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testo estratto e trascritto da

Pagine sparse nella Storia Civile e Religiosa
di Andria

del Can. Menico Morgigni (1853-1932)


Elementi archeologici
di Storia Religiosa Andriese

Ai frammenti di storia classica io associo i frammenti di storia religiosa ecclesiastica, che s’impongono allo studio degli storici.
Risulta da essi, che una cristianità viveva in principio dell’alto Medio Evo in Andria, ed un culto fioriva ad onore d’un presule apostolico, chiamato Riccardo.
Ecco la documentazione.

I. — Cripta del Vescovado o Basilicula sotterranea.

È un Delubro antichissimo, che contiene un’Ara di età rimota non apprezzabile. Non si conosce quale di essi loro sia primo nel tempo.

Dell’uno e dell’altro monumento do le nozioni archeologiche, prima che ce le venga a dire un archeologo di Oltre Alpi.

1. — La nostra Basilicula ha la forma di basilica romana. Il dottor Haseloff dell’Istituto storico prussiano la definì un monumento altamente interessante dell’architettura pugliese primitiva. Il Bernich ispettore di monumenti nazionali, disse ch’essa costituisce un prezioso documento per 1’archeologia cristiana; degna di studio per la perfetta orientazione, trovandola costruita nella direzione dell’oriente equinoziale.

2. — In fondo si apre l’emiciclo o abside, che piega all’oriente, la culla del risorgimento cristiano. Una volta, come tutto il resto della Chiesa, era dipinta con arte greca; il che già si vede da alcuni avanzi che restano nel Museo capitolare.

3. — Nel mezzo dell’abside si erige l’ara, di cui presto si dirà. Sopra di essa si solleva un arcosolio, sul fronte del quale si rappresenta il Salvatore, che benedice con due dita — rito greco — e sostiene con la sinistra un libro con la iscrizione EGO SUM LUX MUN IdN ITP.

4. — Due finestrini nella curva dell’abside, ora murati, ci danno la certezza, che la Chiesetta un dì emergeva fuori terra.

5. — Ai piedi dell’ara, nel centro, è una piscina o pozzo sacro. Senza dubbio ha rapporto coi riti pagani, allora quando questa Chiesetta di S. Pietro cadde nelle mani degl’infedeli.
Di questi pozzi sacri se ne conoscono parecchi nell’antichità pagana, stipati all’ingiro di offerte votive d’ogni genere. «Anche in Roma nell’antica Chiesa di S. Cesario in Palatio, presso l’arco di Tito, si vede un pozzo di età repubblicana. Sotto l’altare di S. Bartolomeo in insula esiste un altro antico pozzo, che potrebbe essere quello del tempio di Eusculapio, in stretto rapporto con i riti pagani dell’incubatio». Corriere d’Italia, An. IV N. 162.

6. — Poco lontano dalla piscina si trova un piede di grossa vasca, la quale probabilmente avrebbe servito per l’amministrazione del battesimo sin dal tempo del beato Riccardo, che fondò in questa Chiesa fontem baptismatis.

7. — A destra di chi entra si vede sulla parete della Basilicula un’antica sepoltura, circoscritta da un bel arco di pietra.

8. — Fa da ingresso nella Basilicula un prònao o vestibolo, sostenuto da colonne granitiche con capitelli, dei quali uno di stile romano, l’altro di stile arabico o bizantino.
Sembra che quelle colonne, delle quali una differisce dall’altra, sieno state tolte da edifizi piò antichi; come anche le petruzze delle volticine frammentarie.

9. — Nel prònao faceva capo l’antica scala, per la quale si scendeva giù, dopo che questa Chiesina addivenne Cripta o confessione di S. Riccardo.

10. — Nel prònao posava l’ara maior, di cui parla il Del Balzo nella sua Historia Inventionis. La sormontava una edicula o baldacchino, i cui avanzi si conservano ancora nel Museo Capitolare, scolpiti da disegni di antica fattura.

11. — Addossate, alle pareti sotto il pronao, a livello del suolo sono le due tombe di pietra, di cui s’è parlato a pag. 120.

12. — Nel prònao, anzi là ove una volta era l’ingresso della Chiesetta, furono depositate le ossa di S. Riccardo nel dì della loro prima traslazione, sec. VIII, sotto un altare pulcra et parva forma, di cui parla il duca Del Balzo. A lato del sepolcro, sul muro si mirava dipinta l’immagine greca del nostro Santo; seguita dalle immagini dei successori di Lui.

Onde completare la conoscenza tecnica ed archeologica di questo monumento antichissimo — culla del Cristianesimo in Andria — bisognerebbe, mediante uno scasso, scoprire la parte esterna di esso, isolandolo. Ciò pare, sia riserbato alle generazioni più evolute nell’amore dell’antichità.

L'altare della cripta nel 1904.
[L'altare della cripta nel 1904, prima di togliere l'arco addossato al pilastro - foto Bambocci]

II. — L’ara

1. — Anzi tutto io dico, che l’origine di essa non è nell’era cristiana, ma precedendola, va a nascondersi nel buio dei secoli.
È un’ara insulata primitiva, cioè una grossa e semplice pietra, d’un pezzo solo, lunga e larga circa un metro e mezzo.
Non si sa, se vi esista un’ altra, che le faccia il paio in Puglia e fuori.

2. — Quest’ara addivenne poi un altare cristiano, e fu .detto. di S. Pietro dalla tradizione, da vari autori così l’Ughelli, il Coronelli, il Pacichelli, Benedetto XIV, come s’è riferito a pag. 119.

3. — È un’ara rozza, appena sbozzata dal ferro. La ragione forse è da ricercarsi nel comando di Dio al popolo ebreo, che l’altare da edificarsi fosse di pietra non lavorata. Si altare lapideum feceris mihi, non aedificabis illud de sectis lapidibus: si enim levaveris cultrum super co, polluetur. — Esod. C. XX. v. 25.

4. — È un’ara, cui si accede senza gradini, l’uso dei quali cominciò dopo il 4. secolo.
Anche ciò forse in conformità della legge ebrea. Non ascendes per gradus ad altare meum, ne reveletur turpitudo tua. — Esod. C. XX. v. 26.

5. — L’ara poggia su di una colonna: costume primitivo. Sul riguardo si legge quanto segue:
«La storia ecclesiastica ci parla assai e di frequente di altari sostenuti sopra colonne, considerardosi la colonna come il primo ornamento, aggiunto alla semplicità primitiva degli Altari.
«Da prima la pietra od altare riposò sopra una colonnetta, che si chiama calamus: se ne trovano di queste specie nella Cripta di S. Cecilia in Roma.» Pianton. Encicl. Eccl. Art. Altare.

III — L’ Altare della Confessione di S. Riccardo.

La forma di quest’Altare era di quelli dei primi tempi della Chiesa, in uso per il culto dei martiri, o di Santi celeberrimi.

A fine d’intendere il suo valore archeologico, metto sotto gli occhi dei lettori la descrizione dell’Altare di S. Pietro nel sec. VI, fatta da Gregorio di Tours nell’Opera. In gloria Martyrum. — Cap. XXVII.
«hoc enim sepulcrum sub Altare valde rarum habetur (cioè piccolo e prezioso). Sed qui orare desiderat, reseratis cancellis, quibus locus ille ambitur, accedit super sepulcrum et ibi, fenestella parvula patefacta, immisso introrsum capite, quae necessitas promit efflagitat

Simile a questo era l’Altare, che si vedeva giù nella Confessione di S. Riccardo.
Lo descrive Francesco Del Balzo nella sua Historia Inventionis, le cui parole do qui tradotte [1]:
«Vicino alla parete si vedeva un Altare di forma piccola e bella. Per tre gradi si saliva ad esso, la cui base (o fronte) era coperta da una pietra di gran pregio. Un forame esisteva nel mezzo del fronte della base a guisa di finestrino, grande così da lasciar entrare appena il capo [cervix = qui sono "le spalle"] d’un uomo.
Dietro quel forame si vedeva di sotto una lastra di pietra, nel cui mezzo si apriva una croce, traverso la quale in modo mirabile esalava dal corpo beatissimo un odore molto soave».

Quanta analogia, anzi simiglianza corre tra l’Altare di S. Pietro descritto da Gregorio di Tours e quello di S. Riccardo, descritto da Del Balzo! Sarebbero perciò ambidue della medesima epoca, avendo, vero e reale profumo di cristianesimo antico.

IV — L’ Immagine greca di S. Riccardo.

Presso l’Altare della Confessione o cripta troneggiava su la parete l’immagine del Santo. græca manu tincta quasi per vetustatem consumpta Hist[oria]. Inv[entionis]. Fu scoperta nell’anno 1438.
Vuole la critica argomento maggiore per l’esistenza ed antichità del Santo Patrono di Andria? il culto del quale pare abbia avuto luogo nell’epoca dei Greci in Puglia.
Lo conferma la intitolazione prettamente orientale concessagli allora. Sanctissimus ac Beatissimus Pater noster Richardus.

V — Le immagini dei Vescovi successori a S. Riccardo.

Seguivano sulla medesima parete della Confessione o cripta, alla figura di S. Riccardo primo Pontefice della Chiesa di Andria, le figure di molti altri Pontefici andriesi sancti e beati, titoli bizantini. Hist[oria]. Invent[ionis]. Queste immagini dipinti rifletterebbero l’uso dei Greci, di rappresentare le sembianze degli uomini più illustri.
Alcuni nomi di tali Pontefici sono giunti sino a noi, così un Constantinus, un Christophorus, un Gregorius; come si dirà in altro studio.

VI — Alcuni frammenti sculturali.

Spetta all’archeologo d’illustrare questi frammenti lapidei, che si custodiscono nel incipiente Museo capitolare. Si appartenevano un dì all’ædicula o baldacchino di un’Ara nella Confessione di S. Riccardo.
L’Historia Inventionis fa menzione di quest’Ara dove dice: Ara major in medio tribunæ posita erat, a breve distanza dall’Altare detto minus, di cui nel num. III.

Ecco su quelle pietre quali sono i motivi ornamentali, che sembrano appartenere all’arte bizantina — viticci con rosette — spirali di foglie d’ ulivo o di alloro, nel cui mezzo folleggiano alternativamente una colomba ed un liocorno; la colomba che succia la pianta (il genio del bene), il liocorno che spezza i rami d’essa (il genio del male) — su altri pezzi le colombe vanno a due a due affrontate (la pace).
Che si appartengono questi motivi ornamentali all’arte greca, lo dimostra Luis Brehier. «Le Chiese bizantine» p.14, Roma, Desclèe e C.

VII — Alcuni frammenti pitturati.

Il Bernich ragionando della Cripta andriese in un articolo, comparso sul periodico (Napoli Nobilissima), così dice «si rinvennero nel terriccio molti pezzi d’intonaco, sui quali appariscono i soliti intrecci e meandri su fondo rossastro cupo, che tradiscono l’origine orientale.»
Collegando questi intonachi caduti con altri pezzi a colore, trovati fissi alle pareti; con la figura murale del nostro Santo græca manu tincta, di cui nel num. IV ; con la figura del Salvatore di stile greco, che ancor si vede, si può e si deve conchiudere, che le pitture della Cripta andriese o Confessione di S. Riccardo sono dell’epoca dei bizantini in Puglia.

VIII — II Calendario ms. dell’epoca longobarda.

Erano tre gli antichi Calendarii in pergamena della Chiesa Maggiore di Andria, che si rinvennero nel 1438. Notavansi su di essi gli avvenimenti più notevoli, le date di morte di personaggi illustri della stessa Chiesa.
Per chi non ricorda ripeto quel che s’è detto nello studio precedente.

Fra quei Calendarii manoscritti uno era antichissimo, sul quale si leggeva il dì della morte di S. Riccardo, la traslazione del suo corpo, la deposizione di esso in loco Confessionis.
Quest’ultimo avvenimento si vedeva segnato in caratteri longobardici, rimarchevoli antiquitate litteræ, Hist[oria]. Invent.[ionis]. Segno del tempo nel quale fu registrato. Nel VIII e IX secolo difatti fioriva la scrittura longobardica nei Monasteri di Monte Cassino, della Cava, di S. Sofia in Benevento, da cui dipendeva Andria.

Quel Calendario costituisce un documento liturgico, la prova più forte della storicità di S. Riccardo e del suo culto ad immemorabili. Il Dèlehon, critico severissimo pur così si esprime sul riguardo:
«Il martirologio locale o Calendario è un documento di prima mano. Vi si riscontra in esso la tradizione vivente e autentica della comunità, e nessuna testimonianza la vince su quella in valore ed in precisione.
Il martirologio locale è in queste materie come l’unità di misura». Leggende Agiografiche p. 349.

alcune reliquie di S. Riccardo
[reliquie di s.Riccardo in Cattedrale]

IX — Un Cartello longobardico.

Nell’avvenimento solenne dell’apoteosi del nostro santo si vollero distaccati dal suo corpo, ed esposti alla pubblica venerazione il pellicranio ed il cuore.

Alla preziosa cotenna, onde indicarla ai posteri, fu aggiunta una chartula o membrana — exarata opicibus longobardorum. — Hist. Invent. cioè incisa, solcata da parole fatte a mezzo di punte metalliche ad uso longobardo. Pare che sia ciò il significato della parola exarata.
Ora questo particolare, secondo me, è decisivo per l’antichità del culto di S. Riccardo, riferendosi la scritta sulla membrana all’antica maniera di scrivere dei romani. Aggiungi a questa un’altra iscrizione pure — stile ferreo — incisa sul fronte d’un vaso di creta nella Cripta, indicata da Del Balzo nella sua Hist[oria].

X — La tavola dipinta del secolo VIII.

Sino al 1799 figurava nella nostra Chiesa Cattedrale una tavola, su cui si mirava dipinto il Santo Patrono di Andria in paludamenti greci.
Sotto leggevasi il nome di questo Santo. Divo Richardo Andriensi Episcopo — il nome di chi-ordinò la esecuzione del dipinto. — Christophorus eiusdem Ecclesiæ indignus Antistes — l’anno in cui fu eseguito p. An. Cr. Redempt. DCC … .

I due storiografi paesani Giovanni Pastore e Riccardo D’Urso, testimoni oculari di quella tavola preziosa per antichità, la descrissero entusiasticamente nelle loro storie.
Anzi l’ultimo riferisce, che il Vescovo Cristoforo fece ivi figurare S. Riccardo, prendendo le sembianze da un busto lapideo del medesimo Santo, tenuto da Forlio regolo greco. Pare così, che quella tavola avrebbe conservato dell’Uomo di Dio le note caratteristiche iconografiche, volute dalla tradizione antichissima.

XI — Bacolo pastorale di S. Riccardo.

Nelle tavole archeologiche pubblicate dal Cantù nella sua Archeologia si vede espresso alcun esemplare di pastorale dei primi secoli della Chiesa. Si comprende la ragione.

Ora guidati dallo stesso criterio, i nostri padri antichi vollero scolpire sulla pietra la sommità del bacolo pastorale di S. Riccardo. Ha del simbolismo, tanto caro in quella età, scorgendosi tra le volute del bacolo un genietto che doma il serpente, figura del mondo soggiogato a Cristo.
Tal bassorilievo è da un lato della cella, sotto l’Altare maggiore della Cappella del Santo: dal lato opposto si osserva un altro bassorilievo, la fui interpretazione si lascia ai più competenti in archeologia.

Nelle storie di avvenimenti lontani, così facili ad essere svisate, bisogna tener conto dei minimi particolari storici.

XII — Busto lapideo.

Il D’Urso nella sua Storia di Andria, riferendosi ad un antico manoscritto, afferma l’esistenza di questo busto, di cui si è fatto cenno nel num. X.
Probabilmente questa scultura avrebbe adornata la sepoltura del S. Riccardo, dopo la sua morte. Sappiamo infatti dall’archeologia, che i Romani chiamavano bustum il monumento sepolcrale, su cui si collocavano le effigi scolpite dei personaggi ivi sepolti.

XIII — Bassorilievi nella Cappella del Santo.

A chi entra in detta Cappella, e volge lo sguardo all’archivolto del piccolo abside, si discoprono alcune figure in larghi medaglioni di pietra.
Sono bassorilievi rozzi, rudimentali, quasi di tempi barbarici. Rappresenterebbero personaggi allusivi alla storia del nostro Santo: furse in principio erano messi a colore su fondo d’oro.

Anche questo è un motivo di arte bizantina. Difatti Louis Brèhier descrivendo l’abside della basilica di Parenzo dice che, l’archivolto dell’arco trionfale è ornato di figure di santi racchiuse in larghi medaglioni a fondo azzurro cerchiato di verde e di oro pallido. Le Chiese bizantine — p. 16.

XIV — Monumenti letterarii Riccardiani.

L’Ufficio proprio primitivo — la Messa propria primitiva in piena conformità con gli Atti scritti della sua Vita, ecco i monumenti di cui parlo.
Le copie autentiche dei quali trovansi su di un codice della Vallicelliana di Roma, ove sta eletto ch’esse furono estratte, antiquis ex manuscriptis missalibusque de chartis membraneis.
Impossibile che opere si divote e belle, messe su le labbra del clero di Andria dalla liturgia sacra, vigilate da Vescovi della Sede, non contenessero la verità storica.

Do un saggio dell’uno e dell’altro monumento, scritti in versi rimati.
Sidus vere sacerdotum
Lucens per Illiricum
Illustrasti fere totum
Populum italicum!
    Offic. S. Rich. Respons. IV.
Ad un competente certo non sfuggiranno le reminiscenze classiche racchiuse nei versi su riferiti.
O felix in Ecclesia stella radiosa,
Richardus praesul eximie atque lilium et rosa.
Civitati Andriensi dona impetra larga et gratiosa,
Ut post hoc exilium pervenire possimus ad regna luminosa.
Alleluja. Alleluja.
    Missa .S. Rich. Graduale.

XV — Il Monumento artistico.

È il tempio di Porta Santa.
Questo è una unione di due Chiesine gemelle poste in fila, avendo ciascuna la sua navata quadrangolare e la sua cupola; dietro di loro è l’abside.
L’una e l’altra cupola sono radiate da otto nervature di pietra che parton dal centro ed otto volticine ad ogiva, da sembrare due corone o due padiglioni stesi sul capo.
Il qual tempio, dedicato all’apostolo Pietro ed al beato Riccardo — che al dir degli Atti fecero ingresso per quella Porta — conteneva un dì due Altari, uno sotto una cupola, l’altro sotto l’altra, consacrati ai Santi su riferiti.

Se le volte si appartengono allo stile gotico nel suo esordire, non così le arcate della Chiesa perfettamente tonde, le quali sembrano accennare all’arte romanica in uso sino al XII secolo.
Veramente questo tempio è sui generis, appartenendosi cioè agli edifizii detti a coronamento, onde significare la vittoria. Ne facevano uso anticamente i Greci ed i Romani.

Formava l’ingresso un nartece; di cui sarebbero i capitelli a fogliame, che vediamo abbandonati nella Chiesa, e le colonne che ora stanno ai lati dell’Altare della Madonna della Neve. Queste colonne, sulle quali a basso rilievo e delicatezza si svolgono alcune scene della passione di Cristo, sembrano siano una reminiscenza della scultura romanica.
Nel secolo XV, durante il regime dei Duchi Del Balzo, demolito il nartece, fu sostituito un nuovo portale di stile del rinascimento. Chiamo storico quel portale, perché sui fronti d’esso sono impressi i segni blasonici delle tre autorità, politica, religiosa e civile — l’effigie imperiale, il leone, la testa alata dell’Angelo — onde far noto il consenso delle tre potestà nell’Opera Riccardiana.

Gli storiografi paesani pongono la fondazione del tempio di Porta Santa nel tempo dei Svevi o dei Normanni.
Ma forse anche prima; desumendo la sua antichità e dallo stemma antichissimo di Andria ivi murato, e dal suolo su cui giace, più basso che il piano attuale della città, sollevato nel tempo dei Normanni.
Prima che il tempio fosse, figuravano due Ospizii di carità, costruiti sul posto di due tabernæ ai fianchi della porta. La continuità dei monumenti garantisce la verità di ciò che si volle commemorare.

XVI — Il monumento tradizionale.

È il così detto, Sasso di S. Riccardo. Risponde bene all’antica topografia di Andria, essendo posto sulla strada, che da via Appia o Egnazia menava ai Casali andriesi.
La via Egnazia, per chi nol sapesse, facea capo ai lidi del mare adriatico, per il quale venne in Puglia il beato Riccardo [2].
Tale perfetta rispondenza è indizio di verità e monito, che le popolari leggende sono da rispettarsi ancora, nascondendo nel loro seno alcun vero.

Vicolo Tutino, presso l'antica palazzina Mione.
[Vicolo Tutino, a fianco della casa teutonica
elab.colore su foto Malgherini Attimonelli]

XVII — Una Chiesolina sotterranea e sconosciuta.

Scendete per la strada detta il Pendio sin giù; voltate a destra per poco; scendete ancora per un burrone a fianco della casa teutonica sino al fondo [foto a destra]; vi troverete di fronte alla porta d’una casa umile e bassa. Entrate in essa: è una edicola.

Questa Chiesolina è del tutto singolare, essendo divisa verso la metà da un monolito lungo due metri e più, una specie di architrave. Sulla faccia di quel monolito, entro figura circolare a raggi vedesi scolpito il monogramma di Cristo [IHΣ]: su l’uno e l’altro stipite, che sostengono la grossa pietra, in figure parimenti circolari, figurano due vassoi dalle forme classiche. Rappresenterebbero le ambolle o vasi sacri per il sacrifizio dell’Altare. In fondo all’edicola l’abside o nicchia.

Dal piano stradale molto basso su cui giace, si vede che questa Chiesolina si appartiene ad Andria antichissima, ad Andria preistorica.

Si apparterrebbero alla medesima età la Cripta del Vescovado, la Chiesa sotterranea di S. Bartolomeo, or ora scoperta, la Chiesa di S. Andrea; non che le catacombe di S. Sofia [Chiesa-cripta dell'Altomare], di S. Margarita martire [cripta Madonna dei Miracoli], di Santa Croce, nelle quali vi sono pitture di tempi bizantini; affreschi di epoca ancor rimota.
Aggiungo la catacomba di in capo al Pendio, profondissima, e perciò visitata solo da alcuni, che scesero giù e riferirono.

Ne viene che la storia di Andria non cominci dall’arrivo dei Normanni in Puglia, ma sin dal tempo dell’anglico Riccardo, sibbene velata qua e là di tenebre.

[tratto da “PAGINE SPARSE nella storia civile e religiosa di Andria”, del Can. Menico Morgigni, Andria, premiato stab. Tip. Bonaventura Terlizzi, 1919, pp. 137-154]


NOTE

[1] Il testo originale trascritto dall' "Italia Sacra" dell'Ughelli è il seguente:
"Ara major in medio tribunæ posita erat; post tergum ipsius, iuxta parietem, altare sub parva, pulcraque forma manebat; basis ejus instar porticulæ persistebat, quantum cervix hominum cum habilitate ingerere se videretur.
Post illam quoque particulam, sicut pavimentum lapidea lastra fuisset, continebatur, in qua Crux in ipso lapide aperta manebat; ita, quod mirum in modum ipsius beatissimi corporis summa cum suavitate fragrantia reciperetur.
Satis congruè ut honorari posset, eminebat altare: nec non iuxta illud, picturam in sua effigie, atque nomine Græca manu tinctam conspexi, quasi per vetustatem consumptam.
Picturæ quoque multæ aliæ Pontificum adherebant beatorum, & sanctorum; & propè ianuam ipsius Ecclesię simul alia, quę cum Clero hinc, & hinc imminebant; adfueratque titulus, qui ipsius civitatis Præsulem indicabat.
Vas insuper ibid. positum erat, & superscriptio stilo ferreo legebatur: Ioannes Episcopus, Cathedram qui tunc regebat, omnibus adfuit."
[2] Per inciso è qui da annotare una tradizione viva nel Settecento e praticata ab immemorabili: "ogn’anno in questa città, in ogni primo Sabato d’ottobre è stato solito farsi la processione in onore del primo ingresso che fe’ in questa città il Glorioso San Riccardo, Primo Vescovo e Padrono principale della medesima, nella qual processione sono stati soliti intervenire ab immemorabili tutti li preti delle due Collegiate, oltre della Cattedrale, e tutti li Regolari ancora". Lo scrive il 13 ottobre 1708 il vescovo Nicola Adinolfi in una lettera alla Congregazione del Concilio, trascritta da mons. Merra nel capitolo " Lotte tra il Convento di S. Domenico ed il Capitolo Cattedrale" della monografia "La Chiesa e il Convento di S. Domenico" inserita nelle sue "Monografie Andriesi" (a pag 111 del 2° volume, edito nel 1906 a Bologna).