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Cripta della Cattedrale - Ambientazione storica
Premessa
Gli stralci testuali
che seguono intendono ambientare storicamente il momento nel quale si
ipotizza, con ragionevoli deduzioni, che la chiesetta di San Pietro possa
essere stata ridotta a cripta della costruenda Cattedrale ad opera dei
Normanni.
Questi ultimi,
condotti probabilmente da Pietro della famiglia Amico al seguito di
Guglielmo Braccio di Ferro (figlio, questi, di Tancredi di Altavilla), tra
il 1043 e il 1046 presero ed elessero Andria al rango di civitas-castrum,
per piegare la resistenza di Trani, saldo baluardo bizantino del
Nord-Barese.
È questo il momento
in cui si erigono opere di fortificazione, le mura; si rende la villa
degna di ospitare un conte normanno, costruendo il suo palazzo-fortezza
nella parte alta, ai margini dell’abitato e contro le mura di Nord-Est,
(prassi normanna); si edifica inoltre la prima Cattedrale, ad onore del
Signore normanno e per ingraziarsi il Papato, il potente clero secolare e
monastico e la maggioranza della popolazione, cristiana.
In tal modo le opere
presso la chiesetta fanno sì che essa venga ridotta a cripta per il
materiale di riporto, ma conservata comunque con qualche rimaneggiamento,
anche importante, come la ristrutturazione delle volte. Essa era tenuta in
grande considerazione, se si pensa che fu poco dopo sepolcro di ben due
imperatrici sveve, col tempo fu poi ridotta quasi a fossa sepolcrale, e
solo nel ‘900 riabilitata con i vari restauri.
Le origini storiche di Andria
Alcuni
storici sostengono che Andria fu fondata da Pietro il Normanno, figlio di
Amico, dopo che nel congresso di Melfi (1043) i Normanni gli ebbero
assegnato la contea di Trani, da conquistare.
"Edidit hic Andrum, fabricavit et inde Coretum
Buxilias, Barolum maris aedificavit in oris".
Guglielmi Apuliensis, Gesta Roberti Wiscardi, L.II
In verità non si trattò di vera e propria fondazione, ma di elevazione al
rango di "civitas" fortificata della "villa" preesistente, dopo avervi
concentrati i "loci" o i "casali" dei dintorni.
Dell'esistenza di Andria prima che i Normanni conquistassero la Puglia non
v'è alcuna ragione di dubitare, anche se bisogna convincersi ch'è vano
ricercarne le origini in età remotissime.
……………………….

Benché non possediamo alcun documento storicamente affidabile, che ci
illumini almeno sull'epoca in cui ebbe origine il "locus" Andre; tuttavia
da una "carta" del Prologo, datata "quarto anno principato domini nostri
Siconolfi mense iunios sexta indictione", quindi del giugno dell'843,
sappiamo che nei dintorni della città, entro il raggio di circa un miglio,
esistevano altri due "loci": Tremodie e Cicalio.
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A mio modesto avviso, perciò, Andre - così come Tremodie, Cicalio e
Tretaso - esisteva come comunità rurale prima che i monaci basiliani
istituissero le "laure" nel nostro territorio. Il fatto, poi, che Andre,
Tremodie e Cicalio sorsero nei pressi di grotte naturali o artificiali o
di "grave" trova la sua logica spiegazione nella frequente necessità della
popolazione rurale di avere per così dire "a portata di mano" un rifugio
provvisorio, ma pronto e sicuro, in quei tempi calamitosi. Infatti
frequenti erano le guerre tra Goti e Bizantini durante il VI secolo e tra
questi e i Longobardi durante quasi tutto il VII secolo; alle quali
bisognerebbe aggiungere il trattamento ostile e persecutorio dei
Longobardi ed ariani nei confronti delle nostre genti romane e cattoliche,
almeno fin verso la metà del VII secolo.
(“ANDRIA NEL MEDIOEVO, da locus
romano-longobardo a contea normanna”,
Pasquale Barbangelo, Tip. Guglielmi, Andria, 1985, pp.18-22.)
Dai Casali alla Civitas

"
Andria, eretta sopra un basso, ma ameniss.o Colle,
sull'erto del quale si ergeva una ben forte, altiss.a Torre,
fabricata da Longobardi alla gotica, pel medesimo uso di quelle quattro di Corato, accanto della qual Torre si
ergeva un Tempio proporzionato al numero degli abitanti di esso Villaggio,
che andava dedicato all'Apostolo S.Andrea, e che conteneva in se un tumulo,
chiamato confessione di S. Riccardo, per esservi depositato in esso il glorioso
corpo di questo santo, che fu suo Vescovo sin dall'anno del
Sig.re
492. ...
Postosi Pietro in possesso della Contea di Trani, poiche egli strabocchevolmēte
erasi arricchito delle tante dovizie raccolte dall'esterminio di
tanti luoghi fatto in Puglia con Dragone Conte di Venosa, e Fratello di
Guglielmo p.° Conte di tutta la Puglia, li surse in capo il disegno di
render la sua contea distinta, e cospicua piu che ognaltra de' rimanenti conti;
quindi pose mano ad ampliare l'estensione de' quattro principali
Villaggi, e renderli in forma, e grandezza di città grandi.
Il primo disegno cominciò a pratticarlo nel Villaggio di Andria. Circondò
questo luogo di mura, e d'antemurali nell'estensione d'un miglio
in forma circolare; racchiuse in esse abitazioni, che lo formavano colla Torre,
e coll'antico Tempio, che l'era a canto. Dispose le strade per ricettarvi
li popoli raunati da quei borghi, vichi, e piccioli casali, che ivan sparsi
nello spazio del territorio intorno. Aprì quattro Porte d'intorno
a queste nuove mura per l'ingresso in città. E fabricò un Castello
nella parte più alta del colle, attaccato alle predette mura per custodia
ed abitaz.e de' suoi militari.
Terminata in tal forma l'ampiezza di Andria, cominciò parimenti a popolarsi dal concorso
delle Genti, che lasciando in abbandono li Borghi, e Vichi, tutti a
collocarsi, e ricettarsi vennero in essa: ed ognuno fabricossi la propria
abitazione, ordinata, e disposta nelle disegnate strade, che Rue
l'appellarono, edificando in capo, o nel mezzo di esse alcuni piccioli Tempi,
dedicati a quelli Santi, di cui portavano il nome li predetti abbandonati Borghi,
e casali. Terminata dal Conte Petrone: (così comuneme chiamato
veniva, a distinzione di Petrillo suo Figlio, che li fu successore) terminata dissi
Andria in tale cospicua forma, cominciò ella a far'altra comparsa, ed acquistò
un nome rispettabile in Puglia, sì che pareva emular la grandezza di Trani."
[dal manoscritto del prevosto G. Pastore sulle origini, (fine 1700),
fogli 1r, 1v]
La committenza delle opere
I
cavalieri normanni che riuscirono a insignorirsi di città o di domini
rurali nell'Italia meridionale, cercarono presto di far dimenticare
l'origine illegittima del loro potere e di stabilire intese e solidarietà
con i dominati. Uno degli strumenti di cui si servirono a questo fine fu
il patrocinio della costruzione o ricostruzione delle chiese. Investendovi
parte delle loro nuove ricchezze, essi ottenevano l'accordo del clero, si
conciliavano le comunità locali e non da ultimo speravano di ottenere
protezione dai santi del paese. Le loro intenzioni sono spesso espresse
nelle iscrizioni dedicatorie apposte nei nuovi edifici e nelle formule dei
diplomi di fondazione e dotazione
(Paolo Delogu, La committenza degli Altavilla:
produzione monumentale e propaganda politica,
in “I Normanni popolo d’Europa 1030-1200”, Marsilio Editori,
Venezia, 1994, pag. 188)
I Castelli
La
tradizione attribuisce ai Normanni molte torri o castelli, ma il più delle
volte si tratta di pura fantasia, suscitata dal fascino che quel popolo ha
destato nei contemporanei e nei posteri.
Al momento dell'unificazione normanna delle terre del Mezzogiorno, che
erano state dominio dei Bizantini e dei Longobardi, il territorio era
punteggiato da numerosi presìdi difensivi (urbes et oppida già ricordati
da Erchemperto alla fine del IX secolo) che, però, non rappresentavano una
costante sul territorio bensì episodi sporadici.

……………………….
Nel Catalogus baronum (che riporta le terre assegnate in feudo dai sovrani
normanni nella parte continentale del regno, esclusa la Calabria
meridionale) sono elencati numerosi luoghi che ebbero quasi sempre un
castello o un semplice presidio difensivo, determinando la ricostruzione
(se non sovrapponendosi) della maglia costituita dai castelli longobardi,
particolarmente nelle località che furono sede (caput) delle contee ed è
proprio con l'organizzazione delle contee nello stato normanno che si
determinò quella configurazione spaziale delle alte torri su base
quadrata, prive di scarpa e del coronamento con apparecchio a sporgere
(che troveremo in costruzioni di epoca successiva), presenti ancor oggi,
pur se spesso manomesse e alterate nel loro aspetto originario. Questi
castelli, però, intesi come conformazioni spaziali nelle quali si
riscontra anche una ricerca artistica basata su fattori culturali, ebbero
i loro più significativi esempi solo dopo un certo tempo, perché i
Normanni allorquando vennero in Italia erano essenzialmente professionisti
delle armi. ……………..
(Lucio Santoro, Castelli nell’Italia
meridionale,
in “I Normanni popolo d’Europa 1030-1200”, Marsilio Editori,
Venezia, 1994, pag. 209)
L’impronta normanna sul territorio
Dei
castelli normanni restano pochi avanzi, perché quasi tutti sono stati
rimaneggiati in epoca sveva o più tardi. Solo il loro posizionamento
rispetto all'habitat è rimasto lo stesso: il castello non è ubicato
proprio nella città, bensì al suo margine, fiancheggiando la cinta
muraria. In linea di massima, tutte le città vanno munite di un castello,
come pure molti castra (piccoli insediamenti fortificati) e qualche
casale.
L'attività dei Normanni nel campo delle fortificazioni non si limita ai
castelli. Nel centro della Puglia importanti insediamenti di età
bizantina, fino allora rimasti aperti, vengono circondati da mura.
Inoltre, nell'età normanna, le regioni ancora poco popolate sono munite di
insediamenti accentrati che si ricollegano a due tipi. Il primo è il
castrum, quale si trova nel resto dell'Italia centro meridionale. Si
tratta di un villaggio circondato da un muro (o probabilmente talvolta da
case affiancate che formano una cinta). Tali insediamenti compaiono un
poco ovunque, ma con particolare densità nella prima zona passata sotto
controllo normanno, vicino a Melfi, più precisamente lungo il confine
bizantino-longobardo, zona poco popolata che si estende, a nord, fino alla
Capitanata e, a sud, fino all'area tarantina e quindi pure alla Calabria
settentrionale (invece, l'altra zona di insediamento normanno, quella di
Aversa, era tutt'altro che sottopopolata). Presso Troia, ad esempio, in un
documento vergato nel 1065, i due fratelli normanni Nigello e Rainulfo
ricordano che hanno ricevuto i due castra già esistenti di Montaguto e
Aqua Torta e che hanno intrapreso la costruzione di un Castellum Novum in
località Ripalunga. Questi nuovi castra sono, secondo gli atti privati,
particolarmente numerosi fra Spinazzola e Troia, con un fortissimo
concentramento vicino a Sant'Agata di Puglia. Si può accennare, fra
l'altro, a Spinazzola, Candela, Deliceto. Roberto il Guiscardo ne fonda
altri in Calabria. Tale impulso non si ferma subito: ancora nel 1116 si
tenta (invano) di fondare in Capitanata, presso Fiorentino, un nuovo
castrum circondato da un fossato e da una palizzata. Nelle Murge, come nel
Gargano, alcuni castra compaiono nella documentazione sino al XII secolo.
(Jean-Marie Martin, L’impronta normanna sul
territorio,
in “I Normanni popolo d’Europa 1030-1200”, Marsilio Editori,
Venezia, 1994, pag. 215)