[A. Di Pasquale: "___________________" del 1935
e "Castel Fusano" del 1967]
[A. Di Pasquale: un "Ladispoli" del 1935
e "________________" del ___ ]
Del Di Pasquale scriveva Mario Carretta in due recensioni dell'8 settembre 1953 e del 28 febbraio 1954:
Qui, non il cozzare di correnti, né altisonanti "ismi", ma soltanto armonie di colori e grazie, di tinte che sfumano gradatamente sulla tela, mentre la natura palpita e vive. ...
Egli vive l'arte come di un sacerdozio e nei suoi quadri si agita la vita semplice del nostro popolo sotto l'incanto di un cielo che è anche nostro, tutto nostro.""Il suo colore è puro, le tonalità sobrie e pacate, mentre la luce appare nelle sue tele in quella misura appropriata che la rende estranea all'ambiente, ma di straordinario effetto visivo. ...
Nei paesaggi perciò non mancano espressioni radiose di luce e di colori e quella luminosità che egli sembre ricercare in ogni suo lavoro è propria del suo animo sgombro da falsità e menzogna. La sinfonia dei verdi, lo squillare di nuvolette rosee al crepuscolo, la musicalità sommessa di un sentiero campestre, il sollevarsi di nugoletti di polvere, le sfumature dell'etere completano il quadro in un tutto armonico col soggetto."
[testi tratti da "Alfonso Di Pasquale / pittore / la vita e le opere", a cura di Vincenzo Masi, edito dalla Banca di Credito Cooperativo di Lavello, 2013, pag.74]
[A. Di Pasquale: "___________________" del 1930
e "___________________" del 1939]
[A. Di Pasquale: "_____________" del 1922]
Per alcune opere (come questa qui a fianco riprodotta) il prof. Giuseppe Brescia, nel servizio culturale "Pittura: la classicità comunicativa di Alfonso di Pasquale" di "ANDRIALIVE" del 7 giugno 2013, osserva:
Arte “carducciana”, “classica”, quella di Alfonso Di Pasquale, ispirata a volte da una quieta “malinconia virile”, mai “funebre” e “desolata”, mai “decadente” o “irrazionalistica”: tenuta insieme dal motto latino – ch'egli amava ripetere affidandoci i testi della sua opera - “Nulla dies sine linea”, il motto di Apelle: rivisitato come “Nulla linea sine magnanimitate”, retta da quel “tepore di casa”, lo stesso “calore e tepore umano che si sente nell'occhio contemplante e sereno”, affidato ai novelli “Pellegrini di Puglia” ( Cesare Brandi e Rosario Assunto 'docent' ).
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]