Il primo chiostro di San Domenico sorge sul lato Nord della chiesa, come abbiamo osservato per il complesso conventuale di San Francesco. Di norma si preferiva realizzarlo sul lato opposto, come fu attuato per il complesso di Sant'Agostino; a San Domenico forse motivo dissuasivo al rispetto della norma (pretenziosamente codificata dall'agostiniano Hugo di Fouilloi) fu l'asperità del luogo che, mentre degrada rapidamente verso Mezzogiorno e Ponente, mantiene una quasi orizzontalità verso Settentrione. Il chiostro, luogo di silenzio e preghiera, era chiuso (etimologia di chiostro) da un porticato che girava intorno ad un piccolo viridarium con al centro la campana di un pozzo; oggi, la parte di viridarium ancora esistente, è lastricata in pietra locale.
[pianta del complesso conventuale fino al '500 - ipotesi
(clicca per ingrandire) - elabor. elettr. Sabino Di Tommaso, su elementi grafici e testuali d'archivio]
[chiostro, angolo Sud-Ovest, presso l'ingresso - foto Sabino Di Tommaso, 05/2014]
A sinistra del portale della chiesa c'era l'accesso al convento: corrisponde con l'angolo Sud-Ovest del chiostro quattrocentesco. Probabilmente gli ambienti del complesso che si affacciavano sul lato Ovest del chiostro, adiacenti all'ingresso, erano adibiti a foresteria, a ricevere quindi gli ospiti e soccorrere i bisognosi. Da questo lato c'era inoltre l'ingresso carrabile, per l'approvigionamento della dispensa e delle altre necessità inerenti la vita conventuale e l'amministrazione delle numerose proprietà terriere.
Il porticato, che recintava il cortile interno del chiostro, insisteva, da un lato su colonnine ottagonali (se ne vedono solo le metà interne) il cui plinto poggiava su un basso lapideo muretto di recinzione, dall'altro su peducci inseriti nel muro e scolpiti a semplice decoro floreale come i capitelli delle opposte colonne. Le volte gotiche erano rette da archi a terzo acuto slanciati tra le colonnine e gli opposti peducci, mentre diagonalmente s'incrociavano eleganti costoloni a tutto sesto. Dal Settecento il portico non vede più il cortile, essendo stati innalzati i muri tra le colonne lasciando aperte solo delle finestre nella parte alta sottostante le arcate.
Sulla precisa dislocazione dei vari ambienti del cenobio (dal greco
κοινόβιον, vita comune) domenicano
intorno al chiostro non abbiamo sufficiente documentazione;
quasi tutto è andato distrutto sia a livello architettonico che testuale.
Quanto qui si va ad indicare ed allocare sulla pianta (su ripodotta) è desunto
(con un buon grado di probabile rispondenza col reale)
- dagli scarsi elementi strutturali ancora esistenti ma indicativi dell'antico uso;
- dall'analisi accurata dei dati d'archivio che riferiscono dettagliatamente
sulla comunità religiosa ivi residente e sulle essenziali attività da essa svolte;
- infine, dalle norme stringenti del tempo, che imponevano determinati usi
e comportamenti ad ogni cenobio religioso regolare.
Il corridoio Sud del chiostro, adiacente la chiesa, certamente terminava presso il presbiterio con
l'armarium, al quale era riservato, o il piccolo ambiente
oggi utilizzato per i servizi igienici, oppure l'altro piccolo ripostiglio
laterale alla sacrestia (attualmente sotto il pozzo-luce o "cavedio").
Per la recita delle "ore" notturne i frati sacerdoti, detti "coristi", scendevano dal dormitorio
posto al piano superiore attraverso le scale prossime alla chiesa,
rilevavano dall'armarium il "Liber Usualis, Missae et Officii" e,
attraverso la vicina porta presbiteriale che introduceva al coro,
raggiungevano i loro stalli per cantare le Lodi.
I conversi invece, che di norma riposavano in un dormitorio distinto dai frati,
dal chiostro, con gli eventuali ospiti, entravano in chiesa attraverso una porta che probabilmente
un tempo esisteva dove oggi c'è la grande nicchia con le tre statue della
Madonna del rosario tra S.Domenico e S. Caterina,
tra l'attuale altare della Madonna del Rosario e l'accesso al presbiterio,
di fronte all'uscita laterale destra della Chiesa.
[Probabile prospetto della sala capitolare, già chiesetta S.Colomba - foto Sabino Di Tommaso, 04/2014]
La sala capitolare, che di norma sorgeva presso la chiesa
immediatamente dopo la sacrestia, a San Domenico probabilmente era allestita dove nei primi tempi c'era
la chiesetta di Santa Colomba; quest'ultima nel 1459, cinquant'anni
dopo la costruzione del complesso conventuale, fu dai Domenicani inglobata
nelle mura del convento su autorizzazione del papa Pio II e del Re Ferdinando d'Aragona.
L'ambiente si presenta adeguatamente ampio, con un semplice ma
elegante portale e due pregevoli finestre aperte nel portico; in
questa sala, la più importante dopo la Chiesa, si svolgevano le funzioni non
religiose, come la lettura e commento dei "capitoli della regola", la
confessione delle contravvenzioni alla stessa, l'ammissione dei novizi.
Dalle suddette finestre aperte verso il portico i conversi, che non essendo
sacerdoti "non avevano voce in capitolo", assistevano alle riunioni
capitolari che quivi si svolgevano per conoscerne le decisioni e adeguarne
la loro vita religiosa.
Dopo l'ambiente ipotizzato come chiesetta di Santa Colomba trasformata poi in sala capitolare,
oggi si vede un altro vano chiuso da un grande cancello avente nella lunetta dell'arco
le iniziali SSR (Sanctissimi Rosarii); tale sigla indica che una sua destinazione
è stata quella di ospitare la Congrega intestata appunto alla Madonna del Rosario.
La sua primitiva destinazione possiamo desumerla tenendo presente che
a fianco della sala capitolare, sullo stesso lato est del chiostro troviamo
praticamente in tutti i conventi la "sala dei frati",
chiamata anche "scriptorium" se adibita pure a
biblioteca, trascrizione di testi e attività dello "studium".
A studium-biblioteca potrebbe
anche essere stato utilizzato l'ambiente con elegante volta a piccole
lunette posto nel piano superiore presso la cantoria (prima parte della foto
sotto). In San Domenico tuttavia non sappiamo dove esattamente fosse ubicato
lo studium,
come del resto il "locutorium",
destinato alla conversazione e, soprattutto, all'assegnazione dei compiti
che ciascun frate doveva svolgere nel giorno, sia d'insegnamento nel suddetto studium
che di ministero sacerdotale, nonché, per i conversi, dei molteplici servizi necessari
al funzionamento del convento.
In merito allo studium-biblioteca si tenga presente che nei
conventi era considerato l'ambiente più importante dopo la Chiesa,
in quanto luogo di custodia e trasmissione del sapere. In Andria
troviamo un simile ambiente nel convento di Sant'Agostino, anche qui al
piano superiore, sul lato sud e attualmente adibito a
Sala Conferenze
della Biblioteca Comunale "Giuseppe Ceci".
Essendo Andria nel Quattrocento una delle più importanti città del Regno di Napoli,
ebbe nei conventi degli ordini mendicanti gli Studia generalia
[1].
Antichi documenti dell'Archivio Domenicano e di quello Vaticano ci informano che fino a metà Seicento
questo Convento di San Domenico era sede di un prestigioso "Studium generale" di filosofia,
teologia, lingue orientali e altre scienze (come già riportato nel capitolo
su San Domenico dal Quattrocento al Settecento);
tale studium per il livello d'istruzione superiore insegnato era paragonabile
a una odierna grande Università degli Studi.
[il lungo ambiente del convento al piano superiore sul lato sud
del chiostro tra chiesa e campanile e quello simile sull'ipotetica chiesetta di S. Colomba (da restaurare) - foto Sabino Di Tommaso, 05/2014 -
Vincenzo Zito, 06/2022]
Nelle immagini soprastanti sono fotografati: l'esteso vano del piano superiore (ancora da restaurare),
che sorge su parte della sacrestia e del sottostante porticato tra la chiesa e il campanile (il
campanile è la struttura lapidea che in fondo a destra
invade parzialmente l'ambiente), nonché quello simile (anch'esso da restaurare) eretto sull'ipotetica chiesetta di S. Colomba;
entrambi presentano degli eleganti ambienti con volta a piccole lunette-porcelle
(luoghi che abbiamo ipotizzato potessero funzionare come degli studia-biblioteca).
Il primo, poi, si immette nei lunghi corridoi superiori del chiostro, nell'ultimo
secolo frammentati in vari ambienti ad uso della Parrocchia.
Queste strutture superiori, come gran parte del piano, non esistevano almeno fino alle ristrutturazioni cinquecentesche;
infatti sulla parete comune con la chiesa si scorgono chiaramente le tracce
delle monofore ogivali murate,
che, gemelle con le tre a Sud, nel Quattrocento davano luce al primo tempio.
[da "Istituzioni e sapere nel XIII secolo" di Jacques Verger, in "Figure del pensiero medievale - Vol. IV: La nuova razionalità XIII secolo", a cura di Inos Biffi e Costante Marabelli, ed. Jaca Book – Città Nuova, 2008, pagg. 3,14]