Scendete per la strada detta il Pendio sin giù; voltate a destra per poco; scendete ancora per un burrone a fianco della casa teutonica sino al fondo [foto a destra]; vi troverete di fronte alla porta d’una casa umile e bassa. Entrate in essa: è una edicola.
Questa Chiesolina è del tutto singolare, essendo divisa verso la metà da un monolito lungo due metri e più, una specie di architrave. Sulla faccia di quel monolito, entro figura circolare a raggi vedesi scolpito il monogramma di Cristo [IHΣ]: su l’uno e l’altro stipite, che sostengono la grossa pietra, in figure parimenti circolari, figurano due vassoi dalle forme classiche. Rappresenterebbero le ambolle o vasi sacri per il sacrifizio dell’Altare. In fondo all’edicola l’abside o nicchia.
Dal piano stradale molto basso su cui giace, si vede che questa Chiesolina si appartiene ad Andria antichissima, ad Andria preistorica.
Si apparterrebbero alla medesima età la Cripta del Vescovado, la Chiesa sotterranea di S. Bartolomeo, or ora scoperta, la Chiesa di S. Andrea; non che le catacombe di S. Sofia [Chiesa-cripta dell'Altomare], di S. Margarita martire [cripta Madonna dei Miracoli], di Santa Croce, nelle quali vi sono pitture di tempi bizantini; affreschi di epoca ancor rimota.
Aggiungo la catacomba di in capo al Pendio, profondissima, e perciò visitata solo da alcuni, che scesero giù e riferirono.Ne viene che la storia di Andria non cominci dall’arrivo dei Normanni in Puglia, ma sin dal tempo dell’anglico Riccardo, sibbene velata qua e là di tenebre.
[tratto da “ PAGINE SPARSE nella storia civile e religiosa di Andria”, del Can. Menico Morgigni, Andria, premiato stab. Tip. Bonaventura Terlizzi, 1919, pp. 153-154]
Così Domenico Morgigni descrive in detta sua opera questa (possibile) antica chiesetta in ipogeo, parlando, agli inizi del Novecento, degli elementi archeologici di storia religiosa andriese.
Domenico Di Leo nella sua tesi di laurea "Ricerca sulle origini di Andria" del 1971, enucleando tra le fonti archeologiche i monumenti ancora esistenti, include anche questa possibile chiesetta, la documenta in immagini e scrive:
"Secondo il Morgigni, sembra che debba interessare l’archeologia cristiana uno strano monumento che si trova tuttora in via Tutino. Si tratta anche qui di un vano di forma rettangolare ricavato nel masso tufaceo che però, per le recenti trasformazioni non presenta più alcuna traccia di abside né di nicchia. Resta solo, a metà della lunghezza dell’unica “navata”, un monolitico architrave con bassorilievi cinquecenteschi che sembra essere stato posto a consacrare un più antico luogo di culto."
[l'architrave cinquecentesco nella "navata" e possibile "abside-cavità"
finale - foto Domenico Di Leo, 1971]
Nella prima foto su riprodotta è ripreso il rilevante architrave monoblocco, sul quale è scolpita una caratteristica cornice rinascimentale con al centro un medaglione decorato racchiudente il trigramma IHΣ, abbreviazione del nome GESÙ: IHΣOΥΣ (IESOUS) circondato da una raggiera. I suoi pilastri presentano la stessa semplice cornice geometrica con al centro un medaglione avente nel mezzo il bassorilievo di un'anfora - ampolla. Si tenga presente che la palazzina che sovrasta questo ipogeo mostra lo stesso stile architettonico e sull'architrave della finestra a piano terra un analogo medaglione con il trigramma, ma in lettere minuscole latine: ihs.
[la discesa di accesso all'ipogeo con le numerose arcate di sostegno dei
piani superiori - foto Domenico Di Leo, 1971]
Ponendo ora in relazione le varie informazioni (in parte sopra esposte)
rilevabili da documenti sia cartacei che archeologici dei secoli XVI e XVII
è possibile ricavare il seguente quadro storico – culturale dell’insieme di
palazzine, di rilevante valore architettonico, i cui prospetti si affacciano
sulle attuali strade Tutino e Calderisi ed affermare che, con alta
probabilità, siano state non solo abitate, ma anche edificate su delle
pre-esistenti grotte del pendio dalla famiglia Mione e
il vasto ambiente ipogeo nell’attuale 1° vicolo Tutino sia stato un
luogo di culto, almeno nel Cinquecento e dalla stessa famiglia Mione
“ingentilito” del pregevole architrave.
Ecco i dati più importanti tra loro dialoganti:
- Nel 1540 la famiglia Mione seppellisce in Santa Maria Vetere due suoi componenti apponendo sulla lapide l’epigrafe “Sepulcrum Marini et Notarii Laurencii Eius Filii De Mione Et Heredum Eorum A. D. 1540” e lo stemma di famiglia composto da tre conchiglie rovesciate e da una fascia orizzontale che ripartisce le due conchiglie superiori da quella inferiore.
- Nel 1544 la famiglia Mione, titolare di giuspatronato sulla cappella della Natività della Beata Vergine Maria in Cattedrale, fa erigere il magnifico portale di detta cappella, apponendovi la suddetta data 1544 e il suo stemma, per tre volte scolpito sugli stipiti e nella chiave dell’arco; tale giuspatronato è poi confermato dai documenti del Seicento.
- La famiglia Mione possiede una palazzina, con prospetto in bugnato a punta di diamante, nell’attuale via Calderisi; infatti nella chiave del portale laterale essa incastona il suddetto suo stemma, oggi non più esistente ma visibile fino al secolo scorso (Vedi ad esempio quanto scrive l'Agresti a p. 46 del 2° volume dell'opera citata).
- Stando al racconto degli storici,
tra cui il D'Urso, un’altra palazzina con portale cinquecentesco ad
angolo tra le attuali via De Liso e Via Tutino nella seconda metà del
Cinquecento da proprietà dei Mione diventa per qualche decennio
Conservatorio di fanciulle, probabilmente ad opera di
mons. Luca Antonio Resta (che avrebbe utilizzato, a suo dire, parte dei
proventi del Monte di Pietà).
L’elevata identità stilistica tra il portale eretto dai Mione all’ingresso
della suddetta Cappella della Cattedrale e quello sull’accesso a questa
palazzina sarebbe ulteriore convalida alla cinquecentesca proprietà della
stessa alla famiglia Mione.
- Nell’ipogeo - cripta di detta palazzina ad angolo tra le attuali via De
Liso e Via Tutino si scende attraverso l’adiacente 1° vicolo Tutino; ivi si
rinviene un antico luogo di culto nel quale si trova eretto il sopra
illustrato architrave monoblocco architettonicamente molto simile al
cinquecentesco portale della palazzina superiore e con un clipeo –
medaglione contenente il trigramma IHΣ, così come lo si può osservare anche
sull’architrave della finestra al piano terra dello stesso stabile (foto
sotto a destra).
Anche questo elemento induce a pensare che l’ipogeo, probabilmente,
nel Cinquecento è stato una cappellina privata della famiglia Mione (forse
ivi mantenuta perché da essa già considerata tale per antica tradizione),
e/o (vel) alla fine di tale secolo è stato
utilizzato come luogo di culto dell'ospitato superiore Conservatorio di
fanciulle povere.
[lapide famiglia Mione in S. Maria Vetere - stemma Mione sul portale della
Cappella Natività in Cattedrale - Portale della palazzina in Via Calderisi -
finestra della palazzina in ViaTutino 17]
NOTE