« I sorrisi che si partono dalla faccia di Maria, scriveva il Cardinale Alimonda, vanno per tutta la terra; coi palpiti del cuore di Lei, che è la madre dei redenti, palpitano tutte le anime caste, tutte le stirpi ringiovanite del cristianesimo. Pure, se vuolsi storicamente ammettere che vi abbia una contrada in cui più si accolgano di quei sorrisi verginali, più cadano gigli dalla corona di quella santa Madre, più saettino fiamme di quel suo cuore divino; se vuolsi ammettere che questa contrada privilegiata di tanti gigli, sorrisi ed ardori verginali, sia pur quella che meglio corrisponda all’amore di nostra Donna e più che l’altre Nazioni l’onori e la decanti e si faccia bella della sua bellezza, io non mi pèrito di affermarlo: questa contrada è l’Italia »[1]. E tra le città italiane, che palpitano amore dolcissimo per Maria, e sono da lei teneramente riamate; io son di credere che a ragione Andria possa chiamarsi la terra delle predilezioni di Maria, e gli Andriesi la porzione eletta dei figli suoi; mentre questa città vanta ben cinque prodigiose Immagini della bella Nazarena, vanta tante Chiese ad onore di Lei innalzate, vanta d’averla a sua principale e celeste Patrona eletta.
Tra queste Immagini di Maria, che formano il massimo decoro e la più splendida gloria di Andria nostra, non ultima è quella di Santa Maria dell’Altomare.
Era la vigilia di Pentecoste dell’anno del Signore 1598, ed in una profonda cisterna, scavata nel tufo, distante circa un cento passi dalla città di Andria, cadea inavvedutamente una fanciulla! I suoi genitori, con la desolazione nel cuore e con le lagrime sugli occhi, per tre giorni e per tre notti, da per ogni dove diligentemente ed ansiosamente la cercarono; tua invano!
Per caso ad alcuni Andriesi, che vicino a quella cisterna passavano, parve sentire il suono d’una voce languente, che di là uscisse. Avvicinatisi, vi ficcarono il viso a fondo, e con meraviglia immensa viddero la perduta fanciulla, sana e salva galleggiare sull’acqua! In un baleno corsero a darne la lieta novella ai desolati genitori, che piangenti per consolazione, con scale e funi riuscirono a cavare la loro fìgliuoletta da quella cisterna. La fanciulla uscita incolume di mezzo alle acque, fu interrogata alla presenza di gran popolo ivi accorso, come mai avesse potuto stare tre giorni, e tre notti in quell’acqua e non affogarsi e non morire di fame? Allora essa col volto tutto raggiante di gioia, e con le labbra inflorate ad un angelico sorriso, rispose che la Madonna, la cui Immagine stava dipinta sul muro di quella cisterna, l’aveva pietosamente sostenuta sulle acque e liberata dalla morte.
Era il martedì di Pentecoste quando ciò avvenne. La fama di tale prodigio, con la rapidità del fulmine, fece il giro di tutta la città e dei paesi circonvicini, e fu un accorrere ansioso e frequente di popolo e di clero per vedere e venerare la miracolosa effigie. In breve tempo fu dalla cisterna tutta cavata l’acqua, che quale preziosa reliquia di Maria ognuno volle portare in casa. A fianco della cisterna si scavò una comoda scalinata, per la quale tutti potessero scendervi a vedere ed a venerare la cara immagine, che dall’essere stata rinvenuta in mezzo alle acque, quasi dentro un mare, si ebbe il titolo di Santa Maria dell’Altomare da Monsignor D. Vincenzo Basso, in allora Vescovo di Andria [2].
Vuolsi che questa cisterna, nel primo millenio del Cristianesimo fosse una Catacomba dedicata a Santa Sofia, e che in tempo di persecuzioni, specie degli Iconoclasti, vi si radunassero i cristiani a pregare, ed a celebrare di nascosto i divini misteri.
Non appena l’Immagine di Maria dell’Altomare fu scoperta, si accese una nobile gara di amore tra la benedetta Madre di Dio, ed il devoto popolo Andriese, che fiducioso accorreva a pregare ed a scongiurare nei suoi bisogni spirituali e temporali la Santissima Vergine, che giammai fu supplicata invano.
Era passato più di mezzo secolo da che si erano accesi questi santissimi amori di Maria per Andria, e di Andria per Maria intorno a questa veneranda Immagine; quando ecco improvvisamente, nell’agosto 1656, affacciarsi terribile e spaventosa, come in tutto il Reame, così nella nostra città, la peste!
In Andria, che allora contava circa quindicimila abitanti, menò tanta strage la morte nera, da mietere, in sei mesi, meglio di nove mila vittime! Non bastarono i cimiteri a ricevere le salme illagrimate degli appestati, ed a ribocco ne furono riempite sette cisterne nelle adiacenze di Santa Maria la Nova, e del Carmine; tre nelle vicinanze di S. Lucia; due accanto al Convento di S. Maria Vetere, non che la cripta istessa di Santa Maria dell’Altomare! [3].
In tale doloroso frangente gli Andriesi dimenticarono l’Immagine benedetta, che rimase lungamente abbandonata! Solo una devota vecchierella, per nome Angela, memore della santa Effigie, continuò ad andare a venerarla in quella Chiesa, mutata in orribile sepolcro, e ad accendervi una lampada votiva! Frattanto essendosi ammalata una ragazza sua vicina, Angela, fiduciosa nel valido patrocinio di Maria dell’Altomare, unse con l’olio di quella lampada l’ammalata, che, mirabile a dire, guari immantinente! Pubblicatasi tale prodigiosa guarigione, non vi fu ammalato, che non corresse, o non si facesse portare speranzoso in quella cripta, addivenuta novella Piscina probatica di guarigione, e non ne ricuperasse la sanità!
Ravvivata in tal modo nel popolo Andriese la memoria d’una tanta benefattrice, fu subito su quei cadaveri ammonticchiati fatto fare un lastricato di pietre e ripulire la cripta. Il Capitolo Cattedrale destinò un numero di Sacerdoti per la celebrazione delle messe, e delle sacre funzioni, e per conservare le offerte, che gli aggraziati portavano. E perché la miracolosa Effigie stava rimpetto alla porta, per la quale si entrava nella cisterna, mutata in Chiesa; venne per maggiore venerazione segato il muro, e trasportato sopra di un altare, eretto nella parte sinistra [4].
Nell’anno 1690, gettandosi le fondamenta del Convento del Carmine; la Chiesa della Madonna dell’Altomare che a quello era contigua, fu dal Vescovo di Andria, Mons. D. Alessandro Egizio, affidata ai Padri Carmelitani, che ne ebbero cura sino al 1806, epoca della loro soppressione [5]. Il Rev.mo Capitolo Cattedrale riprese l’assistenza dell’abbandonata Chiesa dell’Altomare, provvedendola d’un Cappellano, che il culto caldeggiasse della B. Vergine.
Nel 1866 essendo stato provvidenzialmente eletto Cappellano il Canonico Primicerio D. Giuseppe Maria Marziani; questi spiegò tutto l’ardente suo zelo per mettere nel maggior onore e venerazione possibile quella Chiesa, e la mise. Concorsero spontanee e munifiche le oblazioni dei ricchi, e l’obolo dei poveri, ed il giorno 3 maggio 1875 si pose mano all’opera d’un tempio più splendido, che nel decembre del 1877 ebbe il suo compimento. Passato al premio dei giusti il Marziani, gli successero i Canonici D. Nicola Maria Troya, e D. Gerardo Magno di Antonio, i quali emulatori dello zelo operoso del loro antecessore, spiegarono tutta la loro attività ed energia per abbellire sempre più la Casa di Maria. — L’allungarono di vantaggio, vi fecero costruire una elegante abside, sormontata da una svelta cupola, adorna di stucchi e di pitture. Il Magno, venduto l’altare marmoreo, che in gran parte era stato comprato con una pingue offerta, fatta da Mons. D. Federico Maria Galdi, Vescovo di Andria, un’altro più splendido per sua devozione ne ergea; mentre la Veneranda Immagine veniva chiusa in una vaga nicchia di marmo, e di marmi erano pure rivestite le pareti, e lastricato il pavimento del presbiterio.
Il popolo, infiammato ogni giorno più d’amore passionatissimo per la sua simpatica Madonna dell’Altomare, in tutte le ore del giorno, ed in tutte le stagioni dell’anno correva a prostrarsi a Lei dinanzi ed a pregarla d’aiuto e di conforto, e ne ripartiva oltremodo consolato.
Né gli Andriesi solamente, ma quelli ancora delle città limitrofe vi accorrevano ad invocarla, ed a supplicarla, in tutti i loro bisogni, e non fu mai che non ne partissero consolati dal suo santo altare. Per tale e tanta cresciuta devozione verso della prodigiosa Immagine, e per le grazie copiosissime da essa impartite a quanti speranzosi e fidenti la invocarono; i Rev.mi Canonici Troya e Magno, col consenso di Mons. Galdi, di felice ricordanza, e del Capitolo Cattedrale, esposero al Rev.mo Capitolo Vaticano il desiderio cocentissimo del Clero e del popolo di Andria di volere solennemente coronare con corona d’oro questa Immagine prodigiosa.
Il Capitolo Vaticano arrise benignamente alle fervide suppliche degli Andriesi, e con Decreto del giorno 31 luglio 1893 dette facoltà all’Ordinario di Andria di coronare la detta Immagine, o di delegarne qualcuno costituito in dignità. Senonché il Galdi essendo volato al cielo, il 10 marzo 1899, le dette facoltà passarono al Vicario Capitolare, Mons. D. Stefano Porro, Vescovo titolare di Cesaropoli, il quale di buon grado delegò l’Eminentissimo Cardinale Serafino Cretoni, dell’Ordine dei Preti, a coronare, con la massima pompa e solennità, l’Immagine di Santa Maria dell’Altomare.
Il giorno 3 settembre 1899, l’illustre Principe di Santa Chiesa, alla presenza delle LL. EE. Monsignor D. Giulio Vaccaro, Arcivescovo di Bari, Monsignor D. Tommaso De Stefano, Arcivescovo di Trani e del mentovato Monsignor D. Stefano Porro, alla presenza del Capitolo Cattedrale, e delle Collegiate di S. Nicola, e della SS. Annunziata, alla presenza della Giunta Municipale, delle autorità civili e militari, e di un popolo immenso, coronava la prodigiosa Immagine con corona d’oro, offertale dalla pietà degli Andriesi, ne ornava la destra con croce di oro, dono di Mons. Porro, e .la sinistra con un libro d’argento dorato, presente del Cantore D. Nicola M.o Troya, e ne fregiava il petto con rosa anche di oro, offerta di Michele Tonti. Lo squillo festivo di tutte le campane della città, le armonie soavissimo di quattro bande musicali, ed il fragore assordante degli spari annunziarono lietamente a tutti, che la Madonna dell’Altomare era omai addivenuta la coronata Regina di Andria, ed Andria la suddita fedelissima di Maria! All’uopo l’esimio oratore D. Vincenzo Parascandalo da Napoli recitò una eloquente, dotta ed entusiastica Orazione panegirica, dopo due eccellenti discorsi detti due giorni prima.
Splendidissime riuscirono le feste che precedettero, e che seguirono la coronazione: frequentissimo e devotissimo il concorso degli Andriesi e dei forestieri, che vennero a salutare la novella Regina di Andria.
Ed affinché la gelida ala del tempo non affievolisse nei presenti e nei futuri la cara memoria di tali feste centenarie e della solennissima incoronazione; venne da me dettata la seguente Epigrafe, incisa in marmo, e nel tempio a Lei sacro, murata:
Finalmente ad accrescere sempre più la devozione di questa Immagine benedetta; il Sommo Pontefice Leone XIII, con breve del 20 aprile 1901, rendeva privilegiato per tutti i Sacerdoti l’altare della Madonna dell’Altomare.
Il medesimo Pontefice con un altro breve del 22 aprile 1901, concedeva pure l’Indulgenza Plenaria da lucrarsi nel corso dell’anno, da ciascun fedele in quel giorno che vorrà, purché confessato e comunicato, devotamente visiterà questa Chiesa dell’Altomare, e quivi pregherà Dio per la concordia dei Principi cristiani per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori, e per la esaltazione della Santa Madre Chiesa. Questa Indulgenza è pure applicabile in modo di suffragio alle anime del Purgatorio.
O Maria dell’Altomare, ah vivi lungamente, vivi all’amore dei figli tuoi Andriesi!
[1] I Santuarii di Maria, Omelie e Panegirici. Genova, Tip. della Gioventù, 1898.
[2] P. SERAFINO MONTORIO: Zodiaco di Maria, Stella VIII del segno di Scorpione (pag. 170). In una penisola della città di Tropeja si venera una miracolosa Immagine di Maria, sotto il titolo di S. Maria d’Altomare; come un’altra anche sotto il medesimo titolo si venera in Otranto.
[3] D’URSO, Storia della città di Andria, Libro VIII, Cap. V, pag. 141.
[4] MONTORIO, Zodiaco ecc.
[5] Acta Visit. Epi. Triverii, 1694, (Curia Vesc.).