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testo estratto e trascritto da

Pagine sparse nella Storia Civile e Religiosa
di Andria

del Can. Menico Morgigni (1853-1932)


Un ramo della via Appia

che passava sul territorio andriese

La via romana, detta Appia, si biforcava a Benevento: un ramo della quale per Canusium, Venusia andava a Taranto; l’altro per il ponte dell’Aufidum, Rubum, Barium andava a Brindisi.

I ruderi dell'antica Chiesetta di S. Pietro presso Montegrosso
[I ruderi della Chiesetta di S. Pietro presso Montegrosso]

Questo secondo ramo di via, uscito dal ponte vecchio di Canosa, si gittava presto sul territorio oggi di Andria, in mezzo dei Casali andriensi, i quali così comunicavano direttamente con altre città e borghi.

Appena entrata la via in detto territorio, a distanza di poco più d’un miglio, ecco Monte Grosso, sulla cui cima si vedeva e si vede ancora un’antichissima Cappella pitturata, detta di S. Pietro. Se non si conosce storicamente l’origine di questa, la leggenda vuole, che i ivi sul luogo abbia celebrato messa S. Pietro nel suo passaggio per l’Apulia altrice.

Poco dopo la via raggiungeva la località, che nel medio-evo fu chiamata di S. Terella, un dì villaggio «In detto luogo – dice il Pratilli nel suo Libro La via Appia pag. 526 – riconosconsi le reliquie di antiche fabbriche, le quali o ad uso di ostelli, o di sepolcri servirono, e presso di esse varii pezzi di selciata della via coi loro poggiuoli laterali.» [NdR1]

La Traiana. – così avea nome questo ramo di via – continuando il suo corso, veniva a rasentare una taberna, che nelle carte vien detta della Guardiola. Probabilmente questa antica taberna sarebbe la – mutatio ad quintum decimum – indicata dagl’Itinerarii; - rispondente cioè al XV miliiario dal ponte di Canosa.

Mutatio o mansio dicevasi la stazione, ove dai romani si mantenevano. i cavalli e le carrette per il corso; dimoravano i forti ed audaci postiglioni, a capo dei quali era il praepositus cursus pubblici.

Da questo punto la via costeggia una serie di collinette, sul dorso delle quali, come su tutte le Murge baresi, s’incontrano vestigia, avanzi preistorici, cumuli di pietra ecc. Difatti sulla murgia S. Barbara havvi una vera necropoli con fosse incavate nel masso duro, in fondo alle quali si son trovate ossa umane, stoviglie di creta, armi belliche.

Di ciò ha parlato con competenza l’onorevole Antonio Jatta di Ruvo in una sua pubblicazione, da cui stralcio i seguenti tratti:

«Nelle Murge di Andria ho potuto soltanto visitare due gruppi di cumuli, entrambi molto importanti, uno a Murgia S. Barbara, l’altro a Murgia S. Lucia. Pervenuti sull’altura della prima, si trovano i declivi della collina verso nord-est, nord e nord-ovest ricoperti di numerosissimi cumuli, di cui parecchi portano nel mezzo un loculo scoperchiato, formato da quattro lastre calcaree messe in taglio sulla roccia viva, mentre altri anche di loculo non presentano tracce.
«Sul lato orientale la collina si distende in una spianata, ora messa a coltura, ma ingombra sempre di macerie accumulate recentemente dalla mano dell’uomo, e addirittura disseminata di laterizii e di cocci. Dei cumuli ne vennero ricercati parecchi dal Cav. Bolognese (proprietario) e due da me stesso nella gita che vi feci in sua compagnia.
«Il Bolognese vi avea rinvenuti tre anelli di bronzo di varia grandezza: un brachiale circoscrivente il diametro di cm. 9 e della doppiezza di mm. 5: un secondo brachiale alquanto più sottile … un terzo digitale molto doppio e con la faccia esterna elevata a spigolo, lasciante nel mezzo uno spazio del diametro di cm. 2.5, e avente la spessezza di cm. 1.5 …
«In ciascuno dei due loculi ricercati da me poi si rinvennero le ossa di uno scheletro umano; ma nessuna traccia di manufatti metallici. Non mancarono frammenti della solita stoviglia d’impasto: e da uno di essi venne fuori un pezzo dal largo labbro di uno sphagion prellenico, decorato coi soliti disegni geometrici a varii colori.
«I loculi di questi cumuli andriesi si presentano più angusti di quelli delle Murge di Ruvo, ma dall’altra parte sembrano costruiti con maggiore accuratezza. … … »
Avanzi della I Età del ferro nelle Murge Baresi – p. 66 seg.

Altri cumuli preistorici si trovano pure sulla prossima collina di S. Lucia da me visitati col com pianto Sac. Vincenzo Sgaramella. Meno numerosi, presentano le stesse condizioni di quelli di S. Barbara.

Ebbene queste necropoli, che costituiscono argomenti storici di altissima importanza, vanno ignorate da coloro che presumono parlare delle origini di Andria.

Bisogna dire, che le stazioni e villaggi disseminati lungo la via, su quelle alture, fossero ben misera cosa al tempo di Orazio, se questi passando di qua con Mecenate, Virgilio ed altri amici verso Brindisi, non fece menzione alcuna nella Satira V, Libro I.

Perseguitato dalla pioggia dopo uscito da Canosa, affaticato dal lungo cammino – carpentes iter et factum corruptius imbri – forse il poeta non ebbe aggio e tempo di prendere nota di cotesto paese. Anche di Ruvo, cui giunse dopo, non_dice che nulla – tandem fessi pervenimus Rubos.

Per questa via passavano ancora le carovane dei pellegrini, che si portavano tn Gerusalemme. Difatti nell’Itinerario gerosolimitano ecco i luoghi mentovati su questo tratto della via Traiana: – Civitas CanusioMutatio ad quintum decimumCivitas Rubos. In quello di Ravennas: – Canusio Rudas RubosBotuntos. …

Per questa via, dicesi che sia passata S. Silvia diretta ai luoghi Santi, e che si fosse fermata in Trimodien, grosso villaggio a breve distanza da Murgia S. Barbara e da Andrim. Sebbene raro, si legge ancora il libro – Silviae peregrinatio ad loca sancta an. 385-388 – il qual libro letto da me nella biblioteca Vittorio Emmanuele in Roma, lo trovai mutilato di quelle pagine, che avrebbero potuto confermare o no la verità di quel passaggio.

Lasciata Trimodien, si distaccava a sinistra della via una diramazione, che conduceva ad un gruppo di Casali stretti insieme, fra i quali Andrim, forse capo Comune, certo il borgo più importante, che poi dette nome alla contrada.

Poco lungi della su detta diramazione, nella direzione contraria, un diverticolo per i campi conduceva alla cittadina Netium, indicata da Strabone. La quale cittadina sarebbe stata situata sulle falde della collina più alta delle Murge andriesi, oggi Castello del Monte.

Dalle parole di Strabone si conosce infatti, o meglio si argomenta, che la via Egnazia o Traiana ad un punto formava come un bivio – … III. Netiu, Canusium – per un ramo del quale cioè si andava a Nezio, per l’altro a Canosa.

Aveva Netium a presidio una Rocca, chiamata Castrum NetiiSaraceni comprehenderunt Botuntum et Castrum Netii, An 1009 – Cron. di S. Sofia. Alcuni anni dopo nel 1029, queste due forti località, non molto lontane fra loro, furono riprese dal Duca di Bari Raico – qui coepit Botuntum cum Castrumonte (vulgo Castello del Monte) quod extitit situm inter Canusium et Andriam – Chron. Cav. Presso Pratilli.

Come si vede, il Castrum Netii venne poscia sotto il nome di Castrumontis, forse perchè la cittadina Netium sarebbe stata distrutta, ovvero andata sotto altro nome, quello di Santa Maria del Monte; villaggio, come sappiamo, situato sulle falde dello stesso Monte.

È acconcio qui ricordare, che a Netium risponde bene il popolo Netino, di cui parla PlinioHist. Mundi, Lib. III, Cap. XVI. Quel popolo, poiché fu soppresso il suo abitato, probabilmente venne poi a ripopolare Andria.

Vi sono alcuni documenti, che parlano d’un certo monistero, di colonne esistenti presso detto villaggio. Si riferiscono ad un Leone Vescovo di Andria, a Federico II Imperatore, e Roberto d’Angiò Re del reame di Napoli.

Riporto solo il decreto del d’Angiò. Nel 1316 questo Re scrisse al Capitano di Barletta ed ai maestri portolani di Puglia quel che segue – velimus columnas duas marmoreas nulli edificio adherentes, sed olim in solo terre Sancte Marie de Monte iacentes. – Ordinò quindi loro, che le facessero trasportare sulla marina di Barletta, di qua a Napoli sopra una nave.

Queste due colonne si dice essere quelle, che oggi si ammirano nel mezzo dell’abside della Chiesa di S. Chiara, edificata da quel Re. Esse sono lavorate a spira con l’aquila spiegata vicino al capitello; e dicesi pure fossero state trasportate da Gerusalemme per volere di Federico II di Svevia, e destinate al celebre palazzo o Castello di S. Maria del Monte. (Arch. Storico delle Prov. napolitane. Anno VII pag. 260).

Oltre proseguendo per piani e piccole valli, la via Egnazia o Traiana incontrava a sinistra una foresta ben distesa, chiamata in varii documenti silva andriensis: demanio cittadino con diritti a ciascun di pascolare, legnare ecc. ciò per diploma del Re Carlo I d’Angiò nel 1284.

Fra le ombre di cotesta selva si nascondeva in tempo molto rimoto il villaggio Alcagnano o Calcagnano.

Lo si argomenta facilmente dal gran numero di tombe, che scavansi in quel suolo, contenenti suppellettile etrusca e monete d’Imperatori greci.

Attrae la considerazione in ispecie una piccola moneta d’argento del basso impero, ivi trovata. È concava; da una parte porta l’impressione del volto di Cristo Redentore, dall’altra le figure di due personaggi che sostengon la croce: nel margine in cifre arabiche il num. 575. Si conserva nel Museo capitolare.

Forse appartenente al su accennato villaggio di Alcagnano, era la Chiesa dei SS. Martiri Nicandro e Marsiano. – In silva andriensi. Questa fu donata nel 1144 cum integro statu et jure suo al monistero di S. Stefano ad rivum maris da Leone Vescovo di Andria, come si rileva da cronaca del medesimo cenobio.

Il Pratilli descrivendo la via Egnazia o Traiana dice, che questa prima di lasciare il territorio andriese, inoltravasi nel tenimento detto volgarmente il Quadrone, dove «si riconoscono le vestigia dell’antica via selciata per lo spazio circa seicento passi
Allato ad un picciol boschetto d’essa contrada si veggono le rovine di un antico Tempio; presso il quale fu rinvenuta l’iscrizione riportata dal Grutero, Fol. 490. Corpus Inscript.Di ciò ho ragionato a pag. 128 e seg..

[tratto da “Pagine sparse nella Storia Civile e Religiosa di Andria”, del Can. Menico Morgigni, Andria, Tip. B. Terlizzi, 1919, pp. 125-136.]]


NOTE (del redattore della presente pagina)

[NdR1] IL testo completo del Pratilli (nella sua opera «Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi», Libro IV, Capo XIII: “Via Trajana o sia Egnazia da Canosa a Ruvo”) è il seguente:
Anche più oltra nel territorio di Andria prima di giugnere all’osteria della Guardiola, nel luogo detto a Santa Terella, riconosconsi le reliquie di antiche fabbriche, le quali o a uso di ostelli, o di sepolcri servirono, e presso di esse varj pezzi di selciata della via co’ loro poggiuoli laterali. In questo luogo mi persuado fusse stato l’alloggio, che nell’itinerario Gerosolimitano è chiamato Mutatio ad Quintumdecimum, dinotante il XV. lapide milliario dal ponte di Canosa, tuttochè la distanza non sia per la verità più che di miglia XIV.