[A. Di Pasquale: autoritratto del 1925, attualmente nell'ingresso al
2° piano della Bibl. Comunale - foto
S. Di Tommaso, 2017]
Alfonso Di Pasquale nasce in Andria il 20 agosto 1899 (da Antonio e Antonietta Di Pasquale), dove
trascorre la sua infanzia; terminati gli studi di base, frequenta l'Accademia
romana di Belle Arti e vi si diploma nel settembre del 1921.
Sposando il 27 dicembre 1927 la lavellese Incoronata Calambrit, dal 1930 e per circa un
ventennio trascorre spesso le sue vacanze a Lavello, città che diviene, con Roma, altra sua patria di adozione.
Trascorre gran parte della sua maturità a Roma, dove tra l'altro per un certo tempo ricopre la carica
di direttore dell'ufficio Geologico ministeriale e, soprattutto, dai primi anni Cinquanta instaura un solido
rapporto di amicizia col grande Giorgio De Chirico.
Divenuto pittore di grido e illustratore di periodici (come, ad
esempio, dell' "IDEA" di Andria),
con le sue numerose (oltre cinquecento) opere che magistralmente,
in uno stile che va da un personale impressionismo-postmacchiaiolo al neoclassicismo del "Novecento",
ritraggono personaggi, paesaggi dell'agro andriese e lavellese o scorci romani, nonché caratteristici
momenti di vita, Alfonso Di Pasquale, apprezzato anche come critico
d'arte, riceve nel corso della sua carriera, molteplici e prestigiosi riconoscimenti.
Si spegne a Roma il 15 marzo del 1987. Il figlio donò alla Città di Andria
237 opere del padre; parte sono esposte nella Biblioteca Comunale "Giuseppe
Ceci" di Andria, parte nel Palazzo di Città.
[Biblioteca Comunale "G.Ceci": ingresso al 2° piano - foto
S. Di Tommaso, 2017]
Note sulla figura di Alfonso Di Pasquale si trascrivono da quanto racconta il prof. Giuseppe Brescia in un servizio di ANDRIALIVE del 7 giugno 2013.
“L'arte è arte solo quando è comunicativa. E questa massima, il Pàstina, ha tenuto sempre presente”. Così Alfonso Di Pasquale (1899-1987), continuatore di una tradizione, che potrebbe definirsi la “scuola andriese di pittura” (Giuseppe Pàstina, “Ninon” Vaccarella [1893-1957], Riccardo Tota [1899-1998], Alfonso Di Pasquale) scrive in uno studio del 1942 a proposito di Giuseppe Pàstina (1863-1942). Questa aspirazione a una comunicativa classica e serena porta il Di Pasquale a criticare severamente i “pittori d'avanguardia (non considerando tali, s'intende, né i 'deformisti' né gli 'infantilisti', destinati ad esaurirsi in vani sforzi cerebrali)”.
... il 'maestro', dopo aver combattuto sul Piave e a Vittorio Veneto (è uno dei “ragazzi del '99” ...), si iscrive all' Accademia romana di Belle Arti, all'insegna di una moralità intrinseca all'arte classica, armonia di forme, altezza centrale e dominante della prospettiva. Certo, sempre ci ricordava – il caro e generoso Di Pasquale – il francobollo memorativo dei “Ragazzi del Novantanove”, l'impresa di Oreste Salomone prima medaglia d'oro di aviatore italiano nel 1916, e i tanti soggetti eroici della Grande Guerra. Ma ora riprende la linea Pàstina – Toma – Piccinni – De Nittis, fino al 'Novecento' italiano del Gaudenzi, del Bacci e del Funi. E si rallegra quando vede Giorgio De Chirico riconvergere su prospettive classiche, reagendo con gusto carducciano o crociano a “tutti i tentativi che da un cinquantennio a questa parte affliggono letteratura, pittura, musica”: ermetismo, surrealismo, astrattismo, “vari nomi che nascondono il vuoto”.
[A. Di Pasquale: "Il filo rosa", attualmente nell'ingresso al 2° piano della Bibl. Comunale - foto S. Di Tommaso, 2017]L'arte di Di Pasquale suscita perciò vivo interesse in Giorgio De Chirico, il quale spesso gli “domandava – riporta lo stesso artista – quali tecniche e colori venissero adoperati, quasi sospettando misteriose alchimie”. Se oggi applicassimo all'arte del Di Pasquale l'analisi prospettica e temporale …, studiata dal nostro maestro di estetica e vita morale Carlo Ludovico Ragghianti, fondatore di “Critica d'arte” e della fiorentina Università Internazionale dell'Arte, con ogni probabilità otterremmo conferma di quanto risulta all'occhio delle prime percezioni estetiche, e cioè la presenza di una prospettiva “alta”, dominante, sicura, che dal pittore-osservatore inclina sul soggetto o sul campo, incrociandosi con un'altra più ampia e più larga, in senso orizzontale. A significare la “cordialità umana e l'apertura d'amico sentimento con cui l'artista guarda il mondo” (cfr. l'analisi contenuta nel mio libro del 1989, “Scritti di critica e storia delle arti visive”, Galatina, Editrice Salentina, 1989, pp.94-115 in: 73-115).
…
Arte “carducciana”, “classica”, quella di Alfonso Di Pasquale, ispirata a volte da una quieta “malinconia virile”, mai “funebre” e “desolata”, mai “decadente” o “irrazionalistica”: tenuta insieme dal motto latino – ch'egli amava ripetere affidandoci i testi della sua opera - “Nulla dies sine linea”, il motto di Apelle [pittore greco al quale Plinio il Vecchio attribuisce tale motto]: rivisitato come “Nulla linea sine magnanimitate”, retta da quel “tepore di casa”, lo stesso “calore e tepore umano che si sente nell'occhio contemplante e sereno”, affidato ai novelli “Pellegrini di Puglia” (Cesare Brandi e Rosario Assunto 'docent').
"Il modo migliore per definire la pittura di Di Pasquale è prendere a prestito il nome di quella tendenza filosofica che, da Carrà a Carlo Levi, da Sironi a Usellini, con i colori dell'impegno, si chiamò Realismo Esistenziale".
Oltre alle opere esposte nella Biblioteca Comunale, altri dipinti presenti nel Palazzo di Città di Andria sono virtualmente visitabili in un'altra pagina dedicata.
Data il considerevole numero di opere esposte, si riportano distinte nei vari ambienti in cui sono collocate:
[Sala Conferenze, incontri - Biblioteca volumi
antichi - Sala di ___________]
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]