[Pianta del piano nobile del Palazzo ducale nel primo '900, in un particolare della ottocentesca carta topografica della Città
elab. elettr. su rilievi effettuati dall'Arch. Grazia Maria Roberto (pubblicate nel testo citato)]
Immaginiamo ora di vover visitare il piano nobile del Palazzo Ducale nel primo Novecento, quando erano da poco terminati i lavori di adattamento alla nuova proprietà dei fratelli Spagnoletti; nella piantina in celeste l'area di Pasquale Spagnoletti, bianca quella di Onofrio. Nostra guida primaria sono sempre brani di testo stralciati dal citato lavoro di Grazia Maria Roberto "Palazzo Ducale di Andria", edito nel 2001 a cura della Regione Puglia, Assessorato alla P.I., C.R.S.E.C. di Andria, e attualmente (2016) divulgato in internet sul sito www.pugliadigitallibrary.it.
In questa pagina visitiamo la parte di palazzo acquistata e adattata a sua residenza da Onofrio Spagnoletti.
Scrive la Roberto a pp. 44-45 [il grassetto non è nel testo]:
“Le modifiche più significative apportate al piano nobile sono quelle relative alla parte verso Via La Corte, come per il piano terra, e precisamente al gran salone e rispettivo vestibolo.
Arrivando al piano nobile dalla scala padronale cinquecentesca non si trova più l'elegante vestibolo al gran salone; gli Spagnoletti decisero di eliminarlo, come per il vestibolo alle scuderie, ricavando dalla stessa superficie due ambienti architettonicamente poco interessanti ed accessibili anche dalla scala di recente realizzazione. ”
[1- L'adito-corridorio che disimpegna i vestiboli e i 3 saloni: i due di compagnia e quello da ballo; 2- la volta decorata di un vestibolo
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Salendo per la maestosa scala principale realizzata dai Carafa, si apre di fronte una sala d'aspetto
e sulla destra l'accesso al lungo corridoio che disimpegna numerosi ambienti (vedi pianta ad inizio pagina).
Nel corridoio una porta in fondo immette nelle due sale con affaccio a largo la Corte, ad uso privato,
ed altre due porte immettono in un salone di compagnia. Quasi centrale nello stesso corridoio
è l'accesso al salone da ballo, affiancato da quelli ad un piccolo ripostiglio e ad una scala di servizio;
infine il corridoio s'incurva in un disimpegno ai due vestiboli.
Sulla parete di tale disimpegno (importante perché collega i vestiboli con i saloni di ricevimento e da ballo)
è raffigurato lo stemma degli Spagnoletti (già descritto), con la sigla F.S.Z., abbreviazione di Ferdinando
(il padre di Onofrio e Pasquale) Spagnoletti Zeuli ed una data A. 1901 D. di probabile termine dei lavori di adattamento.
Come può distinguersi nelle due fotografie su riprodotte (nonché nelle altre a seguire)
le pareti e le volte sono interamente dipinte a tempera su una carta pre incollata sopra un intonaco perfettamente liscio.
Lo stile dei dipinti è il Liberty, stile floreale o Arte Nova, molto di moda proprio negli anni
in cui gli Spagnoletti adattarono questa dimora alle loro esegenze e gusto, tra la fine del XIX
secolo e l'inizio del XX.
Se in molte applicazioni artistiche questo stile decadde nel cattivo gusto e in produzioni
seriali commerciali, le tempere realizzate nel nostro palazzo ducale, forse anche perché dipinte
nella fase più alta di tale stile, denotano invece raffinatezza, eleganza, buon gusto,
e non disdegnano di abbinare elementi classici e colti, che stemperano il realismo
e l'affollamento floreale e impreziosiscono piacevolmente la visione.
La volta del vestibolo su illustrata alterna a disegni decorativi prettamente floreali,
realizzati anche sullo schema di una chiave di violino, immagini di strumenti musicali: arpe, cetre, corni;
si voleva, forse, in quanto vestibolo ad un salone da ballo, intonare - creare già dall'ingresso,
l'opportuna atmosfera musicale.
Prosegue la descrizione della Roberto:
“Da questo nuovo ingresso al piano si passa a quello che originariamente era il gran salone, modificato, anch'esso, in tutte le sue parti. Gli Spagnoletti, infatti, fecero realizzare un solaio intermedio, eliminando così la maestosità data dalla doppia altezza, per ricavare altri ambienti al secondo piano; inoltre, dalla superficie del gran salone e della stanza del biliardo si ricavarono quattro stanze ed un corridoio [il corridoio nella foto sopra a sinistra], lo stesso per cui si ritenne indispensabile inserire all'interno della scuderia i ‘pilastri fondazione’.”
[Il salone da ballo, panoramica Ovest
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Il SALONE da BALLO si presenta molto accogliente e luminoso; tre porte finestre danno sulla nuova balconata
realizzata sul muro di rinforzo del lato sud prospiciente via La Corte.
Le pareti sono interamente dipinte con un fasciato verticale nei colori tenui e sfumati dal basso verso l'alto;
su uno zoccolo dalle tinte più calde, da candidi cuscini ornati d'edera emergono, simmetriche e luminose,
grandi macchie di celesti asteracee, mentre, al limitare superiore, fan capolino su sinuosi steli bianchi fiori di magnolia.
Tutto nell'ambiente ha un che di seducente, cospira, con l'immaginata orchestrina d'angolo, ad evidenti complicità
di sguardi e abbracci, propri di un'amicale sala da ballo.
[Il salone da ballo: I balli allora più in voga dipinti sui quattro fusi della volta a padiglione
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
La volta a padiglione è posta in risalto da una triplice fascia nella quale corre un'ampia ghirlanda
floreale ritmata da un'alternanza di grandi e fastosi boquet.
Centrali nei quattro fusi, su un candido sfondo e vagamente accolti in ovali e gioiosi cesti,
quattro coppie di danzatori mimano i balli più in voga ad inizio Novecento.
La coppia dipinta sulla parete di fronte a chi entra provenendo dal vestibolo sta ballando un flamenco,
tradizionale danza spagnola; la coppia sulla destra sta per eseguire una bourrée, tipica danza francese,
quella invece sulla sinistra esegue una tarantella napoletana; infine i ballerini
affrescati sull'ingresso (alle spalle di chi entra) stanno eseguendo una danza moderna, tipo
ragtime o foxtrot.
[volta della sala da ballo: L'aurora, seguita dal crepuscolo, precede il sole attorniato dalle Pleiadi
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Alzando lo sguardo nell'alto della volta ci si accorge che il lampadario scendeva dalla mano sinsitra
del putto alato, portatore di una luminosa face.
Il dipinto è una copia in stile Liberty di un pregevole
affresco dell'Aurora che Guido Reni dipinse, tra il 1613 e il 1614,
nel soffitto di un ambiente centrale nel Casino dell'Aurora di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.
(Una copia si trova anche nel salone delle feste di Palazzo Nicolaci a Noto).
Per un commento a questo dipinto si riportano stralci di quanto scrive Giovanna A. Bufalini nel testo
“Capolavori da scoprire – Colonna, Pallavicini, Patrizi Montoro”, edito da Skira nel 2007, descrivendo, ovviamente,
l'originale affrescato da Guido Reni:
... il giovane Apollo, avvolto in un’aureola ardente, guida il carro d’oro del Sole, trainato da quattro cavalli, che allineati in un unico volume, spiccano un balzo leggero nell’aria, e portano sulla terra la luce del nuovo giorno. L’Aurora precede la corsa del Sole; è avvolta di veli leggeri, che spiccano sul cupo violetto delle nubi e riflettono il bianco luminoso della luce nascente, l’arancio delicato dei primi raggi. L’ Aurora caccia verso destra l’oscurità della notte e su paesaggi di mari azzurri e preziosi, solcati da piccole vele bianche, su piccoli arcipelaghi felici, su azzurre montagne lontane, verdi alture e cupe boscaglie, diffonde il rosa e l’arancio del nuovo giorno. ...
Fra l’Aurora e il carro del Sole c’è un putto alato, il Crepuscolo, che reca una fiaccola dalla fiamma rossiccia. ... La luce calda che irradia dal carro si scompone nei colori luminosi dei veli che avvolgono giovani corpi di fanciulle, le Ore, che danzano attorno al Sole, un trionfo di luce. Il drappeggio di nubi appare come una quinta leggera, che scende sul blu notte.
[il brano è stato tratto nel marzo del 2017 dal sito "https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2015/03/", in una recensione a cura di Angela Greco & Giorgio Chiantini]
La bellissime fanciulle che allegramente accompagnano il carro del Sole-Apollo, stando al loro numero ivi dipinte, non potrebbero essere le ore, come indicato dalla Bufalini nel testo su riportato, in quanto nella mitologia esse inizialmente sono solo tre (le stagioni) fino a divenire 4, poi a Roma 12 e, infine, 24 (ore); possono raffigurare, piuttosto, le sette Pleiadi, ninfe celesti, disegnate sempre nel numero di sette (le sorelle Alcione, [A]sterpote, Celeno, Elettra, Maia, Merope, Taigete). Si consideri inoltre che le Pleiadi (stelle) intorno al solstizio d'estate (già dai primi di maggio, mese che prende il nome dalla più importante delle Pleiadi, Maia) hanno la loro levata eliaca (sorgono nel cielo) poco prima del crepuscolo; momento appunto rappresentato in questo allegorico dipinto.
[Salotto di ricevimento, nell'angolo sud-ovest del piano, tra il corridoio e la sala da ballo
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Affianca la sala da ballo un ampio salotto di ricevimento o da compagnia, dotato di due finestre sul lato sud e un balcone sulla facciata principale di Largo La Corte; gli ospiti potevano essere accolti direttamente dal corridoio d'ingresso, oppure entrarvi durante una festa dalla sala da ballo, magari per conversare nei periodici intervalli.
Interamente dipinta in stile Liberty come le altre sale, ma con sfondi nei colori più saturi e nell'insieme tendenti al rosso, presenta anch'essa, nella sua volta a botte con testate a padiglione, una non indifferente ricchezza di raffigurazioni, di tipo prevelentemente paesaggistico, con inserti di figure o busti femminili.
[Salotto di ricevimento, nell'angolo sud-ovest del piano, i dipinti nella cornice inferiore della volta
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Nell'ampia cornice di base dei quattro fusi della volta (immagini
immediatamente sopra questo testo), tra le varie cornici orizzontali risalta l'intermedia,
dove si ammirano in ovali, retti lateralmente da due putti alati, quattro paesaggi
bucolici, affiancati ognuno da due tondi, nei quali si affaccia un busto di donna tra serti di fiori.
Sulla finta ringhiera superiore a colonnine, bimbi nudi ostentano, tra evanescenti drappi ricamati e fasci di fiori,
gli stemmi della famiglia Spagnoletti-Zeuli alternati con le sigle dei due
fratelli OSZ e PFZ, tra due simmetrici giarroni anch'essi infiorati.
[Salotto di ricevimento, dipinto della volta
elab. elettr. su foto
Sabino Di Tommaso, Fiera d'Aprile 2004]
Sotto la volta in una cornice esuberante di elementi floreali stilizzati in plurimi riquadri concentrici è dipinta la scena di un ricercato salotto di conversazione, ove dame e cavalieri, in abiti eleganti e modi signorili, entrano, s'incontrano e intrecciano discorsi.
Sia la sala da ballo che questo salotto appaiono dipinti in modo analogo, a tratti eguale, al salone al primo piano del palazzo padronale di Villa Frida a Castello di Godego nel trevigiano, nonché ai murali presenti in Villa Igiea a Palermo. Pur se i dipinti del nostro palazzo ducale non recano la firma dell'allora importante pittore liberty Ettore De Maria Bergler (1850-1938), tuttavia non è azzardato dire che per stile ed eleganza mantengono onorevolmente il confronto.
In un'altra pagina sono descritti alcuni ambienti dell'appartamento privato: il salottino, la cappella privata e la sua sacrestia.
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]