Ing. Riccardo Ruotolo
Si trascrivono qui di seguito due passi molto significativi che riguardano la morte e la sepoltura in Andria delle Imperatrici Jolanda di Brienne e Isabella d’Inghilterra (57), rispettivamente seconda e terza moglie dell’Imperatore Fede- rico II di Svevia.
I passi sono tratti dalla collana di opere storiche intitolata: “RERUM ITALICARUM SCRIPTORES – RACCOLTA DEGLI STORICI ITALIANI” dal Cinquecento al Millecinquecento (58), ordinata da L.A. MURATORI, TOMO VII – PARTE II edita nel 1938 a Bologna da Nicola Zanichelli che riporta la “CHRONICA” di RYCCARDI DE SANCTO GERMANO NOTARII (40) a cura di Carlo Alberto Garufi.
A pagina 150 del citato Tomo così si legge:
“Imperatrix apud Andriam filium parit nomine Chunradum;
que non multo post, sicut Domino placevit, ibidem in fata concessit”.
Il Garuffi riporta anche la versione della morte dell’Imperatrice Jolanda di Brienne come raccontata nel “CHRONICON DE REBUS SICILIE”:
Imperatrix Elisabeth, uxor Friderici imperatoris (la seconda moglie di Federico era anche chia- mata Iolanda,
oppure Isabella e, nel mondo anglosassone, Elisabetta), filia regis Ioannis, apud Andriam civitatem Apulia predicti mensis aprilis peperit filium
quem conceperat ex viro suo Imperatore Federico. Quem dominus imperator pater suus statim ut audivit eius nativitatem apud Troyam civitate Apulie,
ubi tunc erat, imposuit ei nomen Conradus. Mater autem sua decimo die postquam peperit eum, apud civitatem eandem migravit apud Deum.
In cuius obitum interfuerunt omnes prelati regni Sicilie, qui convenerunt ad generalem curiam Baroli, quam idem imperator ordinavit apud eandem terram …
Per l’Imperatrice Isabella d’Inghilterra la “CHRONICA” così riporta:
Mense Decembris Imperatrix apud Fogiam obiit, et aput Andriam sepelitur
La sepoltura di Isabella d’Inghilterra avvenne in Andria il 30 gennaio 1242 (come riportato nell’opera di HUILLARD-BREOLLES “HISTORIA DIPLOMATICA FRIDERICI SECUNDI”, edita a Parigi nel 1860 - VI, pag. 26).
Come prima riferito, Riccardo di San Germano scrisse la sua “CHRONICA”, quella più estesa, nel periodo stesso in cui gli avvenimenti avvennero, perché era Notaio alla corte di Federico II.
Il curatore della pubblicazione della “CHRONICA”, edita da Zanichelli nel 1938, fu Carlo Alberto Garuffi (storico siciliano, Palermo 1868 –1948); questa edizione fa parte di una collana dal titolo “Rerum Italicarum Scriptores” e contiene il Chronicon di Romualdo Salernitano e la Chronica di Riccardo da San Germano. Nelle pagine 150-151 del già citato TOMO VII-PARTE II.
Pertanto, è fuori di ogni dubbio che le due Imperatrici Jolanda di Brienne ed Isabella d’Inghilterra furono sepolte
“apud Andriam”
e “apud”, come riportato nelle CHRONACHE, non ha il significato di presso ma quello di in.
Questa è verità storica, nota a tutti e mai smentita: le due Imperatrici sono state sepolte in Andria.
Ciò che invece non è noto, e che da più di due secoli rappresenta un rompicapo per gli studiosi,
è poter dare una risposta esauriente e documentata al seguente interrogativo: in quale luogo di Andria furono sepolte le due Imperatrici?
A questo punto, atteso che le cronache dell’epoca non precisano il luogo della sepoltura delle due Imperatrici nella città di Andria, né lo hanno fatto
tutti gli storici di fama internazionale che si sono occupati fino ad oggi del racconto documentato degli avvenimenti dell’epoca sveva nell’Italia meridionale e,
soprattutto, nel Regno di Sicilia, non ci resta che consultare la storiografia meridionale e soprattutto quella locale,
facendo attenzione a saper distinguere la storia dalla tradizione e dalla leggenda.
E questo, non è un compito facile.
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Lo storico Francesco Capecelatro nella sua opera “Historia della città e del Regno di Napoli”, pubblicata in Napoli per la prima volta il 1640 e poi ripubblicata sempre in Napoli nel 1840 da Borel e Bombard, così narra della morte e sepoltura delle Imperatrici sveve Iolanda ed Isabella (pag. 174 dell’edizione del 1840):
Per l’Imperatrice Isabella, il Capecelatro a pag. 219 così narra:
Il Capecelatro ha come riferimento storicamente valido e sicuro Riccardo di San Germano che visse e scrisse nello stesso tempo in cui questi avvenimenti accaddero. Non parla né di Chiesa Cattedrale di Andria, né tanto meno del suo soccorpo.
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Pietro Giannone (Ischitella 1676-Torino 1748) (59), filosofo, saggista, storico attento ed esperto giurista, scrisse l’opera “Dell’istoria civile del regno di Napoli” pubblicata dapprima in quattro volumi nel 1723?, poi in cinque; opera molto diffusa in tutt’Italia e tradotta in varie lingue: fu stampata in Francia, Inghilterra e Germania, perché considerata rigorosa e rispettosa della storia. Quest’opera è stata anche pubblicata a Milano nell’anno 1833 da Nicolò Bertoni nella collana intitolata “Biblioteca enciclopedica italiana”.
Nell’edizione milanese del 1833 dell’opera di Giannone, libro XVI, capitolo VI, a pagina 510 così si legge:
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Lo storico Bastian Biancardi, che si faceva chiamare Domenico Lalli (60), nella sua opera “Le vite dei Re di Napoli – Raccolta Succintamente con ogni accuratezza e distese per ordine cronologico”, pubblicato in Venezia il 1737, così racconta nella “Vita di Federico II. Imperatore de’ Romani. Settimo Re di Napoli e Sicilia”, a pagina 79: “Federico intanto raccolta per l’espedizione di Terra Santa molta moneta dalle Chiese, e dalle persone Ecclesiastiche (non ostante il pontificio ordine incontrario) e s’avviò verso Barletta; e giunto in Andria, l’Imperatrice, che era seco partorì ivi un fanciullo, a cui fu posto nome Corrado, il quale fu dal padre, più degli altri figliuoli teneramente amato, ed indi a non molto afflitta da’ dolori del parto se ne morì Jole nella medesima città; tralasciando molto favolosi racconti che circa tal morte si narrano”. Quindi, si ha conferma in questo passo dell’opera del Lalli che ogni evento che riguardava Federico II era sempre accompagnato da interpretazioni non veritiere, da aggiunte popolari come venivano tramandate, e da “favolosi racconti”. Molto spesso la tradizione ci tramanda una notizia come storia, ma dopo, con la ricerca e con studi approfonditi, si dimostra che la storia è stata diversa.
A pag. 82 si trova un altro riferimento che riguarda la città di Andria e l’Imperatrice Isabella d’Inghilterra: “Venuto poscia il mese di dicembre, l’Imperadrice Isabella dimorando l’Imperador suo marito in Foggia, soprappresa da improvviso male, in breve tempo morì, e fu sepolta in Andria”
Questa notizia, fornita in modo essenziale, è ripresa fedelmente dalla CHRONACA di Riccardo di San Germano.
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L’Abate cistercense Placido Troyli (1688-1757) (61), storico del Settecento, nel Vol. I della sua monumentale opera Istoria Generale Del Reame Di Napoli: Ovvero Stato antico e moderno delle Regioni e Luoghi che ‘l Reame die Napoli compongono, una colle loro prime Popolazioni, Costumi, Leggi, Polizia, Uomini Illustri, e Monarchi scritta in giovane età e pubblicata in dieci volumi dal 1747 al 1754, così si esprime a proposito della tomba dell’Imperatrice Iolanda: Manca però il di lei avello, perché rifabbricatosi di nuovo quel tempio, non si badò a serbar viva la memoria di sì nobile Principessa. Il Troyli, quindi, propende per l’ipotesi della sepoltura dell’Imperatrice Iolanda nella Chiesa Cattedrale e, la circostanza dell’inesistenza in questa Chiesa della tomba è giustificata dal fatto che questa Chiesa, dopo il periodo svevo, ha subito molti interventi di ristrut- turazione che ne cambiarono la pianta, a volte radicalmente come quando nel periodo 1463 - 1494 fu abbattuta la vecchia abside e fu realizzato l’ardito arco dal maestro costruttore Guadagno per realizzare una nuova e grande abside che tutt’ora ammiriamo. Afferma il Troyli, come ipotesi della mancata presenza nella Cattedrale di Andria di qualsiasi traccia della tomba dell’Imperatrice Jolanda di Brienne, che da parte degli andriesi non si badò a serbar viva la memoria di sì nobile Principessa. Questa ipotesi, sic et simpliciter, non è accettabile, a meno che non ci fosse stato un preciso disegno venuto dall’alto di cancellare una memoria del periodo svevo che pure tanta fedeltà aveva fatto insorgere nell’animo degli andriesi. Questa affermazione è soltanto una sbrigativa conclusione del Troyli che voleva semplicemente affermare che nella Chiesa Cattedrale di Andria non c’è nulla che ricordi la presenza della tomba dell’Imperatrice.
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Nessun cronista del Duecento, né il Giannone, né il Troyli riportano il luogo dove furono sepolte Jolanda di Brienne ed Isabella d’Inghilterra. Fino ad ora la storia ci dice che le due Imperatrici furono sepolte in Andria, ed il buon senso ci fa propendere per la Chiesa Cattedrale come luogo della sepoltura, perché era questo il luogo più significativo della città di Andria a quei tempi; pertanto, è accettabile l’ipotesi che i sarcofagi e/o i mausolei delle Imperatrici fossero stati eretti nella nostra Cattedrale. La storia non conferma ma il buon senso approva.
La prima storia della città di Andria, dopo il poema su San Riccardo di Ferdinando Fellecchia, è quella contenuta in due manoscritti che Don Giovanni Pastore, Prevosto della Chiesa di San Nicola di Andria, scrisse alla fine del Settecento, di cui, come si è detto innanzi, recentemente Sabino di Tommaso, con notevole impegno, pazienza e competenza ha pubblicato la traslitterazione, riportata nel suo documentatissimo sito web “Andriarte”, solo del manoscritto a tutti noto dal titolo “Origine, erezione e stato della collegiata parrocchial chiesa di San Nicola della città di Andria”; l’altro manoscritto non è stato ancora ritrovato.
Però, in questo manoscritto Il Prevosto Pastore, dopo aver trattato della realizzazione della città di Andria murata dal Conte Pietro il Normanno, parla essenzialmente della controversia, durata diversi secoli, tra il Capitolo della Chiesa Cattedrale e la Collegiata (altro Capitolo) che aveva la sede nella Chiesa di San Nicola e non fa alcun cenno all’epoca sveva ignorando completamente sia Federico II che le sue mogli; ciò è comprensibile perché le storie che narra sono essenzialmente legate al rapporto piuttosto burrascoso tra il Capitolo e la Collegiata.
Invece, nell’altro introvabile manoscritto dello stesso Prevosto e dal titolo “Storia manoscritta o descrizione della città di Andria”,
di cui si conosce solo uno stralcio (parte I, cap. XV) pubblicato sul suo sito Andriarte, a proposito dell’ubicazione delle due tombe
delle Imperatrici sveve nella Cattedrale di Andria, così narra: “Questi due tumuli sono stati, e lo sono ancora il soggetto
delle ricerche di vari dottissimi scrittori, senza che per il passato se n’è potuto rintracciare menomo segno della loro esistenza:
né al presente cade sott’occhio dei cittadini monumento alcuno, onde possa argomentarsi il vero.
Però, poiché le Imperatrici furono sepolte in Andria, e non potevano che essere sepolte nella Cattedrale, introduce un’ipotesi,
che lui stesso però chiama congettura, cioè una supposizione, su una presumibile ubicazione, e scrive:
Quel tanto che dir si puote si è che li detti fossero stati eretti in quel luogo sotterraneo della Cattedrale Chiesa, che in altro tempo chiamavasi Soccorpo,
in cui si entrava per una patente porta, e che si spazia sotto il Presbiterio, ma oggi da per tutto chiuso,
che serve a conservare gli ossarii e scheletri dei cadaveri, che si estraggono dalle tombe di detta Chiesa,
e dove si entra per una buca dai becchini, li quali ivi le dette ossa trasportano … . In questo luogo si osservano alcune colonne
erette ed ordinate in modo che possono farci congetturare non ad altro uso ivi collocate, che per quello dei Mausolei, o sepolcri”.
Il Pastore si ferma qui, e le colonne di cui parla (forse viste appena da dalla buca di cui si servivano i becchini per scaricare le ossa nel Soccorpo e/o Cripta) possono essere quelle che sorreggono le volte della Cripta che al suo tempo non erano neanche ben visibili dalla buca proprio perché l’ambiente era buio e pieno di ossa. Pertanto, il Pastore fa solo un’ipotesi, con tanto dubbio: conoscendo bene la CRONACA di Riccardo di San Germano sapeva che le due imperatrici sveve erano state sepolte in Andria e, non potevano essere che nella Chiesa Cattedrale ma, non essendovi alcuna traccia, l’unica ipotesi o congettura possibile era quella che fossero state sepolte nella Cripta.
È proprio questa congettura, fatta alla fine del Settecento, il momento di nascita della leggenda che vuole che le due Imperatrici sveve fossero sepolte nella Cripta della Chiesa Cattedrale.
Il magistrato andriese Giacinto Borsella (Andria 1770-1856) scrisse una storia della città di Andria di cui, però, non si conosce il periodo in cui fu composta, ma certamente nella prima metà dell’Ottocento e, probabilmente, prima che fosse data alle stampe la “Storia della città di Andria” scritta da Riccardo D’Urso e pubblicata nel 1842. La storia del Borsella è rimasta manoscritta fino all’anno 1918 quando il dott. Raffaele Sgarra (62), casualmente come egli racconta, recuperò il manoscritto dal suo amico l’Arcidiacono Nicola Troja che a sua volta l’aveva strappato alle granfie di un pizzicagnolo, ed afferma che se non l’avesse recuperato, a noi oggi sarebbe mancata l’occasione di conoscere una opera pregevole ed importante per la illustrazione della patria. Il dott. Sgarra fece stampare l’opera dalla Tipografia di Francesco Rossignoli di Andria nell’anno 1918 con il titolo “Andria Sacra” e ne scisse la prefazione.
Il Borsella nel suo lavoro non tratta la storia di Andria ma illustra con dovizia di particolari le Chiese della città e i loro corredi d’arte, a partire dal Duomo. Scrive il dott. Raffaele Sgarra nella prefazione: Questa opera che descrive dettagliatamente e con molta tecnica quasi tutte le chiese, inserendo notizie storiche esatte, ha un valore inapprezzabile.
Solo un capitolo il Borsella dedica alla storia civile e lo intitola “Cenno pieno della storia di Federico II” e, riguardo le mogli dell’Imperatore, così scrive a pag. 105: … lo stesso anno 1228 … mentre per la Puglia recavasi a Barletta, giunto in Andria l’Imperatrice Iolanda, ch’era seco, gli diede alla luce un bambino, cui fu posto nome Corrado, e di là a pochi giorni morì di parto. Poi, a pagina 107 riporta quest’altra notizia: “Nel dicembre dello stesso anno (1241), fu sorpreso da improvviso accidente la Imperatrice Isabella, di lui terza Moglie figlia del Re d’Inghilterra, ed avendo cessato di vivere, venne sepolta in Andria”.
Il magistrato Borsella riporta quindi in modo stringato e preciso quello che il notaio della corte di Federico aveva scritto nella sua “CHRONICA” composta negli stessi anni in cui si verificarono gli avvenimenti. Invece, chi tratta ampiamente l’argomento tombe delle Imperatrici sveve è proprio il dott. Raffaele Sgarra nella prefazione di cui, però, diremo dopo aver trattato le ipotesi e certezze scritte dagli storici dell’Ottocento quali il D’Urso, Matteo Camera e Gregorovius, e gli storici del primo Novecento come l’Haseloff e il Merra.
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Nell’anno 1842 il Canonico Riccardo D’Urso pubblicò presso la tipografia Varana di Napoli il suo lavoro intitolato “Storia della città di Andria dalla sua origine sino al corrente anno 1841”: è questa la prima trattazione completa della storia della nostra città.
Narra il D’Urso che nei primi vent’anni del Duecento la città di Andria era fedele al Papa anche perché il suo Conte era il Maresciallo Jacopo, fratello cugino del Papa Innocenzo III. Poi, nel 1221 essendo cresciuto in età Federico, e caduto in forti disgusti con la Sede Romana, tolse il Contado di Andria a Jacopo … e così Andria venne sotto l’immediato suo governo, ed eccoci alla Dinastia Sveva.
A pagina 65, nel capitolo III della sua storia, il D’Urso narra: Essendosi finalmente determinato l’Imperatore conferirsi in Gerusalemme, … parte da Napoli, correndo l’anno 1228, con la moglie Jolanta, e perviene in questa Città di Andria. La Imperatrice trovavasi incinta da sette in otto mesi; e per qualche molestia da lei sofferta nel viaggio, qui repentinamente sorpresa dai dolori del parto, rende al figlio la luce, ed essa la perde. Fino a questo punto il D’Urso conferma in pieno la storia del cronista dell’epoca Riccardo di San Germano e, pertanto, siamo nel rispetto di quanto afferma la storia.
Per inciso, la sintetica frase rende al figlio la luce, ed essa la perde è degna di un grande scrittore che solo in nove parole narra la vita dalla nascita alla morte paragonandola alla luce.
Però, restava da dare la risposta al quesito: qual era il luogo dove furono sepolte le Imperatrici sveve, atteso che nella Chiesa Cattedrale non c’è alcun segno delle loro tombe?
A questo punto la narrazione del D’Urso, a mio avviso, comincia a sconfinare nella fantasia e così narra: Federico restò molto penetrato da questo colpo acerbo; e tutta risentì l’amarezza dell’infortunio. Intanto percorrendo per queste strade il grido festoso della popolazione Andriese all’arrivo di questa coppia Imperiale, ad un tratto si arresta, e di quello invece scappa la voce del dolore … . Il gemito de’ cittadini si afforza; e tutta la città è nella mestizia. In questa prima parte del racconto il D’Urso si sofferma sui sentimenti e sensazioni che si provano quando avvengono improvvisamente simili tragedie e, pertanto, la sua narrazione può essere accettabile.
Poi, però, il racconto diventa una vera e propria descrizione de visu dell’evento, invece il D’Urso lo racconta 613 anni dopo, e dice: L’Imperatore in posizione sì trista dividendo il suo cuore alle lagrime, ed alla tenerezza del figlio, ordinò, che la fredda spoglia dell’oggetto de’ suoi amori ricevesse tomba onorata nella Chiesa maggiore di essa Città … e tutto venne pomposamente eseguito. A questo punto inserisce un’annotazione: Gian. Lib. XVI, Cap. VI, pag.311. È questa la fonte da cui ha appreso quanto ha narrato? Ho consultato l’opera del Giannone, edizione del 1762, edita da PALMYRA, e precisamente il tomo secondo, libro XVI, capitolo VI, sulla politia del Regno sotto Normanni e Svevi, in cui a pag. 402 parla della morte dell’Imperatrice Iolanda e dice soltanto che fu sepolta in Andria.
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Il D’Urso continua la sua narrazione, questa volta sconfinando letteralmente nella fantasia, ed afferma: Correva allora la stagion ridente di Primavera; poiché l’arrivo fu nel mese di Marzo. Volendo l’afflitto Imperatore divagarsi, portossi a soggiornare nel castello del Monte; e quivi per qualche tempo si divertì con la caccia (sappiamo invece che Federico aveva convocato gli Stati Generali nel castello di Barletta per programmare la crociata in Terra Santa, ed inoltre, a quella data il nostro Castel del Monte non esisteva ancora). Poi, la narrazione rientra nella storia: … in Agosto, egli si condusse in Barletta, e li convocò un solenne parlamento.
Per quanto riguarda la morte della terza moglie di Federico II, l’Imperatrice Isabella, a pag. 68 della sua Storia il D’Urso scrive: Correndo l’anno 1241, essendo venuta (Isabella, sorella di Arrigo Re d’Inghilterra) col consorte (Federico II) in Foggia, quivi sorpresa immaturamente dalle angosce del parto, nel giorno 21 Dicembre cessò di vivere. Fin qui la storia documentata, poi, interviene l’immaginazione: Alla infausta notizia della perdita d’Isabella s’impegnarono a gara primarie città de’ suoi domini, presentando suppliche all’afflitto Federico, per ottenere l’onore di tumulare l’augusto cadavere; anche per così procacciarsi presso di lui una particolare protezione. Ma egli o perché sentiva sempre presenti le affettuose e fedeli dimostranze degli Andriesi, o perché volesse rendere indivise le ceneri di quelle, che si erano succedute alle sue tenerezze, decretò, che la defunta spoglia dell’amata Isabella fosse stata condotta in Andria, ed avesse ricevuto la tomba onorata accanto a quella della diletta Jolanta. Gli andriesi inebriati per questi novelli attestati di predilezione, volendo sempre più esternare all’Imperatore la loro riconoscenza, profusero somme immense per la funebre pompa di quest’altra sventurata Imperatrice. A lei venne eretto nell’istesso soccorpo di questa Chiesa Cattedrale, non lungi da quello di Jolanta, il secondo mausoleo non differente dal primo.
Il D’Urso sposa in pieno la congettura del Prevosto Pastore e in modo convinto afferma che il soccorpo della Chiesa Cattedrale di Andria è il luogo di sepoltura delle due Imperatrici Jolanda e Isabella, non avendo rinvenuto alcun segno della presenza delle loro tombe nella Chiesa Cattedrale.
Il D’Urso nel parlare della sepoltura delle due Imperatrici sveve, per ben due volte afferma di aver fatto riferimento
a Gian. Lib. XVI, Cap. VI per l’Imperatrice Iolanda e a Gian. lib. XVII. vol. 2 per l’Imperatrice Isabella.
Gian. sta forse per Giannone?
Come abbiamo già documentato, però, il Giannone si limita a riportare le notizie delle CRONACHE del tempo, senza alcuna altra considerazione, e proprio per questo gli Editori che nell’anno 1833 pubblicarono in quattro volumi l’opera “Dell’istoria civile del regno di Napoli” di Pietro Giannone, che è quella consultata dal D’Urso, così si espressero nella presentazione: La Storia Civile del Regno di Napoli di Pietro Giannone è meritamente collocata fra le fatiche più onorate dell’ingegno italiano. L’illustre scrittore … sopra il lavoro vi profuse tanta e sì molteplice dottrina, che codest’opera, per comune consentimento e de’ nazionali e degli esteri, va fra le più insigni che vanti la storia moderna.
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Tralasciando le fantasie riguardanti il racconto degli andriesi che profusero somme immense per la funebre pompa di quest’altra sventurata Imperatrice e, fermandoci alla notizia della sepoltura delle Imperatrici nel soccorpo della nostra Cattedrale, il D’Urso, convenendo con la congettura del Pastore, per avallare la sua convinzione decise di ispezionare il soccorpo che, come sappiamo dalle cronache dell’inizio del Novecento, era da lungo tempo diventato un ossario, accessibile solo da una botola posta in un angolo del presbiterio della Cattedrale.
Egli racconta la sua ispezione nel capitolo V del libro IV della sua storia ponendo una premessa: La Città di Andria, non avvi dubbio, va molto debitrice della sua rinomanza alle tombe di queste due Imperatrici. Questo è sempre stato il motore che ha accompagnato la storiografia campanilistica locale: il sostenere l’esistenza tangibile delle due tombe delle Imperatrici sveve e, pertanto, a volte, lo storico sembra andare alla ricerca di almeno un indizio materiale per affermare, convincersi e convincerci di aver rintracciato i sepolcri di Jolanda di Brienne e di Isabella d’Inghilterra seconda e terza moglie di Federico II di Svevia.
Espressamente il D’Urso afferma di non voler lasciare negletti ed invisibili questi due Onorevoli monumenti, cioè, è deciso a dare a tutti i costi una collocazione precisa alle tombe delle due Imperatrici.
Parlando del soccorpo della Cattedrale afferma che inizialmente vi si celebravano le messe, ed altre sacri funzioni, poi, a causa del buio dell’ambiente che non era illuminato dalla luce del sole, fu abbandonato e addirittura si avevano delle volte che questo sacro esilio servisse per l’empio di sicuro ricovero delle sue dissolutezze. Questa affermazione è davvero sconcertante: da quale fonte il D’Urso abbia attinto questa notizia non è possibile sapere!
E continua: Ad evitare quindi tali contumeliose profanazioni, si venne alla determinazione di chiudere il piano inferiore di detta Chiesa; e di quel vano formarsi tanti grandi sepolcri. Or lì dentro trovandosi i due Mausolei delle suddette Imperatrici vennero perciò sottratte alla vista dei viventi. Il D’Urso dà per scontato che in quel vano c’erano addirittura due mausolei.
Poi passa al racconto della sua ispezione nella Cripta: In una delle sere degli anni scorsi sostenuto dalla presenza di un amico, che mi dirigeva, scesi per quella bocca sepolcrale di rimpetto alla Cantoria. Qui il canonico si addentra barcollando su quelli ammonticchiati carcami, e conferma che il soccorpo era un ossario in cui era anche difficoltoso aggirarsi, e cercò di evocare al suo cupido sguardo quelle abbondanti memorie. Si imbatte in un coacervo di tanti pezzi di fino intaglio e riconosce anche due colonnette che sostenevano una base anco di delicato lavoro. Accanto a queste colonnette ne scopre altre due e afferma di non riuscire a distinguere se questi rottami fossero di semplice pietra, o di marmo pregevole; perch’eravi sparsa al di sopra una crosta nerognola. Prima parla di pezzi di fino intaglio, poi semplicemente di rottami anneriti dal tempo, lasciando quantomeno un dubbio sulla veridicità o attendibilità della descrizione.
L’ispezione del D’Urso nella Cripta si ferma qui perché afferma: venni arrestato da un occulto timore eccitato dalla tristezza del luogo, e dall’incerto lampeggio della fiaccola.
Le due coppie di colonnine con basamento per il D’Urso costituiscono la prova tangibile dell’esistenza nel soccorpo della Cattedrale dei due mausolei di Jolanda ed Isabella. Infatti così si conclude: Mi persuasi essere questi i due avelli; che contenessero gli augusti avanzi delle due Imperatrici, e ipotizzò anche che ai piedi di questi monumenti ci stiano delle iscrizioni lapidee; ma non è sperabile poterle vedere, atteso la immensa congerie dell’umana caducità, o sia delle tante ossa accatastate.
La sua ipotesi circa l’esistenza di lapidi commemorative è stata smentita quando il soccorpo fu completamente liberato dalla gran massa di ossa, né è stato mai trovato frammento lapideo con iscrizioni.
È questo il racconto che in seguito ha alimentato la fantasia e la quasi frenesia degli storici andriesi, o presunti tali, che si sono poi succeduti fino ai giorni nostri. Il D’Urso, partendo dalla congettura fatta dal Prevosto Pastore, è artefice della certezza della presenza delle tombe delle Imperatrici sveve nella Cripta della Chiesa Cattedrale, tombe che lui chiama addirittura mausolei.
Per quasi tutta la seconda metà dell’Ottocento le certezze del D’Urso sono state considerate sacrosante e nessun altro tentativo di procedere sia ad un’accurata ispezione, sia alla liberazione della Cripta dalla immensa congeria dell’umana caducità, o sia delle tante ossa accatastate è stata mai eseguita.
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Lo storico e antiquario Matteo Camera (63) ha pubblicato vari lavori sulla storia dell’Italia meridionale e del Regno di Napoli. Nella sua opera “Dall’origine della Monarchia fino a tutto il regno dell’Augusto Sovrano Carlo II Borbone” Napoli nel 1860, scrive che Federico II fece seppellire la sventurata Iolanda nella Chiesa Cattedrale di Andria. Non poteva essere diversamente, il posto non può essere che quello perché, a quell’epoca e con la fidelitas degli andriesi verso l’Imperatore, le sue mogli non potevano che essere sepolte nella Cattedrale.
Negli anni 1874-1875 lo storico e medievalista tedesco Ferdinando Gregorovius
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nelle sue escursioni lungo il litorale pugliese giunse ad Andria, soprattutto per visitare Castel del Monte.
Nel suo racconto della storia della città di Andria, inserisce un trafiletto riguardante le Imperatrici sveve e dice:
Nel Duomo di Andria il grande Imperatore fece sotterrare le due sue mogli, Jolanta di Gerusalemme, che appunto quivi,
nel 1228, gli aveva dato il figliuolo Corrado e di lì a poco morì, ed Isabella d’Inghilterra, che morì a Foggia il 1° dicembre 1241.
Questo fatto già mostra con quanto speciale favore egli riguardasse Andria; che altrimenti avrebbe fatto dar sepoltura
alle consorti sue o nel duomo di Foggia, o anche in quello di Trani, la più bella, la più magnifica cattedrale delle Puglie … … .
Nel palazzo di Foggia morì, nel 1241, la moglie dell’Imperatore Isabella d’Inghilterra. Essa fu sepolta non a Foggia,
ma nella cripta del Duomo di Andria, ove pure era stata deposta la prima moglie di Federico, Iolanda di Gerusalemme.
Anche il Gregorovius si allinea con la tesi del D’Urso pur non avendo visto nulla, e dice: Indarno cercammo alcuna traccia dei Mausolei delle due Imperatrici Iolanda ed Isabella. Le due mogli di Federico II furono sepolte in una cappella sotterranea, la quale venne adibita come Ossario, e poi murata.
Narra l’andriese Mons. Emanuele Merra nella sua corposa opera storica “Monografie Andriesi”, che nel 1892 anche il Governo italiano s’interessò della ricerca di questi Mausolei e l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Pasquale Villari dette a lui l’incarico di rintracciarli.
Questo il verbale della ispezione del Merra nel soccorpo della Cattedrale: Il 27 aprile di quell’anno (1892), feci aprire l’antico Ossario e … a grande stento, carponi, e con una fiaccola in mano, penetrai in quel luogo d’ogni luce muto, e che al solo guardarlo faccia tale paura da farti agghiacciare il sangue nelle vene! … Vari sepolcri la frastagliavano da non potersi osservare bene la forma. Si vedevano appena le sommità di quattro colonnine di granito, sormontate da quattro archetti di tufo, come quattro semicerchi, che s’impostavano sopra tre mensolette di pietra rustica.
L’autore delle “Monografie andriesi” aveva saputo da persone anziane che, prima che fosse costruita la facciata con il pronao della Cattedrale (1838-1844) su progetto dell’architetto Federico Santacroce, davanti alla Chiesa c’erano due lapidi tombali sulle quali erano effigiate a bassirilievi le immagini di due Signore, che dicevansi essere le due Imperatrici, scomparse poi con la costruzione del nuovo atrio fatto ergere da mons. Cosenza. Dare credito a questa notizia non ci sembra possibile considerato che il progetto della costruzione del pronao era del citato architetto Federico Santacroce che era capo dell’ufficio d’arte del Comune e, pertanto, molto rispettoso della storia, non avrebbe mai distrutto simili bassorilievi se fossero veramente esistiti.
A questo punto della sua narrazione il Merra suggerisce l’ipotesi che le tombe delle Imperatrici fossero state distrutte quando la Cripta fu trasformata in Ossario e che questo avvenne sotto il governo degli angioini, nemici acerrimi degli Svevi. Pertanto, ritenne concluse le ricerche dato che nulla poteva essere rintracciato delle antiche tombe o mausolei, e questa fu la sua conclusione che inviò al Ministero.
A pag. 18 del Vol. I delle “Monografie andriesi” il Merra racconta quanto avvenne nell’anno 1904 quando, essendosi avuta notizia che l’Imperatore di Germania Guglielmo II avrebbe fatto una visita in Puglia e si sarebbe recato in Andria per poi visitare il Castel del Monte, l’allora Sindaco di Andria Vito Sgarra volle riprendere l’ispezione della Cripta della Cattedrale per svuotarla liberandola dalle ossa ivi presenti e ricercare con più accuratezza le tombe delle imperatrici sveve.
Svuotata da una quantità immensa di ceneri umane e di terriccio, che internamente la ingombravano, fu possibile vedere e studiare tutta la struttura della Cripta e si comprese che essa non sarebbe nata come Cripta della Cattedrale ma come Chiesa a sé stante, prima del X secolo e dopo il VII. Gli studi sulla struttura furono condotti dall’architetto Ettore Bernich e dallo storico Haseloff (note 13 e 14 di pag. 26).
Nella descrizione delle operazioni di svuotamento della Cripta così continua il Merra: Nello sterro di questa Cripta si è rinvenuta primieramente l’antica scalinata, formata da diciassette gradini … . E qui verso il lato occidentale, in fondo di questa Cripta, si rinvennero due tombe, col recinto di pietra. All’improvviso apparire di questi due avelli, i fortunati scopritori (è evidente che il Merra non era presente, e gli scopritori erano i due fratelli Sgarra) in un’estasi di gioia esclamarono come Archimede: Le abbiamo ritrovate!
Fig. -40- Pianta della Cripta rilevata dall’architetto Ettore Bernich.
Le abbiamo ritrovate le due tombe sveve! E rimosse ansiosamente due pesanti lastre di pietra, che le coprivano, e scoperchiatele, si udì da quelle immantinente esalare una tal fragranza soavissima, cagionata dai pellegrini aromi orientali, coi quali senza dubbio dovettero essere imbalsamate quei due augusti cadaveri di Iolanda ed Isabella, che in quel sito da secoli dormivano il sonno cinereo della morte!
Può essere credibile questo racconto? È verosimile che due cadaveri, seppure imbalsamati e trattati con aromi orientali, dopo 663-676 anni in stretta compagnia di ceneri umane, che in quella Cripta si vedevano ammonticchiate tali e tante, che appena vi si poteva stare in piedi … . potessero esalare ancora fragranze soavissime? Non fu forse l’euforia e/o la quasi ebrezza degli uomini che erano andati a svuotare la Cripta dalle ossa, sicuri di aver rintracciato le tombe delle due Imperatrici sveve, a contagiare vistosamente la mente del Merra?
Subito dopo però il Merra così prosegue: Ma queste tombe scoverte sono oppure no delle Imperatrici Sveve? E aggiunge sventuratamente su queste tombe non vi sono trovate né iscrizioni, né pergamene, né monete, né alcun altro segno, che indicasse appartenere esse alle Imperatrici; quindi naturalmente la critica ha emesso un verdetto dubbio.
Afferma poi che nelle due tombe furono trovati due scheletri, quindi, non cumuli di ossa ma scheletri interi. Pertanto, viene spontaneo il dubbio: ha visto personalmente i due scheletri o riferisce cose che altri dicono di aver visto?
Lo storico non dice altro e passa a raccontare la storia di Andria quando, sconfitto il Re Manfredi presso Benevento, nel 1266, la Puglia passò sotto il dominio di Carlo I d’Angiò … . E gli angioini, successi agli svevi, dovettero distruggere senza dubbio in Andria tutti i ricordi di quella Casa loro nemica, tante volte sfolgorata dalle scomuniche del Vaticano.
Invero con gli Angioini la città di Andria da ghibellina passò dalla parte del Papa e divenne guelfa e, secondo il Merra non è da meravigliarsi che si vollero togliere dinanzi agli sguardi degli Andriesi anche le tombe delle due Imperatrici, le quali erano monumenti troppo eloquenti della predilezione di Federico per Andria e di Andria per Federico.
Pertanto, il Merra sposa la tesi che vuole le tombe distrutte dagli Angioini, però, è lecito dubitare che gli Angioini potessero da soli prendere decisioni simili; certamente, per cancellare i simboli svevi rendendo i Mausolei un mucchio miserando di rovine, avrebbero dovuto ottenere il consenso del padrone di casa: il Vescovo. A tal proposito bisogna tenere presente quanto afferma il prof. Fulvio delle Donne in un suo saggio pubblicato dal giornale “Repubblica” il 23 febbraio 2023, e cioè che a partire dal 1239 violentissimi furono gli scontri che opposero Federico II ai papi Gregorio IX e Innocenzo IV e che, nel fervore del conflitto, Federico II venne assimilato alla bestia dell’Apocalisse, al drago satanico, al martello che avrebbe distrutto l’universo, al preambulo dell’Anticristo.
È una questione tutta da approfondire.
Il Merra conclude il suo racconto asserendo che Fortunatamente però quei miserevoli avanzi, testè rintracciati, sono troppo eloquenti: Sasa loquuntur, e da essi, non ostante la critica severa, si sprigiona forte un grido: Ecco le tombe Sveve! Ecco le tombe di Iolanda e di Isabella.
Dopo aver parlato delle tombe delle Imperatrici sveve, il Merra si sofferma a descrivere gli avanzi d’arte dell’epoca sveva trovati nella Cripta.
A pag. 33 del Vol. I così narra: Ritrovate con molta probabilità le tombe delle Imperatrici … . la Cripta venne diligentemente ripulita…Nello sterro di questa Cripta varii frammenti di Mausolei furono ritrovati, fra i quali due piedi di pietra, ben lavorati, come zampe di leoni, … e pare appartenessero ad una urna scolpita. Si rinvennero pure archetti di pietra nostrale, con lavori ed intagli di gusto orientale, come dice il D’Urso. Su questi archetti sono scolpiti bellissimi aquilotti, simili a quelli, che si ammirano sugli Augustali, monete d’oro di Re Federico. E poi ghirlande di fiori, e di rose, nonché la testa di una leonessa, e vari geroglifici di gusto orientale. Tutti questi ruderi, con altri oggetti tra quelle ceneri ritrovati, ed ammirati non poco dal Barone Kehr, dal Dottor Haseloff, e dai Comm. Bernich, e dall’Avena, Direttore dei monumenti nazionali, sono tutti gelosamente custoditi entro due armadi di legno chiusi con lastre di cristallo, e messi nell’istessa Cripta.
Come già detto tutto il lavoro eseguito nella Cripta fu fatto in vista della venuta in Andria dell’Imperatore di Germania Guglielmo II, discendente di Federico II.
La visita dell’Imperatore nella nostra città non avvenne perché appena giunto a Bari la sera del 23 aprile 1904, avendo ricevuto un dispaccio da Berlino, improvvisamente ritornava alla sua capitale! Narra il Merra che gli andriesi rimasero molto delusi per la mancata visita dell’Imperatore ma che quest’ultimo assicurò sia il Prefetto di Bari sia il Sindaco di Andria Vito Sgarra che in altra circostanza, non lontana, sarebbe venuto a visitare sulle Murge Castel del Monte, in Andria la porta di Sant’Andrea, la Chiesa di Sant’Agostino e di Porta Santa, e nella Cripta della Cattedrale le auguste ceneri delle Imperatrici Sveve.
In effetti, l’Imperatore Guglielmo II mantenne la parola e l’anno seguente, il 29 aprile 1905, venne in Puglia e con i suoi tre figli si portò in automobile a visitare Castello del Monte, e non degnava d’uno sguardo la città prediletta di Federico II, e andava via! … Quanto Andria fosse rimasta di ciò grandemente corrucciata, non è a dire!
Chi ebbe le idee più vicine alla realtà di quanto ritrovato nella Cripta della Cattedrale fu l’archeologo tedesco Haseloff, che era stato inviato in Andria dal Ministero Prussiano della Cultura, su indicazione del Consigliere Segreto prof. Kehr di Roma, per accertarsi dell’esistenza o meno delle tombe delle Imperatrici sveve. Certamente fu lui a sconsigliare Guglielmo II di recarsi in Andria il 1905 perché non c’era certezza che quanto rintracciato nella Cripta fossero i resti delle due Imperatrici sveve. Infatti il 5 marzo 1905, come riferisce il Merra, il prof. Haseloff inviò una lettera al Sindaco di Andria avv. Vito Sgarra in cui illustrava, diplomaticamente, il suo pensiero.
La lettera dell’Haseloff è pubblicata dal Merra nella sua opera a pag. 37 ed è qui sotto trascritta.
Illustrissimo Signor Sindaco.
Le mie ricerche storiche ed archeologiche finalmente sono terminate, ed oggi rispondendo alla di lei gentile lettera,
posso comunicare i risultati a Lei, che è tanto benemerito degli scavi nella Cripta.
Mi dispiace tanto di dover dire che la quistione delle tombe resta incerta. È probabile, anche molto probabile,
che le tombe trovate nella Cripta sono quelle delle due imperatrici, ma sopra ogni dubbio, no.
Non essendo trovato nessun oggetto nelle tombe, nessuna iscrizione, è assolutamente impossibile di dichiararle con certezza.
I frammenti trovati nella cripta sono senza dubbio dell’epoca sveva. … . Ma che essi facevano parte delle tombe sepolcrali,
non crederei affatto. Invece sono convinto, come già le dicevo, che avrebbero formato un solo monumento, e non due.
Indubbiamente la ricostruzione è sbagliata. È un guaio che i frammenti ritrovati non bastano per decidere la quistione difficilissima.
Fu questa la motivazione per cui l’Imperatore Guglielmo II non venne più né in Puglia né in Andria?
Racconta l’Haseloff in un suo scritto pubblicato il 15 aprile 1905 sulla rivista “Beilage zur Allgemeinen Zeitung” che solo la prospettiva della visita dell’Imperatore fece maturare nell’ambizioso Sindaco di Andria e di suo fratello l’idea di chiarire il problema con ampi scavi nella parte sottostante della chiesa. Gli scavi consistettero nella rimozione della massa di macerie ed ossa dalla parte sotterranea della chiesa. … . Nel pavimento della chiesa sottostante, accostate alle pareti dell’atrio, furono trovate due tombe, fra loro simili e della stessa epoca. Sono formate di lastre di pietra calcarea, di forma lievemente trapezoidale, ed hanno nella parte inferiore (quella dove poggia il corpo) una speciale scanalatura rettangolare per la testa del cadavere. Una delle tombe era molto deteriorata, l’altra era ancora chiusa con il coperchio. In questa stava uno scheletro fortemente rovinato, di sesso femminile, secondo il dr. Sgarra, senza niente altro, neppure una scritta. In un passo successivo l’Haseloff fa questa considerazione: … chi conosce le tombe imperiali a Palermo, si chiederà stupito se potevano mai le imperatrici sveve essere sepolte in modo così semplice e disadorno. La traduzione di questo passo fu fatta dal foggiano Leopoldo Bibbò, studioso della cultura tedesca, germanista attento a tutti i fenomeni culturali, professore di Lingua e Letteratura Tedesca e promotore del gemellaggio della città di Foggia con la città di Goppingen.
L’Haseloff scrisse, sempre nel 1905, un altro saggio in cui descrive dettagliatamente la Cripta di Andria, saggio intitolato “Die Kaiserinnegraber in Andria”, tradotto in italiano per la prima volta nel 1979 dalla signora Adele Chieppa, bibliotecaria della Biblioteca Comunale “Ceci” di Andria, unitamente alla signora Rosaria Rendine, traduzione mai pubblicata di cui mi fu regalato il testo. In questo saggio l’Haseloff considera la Cripta un edificio di straordinaria povertà, costruito non più tardi del X secolo, e descrive in modo dettagliato il dipinto sul pilastro dove è posto l’altare, un Cristo in piedi, di cui sono andati perduti la testa e i piedi. La figura spicca dal blu e al di sotto di una linea di divisione bianca dal fondo marrone. Cristo è vestito con una tunica bianca sfumata di blu, al cui ornamento servono una striscia rossa sulla spalla destra e un gallone sulla manica; tra due orli neri che luccicano di bianco, una striscia gialla a quadri marroni e punti bianchi. Sotto la tunica porta il pallio marrone scuro, che è ravvivato con ornamenti blu e ombre nere e punti bianchi. Cristo tiene la mano destra benedicente innanzi al petto con gesto greco; il pollice tocca la punta del mignolo. Nella mano sinistra tiene un libro aperto con l’iscrizione LUX OGO SUM MUNDI … su campo blu.
*
Il canonico Michele Agresti, nella sua opera “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi – dalla origine sino all’anno 1911”, pubblicata in due volumi dalla Tipografia Rossignoli – Andria 1911, nel Vol. I, pag. 30, così narra Ed ora veniamo alla Cripta, da pochi anni scoperta nei sotterranei della nostra Cattedrale. Affronta subito l’argomento della sepoltura delle due Imperatrici sveve e scrive: ” … nell’aprile del 1904, in occasione della scesa in Puglia dell’Imperatore Guglielmo II di Germania, l’amministrazione comunale di quel tempo ne fece fare lo sterro di tutte quelle macerie ed ossa umane ammonticchiate; e, dopo non lieve lavoro e dispendio, rimise in luce quell’antico monumento di storia patria, così obbiettamente lasciato nell’oblio e nel dispregio!”. Il monumento di dui parla l’Agresti è la stessa Cripta.
A questo punto si sofferma a parlare della Cripta, della sua datazione citando il Bernich e l’Haseloff e della tradizione che narra dell’Apostolo Pietro che, passando per la via Appia (la via Appia non passa per il nostro territorio) per andare a Roma, si fermò in Andria a predicare la fede del Nazareno.
Nel Cap. V l’Agresti parla dell’epoca sveva e di Federico II e, a proposito delle sue mogli, si limita soltanto a dire, a pag. 105, che nell’anno 1228 l’Imperatore Federico “convocò in Barletta i Grandi Ufficiali dello stato, molti Prelati e Baroni del Regno, ma, passando per Andria, nel recarsi a Barletta, Iolanda, sua moglie, dette alla luce un figlio, che chiamò Corrado, lasciandovi sventuratamente la vita, dopo dieci giorni dal parto. La sua salma fu tumulata nella nostra Cattedrale, e propriamente nella Cripta, della quale innanzi, è fatta parola”.
L’Agresti, pur facendo riferimento alle CRONACHE del Duecento, che però nulla dicono sul luogo della sepoltura,
sposa la tesi della tumulazione nella Cripta della Cattedrale.
Nessun’altra notizia fornisce l’Agresti riguardo le mogli di Federico II.
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Il dott. Raffaele Sgarra, erudito e pubblicista, molto presente sul terreno sociale e civile, ricordato dal prof. Giuseppe Brescia come peritissimo conservatore delle patrie memorie, aveva preso parte nel 1904 allo svuotamento della Cripta della Chiesa Cattedrale e fu colui che, insieme a suo fratello Vito, Sindaco di Andria, scoprì nella Cripta della Chiesa Cattedrale quelle che chiamarono, con tanto entusiasmo, le tombe delle due Imperatrici sveve. Il grande merito di R. Sgarra fu quello di aver dato alle stampe il manoscritto dell’Ottocento del Borsella “Andria Sacra”, scrivendo una corposa Prefazione nella quale narra che tra gli Angioini e gli Svevi, quando i primi presero il posto dei secondi nell’Italia meridionale, si scatenò una lotta e: In questa lotta tenace degli Angioini contro gli Svevi furono distrutti i Mausolei delle Imperatrici, e individua degli avanzi in vari punti della Chiesa Cattedrale, soprattutto, parla di resti scultorei da me rinvenuti il 1904 negli scavi della Cripta, che si conservano nel piccolo museo in formazione, diretto e custodito dal Canonico Morgigni (Figura -41-) (Figura -42-).
Fig. -41- Avanzi scultorei rinvenuti dallo Sgarra nel 1094 nella Cripta della Chiesa Cattedrale di Andria. Foto dal sito ANDRIARTE.
Fig. -42- Avanzi scultorei rinvenuti dallo Sgarra nel 1094 nella Cripta della Chiesa Cattedrale di Andria. Foto dal sito ANDRIARTE.
Le due foto di Fig. -41- e Fig. -42- sono riprodotte a pagina 15 della Prefazione all’opera di Giacinto Borsella con la didascalia: Avanzi scultorei dei mauso- lei delle Imperatrici rinvenuti nella Cripta della Cattedrale. Rimarchevoli i rilievi delle aquile simili a quelle delle Augustali di Federico II.
L’archeologo Haseloff, da esperto conoscitore dell’arte antica, aveva tassativamente escluso questa ipotesi proprio nella lettera inviata nel 1905 al dott. Vito Sgarra, allora Sindaco di Andria, e nella stessa, a proposito dei reperti scultorei trovati nella Cripta, affermava: Ma che essi facevano parte delle tombe sepolcrali, non crederei affatto.
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Michele Agresti, storico, professore di lettere e Canonico della Chiesa Cattedrale, conosceva bene l’opera del Merra e i risultati cui era giunto lo storico e archeologo A. Haseloff, per cui nel 1911 quando diede alle stampe il primo volume della sua storia dal titolo “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi - dalla origine sino all’anno 1911”, si limitava a scrivere soltanto che le due Imperatrici furono tumulate nella Cripta della Cattedrale, senza fare cenno né di mausolei, né di corpi mummificati, né di frammenti lapidei dell’epoca sveva.
Si riportano qui di seguito i fotogrammi dei frammenti trovati nella Cripta nel 1904, prelevati dal sito Andriarte di cui l’autore Di Tommaso dice testual- mente che sono: foto dell’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo – Fototeca INASA, fondo RICCI, numeri d’inventario 18578 – 18579 – 18580 – 18581. (Figure -43-, -44-, -45-, -46-, -47-, -48-, -49-, -50-, -51-, -52-, -53-).
Fig. 43, 44 e 45 : Avanzi scultorei - foto dell’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo – Fototeca INASA, fondo RICCI, numeri d’inventario 18579 – 18580 – 18581.
Fig. 46 (e 48), 47 e 49 : altre foto di avanzi scultorei.
Fig. 50: Avanzi scultorei - foto dell’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo – Fototeca INASA, fondo RICCI, numero d’inventario 185781.
Fig. 51, 52 e 53 : altre foto di avanzi scultorei.
L’ultimo autore che ha affrontato in modo diffuso l’argomento Tombe delle Imperatrici sveve è stato Pasquale Cafaro (65), poeta più che storico, innamorato dell’epoca sveva e, soprattutto, dell’Imperatore Federico II.
Nel suo saggio “Le tombe delle Imperatrici Sveve in Andria”, edito da G. Pansini e Figli, Bari-Andria 1938, così inizia il suo racconto: Fra le più grandi figure storiche d’ogni tempo è Federico II di Svevia, Imperatore di Allemagna, Re di Puglia e di Sicilia, e subito dopo Federico II predilesse di particolare amore Andria. In Andria gli nacque Corrado designato erede della corona imperiale; in Andria gli morì l’amatissima Jolanda, e vi fu poi seppellita accanto la bionda Isabella; presso Andria fece sorgere quel monumento unico nel suo genere che è il meraviglioso Castel del Monte; in Andria trovò fedeltà, costante nella prospera e nell’avversa fortuna.
Quindi, con riferimento a Riccardo di San Germano riferisce che le Imperatrice Jolanda e Isabella furono sepolte in Andria, ma si pone l’interrogativo: Ma dove? Poi si dà una risposta, quella più ovvia: nella Cattedrale certamente, la quale si conferiva a personaggi di così alto grado e di così particolare importanza. Il vero dilemma per lui era in quale punto della Cattedrale di Andria furono realizzati i mausolei sepolcrali delle due Imperatrici e così scrive: In quale punto preciso della Cattedrale fossero le sepolture sveve i cronisti del tempo non dicono. Pertanto, in mancanza di riferimenti storici il Cafaro asserisce che: l’unico luogo dove ricercare le tombe è la Cripta e cita sia il Prevosto Pastore sia il Gregorovius, e a proposito della Cripta afferma: È da rispettare certamente ogni nobile tradizione di popolo, ma la storia è cauta anch’essa ed afferma soltanto con documenti.
Nel capitolo “Le Tombe” il Cafaro entra nella Cripta e narra che a destra ed a sinistra del ripristinato ingresso originario si vedono due tombe sulle quali s’incurvano gli archi della volta. Sono loculi interrati a livello del pavimento, dal quale emergono per breve altezza le pietre tombali ora rifatte al posto ed alla foggia di quelle antiche ridotte in frantumi. Questa descrizione essenziale, oltremodo veritiera, fatta nel 1938, è ancora oggi la stessa che si può constatare entrando nella Cripta. Il Cafaro conclude la sua descrizione affermando: Riconosciamo che scarso ed insufficiente è questo indizio per ritenere le tombe quelle ricercate. Ma a chi possono appartenere? In un posto così privilegiato quale è la Cripta, non potevano essere sepolti che personaggi di altissima carica e di particolare benemerenza. Poi il Cafaro, dopo aver ricordato l’ubicazione nella Cattedrale della tomba di Emma consorte del primo Conte di Andria Riccardo il Normanno e la tomba di Beatrice d’Angiò, da ammiratore dell’epoca sveva conclude: Pertanto le tombe rinvenute nella Cripta non potrebbero appartenere che alle Imperatrici sveve, perché la loro sepoltura, che risulta storicamente fatta nella Cattedrale, non è stata mai segnalata, nemmeno come traccia, nella chiesa superiore.
Con questa conclusione il Cafaro lascia la storia, si rifugia nella tradizione, e citando Haseloff afferma: Non possiamo d’altra parte respingere né soffocare la voce multanime della tradizione, antica diffusa affettuosa, che ritiene sepolte nella Cripta le auguste donne che furono tanto vicine al trono ed al cuore di Federico II. Tanto più che né argomenti né documenti di sorta possono opporsi alla cara tradizione.
La conclusione a cui giunge il Cafaro è che, non essendoci documenti che avallano le sepolture delle Imperatrici Sveve nella Cripta della cattedrale, a fare storia basta la tradizione, e il mancato ritrovamento di tracce dei mausolei, considerata l’assoluta nudità dei loculi, è dovuta agli Angioini (il Cafaro sposa la tesi del Merra) che vennero dopo gli Svevi, dei quali erano acerrimi nemici e: furono crudeli ed implacabili verso tutto ciò che parlava Hoenstaufen, tant’è che per trent’anni tennero prigioniero in Castel del Monte Manfredi e punirono Andria per la sua nobile fedeltà sveva, e vi distrusse ogni ricordo architettonico, e dovè anche abbattere, appare evidente, i segni imperiali dei mausolei sacri alla città degna. La conclusione del Cafaro è che le tombe ivi (nella Cripta) rinvenute possono considerarsi quelle di Jolanda di Brienne e di Isabella d’Inghilterra.
Dopo aver ricordato le varie ipotesi e certezze che sono state fatte sull’esistenza dei sepolcri e/o tombe e/o mausolei delle due Imperatrici sveve nella Cripta della Chiesa Cattedrale di Andria, a partire dalla congettura fatta dal Prevosto Pastore alla fine del Settecento, e tralasciando quanto hanno scritto (senza approfondimenti sull’argomento) gli storici che si sono succeduti fino ad oggi dopo il Podestà Pasquale Cafaro, possiamo ora raccontare il capitolo finale di questa storia.
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(57)
Isabella d’Inghilterra
Isabella d’Inghilterra (Gloucester 1214 – Foggia 1241) sposando l’Imperatore Federico II di Svevia
fu proclamata Imperatrice del Sacro Romano Impero e Regina consorte di Sicilia. Figlia di Giovanni Senzaterra
e di Isabella d’Angouleme, Isabella era sorella di Enrico IIIl Re d’Inghilterra e il suo matrimonio
con Federico fu di tipo politico, appoggiato dal Papa Gregorio IX, finalizzato a far cessare
il conflitto anglo-francese e a promuovere successivamente una nuova crociata in Terra Santa.
Le nozze furono celebrate a Worms nel 1235 e la Regina Isabella viveva quasi sempre a Noventa Padovana
perché il marito era sempre in viaggio, anche se andava a visitarla regolarmente.
Il primo dicembre del 1241, all’età di ventisette anni, mentre l’intera corte si trovava nella dimora di Foggia,
Isabella dette alla luce un figlio è morì per conseguenze post partum. Per volere dell’Imperatore Federico
l’Imperatrice fu sepolta in Andria accanto alla precedente moglie Jolanda di Brienne.
(58)
Rerum Italicarum Scriptores
La Rerum Italicarum Scriptores è una raccolta, pubblicata in fascicoli, di tutti gli storici italiani dal Cinquecento al Millecinquecento.
Fu L. A. Muratori a promuoverla e all’inizio del Millenovecento fu ampliata e corretta sotto la guida di Giosuè Carducci,
raggiungendo i 117 volumi con alcuni di essi rimasti incompleti.
(59)
Giannone Pietro
Pietro Giannone (Ischitella1676-Torino 1748) fu uno storico, saggista, giurista ed esponente di spicco dell’Illuminismo italiano.
Svolse con successo tutte queste attività e, per le sue idee illuministiche, fu fortemente ostacolato dalla Chiesa cattolica
tanto da essere costretto a vivere fuori del Regno di Napoli. Prima si rifugiò a Barletta, poi a Vienna, poi ancora nella Repubblica Veneta,
a Ferrara, Modena, Milano e a Torino dove morì nel mastio del castello della Cittadella il 17 marzo 1748.
Non rinnegò mai le sue idee, che sviluppò in tutte le sue opere di cui le più importanti furono: “Istoria civile del regno di Napoli”
che pubblicò nel 1723 in edizione limitata di soli 1100 esemplari, opera fortemente anticurialista che gli procurò la scomunica
da parte del dell’Arcivescovo di Napoli e che fu messa all’indice come libro proibito.
(60)
Lalli Benedetto Domenico
Nicolò Sebastiano Biancardi, che si faceva chiamare Benedetto Domenico Lalli (Napoli 1679 – Venezia 1741),
fu un poeta - librettista teatrale ed anche storico. Compose oltre una trentina di libretti per opere musicali e, nel 1737,
pubblicò in Venezia l’opera “Le vite de’ Re di Napoli. Raccolte succintamente con ogni accuratezza e distese per ordine cronologico”
da Bastian Biancardi napolitano chiamato Domenico Lalli” con la fattiva collaborazione e supervisione del suo grande amico Pietro Giannone,
filosofo, storico e giurista napoletano. Pertanto, si può affermare che le notizie riportate dal Lalli hanno avuto un rigoroso controllo.
(61)
Troyli Placido
L’abate cistercense Placido Troyli (1688-1757), fu uno storico del Settecento che per contrasti politici
fu privato della carica di Abate e passò gran parte della sua vita nel convento di santa Maria di Realvalle
presso la città di Scafati in Provincia si Salerno. Scrisse una monumentale opera in dieci volumi intitolata
“Historia Generale del Reame di Napoli”, stampata in Napoli dal 1747 al 1754, molto apprezzata dagli storici.
(62)
Sgarra Raffaele
Raffaele Sgarra, insieme a suo Fratello Vito (che fu Sindaco di Andria dal 1903 al 1906 e nel 1908),
oltre a distinguersi nell’attività storica, erudita e pubblicistica, fu anche molto presente sul terreno sociale e civile.
Il compianto prof. Giuseppe Brescia scrisse che Raffaele Sgarra lavorò di letterario cesello.
Scriveva sulla “Rassegna Pugliese di scienza, lettere ed arti” edita a Trani
ed è citato da Giuseppe Ceci nella “Bibliografia per la storia delle arti figurative nell’Italia Meridionale”
edita dal Banco di Napoli, Napoli 1937 – XV. Lo ricordiamo soprattutto per aver scritto
la Prefazione al libro di Giacinto Borsella “Andria Sacra” e averlo pubblicato.
(63)
Camera Matteo
Matteo Camera (Amalfi 1807-Salerno 1891) fu un antiquario, numismatico e storico soprattutto dell’Italia meridionale.
Le sue pubblicazioni più significative sono sulla storia delle province meridionali dal titolo
“Gli annali delle due Sicilie” e la “Storia di Amalfi”.
(64)
Gregorovius Ferdinando
Ferdinando Gregorovius (Prussia 1821-Monaco 1891) fu un teologo, filosofo, poeta e, soprattutto, storico tedesco
innamorato dell’Italia romana e medievale. Si trasferì a Roma nel 1852 e frequentò i circoli dei poeti romani e le biblioteche.
Il letterato De Sanctis lo additava ai suoi studenti napoletani come uno storico che dalla poesia era passato
alla regione ideale della filosofia della storia. Lasciò Roma nel 1874 e, dopo un ultimo viaggio
nell’Italia meridionale, si ritirò a Monaco di Baviera dove morì nel 1891.
Numerose e corpose sono state le sue pubblicazioni iniziando da quelle di carattere romano “La morte di Tiberio”,
“Storia dell’Imperatore romano Adriano”, “Storia della città di Roma nel Medioevo”, finire con quelle dei suoi viaggi
nell’Italia Meridionale, a Capri e nelle Puglie. Molto conosciuto in Andria per la sua opera “Nelle Puglie”
pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1882 e poi, in edizione anastatica nel 1975 da La Terrazza Editrice,
Bologna. Quest’opera corposa è la documentazione del viaggio in Puglia dello storico prussiano
e in particolar modo in Andria per visitare Castel del Monte, il cui racconto occupa ben 100 pagine delle 382 del suo Viaggio in Puglia.
(65)
Cafaro Pasquale
Pasquale Cafaro (Andria 1876-1970) si era laureato in giurisprudenza presso l’Università “Federico II” di Napoli.
Frequentò gli eredi della famiglia Carafa, Benedetto Croce e i più bei nomi della cultura napoletana e del giornalismo.
Collaborò con il “Giornale d’Italia” e con la rivista “Rassegna pugliese” ed ebbe vari incarichi nelle istituzioni locali.
Nel 1928 diventò vice podestà di Andria e dal 1930 al 1935 fu podestà. Fu il promotore nel 1938 della fondazione della Biblioteca comunale di Andria
di cui fu direttore fino al 1960. Si impegnò per restaurare Castel del Monte, perché grande era il suo amore per Federico II di Svevia
e per tutto ciò che gravitava intorno all’Imperatore, e nel 1934 fu nominato ispettore onorario ai monumenti; fu anche un poeta,
un insegnante di lettere e di materie giuridiche. Si dedicò con passione ed entusiasmo agli studi di storia locale,
compose un libro di poesie intitolato “Ceneri e faville”, scrisse diversi saggi sull’epoca sveva
raccolti nell’opera “Memorie sveve di Puglia”, e fu socio onorario della Società di Storia Patria per la Puglia.