il monastero

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pianta del monastero
[pianta della monastero delle benedettine, realizzato sul suolo del vecchio, tra il 1723 ed il 1774 - elab. elettr. su piante-base inizio '900 (S. Di Tommaso)]

Il Monastero delle Benedettine in largo Duomo

Il piano superiore

Come per il piano terra, così per quello superiore del Monastero delle Benedettine una sua prima descrizione è stralciata dalla citata relazione del 22 dicembre 1909, redatta da Angelo Pantaleo.

tela di S. Benedetto esistente una volta nel monastero
[tela di S. Benedetto, una volta forse nel monastero, oggi alla Chiesa del Carmine]
"Salendo la scala che fa ascendere al piano superiore, al primo ballatoio a muro, trovasi appeso un quadro dipinto ad olio su tela figurante S.° Benedetto, ma che non ha nessun valore; nelle corsie s’aprono le porte delle celle delle monache, della badessa e del noviziato, del refettorio.
Ai muri delle corsie sono appesi quadri ad olio e stampe di nessun valore.
Nel refettorio sono ancora le mense in legno, site poco discoste dal muro le cui panche per sedere sono a foggia di stalli, sono interessanti ma di nessun pregio artistico. Sotto la soffitta vi è un quadro ad olio dipinto su tela figurante S. Benedetto. Il quadro benché molto sciupato, à qualità pittoriche non disprezzabili, massime alcuni scorci condotti assai bene; come tecnica riporta alla scuola del Porta, del Giaquinto, del Prete ecc. Non vi è firma. Misura M.5,00 x 3,50, circa. Di nessun valore è poi la vasta tela dipinta ad olio figurante la cena.
Nel coretto, rispondente sull’altare maggiore, vi sono gli stalli, ma nulla presentano d’interessante. ... Da detto coretto per una porticina, s’entra nell’ambulatorio delle grate. Alle mura di questo ambulatorio sono pure appesi quadri ad olio su tela e stampe di nessun pregio. Ma fra tante, è notevole un quadretto di Madonna orante che regge un libro, dipinto ad olio su tela e a mezzo busto; sono giusti i toni dei chiari e degli scuri, trasparenti le penombre, areose l’ombre. Il disegno è corretto; dolce l’espressione e bene interpretato l’atto di chi ora e le luci hanno anima e sentimento. Tutto l’insieme resta intonato su fondo scuro ed è privo di durezze. Può ascriversi alla scuola del passato secolo, detta degli accademici, che s’educò ai pennelli dei più eccelsi quattrocentisti. La tela è sciupata e patinata dal tempo, l’imprimitura arricciata. Misura m: 0,60 x 0,50. La cornice che la contiene non ha nessun valore.
In uno scarabattolo a vetri, di gusto barocco, con cimase e piedi a fogliame, in legno scolpito, deturpato da tinta celestina, mentre in origine era dorato ad oro zecchino, è costudita una statuetta in legno scolpito a tutto tondo figurante Cristo che cade sotto il peso della croce, mentre sale il Golgota. Questa statuetta è ben proporzionata ed anatomicamente esatta. I tondeggi delle carni ed i movimenti dei muscoli sono trattati con proprietà ed accuratezza e sia che l’abito s’accorci o si dislarghi, la forma umana traspare esatta. L’espressione di sofferenza e di fatica, come la rassegnazione, sono assai realmente espressi. Questa è buona scultura in legno di scuola napoletana del 1700 e misura m: 0,60 x 0,30, mentre lo scarabattolo è di m: 0,80 x 0,90.
L' "Icona di Andria", esistente una volta nel monastero
[l' "Icona di Andria", una volta nel monastero, oggi nel museo diocesano]
Presso questo scarabattolo, trovasi una spinetta a coda, la cui cassa è senz’alcun ornamento, rimonta al 1820 e misura m: 3,90 x 1,50 x 0,70 di altezza. È meritevole di essere conservata (per quel suo suono dolce e lene, quasi velato che pone nell’animo quei sentimenti che a noi inspirano i tramonti autunnali e le notti lunari, o l’improviso apparire del mare con una vela all’orizzonte oltre un verde prato con alberi asolanti [che si librano alti] nel puro cielo).
Su dipinto ad encausto, vedesi una Madonna col putto, di quelle dette comunemente di S.° Luca. L’iconografia della figurazione, la grandezza maggiore del vero, le aureole dorate, la dicitura in greco, gli occhi ampi a mandorla, la bocca ad arco, il viso ovale, il mento robusto, il colore bruno; la dicono una tavola, la tavola istessa di legno di quercia, di fattura bizantina o tutt’al più: bizantina – benedettina; benché sia molto sciupata e restaurata, tuttavia non ha perduto di carattere. La parte superiore finisce a trilobo: misura m: 1,20 x 0,85.
Di notevole ancora un altro scarabattolo posato su tavolino a quattro gambe. Lo scarabattolo è dorato con ornati barocchi di buon gusto e fornito di lastre per tre lati, misura m: 1,85 x 1,00, ed è dorato ad oro zecchino dal tempo patinato. Custodisce un Bambin Gesù in cera di nessun valore.
In un armadietto vi sono dei libri di nessun valore. Non si trovarono né messali, né pergamene, né paramenti, né infule, essendo andate tutte distrutte, giuste le asserzioni delle monache e del loro vicario, il 1877 [non 1877 ma 1799] all’epoca della prima conquista francese e della generale soppressione degli enti religiosi monastici."

Altri ambienti e loro uso sono riportati nella visita pastorale del vescovo mons. Andrea Ariano del 21 agosto 1704. Egli, dopo aver visitato il Coro, sull'abside della Chiesa, percorrendo certamente "l'ambulatorio delle grate", raggiunse le corsie che danno alle celle delle monache; visitò quindi il refettorio, e, portandosi salla corsia che dava su via Gammarota, nell'angolo prospiciente via De Anellis visitò il Noviziato appena costruito e i due adiacenti "guardarobba".

"... Lasciatele [le monache] poi nel Coro, accompagnato da qualcuna più anziana, visitò gli altri locali del Monastero, naturalmente le Celle, il refettorio, gli armadi del deposito comune chiuso con tre chiavi e quello del deposito particolare delle Monache chiuso con due chiavi, tenute da due incaricate, e dove si conservano oggetti delle singole monache, che vengono utilizzati per le varie necessità col permesso della Badessa, e non diversamente.
Visitò poi il Noviziato, di recente costruito nell’angolo rivolto verso il Monastero di S. Francesco; in esso vivono tre novizie e la loro Maestra.
Presso il Noviziato si trovano due stanze, detti “Guardarobba, adibiti alla custodia delle cose della Comunità."

Alcune considerazioni

Sia mons. Ariano ai primi del Settecento (ma il monastero era ancora in costruzione) che l'ispettore Pantaleo nel 1909, parlano del refettorio; questo ambiente doveva essere molto grande, stando alla descrizione dell'ispettore. Egli infatti vi trova le panche a forma di stalli, le mense in legno e nel soffitto una grande tela di circa 18 metriquadrati, dipinta ad olio raffigurante S. Benedetto di ottima fattura. Sulla parete trova inoltre affissa un'ampia tela raffigurante l'ultima cena, di qualità meno pregiata.
Ora l'unico ambiente del piano superiore abbastanza ampio da ospitare il refettorio, se si esclude quello insistente sulla porta di accesso, è quello ad angolo tra la corsia sud e l'adiacente corridoio-disimpegno.

L'ambiente più ampio dell'intero piano superiore è quello a sud-est, ad angolo tra largo Duomo e via Duomo, prospiciente il prospetto del monastero e dotato di ben 5 ampie ed eleganti finestre; è quindi l'unico adatto a poter essere adibito a Sala Consiliare o Capitolare (anche se i documenti in nostro possesso non ne parlano, ogni monastero doveva esserne dotato e quindi anche il nostro).


le finestre della loggetta dell'angolo Sud-Est
[le graziose finestre della loggetta dell'angolo Sud-Est - elab. elettr. su foto studio Aurelio Malgherini di Andria]

Una elegante loggetta

Era inoltre costruito un sotto tetto nell'angolo tra largo Duomo e via Duomo, in verticale sul prospetto del monastero, ingentilito da 6 bellissime finestre ad anfora; esso sul lato adiacente la chiesa permetteva anche l'accesso nel campanile al registro delle campane (la finestra posta sul raccordo al campanile aveva sulla chiave inserita la scultura di una testa di angelo alata).
Si riportano di seguito stralci dei testi che brevemente descrivono questa struttura superiore. Il Ceci nell'opuscolo citato del 1935:

"Più in alto nel prospetto si aprono un primo ordine di finestre quadrate, un secondo ad arco ribassato e sul cornicione un terzo a forma di anfore. Il grazioso ornamento di queste fu rilevato con grande perizia sul tufo duro e scheggioso delle Murge."

Nella scheda artistica del 1909:

"Il partito architettonico usato è dei più geniali. Gli elementi decorativi delle finestre del 2° e 3° piano s'armonizzano perfettamente con la bellissima porta d'ingresso al Monastero."

Tali finestre del 3° piano furono incluse nelle opere da salvare nella demolizione del convento, elenco redatto dall'isp. della Sovrintendenza Mario d'Orsi il 5 agosto 1937:

"Cinque finestre mistilinee della loggetta del Convento in tufo carparo intagliato."

Il belvedere in un disegno di N. Vaccarella edito sul giornale "La Gazzetta di Puglia" del 24.12.1923    Belvedere in una foto dell'Istituto Luce del 1928
[Il belvedere in un disegno di N. Vaccarella edito sul giornale "La Gazzetta di Puglia" del 24.12.1923 e in una foto del belvedere lato Via De Anellis dell'Istituto Luce del 1928]

Una graziosissima altana belvedere

Sul terrazzo dell'angolo a nord-est, tra via Duomo e via De Anellis s'ergeva un elegante belvedere ingentilito da volute, trafori e piccole cuspidi finali; esso, trascurato dopo la soppressione degli ordini religiosi, avendo la copertura e le grate in legno, fu il primo a deteriorarsi e ad essere abbattuto ("Il Belvedere ... trovasi elencato tra i Monumenti Nazionali, giusto l'estratto dell'elenco degli edifici monumentali d'Italia del Ministero della P.I. 1902", è scritto in una nota del Comune di Andria datata 13/11/1925, che richiedeva invano al Ministero somme per ripararlo).
Di esso negli stessi testi citati per la loggetta si trova scritto:

"... grazioso ornamento ... sul tufo duro delle Murge ... furono altresì lavorati i pilastri del terrazzo e del belvedere, e per quest'ultimo le piccole cuspidi, le volute e i trafori." "Il partito architettonico usato è dei più geniali. ... Lo stesso dicasi pel primo tratto di Via Duomo e dell'angolo Via Duomo e Via De Anellis, dove anche s'erige un'altana graziosissima."

In una relazione dell'8 gennaio 1925 a firma di Antonio Tammaccaro, Capo dell'Ufficio Tecnico Comunale di Andria, si evidenzia alla Soprintendenza ai Monumenti di Taranto:

"lo stato poco solido della cantonata ad est dell'ex convento delle Benedettine a causa di forti crepacci che si notano nei muri maestri ... Sulla cantonata si eleva una torre o belvedere, i di cui solai in legno si trovano in uno stato deplorevole e l'insieme di tutto quel peso concorre all'equilibrio delle sottostanti ed adiacenti murature.
Sul riguardo è stata più volte interessata la Sopraintendenza ai monumenti, la quale si è sempre opposta alla demolizione della torre, come si proponeva da questo Ufficio, nonché alla demolizione dei pilastrini che formano una specie di merlatura in giro ai due lati [Via Duomo - Via De Anellis] dell'edificio, tanto per prevenire un qualsiasi sinistro, ...

Ai primi di maggio del 1934 parte del belvedere pericolante fu demolito. In una lettera del 9 maggio 1934 di Giuseppe Ceci, ispettore onorario degli Scavi e Monumenti in Andria, si legge:

"Dall'ex convento delle Benedettine sono stati rimossi il coronamento del belvedere e i pilastrini del terrazzo, che erano pericolanti. Ma, se questi elementi decorativi presentavano un più immediato pericolo per l'incolumità dei passanti, molte parti dell'organismo stesso dell'edificio sono in condizioni tali da far prevedere disastri. Particolarmente impressionanti sono le lesioni dell'angolo del convento sottostante al belvedere del lato a settentrione, nel fianco a ponente della chiesa, della tettoia di questa e del campanile. Urge provocare da chi spetta i provvedimenti indispensabili ad evitare la rovina di questa notevole costruzione settecentesca."