Chiesetta di San Sim(e)one

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Chiesetta di San Simone  San Simone: archivolto della monofora  Chiesetta di San Simone
[Chiesetta di San Simeone - elaborazione elettr. su foto di. Sabino Di Tommaso - 2015]

Chiesetta di San Sim(e)one

La costruzione ad angolo tra via Flavio de Excelsis e via Ponte Giulio, che si erge lateralmente e nell’angolo opposto al Conservatorio, mostra al passante all’inizio di via Ponte Giulio un piccolo archivolto sbalzato a tutto sesto sormontante una stretta e lunga monofora murata, la quale si apriva a meno di un metro da terra. Su via De Excelsis, ai due lati di una finestra rettangolare (inizialmente non esistente e realizzata nel 1719 su ordine di Mons. Torti) ed alla fine del paramento in pietra, spiccano due piccole monofore non sbalzate (e murate nel 1719), di cui quella di sinistra è ad oculo perfettamente circolare.
L’arcovolto di via Ponte Giulio presenta due capitelli a mo’ di peduccio; in quello di sinistra è scolpita a bassorilievo in un cerchio una croce greca patente (con bracci triangolari), in quello di destra una croce simile in un quadrato.

Questo edificio, per le caratteristiche sopra esposte fa immediatamente supporre che sia stato costruito come struttura sacra cristiana; il tipo di croce scolpita sull’arcovolto lo annovera tra quelli edificati all'inizio del basso medioevo, tra la fine della dominazione bizantina e quella sveva.

Si può ipotizzare che inizialmente la chiesa, con una ampiezza di circa metri 5x12, avesse l’ingresso sulla parete opposta all’attuale, cioè in quella ad ovest, così che si aprisse in un piccolo sagrato (spazio che ora è un cortile privato), rispettando in tal modo anche l’orientamento tradizionale verso oriente; nel sagrato o semplice piazzetta si accedeva da via Ponte Giulio a sud  e da vicolo La Corte a nord (via Corradino). In questa ipotesi la parete est su via De Excelsis avrebbe ospitato internamente un’absidiola, con una monofora laterale su via Ponte Giulio e due finestrelle dietro l’altare, come nella chiesetta sita nel soccorpo della Cattedrale, o come nell’antica Annunziata).
Molti dubbi tuttavia permangono circa l'orientamento e il piano di calpestio della chiesa, considerando che in via Ponte Giulio sotto l'attuale fabbricato c'è un seminterrato e la monofora ivi ubicata sarebbe troppo bassa come finestra e piuttosto stretta come eventuale ingresso, principale o laterale.

cartografia della zona San Simeone, elaborata su originale dell'ing. R. Ruotolo
Chiesa di "San Simeone": illustrazione dell'ipotesi su esposta su una planimetria del 1875
elaborazione elettr. di un particolare tratto dall'originale di proprieta dell'ing. R. Ruotolo

Nella planimetria del 1875 il fabbricato sorto sulla Chiesa di S. Simeone è un unico blocco col n. catastale 1325 e presenta a ovest un giardino privato non numerato con accesso dal n. 1326 (Il che farebbe anche supporre che quest'ultimo potesse un tempo essere un ambiente di servizio della chiesa). Anticamente la Chiesa confinava a Nord con l'edificio del "Sedile", i cui ambienti, ancor prima, erano adibiti a "Carceri" con ingresso da Via La Corte.
Questi dati vanno a supportare l'ipotesi su esposta, chiaramente per un periodo precedente alla trasformazione dell'edificio in abitazioni private e all'innalzamento del piano superiore.

La chiesetta è comunque senza ombra di dubbio l’antica San Simeone, come si rinviene segnata su alcune delle antiche piante del sei-settecento e confermato da alcuni documenti di seguito trascritti.


Riportiamo dapprima cosa hanno scritto su questo edificio alcuni storici locali.

Il prevosto Giovanni Pastore a metà Settecento, nel foglio n.1 verso del suo manoscritto sulla Collegiaata di S. Nicola, scrive:
" ... è da sapersi che si vedevano esservi moltissimi casali, Borghi, e Vichi di picciole estensioni, e che abitati venivano da Genti di numero proporzionato alle loro grandezze, contenendo in se quello di ducento, tre, quattro, e cinquecento persone, li quali erano di pertinenza a' principali Villaggi, siccome questi di pertinenza a Trani; e ognun de' quali distinto andava col nome di qualche Santo, di cui vantavano la protezione, e tenevano il proprio Tempio per adorarlo, e per l'esercizio della Religione; talche nell'ampiezza del Territorio appartenente al Villaggio di Andria se ne contavano cinquanta, e piu: siccome oggi giorno ancora ne appaiono li di loro avanzi ed i nomi. ...
Postosi Pietro in possesso della Contea di Trani ... pose mano ad ampliare l'estensione de' quattro principali Villaggi, e renderli in forma, e grandezza di città grandi. Il primo disegno cominciò a pratticarlo nel Villaggio di Andria. Circondò questo luogo di mura, e d'antemurali nell'estensione d'un miglio in forma circolare; racchiuse in esse abitazioni, che lo formavano colla Torre, e coll'antico Tempio, che l'era a canto. Dispose le strade per ricettarvi li popoli raunati da quei borghi, vichi, e piccioli casali, che ivan sparsi nello spazio del territorio intorno. ...
Terminata in tal forma l'ampiezza di Andria, cominciò parimenti a popolarsi dal concorso delle Genti, che lasciando in abbandono li Borghi, e Vichi, tutti a collocarsi, e ricettarsi vennero in essa: ed ognuno fabricossi la propria abitazione, ordinata, e disposta nelle disegnate strade, che Rue l'appellarono, edificando in capo, o nel mezzo di esse alcuni piccioli Tempj, dedicati a quelli Santi, di cui portavano il nome li predetti abbandonati Borghi, e casali.
"

Intorno al 1841 il D'Urso, a pag. 47 del suo "Storia di Andria ...", rifacendosi al racconto del prevosto Pastore, scrive:
" ... nel passaggio avvenuto [degli abitanti dei villaggi viciniori] in Andria sotto il Conte Pietro, quelli naturali volendo serbare l’antica divozione per essi ersero qui tante piccole Chiese dedicate a quell’istesso Protettore, di cui la terra abbandonata ne portava il nome. Tutto ciò presentemente vien contestato dal fatto; mentre esistono ancora in città alcune di quelle Chiesette, come di S. Cirieco, S. Simone, S. Angelo, S. Martino, S. Barbara, ed altre."

Ai primi del Novecento Michele Agresti, a pag. 76 del II volume de "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi" scrive:
Molte altre Chiese antiche, che ora più non esistono, si appartenevano al Capitolo [della Cattedrale]. Esse faceano parte di tanti villaggi vicini alla città, come: S. Ciriaco, messa sulla via di Corato; S. Angelo e S. Maria in Chiancula, sulla medesima via di Corato e Trani. S. Angelo dei Ricchi, sulla via di Barletta, S. Vito e Mauro, nei pressi del Seminario; S. Pietro, nelle vicinanze di S. Maria Vetere; S. Barbera, a circa due miglia dalla città; S. Martino, sulla via anticamente detta Rughe lunghe, oggi via Tupputi, nei pressi di S. Domenico; S. Simone, sulla via Flavio de Excelsis, e propriamente sull'angolo del portone dell'attuale Conservatorio; S. Caterina, a piè della via Pendio, adiacente alla casa del famoso Tommaso De Liso, una volta proprietà del Capitolo Cattedrale; S. Fortunato, in un angolo della via Zingari, oggi via Tesorieri; S. Maria la nuova, accanto alla Chiesa dell'Altomare; S. Colomba, messa accanto alla Chiesa di S. Domenico, e poscia aggregata a quel Monistero.

Riccardo Zagaria, nel sottocitato testo, ribadisce che su questa strada c'era una chiesetta oggi non più esistente "San Simone; sulla discesa Flavio De Excelsis, e propriamente all'angolo superiore del Conservatorio." Probabilmente mutua la notizia dagli scrittori su riportati.

[tratto da "Descrizione storico-artistica di Andria - Parte prima: Andria Sacra", di R. Zagaria, tip. F.Rossignoli, Andria, 1927, pag 10]


Leggiamo ora alcuni dcumenti: visite pastorali del Sei-Settecento.

Il 4 dicembre 1694 mons Francesco Antonio Triveri, nell'ambito delle sue visite pastorali, dopo aver visitato la chiesa di San Ciriaco si reca anche nella chiesetta di S. Simeone. Ecco la traduzione della sua relazione sulla visita del 1694:

[trascrizione del testo originale in latino] [traduzione]

Eccl.a Simeonis.

Eadem die [4 Xmbris 1694] Ill.mus visitationem prosequens visitavit eccl.[esi]ã S. Simeonis positam in loco la Chiancata.
Eccl.[esi]a est solis tabulis coperta. Pro tabula altaris adest quaedam pictura in pariete, quae pro antiquitate vix dignoscitur quae imagines sint ibi depictae.
Parietes vel humiditate, vel vetustate quasi ad nigredinem vergunt.
Decretũ fuit.
Quod pictura altaris omninò removetur, … fiat saltem Altare, et parietes reparatis tegulis qnũs opus sit dealbentur.
Est in ea fundatum Beneficium quod possidetur a D. Carlo Ant. Tesse Cantore.

Chiesa di [S.] Simeone

Nello stesso giorno, [4 dicembre 1694], l’Ill.mo [mons. Triveri] proseguendo le visite visitò la chiesa di S. Simeone, che si trova nel quartiere detto “la Chiancata”.
La chiesa è coperta soltanto da un tetto di assi di legno. Come dossale l’altare ha un certo dipinto sulla parete, che per l’antichità appena si discerne quali immagini siano ivi dipinte. Le pareti, sia per l’umidità che per l’antichità, sono diventate quasi nere.
Fu stabilito
che il dipinto sull’altare fosse totalmente rimosso, …, e le pareti dopo aver riparato il tetto fossero imbiancate.
Nella chiesa è fondato un Beneficio, che detiene Don Carlo Antonio Tesse Cantore.

Il 15 settembre 1697 mons Andrea Ariano, sempre nell'ambito delle canoniche visite pastorali triennali, dopo aver visitato Mater Gratiae si reca nella chiesa di San Simeone. Ecco la traduzione della sua breve relazione sulla visita del 1697:

[Die decima quinta Mensis Septembris 1697]
Visitavit ecclesiam S. Simeonis cuius Beneficiatus est Revd. D. Carolus Antonius Tesse Cant.[or] Cath.[edra]lis, mandavit parietes dealbari, suppedaneum refici, provideri de baldachino, ianuam aptari, iconem in inferiori refici, dum quo ad reliqua est decenter ornatam.
In ea adest onus unius missae in qualibet die Dominica.
[Il 15 settembre 1697 mons. Ariano] visitò la chiesa di S. Simeone, della quale è Beneficiario il Rev.do D. Carlo Antonio Tesse Cantore della Cattedrale;
ordinò che fossero imbiancate le pareti, restaurato il predellino, procurato il baldacchino, aggiustata la porta, rifatto il dipinto nella parte inferiore; in quanto alle altre suppellettili [ la chiesa] è sufficientemente ornata. In essa esiste l’obbligo di una messa in una qualsiasi domenica.

Il 22 ottobre 1711 mons. Nicola Adinolfi, dopo aver visitato la cappella di San Ciriaco, visita la Chiesa di San Simeone. Il cancelliere [Jo: Mari] ne redige una relazione in latino; eccone la traduzione:

[trascrizione del testo originale in latino] [traduzione]

Visitatio Cappellæ sivè Ecclesiæ S. Simeonis

[Die 22 8bris 1711]
In Eccl.[esi]a p[redic].ta erectum Beneficium S. Simeonis p. ad.[ministratio]ne R. D. Carolum Antonium Tesse Cantorem Cath.lis possessum reperit.ur; cuius expensis manutenet.ur;
facta itaque visit.[atio]ne Ill.mus D.nus [mons. Adinolfi] demandavit:
Tectum et pavimentum reparari, partem parietis dexteram obd_i et dealbari, lavacrum reaptari, portam novam integram fieri, et Altare ipsum dè … tobalea superiori et duabus mappis inferioribus provideri.

D.S. Jo: Maria Marchio A_

Visita della Cappella o Chiesa di San Simeone

[22 ottobre 1711]
Nella Chiesa predetta si trova costituito un Beneficio di San Simeone amministrato dal Rev. Don Carlo Antonio Tesse Cantore della Cattedrale, a spese del quale [la chiesa] è retta.
Adempiuta la visita l’Ill.mo Signore ordinò:
Riparare il tetto ed il pavimento, ristrutturare e imbiancare la parte destra della parete, aggiustare il sacrario, fare una nuova porta, e provvedere lo stesso altare di una nuova tovaglia superiore e delle due tovagliette sottostanti [fin dal 1506 c’era l’obbligo per gli altari che fossero coperti da tre tovaglie di lino o canapa].

Don Giovanni Maria Marchio Arcidiacono

Il 23 maggio 1719 la chiesa è visitata da mons. Gian Paolo Torti; la relazione è scritta in italiano e ribadisce la necessità di eseguire alcune riparazioni nonché realizzare delle modifiche sulla facciata:

«[a 23. Maggio 1719] S’accomodi il Paliotto candelieri e fiori; che si accomodi il Quadro; ed il Lavabo, e l’inprincipio [dalle prime parole del vangelo di Giovanni «In principio erat verbum …» così era chiamata la “carta gloria” posta sull’altare e contenente alcune preghiere che il sacerdote recitava in determinati momenti della messa], il Baldacchino sopra l’altare.
Intonacarsi tutta la Chiesa e risarcirsi il Pavimento.
Serrarsi l’occhio della facciata e farsi un finestrone sopra la porta della Chiesa; risarcirsi il tetto. Proseguirsi con tavole la parte anteriore del tetto vicino la porta.
E questo frà lo termine di due mesi aliter resta sospesa.
E che si faccia la porta st nuova e l’acquasantiera nuova.»

Alcune considerazioni sui documenti su riportati

- Negli scritti degli storici la chiesa è chiamata a volte di San Simone, a volte di San Simeone; in tutte le Visite Pastorali del Sei-Settecento consultate la chiesa è sempre chiamata di San Simeone;

- nella chiesa almeno sino a fine Seicento l'altare aveva come dossale un affresco, che non sappiamo cosa raffigurasse, e per il quale nel 1694 se ne decide la rimozione; ma nel 1697 tuttavia si ingiunge di rifare il dipinto nella parte bassa; nel 1719 poi vien deciso che "si accomodi il Quadro";

- strutturalmente la chiesa aveva un tetto in legno, per il quale più volte si ingiunge la riparazione; ciò implica che fino al Settecento sulla chiesa non vi fosse l'altro piano esistente attualmente;

- fino al 1719 le due monofore della facciata davano luce alla navata; allora si ingiunge di chiuderle, così come oggi appaiono, e di aprire un finestrone sulla porta della chiesa;

- almeno dal Settecento la porta della chiesa si apriva su via Flavio De Excelsis, così come si evince dalla relazione della visita pastorale del 1719; ciò implica che la zona absidale era probabilmente sul muro opposto a tale ingresso;