"Ma volgiamoci al più sublime ornamento, che illustra questa Chiesa. Come altissimamente sentivi nella tua grand'alma, glorioso Zingaro [Antonio Solario, 1465 circa - 1530, improbabile autore di questo quadro!], a cui l'amore come a mille altri Italiani, non fole, o vilezze, ma celesti ispirazioni e miracoli dettando, te addestrava sulle tele eternatrici del tuo nome che più dolce e più sacro vive nella mia Andria, se ti piacesti arricchirla della tua portentosa Disputa. Cose divine sono in questo dipinto che è sulla porta del Tempio. Le mosse dei dottori così confusi e stupiti udire con ardore e raccoglimento il Verbo di Dio da cui con gioviale aspetto, e con pronte labbra arringando, tu aspetti la parola ma neppur questa manca. ... Chi poi enunciar saprebbe quel beato suo volto? Vola col suo spirito sino alle regioni delle Bellezze eterne, e diventa un Genio e prende una natura celeste per riempire l'anima tua con l'idea d'un bello sovrumano, potrai fartene allora una giusta immagine ... Ma come potrò io ben disimpegnarla, e descriverla? Io avrei bisogno dell'arte medesima, che guidasse la mia mano anche ne' primi e più sensibili tratti, che ne ho abbozzati. ... E ritornando ai pregi del quadro, ti goderà l'animo ravvisare venerando vecchione con lunga barba, ben alto della persona in piedi, in zamberlucco, svolgere intentamente un volume socchiuso e poi l'altro veder che ha fatto alla guancia della sua palma sospirando letto; non saprei se stancato più dalla meraviglia che dalla sapienza del Divin Giovinetto. E l'altro ancora v'è che seggendo, consulta un libro aperto sulle ginocchia ripiegato di pagine ne' bassi e destri vivagni. E l'altro, come dalla mossa fassi intravedere, che intricato dalla larga manica nel leggere, se l'era tolta. Bello e savio è veramente quanto un tocco di pennello, o di scalpello, od una parola, o un verso, oltre a quello, che esprimono, allargano tacitamente l'intelletto a cento altri pensieri. La calca poi, che da un lato del dipinto par sovvenire desiderosa di ascoltare, la conoscenza, e la esecuzione del vestire all'Orientale, non avran da noi lode, ove pur vuole verecondia, che non s'inoltri la penna, avvegnaché ella fosse verissima, altissima."
[da "Chiesa di Sant'Agostino" in "Andria Sacra" di G. Borsella, Tip. F. Rossignoli, Andria, 1918, pagg.165-168]
[stemma della famiglia Giugni apposto al quadro]
È da notare che la tela riporta in basso a sinistra uno stemma gentilizio: è appunto quello della famiglia Giugno. Esso è a forma di scudo francese antico troncato: la partizione inferiore colorata di rosso contiene tre zampe di bue chiare "Bubulorum pedum insignia"; la partizione superiore è gialla; l'arma nel quadro appare sormontata centralmente da un busto (con cappello accademico o elmo?).
Flavio Giugno infatti nel suo testamento aveva dettato che alla sua morte fosse eretta una cappella nella chiesa di Sant'Agostino e:
“... dopo tre anni «a die obiti ... e proprie all'altare di S. Leonardo, nella quale [cappella] tra le pietre et il quatro voglio spendano docati centocinquanta una vice tantum, et nel quatro voglio si pinga la figura de Cristo, nostro Signore, disputante nel tempio, coll'inscrittione che li detterà Giov. Contento-Caputo; et nella sopradetta chiesa, nel luogo ad arbitrio dei miei eredi, intra l'istesso termine, si faccia una lapide alla memoria de mio padre, coll'inscrittione che li dirà l'istesso Giov. Contento-Caputo»”. [1]
Tra pensieri di prece
ascolta:
l’icona sussurra un messaggio di vita.
Non siede tra gli angeli in corona
su cuspidato regal trono
un’altera Madonna Platitera
che ostenta al fedele
ad esempio e guida
l’Incarnato Signore del Mondo.
Tra putti nimbati, tu miri,
raccolta nel cercine e nel manto,
una Mamma ed un Bimbo
di cristiana famiglia
modello di vita
umìle.