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Domenico Di Leo

RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA

stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971

Stato degli studi


Gli studi finora condotti sul problema delle origini di Andria sono caratterizzati dalle opposte conclusioni a cui in genere giungono: l’una, di chi attribuisce ad Andria una esistenza pre-normanna e l’altra di chi, viceversa, pone la data iniziale della sua storia con la venuta di Pietro il Normanno.
Nell’alternarsi dell’una e dell’altra tesi, l’indagine, seppure rallentata dalla polemica che in alcune pubblicazioni diventa persino offensiva nei riguardi dell’avversario, si evolve lentamente verso posizioni più solide, arricchendosi talvolta di interpretazioni più acute e di una documentazione sempre più precisa.
Purtroppo, l’assunzione dichiarata di una tesi da dimostrare, toglie assai spesso credibilità a osservazioni e considerazioni che diversamente potrebbero anche avere una loro validità.
Tra l’opera del D’Urso [1] e quella del Mucci[2] che rispettivamente aprono e chiudono la serie degli studiosi che fino ad oggi si possono prendere in considerazione, e possibile coglierei diversi momenti attraverso i quali l’indagine s’è venuta sviluppando. Già tra D’Urso e Agresti[3] c’è divergenza di vedute, e se il primo ha portato nella sua opera tutto ciò che la tradizione aveva tramandato, il secondo già segna un primo passo sulla via dell’esame del materiale tradizionale e del rifiuto di tutto ciò che non può essere sufficientemente provato.
Il D’Urso asserisce l’antichità delle origini di Andria, fondandosi sulla vaga esistenza di testimonianze archeologiche genericamente indicate[4] , e sull’autorità di alcuni commentatori di Strabone [5] che hanno creduto di poter identificare la Nεζίoν straboniana[6] con Andria.
Accoglie inoltre la tesi elaborata dalla tradizione di Andria fondata da Diomede, del passaggio di S. Pietro per Andria e della venuta di San Riccardo.
***
L’Agresti, invece, in alcune nutrite osservazioni critiche all’opera del D’Urso dimostra di possedere un buon metodo d’indagine e una più precisa concezione storiografica. Assegna infatti al VI sec. d.c. il materiale archeologico indicato dal D’Urso e dallo stesso attribuito ad una non precisata epoca pagana, precisando che si tratta di materiale riferentesi “ad una epoca assai posteriore, quando cioè i Greci Bizantini, guidati dal famoso Belisario ( al tempo di Giustiniano imperatore), al principiare del sesto secolo, vennero ad invadere la Puglia” [7]. Rigetta decisamente l’ipotesi di un’Andria fondata da Diomede, ritenendola leggendaria e fantastica, e scarta l’ipotesi che Nεζίoν, indicata nel passo di Strabone, possa essere localizzata dov’è oggi Andria. Fondandosi poi sulla Tabula Peutingeriana, asserisce che il “ contado di Andria andava anticamente sotto il nome di Rudas. [8] Accogliendo infine dalla tradizione, confortata da quanto è stato scritto da alcuni studiosi, fra i quali è Ughelli [9] , la notizia del passaggio di S. Pietro per Andria, deduce che “Andria esisteva sin dai primi tempi del cristianesimo” [10] , deduzione evidentemente arbitraria e non coerente con i criteri d’indagine che pur altrove mostra di possedere.
Un elemento nuovo affiora nella ricerca condotta dall’Agresti sulle più antiche fonti letterarie, nelle quali è citato il nome di Andria. Oltre a quelle già indicate dal D’Urso[11], l’Agresti indica la “tavola corografica Longobardica, esposta dal monaco Gaspare Berretti, riportata da Muratori (tom. X. Rerum Italicarum Script. Del sec. VIII). In essa si enumerano le città appartenenti al ducato di Benevento, fra le quali Andria” [12]. Lo stesso autore riporta la notizia data dal Cappelletti [13] sull’esistenza in Andria di un vescovo di nome Gregorio nel sec. VIII[14]. Vito Sgarra[15] svolge un’ampia e profonda indagine sulla questione nata dal citato passo di Stradone e sul problema delle origini di Castel del Monte. Per quanto riguarda il primo punto, l’autore tenta di ricostruire sulla scorta di notizie attinte a varie fonti l’originaria topografia dei luoghi abitati dalla popolazione dei Pedicoli, appartenente al gruppo dei Peuceti e pone Netium nei dintorni di Andria, non lontano da Castel del Monte[16].
L’acuta interpretazione del passo straboniano, il logico collegamento di notizie che lo studioso riesce a rintracciare, la serietà e la discrezione con cui critica le opinioni di altri, rendono interessante questo lavoro che purtroppo non risulta mai esaminato con l’attenzione che si merita.
La ricostruzione topografica effettuata è basata oltre che sulle fonti relative all’argomento, su elementi desunti dalla toponomastica locale.
Molto più interessante è comunque il discorso che egli fa a proposito di Castel del Monte, ripreso poi in un’altra sua pubblicazione[17].
Con una serrata e calzante serie di osservazioni lo Sgarra pone in luce nuovi aspetti del problemi di Castel del Monte che, secondo lui, non è creazione sveva come vogliono gli studiosi che seguono l’indirizzo dato dal tedesco Gregorovius [18] . Le sue osservazioni valgono pertanto a riproporre un problema che oggi sembra risolto a favore della tesi germanica che pone Federico II come ideatore del Castel del Monte.
Anche il libro del Morgigni [19] è interessante, se non proprio per i concetti espressi e il metodo con cui lo studio è condotto, almeno per l’attenzione che l’autore sembra prestare ai reperti archeologici. La sua è, infatti, l’opera più ricca di notizie e indicazioni in merito. Vi sono segnalate zone di interesse archeologico, iscrizioni, resti di antichi edifici, proprietari di collezioni di pezzi rinvenuti in loco; ma il tutto non è sufficientemente documentato e l’autore, piuttosto che studiare i reperti indicati e da questi derivare delle conclusioni, si preoccupa esclusivamente di ricavarne solo quanto ritiene utile a dimostrare l’antichità delle origini di Andria. [20].
Con un altro libro di Morgigni[21] si accentua il carattere polemico degli studi, senza che, per altro, si aggiunga nulla a quanto già noto. Gli autori che seguono non fanno altro che riproporre le stesse questioni, girare e rigirare gli stessi documenti per negare o affermare, non contribuendo certo a chiarire i termini del problema, bensì a renderli più intricati e complessi.
Questa è la nota caratteristica dei lavori, per esempio, del Morgigni e dello Zagaria [22], del D’Azzeo [23] e del Monterisi [24] , del Cafaro [25] e del Mucci [26] : la polemica più accesa e, spesso, più inutile. I pochi vantaggi che vengono alla soluzione del problema sono oscurati dalla confusione che generalmente si crea. Ciascuno di essi, piuttosto che indagare sulle diverse questioni che il problema centrale presenta, come già aveva fatto Sgarra per Netium e Castel del Monte, si ripropone tutto il problema e lo risolve a modo suo partendo dal proprio punto di vista. Le questioni relative al proprio vescovo di Andria diventano predominanti rispetto a quelle delle origini della città. E così, Morgigni e Zagaria sono in disaccordo per la questione di S. Riccardo, il primo affermando l’esistenza di un Riccardo primo vescovo di Andria nel V sec., il secondo negando tutto e spostando le origini del vescovato andriese al XII sec. – Da questo problema si risale poi all’altro relativo alle origini di Andria, che presenta analoghe sostanziali divergenze.
Identica si ripete la polemica con D’Azzeo e Monterisi. Vengono “compulsate” , come essi amano dire, tutte le opere di quegli autori che fanno un qualche riferimento alle questioni trattate, come ad esempio il Baronio, l’Ughelli, il Lanzoni, il Gams[27] e il Cappelletti, a seconda che questi favoriscano o no le loro tesi.
I lavori di Cafaro e Mucci, i più recenti, occupano pur essi posizioni opposte relativamente al problema delle origini che nelle loro opere sembra, a differenza di quelli sopra citati, occupare il posto centrale dell’indagine. Ma pure qui nulla di nuovo viene fuori; essi solo sistemano in maniera più organica i risultati della precedente indagine: il Cafaro, ponendosi sulla linea di coloro che hanno sostenuto l’origine normanna di Andria; il Mucci, invece riproponendo una sintesi chiara e precisa della ricerca di coloro che hanno sostenuto la tesi delle origini più antiche della città. Questi ultimi lavori segnano la fase più recente degli studi.
Un posto a parte merita il lavoro di Barbangelo, che con un suo recentissimo studio[28] sembra iniziare, se non proprio una nuova fase di ricerche, almeno un nuovo metodo di studio, alieno di posizioni preconcette. Altro motivo che lascia sperare in un nuovo e più valido orientamento degli studi è costituito dall’attenzione rivolta a particolari, ma fondamentali momenti della storia di Andria, oggetto di tesi di laurea assegnate dal prof. Coniglio, incaricato di Storia Medievale, presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Bari. Di esse sono da ricordare quelle relative alle origini del vescovato andriese, alla presenza delle cosiddette “lauree brasiliane”, al ruolo delle comunità benedettine nel territorio di Andria.
Questa nuova e rigorosa ripresa degli studi vale a rendere ottimisti circa l’ulteriore arricchimento delle conoscenze relative al problema delle origini di Andria.


[1]D’URSO, Storia della città di Andria, Napoli 1842.
[2] MUCCI, Sulle origini storiche della città di Andria, Milano 1970.
[4] D’URSO, op. cit., pp. 7-12.
[5] D’URSO, op. cit., p. 2.
[6] STRABONE, Geographia, VI, 3, 7; ed. Le belles lettres 1967, p. 182.
[7] AGRESTI, op. cit., p. 21.
[8] AGRESTI, op. cit., p. 27.
[9] UGHELLI, Italia sacra, Venezia 1721, t.VII, p.920.
[10] AGRESTI, op. cit., p. 34.
[11] D’URSO, op. cit., pp. 44-46.
[12] AGRESTI, op. cit., p. 27.
[13] CAPPELLETTI, Chiese d’Italia, Venezia 1870, tXXI, p.77.
[14] AGRESTI, op. cit., p. 28.
[15] SGARRA, La città di Netium e Castel del Monte, Roma 1917.
[16] SGARRA, op. cit., p.44.
[17] SGARRA, Castel del Monte (Villa Romana), Roma, 1918.
[18] GERGOROVIUS, Andria, in Beilage zur Allgmeine Zeitung, ott. 1875; trad. it. Di GUGLIELMI, in Il Costituzionale di Trani, 12, 19, 28 dic. 1876.
[19] MORGIGNI, Pagine sparse nella storia civile e religiosa di Andria, Andria 1919.
[20] MORGIGNI, op. cit., pp. 106-164.
[21] MORGIGNI, Risposta al libro S. Riccardo del prof. Riccardo Zagaria, Andria 1931.
[22] ZAGARIA, S. Riccardo nella leggenda, nella storia, nella poesia popolare e nella letteratura, Andria 1929.
[23] D’AZZEO, La chiesa di S. Pietro in Andria e l’epoca in cui vissero S. Riccardo e S. Ruggero, Subiaco 1939.
[24] MONTERISI, S. Ruggiero vescovo di Canne e patrono di Barletta, Barletta 1939.
[25] CAFARO, La prima pagina della storia di Andria, Andria 1961.
[26] MUCCI, op. cit.
[27] BARONIO, Martyrologium romanum, Romae 1635, p. 229, e Annales ecclesiastici, Augusta 1738, t.VI, pp. 573-574; UGHELLI, op. cit., , pp. 920-935; GAMS, Series episcoporum, Ratisbona 1873, pp. 848-849; CAPPELLETTI, op. cit., t.XXI, pp. 77-85.
[28] BARBANGELO, Andria e la Puglia nella storia, ciclostilato in Andria 1970: è uno studio effettuato in occasione di un ciclo di conferenze tenute ai maestri elementari di Andria.