’altare i santi martiri, che sparsero
il sangue per la fede; e poscia anche i Confessori e le Vergini, e tutti gli altri santi, dotati di quelle virtù,
che li resero cari a Dio ed agli uomini, i quali furon pure testimoni dei prodigi, dai medesimi santi operati.
E tale costumanza veniva pure mantenuta da antichissimi Canoni dei Concilii, ed anche convalidata
dalle leggi dell’Impero, come riscontrasi nel Capitolare di Carlo Magno dell’anno 801.
Se quest’atto di Canonizzazione veniva poi accompagnato dal trasloco delle sacre reliquie (dal sepolcro all’altare),
o coll’erigere l’altare sul sepolcro, ciò non toglie che il nostro S. Riccardo fosse stato, in tal modo, canonizzato.
E ciò non porta alla conseguenza, che
prima del 1400 non potè aver luogo la sua canonizzazione! …
Che se, da quel calendario, risultava di aver avuto luogo quella translazione nel secolo XIV,
essendo Vescovo Giovanni,
ciò non monta, giacché,
quella, poteva essere una nuova traslazione da un altare all’altro, da una cappella all’altra,
come più volte è accaduto del prezioso Corpo del nostro Santo, l’ultima delle quali nel 1836, sotto il vescovo Cosenza.
E lo storico Durso scrive, che quella
traslazione, (avvenuta sotto il Vescovo Giovanni)
non fu dal luogo della vecchia sepoltura all’altare, ma dall’antica alla nuova Chiesa
[41].
Né è poi vero, che quelle prime canonizzazioni avean bisogno di Bolle Pontificie. La S. sede consentiva che i vescovi diocesani,
il Clero ed il popolo onorassero i loro santi, dopo averne constatata la loro santità, e dopo pruove ineluttabili di prodigi dai medesimi operati.
E ciò conferma il medesimo bollandista P.
Papebroch, nelle seguenti parole:
translatio, complens ipsum actum canonizationis solemnis, in hoc olim consistentis, quod vel Synodali Eporum judicio,
vel etiam Apostolicæ sedis expresso indultu, permittebatur aliquis coli ut sanctus
[42].
Dunque, anche indipendentemente dalla S. Sede (
vel), per solo giudizio sinodale dei Vescovi, poteva compiersi
quella canonizzazione antica dei santi, come, certamente, dové compiersi quella del nostro S. Riccardo, il quale, ancor vivente,
come narravano quei calendarii, aveva operato 100 miracoli; e la fama di sua santità era tale, che, appena morto,
come ci apprende la sua necrologia, fu estratto dal suo corpo il cuore ed il pellicranio, per conservarli,
come sacre reliquie, ed esporle alla pubblica venerazione.
Questa disciplina, per riguardo alla canonizzazione, durò sino alla metà del secolo decimo secondo. Fu Alessandro III (1159 - 1181),
che, negli ultimi anni del suo pontificato, richiamò questo diritto alla S. Sede. Ma, continuando ancora l’usanza,
Innocenzo III (1198 - 1216), con nuova decretale, ne abolì l’abuso, finché poi, con solenni Bolle, Papa Urbano VIII (1623 – 1644)
ne troncò ogni controversia, richiamando alla S. Sede ogni facoltà di poter canonizzare i Santi. Però le Canonizzazioni,
per lo innanzi avvenute, furono, tutte, dalla S. Sede confermate ed autenticate, e furon dette dai teologi
canonizzazioni equipollenti, per distinguerle da quelle formali,
fatte in forma giuridica, sotto la presente disciplina ecclesiastica.
Da tutto ciò consegue, che la traslazione del corpo del Santo, avvenuta nel secolo XIV, non può servire a dimostrare l’inesistenza
del Santo medesimo, nei secoli precedenti, e né a distruggere la canonizzazione, avvenuta sin dal tempo di sua morte,
secondo la costumanza di quei tempi.
NOTE
[18]
Bollandisti: loc. cit.
[19]
Vedi leggenda del Santo,
Proprium Andriense.
[20]
Bollandisti: in
Acta Sanctorum, ad diem 9 Iuni.
[21]
S. Germano di Auxene, già guerriero nella sua gioventù, al grido dell’alleluia, ripetuto dai bretoni, messi in agguato
sui monti e nelle valli, pose in fuga i Pitti e gli Anglosassoni, spaventati da quel grido, che veniva. ripetuto dall’eco dei monti.
[23]
Questo Vescovo, del quale i Bollandisti ignorano il nome, e che l’Ughelli, nel catalogo dei Vescovi di Andria, riporta per
anonimo,
chiamavasi LEONE, del quale si ha notizia nella cronaca del Monastero di S. Stefano (alla riva del mare presso Chieti)
nella quale si legge che questo vescovo Leone, con atto pubblico del 1137, confermava a quel monastero la donazione di un territorio,
messo nei pressi di Andria: e poscia, con altro atto pubblico del 1144, donava al medesimo monastero la Chiesa dei SS. Martiri
Nicandro e Marziano, costituita nella campagna di Andria.
Vedi
Chronicum rerum memorabilium S. Stephani Protomartiris ad Rivam Maris, scriptunm a Rolando Monacho, qui vivebat an. Dom. MCLLVII.
Dall’
Archivio storico per le provincie napolitane. Anno X.
[25]
Bollandisti, loco citato.
[28]
Doppia edizione
latina e greca, stampata a Parigi nel 1678:
Sacrosancta Concilia.
[29]
Questi documenti (da taluni) sono stati creduti
apocrifi. Egli è certo, però, che quei documenti sono serviti nelle secolari cause,
sostenute dai due Capitoli, quello della Cattedrale e l’altro di S. Nicola; e le S. Congregazioni Romane
ed i tribunali civili di Napoli non li hanno mai ritenuti per
apocrifi; e, su quei documenti, hanno formulato le loro sentenze, come a suo tempo diremo.
[30]
Ecco il documento, che i Bollandisti riportano per intero:
«Ex quo Verbum Patris, sacri sui cordis penetralibus extens, per Angelicum divinum præcordium auribus fuit Virginis
instillatum; unde virga Jesse, viruit, floruit, germinavit, et Verbum caro factum est et habitavit in nobis:
milleni centeni nonageni sexti anni curriculus voluitur et terminatur, usque dum præsens Ecclesia Sanctorum Martyrum
Erasmi et Pontiani gloriosis fuit Reliquiis, ex divinæ voluntatis bene placito, adornata. Quas quidem reliquias,
per diligentiam perfecti studii D. Manerii Sacerdotis, et D. Joannis huius Ecclesiæ Abbatis, a Civitella,
Samnium vicinorum oppido, huc Deo concedente translatas, Dominus Richardus venerandus Episcopus Andriensis,
mente hilari et devoto genu suscepit: et ordinato processionis ordine, cum omni qua decet reverentia
et exultatione gaudiorum, cum universo coetu Andriensis populi huic Ecclesiæ collocavit. Ad quorum Sanctorum
laudem præsens altare conditum, idem Episcopus sacrosanctis induit Indulgentiis, relaxans perpetue,
omnibus Catholicis Deum colentibus, de criminalium contagiis peccatorum, annum unum et dies quadriginta,
qui ad anniversarium huius Consecrationis, ad hanc Ecclesiam S. Bartholomei accelerare, ex ardore bonae intentionis,
et manus adjutrices porrigere studuerit. Actum anno instante;tertio die mensis Aprilis, Indictione XIV.»
[31]
Bollandisti; loc. cit.
[32]
Bollandisti; loc. cit.
[33]
Ughelli,
Italia Sacra, Tom. VIII, æditio II aucta et emendata a Nicolao Coleti; pag. 920,
Andria (vulgo
Andri)
[35]
Bollandisti; loc. cit.
[39]
Per brevità si omette il tratto originale, che ognuno potrà leggere nell’opera dei Bollandisti.
[40]
Acta Sanctorum, loc. cit.
[42]
Acta Sanctorum, loc. cit.
*
* *
Ma i Bollandisti, ad avvalorare la loro opinione, che, cioè, S. Riccardo fosse stato canonizzato nel 1300, (od in quel torno di anni),
da Papa Bonifacio VIII, e non prima, come vuole lo storico duca Del Balzo, si servono per contradirci, di quanto il medesimo Duca narra nella sua storia; e cioè,
- 1. che, tra le reliquie del Santo fu rinvenuta la sua chierica (ossia la corona clericale, formata dal pellicranio del suo capo) ed il cuore ancora incorrotto;
- 2. che, nella prima traslazione, queste reliquie furono unite al corpo, racchiuso in una cassa, nella quale giacevano pure i sandali vescovili di pelle nera;
- 3. che fu trovato pure, nel vestibolo, un foglio del Messale con l’oratio, secreta e Postcomunio, proprii del Santo.
Ora, dicono i Bollandisti, tutte queste usanze erano proprie del secolo XIII, XIV e successivi, cominciando da S. Antonio di Padova,
canonizzato nel 1232. L’uso poi d’inserire, nelle stesse Bolle di canonizzazione, le tre orazioni proprie dei Santi, dicono i Bollandisti,
fu introdotto nel XV secolo, e neppur continuato, ritenendo la Chiesa Ro-mana, esser sufficiente ordinare una sola Orazione propria per tutto l’Officio dei santi
[43].
E siamo sempre di fronte alle congetture e ad argomenti d’inconvenienza. E qui potremmo dire che, l’adducere inconveniens non est solvere argumentum.
Difatti, ammesso pure che l’usanza di unire in uno tutte le reliquie dei Santi, nella loro traslazione e canonizzazione,
fosse stata propria dei secolo XIII e successivi, qual meraviglia, se i cittadini andriesi (per la grande venerazione e devozione verso tanto Santo,
che, ancor vivente, aveva operato tanti miracoli), avessero raccolto in uno tutte le reliquie di S. Riccardo, compresi i sandali,
ed avessero rasa dal pellicranio la corona clericale, e, dal petto, il cuore, che tanto palpitò d’amore per essi,
e ne avessero anche imbalsamata la preziosa sua salma? Se tale usanza fu propria del secolo XIII e consecutivi, come dicono i Bollandisti,
ripugna forse, che fosse stata praticata da qualche città, anche nei secoli precedenti, quando lo slancio di fede, e di amore di un popolo
era ancor più vivo verso un Vescovo, morto in concetto di santità? … quando, a stabilire la di lui canonizzazione, bastava l’entusiasmo del popolo,
confermato dal giudizio del Vescovo? quando, ad effettuare la canonizzazione, bastava la translazione delle ossa, dal sepolcro all’altare? …
E quelle ossa non dovevano certamente andare alla rinfusa in una cassa, senza averle composte con quei trattamenti, che la pietà, la venerazione
e devozione degli Andriesi richiedevano verso Colui, che li aveva rigenerati alla vita della grazia; e che, ancora vivente, tanti prodigi aveva operato.
E chi può conoscere poi tutte le usanze dei popoli, da poter assorgere al principio «che prima del secolo XIII nessuno usava tutto ciò,
che si dice esser stato usato al nostro S. Riccardo?»
Quanto poi al
foglio del Messale, contenente le tre orazioni del Santo, e che i Bollandisti dicono,
di non aver potuto ottenere gli Andriesi, essendo stata interdetta tal usanza nel secolo XV, noi rispondiamo colle pruove di fatto,
asserendo che tali orazioni esistevano, e che vennero alla luce, quando fu rinvenuto il sacro deposito del corpo di S. Riccardo,
se non vogliamo negar fede allo storico Duca (testimone oculare ed autore principale di quella Invenzione), a quel Duca, che,
al dire dei medesimi Bollandisti,
accurate scrutatus quidquid ad illustrandum Sancti a se inventi memoriam faciebat
[44].
Ma, è poi vero, che fu S. Antonio di Padova (canonizzato nel 1232) il primo santo, che avesse ottenuta
la messa e le orazioni proprie;
e che tale usanza
fosse stata propria del secolo XV, né poi oltre continuata, come dicono i PP. Bollandisti?
Ma, se noi vediamo che, fin dai primi secoli del cristianesimo, si rendeva un culto ai Santi Martiri,
con recitare le orazioni in loro onore;
se noi vediamo che anche ai Santi Confessori, fin dal principio del secolo IV, si rendeva loro un culto, e si recitavano
lodi e preci,
come ci apprendono le varie Omelie, recitate dai S. Padri (per esempio, quella di S. Gregorio Naziazeno in lode di S. Cesario,
di S. Giovanni Crisostomo in lode di S. Filastrio e di S. Melezio), come si può dire che l’usanza di recitare
le orazioni proprie dei Santi
fu introdotta nel secolo XIII? Fu allora, forse, che la Chiesa introdusse
ufficialmente l’uso d’inserire nelle Bolle di Canonizzazione,
le tre orazioni proprie, uso non continuato dopo il secolo XV; ma ciò non prova che,
precedentemente,
si usasse di onorare i santi (dopo la loro traslazione dal sepolcro all’altare), con le orazioni proprie nella recita dell’ufficio e della Messa.
Difatti, di S. Martino Turonense e di S. Ilario d’Arles (il primo morto nel 400 e l’altro nel 368, che, al dir di Papa Innocenzo III
[45]
furono i più antichi santi, che, in occidente, riscossero un culto quasi universale) si sa Che, negli archivii delle loro Chiese,
furono rinvenuti antichissimi diarii e messali,
con le rispettive orazioni proprie.
*
* *
Né qui si fermano i Rev. PP. Bollandisti! che anzi, a confortare le loro congetture, si servono del medesimo storico Duca,
per abbattere tutta la narrazione, che il medesimo ne fa, circa il culto a S. Riccardo.
Ecco quanto scrive lo storico Duca:
Benché poi alcuni Sacerdoti ricordassero di aver letto l’ufficio di S. Riccardo, però, perduti tutti gli esemplari,
venne a perdersi il culto nel Clero, ma non cessò del tutto il ricordo nel popolo; ritrovatosi poi il corpo,
si dubitava se si potesse rettamente onorare S. Riccardo quale santo
[46].
Ora, dicono i PP. Bollandisti, se, al dire del medesimo storico Duca,
di S. Riccardo erasi perduto il culto nel Clero, ed appena restava nel popolo una lontana ricordanza; se le lezioni dell’ufficio
del Santo si erano smarrite; se neppur si conosceva il giorno di sua morte; se la leggenda non fu rinvenuta nella nuova Invenzione
del corpo del santo, a che vale tutto ciò che di antichità narrano le lezioni dell’ufficio, di cui, da due secoli appena,
si serve la Chiesa di Andria? … Se questa leggenda non fu trovata quando si rinvenne il corpo di S. Riccardo, e neppur
fu ritrovata dopo, non deve dirsi che quanto si è scritto del santo fu tutto a base di congetture?
[47].
A dire il vero, tale obiezione ci ha fatto alquanto allibire, ed eravamo quasi sul punto di cedere le armi ai nostri illustri avversarli.
Ma uno studio più accurato della leggenda, e di quanto lo storico Duca viene esponendo nella sua narrazione storica, fece,
la Dio mercé, sorgere la luce dalle tenebre; e noi ci proveremo a sfatare pure esaurientemente questa grave e rilevante obiezione dei Bollandisti.
E primieramente, ammesso pure che la leggenda non fosse stata rinvenuta a tempo della invenzione del corpo di S. Riccardo
(come narra lo storico Duca), qual prova ci presentano i Bollandisti, per dire, che quella leggenda non fu trovata neppur dopo la invenzione?
Il Duca del Balzo, che asserì
non essersi ritrovata la leggenda, al tempo della Invenzione del corpo di S. Riccardo,
quel medesimo Duca poi (nella medesima istoria) dice che:
dietro ricerche fatte nei paesi vicini della provincia,
furono rinvenuti dei vecchi breviarii, nei quali era iscritta la festa del santo … e, quel medesimo Duca, conferma (nella medesima istoria),
che
molti (non alcuni, come dicono i Bollandisti)
Sacerdoti affermavano d’aver letta quella leggenda.
Ecco le testuali parole del Duca: «
Inventi sunt etiam per vicinas et finitimas civitates illius provinciæ, apud breviaria prisca
ipsius festi dies inscripta. Præsbiteri quoque multi (non aliqui!) ejus legendam legisse affirmabant»
[48].
Dunque?
Né vale l’opporre, che, in quei vecchi breviarii, si parlava solamente della iscrizione del giorno della festività del Santo,
e non della leggenda (come vorrebbero far credere i Bollandisti), giacché, come appare dal contesto, lo storico Duca vuol dimostrare come,
ad onta che la leggenda non fosse stata rinvenuta nel tempo della Invenzione, purtuttavia, di quella leggenda si ebbe notizia negli
antichi breviarii rinvenuti, dove riportavasi anche il giorno della festività del Santo, che cadeva il 9 Giugno.
E ciò lo conferma evidentemente quell’avverbio quoque, che segue, volendo dinotare che, oltre ai vecchi breviarii
(che registravano la festività del santo, con la relativa leggenda), anche molti sacerdoti affermavano d’averla letta:
Præsbyteri quoque multi eius legendam legisse affirmabant.
E qui facciamo notare, che il Breviario non segna solamente il giorno della festività; ma riporta anche
la leggenda dei Santi e la propria orazione! I Calendarii (non i Breviarii) sono quelli che designano
il solo nome dei Santi, nei giorni indicati! E lo storico Duca non parla di Calendarii, ma di Breviarii. (apud breviaria prisca!)
Quanto ai
Calendarii, dopo la invenzione del Corpo di S. Riccardo, ne furono trovati tre (come ne attesta il medesimo Duca)
per opera dell’Arciprete Guglielmo, il quale teneva in custodia l’Archivio della Cattedrale; e quei calendarii
(al dire sempre dello storico Duca) registravano il giorno della morte del Santo, che cadeva il 9 Giugno
[49].
In uno di questi calendarii, al dire del medesimo storico Duca, era pure scritto:
Sanctissimus et beatissimus Pater noster Riccardus, Anglicus, Episcopus hujus Andriæ civitatis, qui beatus Pontifex
ante obitum suum centum miracula fecit, cujus corpus collocatum est in confessione istius Ecclesiæ.
Circa poi il dubbio insorto, se, cioè, potesse onorarsi S. Riccardo quale Santo, dopo la Invenzione del suo Corpo,
lo storico Duca narra, che, a smentire i detrattori del suo tempo, i quali tacciavano d’idolatria
il culto a S. Riccardo, pensò d’inviare a Roma, dal Papa Eugenio IV, l’Arciprete di Ruvo
[50],
con tutti i relativi documenti, perché, colla su-prema sua autorità, il Papa avesse definito,
se dovesse o no onorarsi Riccardo qual Santo. Ecco quanto, scrive lo storico Duca:
Sed hoc minime apud detractores profuerat; ex qua re ego Archipræsbyterum Rubensem, cum omnibus quæ suprascripta sunt
(cioè i breviarii con la leggenda e le testimonianze dei molti preti)
ad Sanctissimum Eugenium
olim Papam transmisi, ut indicaret quid de hoc facturi essemus.
Ed il Papa (al dire sempre del medesimo storico Duca, che fu il fattore principale in quella faccenda),
dopo aver diligentemente esaminato quei documenti, ed aver ascoltato la relazione vocale dell’Arciprete di Ruvo,
ordinò di non farsi altro, senonché
di continuare la devozione al Santo, concedendo anche le indulgenze
nel dì della sua festività:
Qui (Papa)
hæc postquam viderat ed audierat, nichil aliud fiendum dixit,
nisi, ad augmentandam devotionem fidelium, festivitates ejus indulgentiis fulciri
[51],
Tale concessione pontificia, fu dal detto Arciprete comunicata al Duca del Balzo, al quale consegnò anche la Bolla Pontificia,
come ne fa fede il medesimo Duca:
Quod ex relatu dicti Archipræsbiteri intellexi, et privilegium bullatum ad me portavit.
Ora, se si ha fede allo storico Duca, il quale asserisce che, nel giorno della Invenzione del Corpo di S. Riccardo,
la leggenda non fu rinvenuta (legenda non erat inventa), perché non si vuol poi prestar fede al medesimo Duca,
il quale attesta, essersi posteriormente rinvenuta quella leggenda nei vecchi breviarii, (ricercati nelle città vicine),
della quale pure ne avevano avuta conoscenza anche molti Sacerdoti del Clero di Andria?
Come si può, dunque,
in buona coscienza, dai Bollandisti affermare, che questa leggenda
non fu,
neppure dopo la Invenzione del Corpo di S. Riccardo, rinvenuta? …
Neque postea inventam dicatis?
[52].
Eppure i Bollandisti si mostrano tanto deferenti pel nostro Duca, da dichiararlo accuratissimo nel dar minute ragioni di tutto
(qui de aliis eodem facientibus, minutissimam reddit rationem): ma poi finiscono col bollarlo, quando,
nella sua narrazione, riporta la leggenda del Santo, estratta dai vecchi breviarii, rinvenuti nelle città limitrofe, ed approvata dal Pontefice!
E, con grande disinvoltura, scrivono: Che importa a noi se le lezioni dell’ufficio proprio del Santo, che appena da due secoli,
forse, si usano dalla Chiesa di Andria, ci narrano cose assai lontane e vetuste?
… Neque refert, essi scrivono, si longe alia veturioraque narrent lectiones officii proprii,
quibus Ecclesia Andriensis per duo fortassis sæcula nunc utatur!
[53].
Ma, come, nulla importa? E non sono quelle lezioni dell’ufficio proprio di S. Riccardo, che formano la fonte di tutto quanto
si riferisce al nostro santo? E queste lezioni non furono estratte dall’antica leggenda, di cui parla lo storico Duca?
E non sono quelle lezioni, che attestano l’epoca della istituzione della sede vescovile, e l’antichità di Andria?
E quelle lezioni non portano l’approvazione della S. Sede ed il visto della pontificia autorità, sin dai tempi di Papa Eugenio IV,
quando lo storico Duca, a far dirimere la controversia, sottopose al giudizio del Papa la leggenda, ed i vecchi breviarii
(rinvenuti posteriormente nei paesi circonvicini), perché potesse usarne il Clero di Andria nell’ufficio proprio del Santo?
Ma quelle lezioni, ripetono i Bollandisti, non esistevano quando si rinvenne il Corpo di S. Riccardo
‒ hæ enim non existebant cum corpus inveniebatur ‒ Anzi, aggiungono i medesimi, neppur si conosceva dal volgo il giorno della sua morte
‒ imo nec sciebatur vulgo dies obitus ‒. E ciò, al dire dei Bollandisti, perché, secondo scrive lo storico Duca,
la leggenda non fu allora ritrovata ‒ quia, ut ait scriptor noster, legenda non erat inventa ‒.
Ma, in buona pace di essi …, che importa, se la leggenda non fu rinvenuta nel giorno della Invenzione del Corpo di S. Riccardo
(cioè a dì 23 aprile 1438), quando sappiamo, dal medesimo storico duca, che quella leggenda fu rinvenuta dopo, nei vecchi breviarii,
trovati nelle città vicine? E, notisi, che il Duca, come pur sanno i Bollandisti, scrisse la sua istoria sette anni dopo la invenzione
del Corpo del Santo! Ed è, in questa medesima istoria, che il Duca, mentre dice di non aver ritrovata la leggenda
nel dì della Invenzione, dice d’averla rinvenuta poscia nei vecchi breviarii, esistenti nelle vicine città;
e, da quella leggenda, dice d’aver ricavato la biografia del santo!... Anzi, stando a quel che ne narra il medesimo Duca nella sua istoria,
la ragione, per cui non fu prima rinvenuta la leggenda del Santo, fu perché non si conosceva il giorno di sua morte.
Ma, quando si rinvennero i calendarii, che lo indicavano (era il 9 giugno), fu allora che si fecero delle ricerche,
e si rinvennero quei vecchi breviarii. Ecco le testuali parole dello storico Duca
‒ Inventi sunt tres calendarii … et hi inventi sunt scripti quando sanctus ipse migravit a sæculo.
Est quippe nona dies Iunii: quod autem ignorabatur existimo causam fuisse quod legenda non est inventa.
Ma, quando dai calendarii (rinvenuti dall’Arciprete Guglielmo nell’archivio capitolare) si apprese il giorno della morte del Santo,
fu allora che, al dire dello storico Duca, furon fatte delle cerche, e venne fuori la leggenda, riportata negli antichi breviari.
Che si può desiderare di più, per, convincersi dell’equivoco, in cui son caduti i Bollandisti?
Eppure essi non si arrendono alla evidenza di tali ragioni; e, pur non potendo negare l’esistenza della leggenda, dicono, che il P. Bollando,
nel 1640, ebbe una relazione dal P. Nicola Beatillo (della medesima Compagnia di Gesù, residente allora in Bari),
ricavata da monumenti della Chiesa di Andria, nella quale si asseriva, che tre leggende furono rinvenute del Santo,
composte dal Duca Francesco del Balzo;
la Prima dal titolo ‒ hæc est legenda Inventionis et translationis S. Richardi Anglici Episcopi Andriensis ‒
e, di questa, dicono i Bollandisti, si servi l’Ughelli nella sua Italia sacra, per tessere la vita di S. Riccardo;
la seconda dal titolo ‒ legenda miracolorum S. Richardi Epi. Andriæ ‒ e questa, dicono i Bollandisti,
fu primieramente composta in manoscritto, e non deve attribuirsi al Duca del Balzo, ma ad un anonimo, come dimostra la diversità dello stile:
A
la terza dal titolo ‒ de vita S. Richardi Epi. Andriensis ‒ e questa terza leggenda, al dire dei Bollandisti,
par che fosse stata composta in occasione della grazia chiesta a Papa Eugenio IV, di poter cioè continuare il culto a S. Riccardo;
facendo poi scomparire ad arte la seconda leggenda, dalla quale sarebbe apparso non esistere nessuna notizia certa e chiara,
per rapporto al nostro Santo! (giacchè parlava solamente dei miracoli, operati dal Santo).
Ecco quanto scrivono i Bollandisti:
«
Occasione autem talis gratiæ, et ex desiderio supplendi defectum veteris Legendæ, composita denique Tertia legenda de Vita S. Richardi
Epi. Andriensis; quam ut securius edere posset Ughellus, videtur studio omisisse secundam, ex qua constitisset
eam nulla certa notitia prælucente compositam»
[54].
Pare impossibile tanta ostinatezza in uomini di cosi alta cultura! Eppure cosi è. Le congetture, i cavilli
prendono il posto delle ragioni, quando si vuol sostenere una causa sballata!
Ma, in buona pace del P. Bollando e del suo confratello P. Beatillo (dal quale il P. Bollando asserisce d’aver appreso tutte queste notizie),
noi facciamo qui osservare, altra essere la leggenda del santo, che, al dire dello storico Duca, non fu rinvenuta
nel dì della Invenzione del Corpo di S. Riccardo (ma che fu poscia rinvenuta nei vecchi breviarii, rintracciati nelle vicine città),
ed altra esser la storia della Invenzione, scritta dal pio Duca Del Balzo, sette anni dopo la invenzione del corpo di S. Riccardo.
In questa istoria nulla aggiunse il Duca del Balzo alla leggenda rinvenuta, riportandola integralmente,
come era scritta nei vecchi breviarii. Ed è proprio in questa leggenda, rinvenuta nei vecchi breviarii,
(riprodotta dal Duca Del Balzo nella sua istoria), che parlasi della vita e delle gesta di S. Riccardo!
Né sappiamo poi comprendere, perché i PP. Bollandisti vogliono insinuare,
gratuitamente, il sospetto d’aver fatta scomparire
ad arte (
studio) la seconda leggenda, (la quale peraltro, secondo essi stessi dicono,
nulla di preciso conteneva della vita del santo)
creandone, o meglio
inventando una terza leggenda, per
ingannare l’Ughelli a metter fuori, con più sicurezza,
le notizie del santo, quando, poi, al dire dei medesimi Bollandisti, l’Ughelli si servì della prima leggenda!
… Primæ (legendæ) talis præmittitur titulus: hæc est legenda inventionis et translationis S. Richardi Anglici, Epi. Andriensis, auctore,
F. de Baucio, Duce Andriæ, et hanc Italiæ suæ sacræ Ughellus inseruit tom. VII; co: 12 - 57 et sequentibus.
[55]
Si possono concepire maggiori contraddizioni di queste?
Quali siano poi questi monumenti della Chiesa di Andria, dei quali si servì il P. Beatillo nella sua relazione, il P. Bollando non fa motto alcuno!
E non potea farne, giacché nessun monumento è mai esistito nella Chiesa di Andria, che attesti ciò che il P. Beatillo riferiva al P. Bollando nel 1640!
NOTE
[43]
Ecco le testuali parole dei Bollandisti:
«Porro inter reliquias sanctorum, paulo post dicitur inventa Clerica ipsius sancti … idque cum chartula, Longobardorum apicibus exorata;
tali modo “haec est clerica S. Richardi” quæ jam non inventa erat cum corpore, et cum ea cor appositum est.
Sapit hoc accuratam nisi fallor diligentiam chirurgorum, post mortem sancti adhibitorum ad pollincturam …
quod tamen cor incorruptum perseverans, sed forte exsuccum, rursus appositum fuerit corpori in die primæ translationis.
Etenim, tempore novæ inventionis, dicitur illud repertum fuisse in capsula, in qua ossa erant composita: et insuper
omnibus sandalia Episcopalia de pelle pigra jacebant desuper in eis cor et caput adstabant, cujus ossa rubeo colore lustrabantur;
ut solent quæ balsamo erant perlita - Denique Inventum est in vestibulo folium Missalis, ubi Oratio et secreta propria
et Post communio ipsius sancti legebantur. Atqui diligentia talium rerum componendarum propria est sæculo XIII, XIV,
et sequentibus, ut ex Missis propriis ex eo tempore post canonizationes sanctorum ordinatis liquet incipiendo
a S. Antonio de Padua, qui fuit canonizatus anno MCCXXXII; unde tandem coepit etiam consuetudo, ejusmodi tres proprias orationes
inserendi ipsis canonizationum Bullis, qui fuit usus sæculi XV, nec longe ultra continuatus.»
[44]
Bollandisti; loc. cit.
[45]
De Myst. Miss. Cap. X. Lib. III.
[46]
Ecco le testuali parole dello storico Duca Del Balzo:
«Quamquam autem ejusmodi officium de S. Richardo lectum sibi meminissent Præsbyteri aliqui, tarnen amissis exemplis omnibus,
totus exolverat cultus in Clero, sed non prorsus omnis recordatio in populo: dubitabatur autem, invento corpore,
utrum recto posset coli tamquam sanctus.»
[47]
Ecco la obiezione dei Bollandisti nel loro puro linguaggio:
«Neque refert si longe alia vetustioraque narrant lectiones officii proprii, quibus Ecclesia Andriensis per duos fortassis sæcula
nunc utitur; hæ enim non extabant cum corpus inveniebatur: imo nec sciebatur vulgo dies obitus, quia (ut ait scriptor noater)
legenda non erat inventa. Hanc vero cum neque postea inventam dicatis, qui de aliis eodem facientibus minutissimam reddit rationem;
consequens est nullam postea scribi potuisse, nisi per meras conjectures.»
Acta Sanctorum loc. cit.
[48]
Storia dell’Invenzione del Corpo di S. Riccardo del Duca del Balzo: apud Ughellium,
Italia Sacra, Tom. VII. col. 927
[49]
Ecco le testuali parole detto storico Duca:
«Accidit quod Archipræsbyter hujus majoris Ecclesiæ in custodiam retinebat Arcam, qui,vocatur Gulielmus … ubi inventi sunt tres calendarii …
et hi inventi sunt scripti quando Sanctus ipse migravit a sæculo. Est quippe nona dies Iunii.»
Loco citato.
[50]
Il Duca del Balzo aveva il Ducato di Andria e la Contea di Ruvo; perciò, che si servì dell’Arciprete di Ruvo (suo dipendente) nella nobile missione.
[52]
Acta Sanctorum, Tom. II.
[54]
Acta Sanctorum, loc. cit.
[55]
Boll,
Acta Sanctorum, loc. cit.
Ma, eccoci all’achille degli argomenti dei Bollandisti, i quali, ad ogni costo, vogliono sostenere, che la istituzione
della sede Vescovile di Andria non poté aver luogo nel quinto secolo, ma dopo il milleducento.
Riportandosi i Bollandisti a quel che narra il Ferrari (Catalogo dei Santi d’Italia) circa la gita di S. Riccardo al Gargano,
in compagnia dei Vescovi Lorenzo di Siponto, Sabino di Canosa e Ruggiero di Canne; per consacrarvi
un altare in onore di S. Michele (apparso su quel monte, ai tempi di Papa Gelasio I) osservano:
- che, nella vita di S. Lorenzo di Siponto, non si fa affatto menzione né degli altari consecrati, nè dei Vescovi a ciò deputati da Papa Gelasio I;
- che né la vita di S. Lorenzo, né quella di S. Sabino fanno parola alcuna del Vescovo Ruggiero di Canne;
- che nessun vescovo ebbe Canne prima del secolo IX o X.
Ecco le testuali parole dei Bollandisti:
«
Ast vitam prædicti S. Laurenti (cujus caput 3. um pene totum verbatenus describit auctor (Ferrarius)
et suo aptat textui) nihil de altaribus consecratis, nihil de Episcopis ad eam rem sociis. Rogerium autem Cannensem nec illa vita,
nec vita S. Sabini, nec alia ulla antiqua scriptura novit: imo nec Episcopos Cannenses ullos ante sæculum IX vel X: sic, ut verosimile sit
[56],
Ecclesiam hanc recentioris multo quam creditur institutionis esse; similiterque primum ejus Ep.um ac Patronum Rogerium.»
A noi sembra, che tali obbiezioni dei Bollandisti, al par delle altre, poggino sopra argomenti negativi e sopra mal fondate congetture,
senza punto demolire gli argomenti positivi, che provano, ad evidenza, la gita del nostro Santo al Gargano.
Difatti, che la vita del Vescovo Lorenzo di Siponto nulla ci dica degli altari consecrati sul Gargano e dei Vescovi a ciò deputati da Papa Gelasio,
non ci sembra tal argomento, da poter distruggere la narrazione, che ci fa il Ferrari, l’Ughelli ed altri, di quella gita,
riportata anche nella leggenda del nostro Santo, approvata dalla S. Sede, e da noi già innanzi dimostrata autentica.
Così pure non ci sembra argomento serio, distruggere tutto quel che si narra di quella gita al Gargano,
sol perché, né la vita di S. Lorenzo di Siponto, né quella di S. Sabino di Canosa, né altra antica scrittura conobbero il Vescovo Ruggiero di Canne!
Questi argomenti negativi possono, tutt’al più, dimostrare la negligenza dei rispettivi biografi, nell’aver taciuto tale circostanza,
ma non varranno mai a provare l’inesistenza di quella gita, e il non intervento dei summenzionati Vescovi.
Quanto poi al Vescovo Ruggiero di Canne, se altri documenti non vi fossero, basterebbero le antiche pergamene (esistenti nell’archivio Nazareno di Barletta),
di cui si servì l’Ughelli nella storia di quel Santo Vescovo. Ma ritorniamo al nostro Vescovo S. Riccardo, ed alla sua gita al Gargano,
riserbandoci in seguito parlare anche del contemporaneo Vescovo, Ruggiero di Canne.
Prima, però, di rispondere direttamente a queste nuove obiezioni dei Bollandisti, bisogna pur convenire, che una grande confusione si riscontra tra gli scrittori,
che hanno parlato dell’apparizione dell’Arcangelo S. Michele sul Monte Gargano (in Provincia di Capitanata), messo nelle vicinanze dell’antica Siponto,
oggi
Manfredonia. Difatti alcuni istoriografi fanno rimontare quell’apparizione all’anno 490 (8 Maggio), sotto il Pontificato di Papa Felice III
e dell’Imperatore Zenone; altri a 29 settembre del 492, sotto Papa Gelasio I e l’Imperatore Anastasio II
altri a 29 settembre 493, sotto il medesimo Papa Gelasio I e l’Imperatore Anastasio III.
- Il
Cardinal Borgia asserisce, esser avvenuta invece quell’apparizione fra gli anni 52o - 53o;
-
Sigisberto la mette nell’anno 483;
- altri sostengono esser avvenuta nel 467 sotto Papa Simplicio;
- un altro codice la fissa il dì 8 maggio 493, indizione 14, sotto Papa Gelasio I. e l’Imperatore Zenone
[57].
- Il
Cardinal Baronio l’ammette pure al di 8 Maggio 493, nell’anno secondo del Pontificato di Papa Gelasio I. Egli scrive:
Gelasii Papæ Chr: 493: sub hoc eodem anno secundo, Gelasii Papæ facta ponitur inventio
Criptæ Gargani in Apulia, quæ ex apparitione S. Michaelis Arcangeli reddita celeberrima …
- Un altro codice fissa invece quell’apparizione nell’anno 506, indizione 14,
sotto Papa Gelasio e l’Imperatore Zenone.
Ma, il vero è, che né Papa Gelasio, e né l’Imperatore Zenone erano ancor viventi nell’anno 5o6.
I Bollandisti credono, invece, che l’apparizione dell’Arcangelo sia avvenuta
tra il 520 - 540. Del resto, checché ne sia di tutte queste varie opinioni
(circa l’epoca dell’apparizione di S. Michele sul Gargano),
stando al Breviario Romano, essa avvenne sotto il Pontificato di Papa Gelasio I,
il quale resse la Chiesa Universale dal 492 al 496. E, per noi,
il Breviario Romano deve formare la norma sicura, per determinare
l’epoca di quell’apparizione, benché non determinasse l’anno ed il giorno preciso; ma, certamente, dovette accadere fra il 492 ed il 496,
anni del Pontificato di Papa Gelasio I. Ecco le parole del Breviario:
Gelasio autem primo Pontefice Maxima, in Apulia, in vertice Gargani montis,
ad cujus radices incolunt Sipontinti, Arcangeli Michaelis fuit il-lustris apparitio
[58].
Stando, dunque, al Breviario Romano, non è ammissibile l’opinione dei Bollandisti, i quali asseriscono,
l’apparizione garganica esser avvenuta fra gli anni 520 - 540. Ma, volendo pure ammettere la loro opinione, ciò non toglie,
che S. Riccardo poteva essere intervenuto, a quell’epoca (520 - 54o), al Gargano, giacché egli visse sino al 537, conte risulta dalla leggenda.
Però, tale data non viene a coincidere con l’epoca, nella quale visse Papa Gelasio I, sotto il cui Pontificato il Breviario Romano
e la leggenda narrano essere avvenuta l’apparizione dell’Arcangelo e l’intervento di S. Riccardo al Gargano.
Quanto poi ai Vescovi, intervenuti al Gargano (per consacrare l’altare in onore dell’Arcangelo S. Michele), stando alla nostra
leggenda,
essi furono Lorenzo di Siponto, Sabino di Canosa, Palladio di Salpi, Roggerio di Canne ed il nostro S. Riccardo.
Altri scrittori vi aggiungono anche i Vescovi Eustichio di Trani, Austorio di Venosa e Giovanni di Ruvo.
Ma, pare che sia nata una confusione fra gli storici, giacché, al dire di parecchi autori, questi Vescovi intervennero
alla consacrazione della Chiesa di S. Andrea a Barletta, con l’intervento, pure di Papa Gelasio I, e non alla consacrazione garganica.
Ciò conferma anche il
Tortora ed il
Waitz, autori della vita di S. Sabino di Canosa, i quali non dicono
d’esser intervenuto Papa Gelasio al Gargano a consecrare quella Basilica, ma di aver, invece,
consecrata
la Chiesa di S. Andrea in Barletta, con l’intervento dei sunnominati Vescovi
[59].
Però, per esser leali; dobbiamo pur confessare, che alcune circostanze, presentateci, dalla critica storica,
per riguardo all’intervento dei sunnominati Vescovi (Riccardo, Ruggiero e Sabino di Canosa) a quell’apparizione garganica,
ci han fatto per poco dubitare sulla verità della nostra leggenda, Difatti, fermandoci al Vescovo S. Sabino di Canosa,
dobbiamo pur convenire, che Egli né poté intervenire, col nostro S. Riccardo, alla consecrazione della Basilica garganica,
e né a quella della Chiesa di S. Andrea in Barletta, per la semplicissima ragione che, a quell’epoca,
S. Sabino non era ancor Vescovo, ed il suo Episcopato non fu affatto contemporaneo al Pontificato di Papa Gelasio I;
S. Sabino, difatti, fu eletto Vescovo nel 514 o 515, quando Gelasio I era già morto da diciannove o venti anni.
Come dunque associare il Vescovo Sabino al Vescovo Riccardo, nella gita al Gargano, sotto il Pontificato di Papa Gelasio I,
cioè fra gli anni 492 - 496?
L’Agostiniano P. De Iorio, nella sua vita di S. Riccardo
[60],
non potendo negare l’evidenza di questo
anacronismo, scioglie la difficoltà coll’asserire che, essendo state varie le apparizioni
dell’Arcangelo sul Gargano, l’ultima delle quali accadde nel 536, forse, in quest’ultima apparizione, S. Sabino, già consacrato
Vescovo nel 515, si accompagnò a S. Riccardo,
nella qualità di Vescovo, mentre, nelle altre precedenti apparizioni,
poteva averlo accompagnato
da chierico, o da laico!
Tale soluzione, però, non ci par seria e, per noi, l’obiezione resta sempre formidabile, giacché, nella sopradetta leggenda,
si parla dell’apparizione ai tempi di Papa Gelasio I (cioè fra gli anni 492 - 496), e non dell’apparizione del 536;
ed è al tempo di quella prima apparizione, che la leggenda riporta S. Sabino quale Vescovo, non quale laico o chierico,
come vuole il nostro buon Padre De Iorio!
Dunque, o bisogna concludere che la leggenda è erronea, nel narrare di quella gita al Gargano (e tale circostanza potrebbe
anche ingenerare il dubbio su quant’altro narra la leggenda del nostro S. Riccardo), o bisogna supporre che l’autore di quella leggenda,
nel riferire cotesto avvenimento, abbia preso qualche equivoco, narrando fatti, seguiti in epoche diverse, collegandoli poi insieme.
Così solamente potrebbe spiegarsi la comparizione di S. Sabino, nella gita al Gargano, in compagnia del nostro S. Riccardo.
Ed allora potrebbe darsi, che questa seconda gita (in unione col nostro S. Riccardo), fosse avvenuta, come i Bollandisti dicono,
fra gli anni 52o - 54o, quando S. Sabino era già Vescovo; non posteriore però al 537, quando S. Riccardo era già morto.
Ma, in sostanza, tutto al più, sarà stato un errore quello di presentarci S. Sabino già Vescovo nell’apparizione primitiva,
laddove poteva esser intervenuto, come dice il De Iorio, qual chierico o semplice laico, essendo S. Sabino,
(al dir dell’anonimo, che ne scrisse, nel nono secolo, le sue gesta) restaurator Ecclesiarum.
Difatti, al dire del Grimaldi (autore della vita di S. Ruggiero di Canne), devesi a S. Sabino il tempio dedicato all’apostolo
S. Andrea in Barletta, che venne consecrato da Papa Gelasio I, cui, al dire del Probo,
il giovane Sabino, appartenente a nobile e doviziosa famiglia, era notissimo
[61].
Ed, in quel medesimo tempo, avvenne l’apparizione di S. Michele sul Gargano, presso Canosa, per cui, al dire del medesimo anonimo,
Papa Gelasio,
venuto a Canosa, e ricevuto con ogni deferenza dal nobile giovine Sabino, e dagli altri patrizi della città,
dopo d’aver consecrato, in questa città, il vecchio tempio, dedicato alla SS. Trinità, e l’altro in Barletta
dedicato a S. Andrea, poscia si recò a visitare e venerare lo speco di S. Michele sul monte Gargano
[62].
In tale occasione, tenendo conto il Pontefice di quanto il nobile giovane Sabino spendeva nell’edificare e dotare le Chiese,
a lui affidò l’incarico di amministrare e custodire la nuova Basilica, ed ivi costruire tre altari, dando al Vescovo Lorenzo
di Siponto l’incarico di consacrarli, secondo rilevasi dalla vita di detto Vescovo. A tale consecrazione intervenne il nostro
S. Riccardo e Ruggiero di Canne, unitamente al nobile giovane canosino Sabino, il quale, al dire del P. Beatillo
[63],
prima che fosse stato creato Vescovo (514), a sue spese, aveva edificato l’altare, dedicato a S. Michele Arcangelo
[64].
Non fa quindi meraviglia, che S. Sabino (
in juvenili adhuc ætate, come dice il Tortora) siasi recato al Gargano,
in compagnia di S. Riccardo e di S. Ruggiero, non a
consacrare l’altare, ma a
venerare l’Arcangelo.
Ma in ogni modo, egli è certo che, nel 1586, avendo il Clero di Andria interrogato Papa Sisto, se potesse recitare l’officio
di S. Riccardo con le lezioni del secondo notturno, (ricavate dalla leggenda, che parla di questa gita al Gargano)
il Sommo Pontefice, dopo d’aver,
accuratamente esaminati gli atti presentatigli, ne die la sua approvazione.
E ciò per noi basta!
Ed ora veniamo all’altro compagno del viaggio al Gargano, S. Ruggiero di Canne, del quale parla anche la nostra leggenda.
NOTE
[56]
Ecco un’altra congettura!
[57]
Però il 493 correva la indizione I e non la XIV, e Gelasio I era Papa da un anno appena: ma l’imperatore non era Zenone, sibbene Anastasio, successore di Zenone!
[58]
Dal Breviario Romano:
sub die 8 Mai.
[59]
L’antico poeta storico Adone non fa comparire fra i Vescovi, intervenuti al Gargano, S. Riccardo e S. Ruggiero, nel suo poema, in cui descrive l’apparizione dell’Arcangelo. Ecco i suoi versi:
«Coeli aulam dum mandaret Pontifex Gelasius
Corsecrari, convenerunt primitus Laurentius,
Hic Sabinus Canosinus, Salpensis Palladius
Et Joannes Rubesanus, Tranensis Eutichius
Et cum illis Venusinus adfuit Austerius»
L’Assemani, nel riportare dal Poeta Adone i nomi dei Vescovi intervenuti a quell’apparizione, dice, che il poeta Adone omise
i nomi di Riccardo di Andria e Ruggiero di Canne, o per necessità di metro, o perché credette che questi due Vescovi
non esistevano in quell’epoca, giacché quei nomi sono Normanni, e sanno dell’epoca normanna, ad onta che l’Ughelli
li avesse fatto contemporanei di Lorenzo di Siponto.
«Omittitur Rogerius Cannensis et Richardus Andriensis, Nimirum aut metri necessitate aut quia auctor istius metricæ existimavit sanctos
illos Rogerium et Richardum longe post Laurentii Sipontini tempora vixisse; nomina enim sunt Normannica, et Normannorum
sapient ætatem, quamvis in corum vitis per Ughellum editis dicantur Laurentii æquates»
(Assemani: De rebus neapolilanis et siculis; Tom. I; pag. 409).
Noi crediamo piuttosto che sia nata quella omissione dalla necessità del metro, anziché dall’aver creduto
che quei due nomi, Riccardo e Ruggiero, fossero normanni, come li ritiene l’Assemani.
[60]
De Iorio:
Vita di S. Riccardo, pag. 17.
[61]
Vedi il Tortora,
Storia della città di Canosa, Capo III §. 1, pag. 39, n. 35-36.
[62]
Vedi il medesimo Tortora, loro citato, pag. 39-40.
[63]
Il P. Beatillo, nativo di Bari, apparteneva alla compagnia di Gesù al tempo di P. Bollando.
[64]
Vedi il Tortora, luogo citato, pag. 41.
E qui l’obiezione dei Bollandisti ci si presenta anche più formidabile, giacché essi, non solamente asseriscono,
che la vita di S. Lorenzo di Siponto e quella di S. Sabino di Canosa non parlano affatto di questo Vescovo Ruggiero di Canne;
ma, per sopraggiunta, asseriscono, che la città di Canne non ebbe alcun Vescovo prima del nono o decimo secolo!
Anzi, essi, aggiungono, devesi credere, che la istituzione della sede vescovile di Canne e del suo Vescovo Ruggiero
sia anche di data molto più recente! E ciò, dicono i Bollandisti, viene anche confermato dalla considerazione che,
Ruggiero è nome dei Longobardi, i quali dominarono in quel tempo la Puglia.
Ai Bollandisti si associa l’Assemani, il quale dice, che, tanto Ruggiero, quanto Riccardo, sono nomi dei Normanni,
i quali, dopo il mille, successero ai Bizantini, nel dominio delle nostre contrade.
Fermandoci, per ora, ai nomi
Ruggiero e Riccardo, che si dicono esser
nomi Normanni
(per quindi venire alla conclusione, che S. Ruggiero e S. Riccardo non possono appartenere al secolo V, ma all’epoca
dei Normanni,
cioé dopo il mille) noi facciamo primieramente osservare, che tale obiezione nulla toglie alla nostra tesi; che, anzi,
maggiormente l’avvalora. Difatti, prescindendo dalla considerazione, che
i nomi non sono proprietà esclusiva
di una determinata nazione, possiamo sostenere, che non vi ha un nome, che tanto sa
del Britannico,
quanto quello di
Riccardo, come non vi ha un nome tanto più antico, quanto quello di
Ruggiero.
Per riguardo a quest’ultimo, basterebbe riscontrare il leggendario Romano, sotto il 16 settembre, dove son segnati
i Santi martiri
Ruggiero e Diodado di Corduba, appartenenti ai primi tempi del Cristianesimo.
Per riguardo poi al nome
Riccardo, noi lo troviamo nella stirpe dei reali della Sassonia Occidentale, fra i quali,
si distinse S. Riccardo, padre dei Santi Villebaldo e della Regina Valpurga. Questo Riccardo, recatosi a Roma,
per visitare la tomba del Principe degli Apostoli, vi morì, nel suo ritorno, a Lucca, nell’anno 750
[65].
Tal nome trovasi in Francia, nella persona del Beato Riccardo Abate di
Saint Vannes; e nell’Alsazia, nella persona
della Imperatrice S. Riccarda, il primo sul declinare del secolo X, il secondo volgendo il secolo IX, quando i Normanni non erano ancora scesi in Italia!
Ma, ammesso, pure che Riccardo fosse un nome normanno, dovremmo allora dire, o che il nostro S. Riccardo
non fosse stato inglese (avendo un nome normanno), o che, venuto in Italia (all’epoca dei Normanni)
avesse lasciato il primitivo nome inglese, per assumere il normanno nome Riccardo. Ma i medesimi Bollandisti
lo dicono inglese, dunque, o tal nome portò seco dall’Inghilterra, o, venuto in Andria (all’epoca dei Normanni)
lasciò il suo primitivo nome, ed assunse quello normanno di Riccardo. Ma, vi par seria e sostenibile tale ipotesi?
Ma, ammesso pure che Riccardo fosse nome normanno, chi non sa che i normanni rimontano fino al 1. secolo dell’era volgare,
ed erano allora chiamati Sassoni? Fu sul finire del regno di Carlo Magno che, questi pirati del Nord, presero il nome di Normanni …
E chi non sa pure, che questi pirati settentrionali, al principiar del secolo quinto, presero parte alle generali
invasioni dei barbari, desolando le coste delle Gallie e della Gran Bretagna?... E, quando poi venne l’invasione
degli Angli (pur essi discesi dal Nord, e parlanti la medesima lingua), chi non sa che fu allora,
che questi pirati, a forza di ruberie e prepotenze, imposero il nome e la loro autorità alla Bretagna? Qual meraviglia dunque,
se il nome di Riccardo, non fossesi allora già propagato per la Gran Bretagna, donde venne il nostro S. Riccardo?
Ed ora ritorniamo a S. Ruggiero.
I Bollandisti, a sbugiardare la nostra leggenda, che associa a S. Riccardo il Vescovo Ruggiero di Canne, nella gita al Gargano,
sotto Papa Gelasio I, dicono, che la Chiesa di Canne non ebbe Vescovi prima del secolo IX o X;
e che S. Ruggiero si appartiene ad un’epoca anche assai più recente.
Pur non tenendo conto dei due biografi del Vescovo S. Ruggiero di Canne (il Grimaldi ed il P. Gianluigi da San Michelangelo),
i quali asseriscono, che S. Ruggiero nacque il 13 agosto del 474, e che, nel 492 (cioè nell’età di 18 anni!)
fosse stato consacrato Vescovo di Canne, stando al P.
Gams, accurato scrittore di cose ecclesiastiche, apprendiamo,
che Canne ebbe un suo primo Vescovo, di nome ignoto, nei primi secoli del cristianesimo;
poscia un Vescovo martire, per nome
Liberalis indi S. Ruggiero nell’anno 493
[66].
Il medesimo P.
Gams riporta pure altri Vescovi di Canne, come un tal Felice (590-604) ed un tal Pietro nell’anno 867.
Indi, dopo una interruzione (cagionata forse dall’invasione dei barbari saraceni), comparisce una nuova serie di Vescovi dal 1071 sino al 1449
[67],
anno in cui la sede di Canne fu unita a quella di Nazaret, Arcivescovado presso Barletta
[68].
L’Ughelli nella sua
Italia Sacra, sostiene pure che Canne avesse avuto i suoi primi Vescovi sin dall’anno 44
dell’era volgare, cominciando da un nome ignoto; poscia riporta un Vescovo, per nome
Liberale nel 112 ed altri,
sino al Vescovo Giacomo
De Aurelia, nel 1449, quando poi la sede vescovile di Canne passò a Nazaret di Barletta.
I Bollandisti, invece, ed i loro seguaci (non escluso il Loffredo, che scrisse recentemente la storia di Barletta) sostengono,
che il Vescovo S. Ruggiero, di cui è parola, fosse vissuto tra la fine del secolo XI ed il principio del secolo XII. Le loro fonti sono:
- una pergamena, pubblicata nei Regii Neapolitani Archivii Monumenta (Vol. V. pag. 21),
la quale attesta che un Vescovo Ruggiero di Canne, nel 1100 trovavasi a Salerno col Papa Pasquale II;
- una pergamena, pubblicata nel Codice diplomatico Barese (Vol. II, pag. 211), la quale attesta,
che il Vescovo Rogerius di Canne, nel Settembre 1102, intervenne alla consecrazione della Chiesa di S. Sabino in Canosa,
fatta dal medesimo Papa Pasquale II (tale notizia essi rilevano pure da una lapide sita sulla porta della Chiesa Matrice di Canosa);
- una pergamena dell’anno 1113, pubblicata dal medesimo Codice diplomatico Barese (Vol. I, pag. 72),
dove trovasi firmato il Vescovo di Canne Rogerius;
- una pergamena inedita, esistente nell’Archivio della Cattedrale di Barletta dell’anno 1116,
la quale riporta una causa trattata nella Curia Vescovile di Canne, il di cui Vescovo era Rogerius;
- una pergamena inedita del 1117, esistente nel medesimo Archivio capitolare di Barletta,
contenente una donazione a favore del Vescovo Rogerius di Canne.
Tutti questi documenti (alcuni dei quali dal
Di Meo
[69]
e dal
Garruba
[70]
furono ritenuti
apocrifi), secondo il nostro avviso, altro non provano, se non che, nel secolo XII,
sia esistito un Vescovo di Canne,
per nome Ruggiero; ma non provano che, nel secolo V,
non sia esistito un altro Vescovo, che avesse avuto anche il nome di
Ruggiero.
La medesima confusione del nome ha fatto credere, che il Vescovo Riccardo (che noi diciamo II nella cronologia dei Vescovi Andriesi)
del secolo decimosecondo sia quel Riccardo (che noi veneriamo qual Santo Patrono e Vescovo di Andria) del secolo V!
Ma, a ribadire viemmeglio la nostra opinione, che, cioè, S. Ruggiero di Canne appartenga all’epoca medesima del nostro S. Riccardo,
riportiamo l’autorità del
Pratilli, autore degno di fede, il quale, parlando della
Via Appia, laddove si ferma a parlare di
Canne,
che dista tre miglia da Canosa, Confutando l’
Alberti, il quale confonde Canosa con Canne, così scrive:
Canne nei primi secoli del Signore ebbe ancora il proprio Vescovo. … Indi prosiegue:
verso il secolo IX fu Canne dai Saraceni totalmente distrutta
[71].
E ciò spiega l’interruzione nella serie dei Vescovi cannesi dall’867 sino al 1071, giusta il
Gams e l’
Ughelli.
Che, se vediamo, dopo il mille, nuovi Vescovi occupare quella sede, ciò vuol dire, che Canne dovette risorgere, forse per opera dei Normanni
[72].
Ma
la nuova risurrezione di Canne e dei suoi Vescovi non esclude l’esistenza
primitiva della città e della sede Vescovile.
Che, se i Bollandisti non avessero avuto notizia che dei Vescovi
posteriori al secolo X, non è lecito infierire, che,
perciò, la Chiesa di Canne non avesse avuto i suoi Vescovi
prima del secolo IX o X.
E, con ciò, poniamo termine alle principali obiezioni dei nostri illustri avversarii, omettendo, per ragioni di brevità,
altre obiezioni di minor conto, che essi muovono alla leggenda del nostro Santo, per venire alla conclusione,
che la sede Vescovile di Andria non ebbe origine nel V secolo, ma bensì nel secolo decimosecondo.
Che, se qualche anacronismo, poi, riscontrasi in quella leggenda, non è esso tale da far conchiudere
che tutto quel che si è scritto del nostro Santo fosse a base di congetture e di fantasia, quando si consideri,
che nessuna opera umana può dirsi perfetta, e che degli equivoci possono pur nascere, senza però distruggere
la parte sostanziale di un avvenimento. Che, se così non fosse, quale leggenda dei santi di quei tempi remoti potrà dirsi perfetta?
Nel chiudere questo Capo della nostra Istoria dobbiamo, però, dichiarare, di non sentire la pretenzione di aver abbattuti
i nostri illustri avversarii, nel confutare le loro formidabili obiezioni; ma solo sentire la convinzione di aver aperto
l’adito a migliori studii, perché possa maggiormente splendere la luce, e porre sul candelabro la gloria del nostro benaemato
Protettore S. Riccardo, in qualche modo offuscata dalla critica storica dei Bollandisti, i quali, benché non avessero avuto
il minimo pensiero di menomare la di Lui gloria, pure, presso gl’ignoranti, è servita a farne dubitare perfino della sua esistenza!
Dobbiamo pur dichiarare, che noi scendemmo nell’arena, quali discepoli di fronte ai maestri, sol per sostenere la vetusta gloria
del nostro santo Protettore, senza venir meno però alla stima verso quei Grandi, i quali, se furono tanto rigorosi,
nel non ammettere tutto ciò, che si era scritto di S. Riccardo, la colpa devesi attribuire, in gran parte, all’orgoglio
ed alla vanità dei popoli del medio evo, i quali, dotati di larga fantasia e di molta ignoranza, andavano esagerando
o creando fatti e cose, forse mai esistiti!
NOTE
[65]
Vedi il Muratori,
Annali d’Italia, sotto l’anno 750.
[66]
P. Pio Bonifacio Gams 0. S. B.
[67]
Il Gams, però, confonde l’epoca della
unione della sede di Canne a quella di
Nazareth, che avvenne nel 1424,
sotto il Pontificato di Martino V (non nel 1449, quando Papa Martino era morto), con la
residenza
dei Vescovi di Canne in
Nazareth (presso Barletta), che avvenne circa un trentennio dopo.
[68]
La città di Nazareth, dopo l’anno 1170 cadde nelle mani dei Saraceni. La sua sede vescovile fu trasferita in Puglia,
presso la citta di Barletta, nella Chiesa detta
Cathedralis B. M. Nazareneæ. Dal 1120 (secondo il
Gams)
comincia la serie di questi Vescovi con
Bernardus, Guilielmus sino al 1792, con Giuseppe Mormile.
Nel 1818 la sede di
Nazareth fu soppressa, e nel 1828, il titolo di questa sede fu aggiunto alla sede di Trani.
[69]
Annali critico - diplomatici del Regno di Napoli, Volume IX, p. 106-7.
[70]
Serie critica dei Pastori Baresi, pagina 350 e seg.
[71]
Pratilli,
La Via Appia.
[72]
Sul finire del secolo XIV
Canne e Salpi sparivano dalle Puglie. Salpi per opera delle acque
invadenti dalla Salpina palude, Canne per opera delle roditrici caldare pugliesi.
I Salpitani intanto davano opera a far risorgere non guari discosto
Casal Trinità (detto oggi Trinitapoli);
i
Cannesi emigravano in Barletta, dove già erano stati preceduti da molti conterranei colà stanziatisi.
Con lo scomparire di queste due antiche città scomparvero, per conseguenza, le due antiche sedi Vescovili di Salpi
e Canne, la prima aggregata da Papa Martino V, alla Chiesa di Trani, nel 1421; la seconda a quella di Nazareth, nei 1424.
Quanto a Canne, ad onta che, per un trentennio, avesse continuato ad avere ben 6 prelati, di
Commentatarii,
o di
Vescovi, è pur certo, che nessuno di essi ebbe residenza in Canne, dì cui non rimaneva in piedi che la sola rocca.
Essendo, perciò, prossima a cadere la Cattedrale di Canne, gli emigranti trasportarono a Barletta le reliquie di quella Cattedrale.
[tratto da “Il
Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi” di M. Agresti, tipi
Rosignoli, Andria, 1912, Vol.I, cap.II, pagg.37-67]